"Il dio della guerra ci stava aspettando nel parcheggio del ristorante. — Bene, bene — esordì. — Non ti sei fatto ammazzare.
— Sapeva che era una trappola — replicai.
Ares mi rivolse un ghigno malvagio. — Scommetto che il fabbro zoppo c'è rimasto male quando si è trovato nella rete un paio di stupidi ragazzini. Siete venuti bene, in tv.
Gli passai lo scudo. — Lei è un idiota."
Efesto sembrava deluso. Apollo mormorò. "Abbastanza mansueto per provenire da te." "Ehy, avevo detto che ero stato super educato!" Talia lo fissò. "Quello non era super educato!" "Certo che lo era!" Rispose Percy e Grover annuì. "Per gli standard di Percy, lo era." Gli altri semidei annuirono, concordi.
"Annabeth e Grover trattennero il fiato. Ares afferrò lo scudo e lo fece roteare in aria come l'impasto di una pizza. Lo scudo cambiò forma, plasmandosi in un giubbotto antiproiettile che il dio si gettò sulle spalle.
— Vedete quel Tir laggiù? — Indicò un grosso autotreno parcheggiato dall'altra parte della strada. — È il vostro passaggio. Vi porterà dritti a Los Angeles, con un'unica fermata a Las Vegas.
L'autotreno aveva una scritta sul retro che riuscivo a leggere solo perché era stampata a lettere bianche su sfondo nero, una buona combinazione per la dislessia: BUONCUORE INTERNATIONAL: IL TRASPORTO ZOOLOGICO CHE RISPETTA GLI ANIMALI. ATTENZIONE: ANIMALI SELVATICI.
— Sta scherzando.
Ares schioccò le dita e la porta posteriore del Tir si aprì. — Passaggio gratis per l'Ovest, ragazzino. Piantala di lamentarti. Ed ecco qualcosina per ringraziarti del lavoretto."
"Perchè gli dai qualcosa?" Apollo fissò il dio ed Hermes annuì. "La nereide gli ha detto di non fidarsi dei doni. Cosa ci hai fatto?" "Non ci ho fatto niente." Scosse la testa Ares. Percy inclinò la testa. Il dio non aveva mentito, quindi Apollo non poteva trovare la bugia. Forse Ares non era così stupido.
"Sganciò uno zaino blu dal manubrio e me lo lanciò. Dentro c'erano dei vestiti puliti per tutti, venti dollari in contanti, un sacchetto pieno di dracme d'oro e un pacco di biscotti al cioccolato.
— Non voglio la sua pidocchiosa... — cominciai."
"Non rifiuti un dono di un dio." Gli disse Poseidone, con tono gentile. "Ma la Nereide mi aveva detto di non fidarmi dei doni." "Ed era per quello che non lo volevi?" Percy scrollò le spalle e Poseidone gli disse. "Prendi il dono, e poi al massimo te ne disfi più tardi." "Okay, bene." Poseidone annuì. Forse c'era speranza per il figlio.
"— Grazie, Divino Ares — mi interruppe Grover, scoccandomi la sua occhiata da allarme rosso. — Grazie mille.
Strinsi i denti. Probabilmente era un insulto mortale rifiutare qualcosa da un dio, ma non volevo niente che fosse passato per le sue mani. Con riluttanza, mi infilai lo zaino in spalla. Sapevo che era la sua presenza a causarmi tutta quella rabbia, ma morivo lo stesso dalla voglia di dargli un pugno sul naso. Mi ricordava ogni bullo che mi fosse mai capitato davanti: Nancy Bobofit, Clarisse, Gabe il Puzzone, insegnanti sarcastici... ogni singolo idiota che mi avesse data dello stupido a scuola o che mi aveva riso dietro quando ero stato espulso."
Ares annuì. Era comprensibile allora la sua reazione. Tendeva a portare alla mente ricordi brutti, ma quel Gabe sembrava oltre il brutto.
"Mi voltai a guardare il ristorante, che adesso aveva soltanto un paio di clienti. La cameriera che ci aveva servito la cena scrutava innervosita fuori dalla vetrina, come se temesse che Ares potesse farci del male. Trascinò persino il cuoco fuori dalla cucina. Gli disse qualcosa. Lui annuì, prese il cellulare e ci scattò una foto."
"Che bello! Il titolo 'criminale dodicenne mette ko motociclista inerme'" Sorrise Apollo e Ares sbuffò. "Non ero di certo inerme." Hermes scrollò le spalle. "Aveva distrutto il Gateway Arch, sono sicuro che mettere ko un motociclista sarebbe stato nelle sue competenze." "Lo era." Annuì Grover, ma Annabeth continuò. "Solo non in quel momento." Percy sorrise, ricordando il momento. "Se lo era cercato tutto." "Vero." Annuì Grover e Annabeth annuì. "Solo che ci hai fatto venire un infarto." "Giusto, scusate."
""Fantastico" pensai. "Domani saremo di nuovo su tutti i giornali." Immaginavo il titolo: CRIMINALE DI DODICI ANNI METTE KO MOTOCICLISTA INERME."
Apollo sorrise. "Anche Percy sapeva che sarebbe stato il titolo." Apollo fece l'occhiolino a Percy, che rise. Poi il dio del sole impallidì per gli sguardi arrabbiati sui volti di Poseidone, Ade e Zeus. Oh, bene, si era davvero complicata la sua situazione, da diffidente a infuriato.
"— Mi deve ancora una cosa — dissi ad Ares, sforzandomi di mantenere un tono piatto. — Mi ha promesso delle informazioni su mia madre.
— Sicuro di reggere? — Mise in moto. — Non è morta.
È stato come se la terra si mettesse a roteare sotto i miei piedi. — Che vuole dire?
— Voglio dire che è stata sottratta al Minotauro prima che potesse morire. Si è trasformata in una pioggia d'oro, giusto? Questa è metamorfosi. Non è morte. È tenuta prigioniera.
— Prigioniera? Perché?
— Devi studiare l'arte della guerra, ragazzo. Ostaggi. Prendi qualcuno per controllare qualcun altro.
— Non mi sta controllando nessuno.
Scoppiò a ridere. — Ah, sì? Ci vediamo, ragazzo."
"Aveva ragione sul mio essere controllato però." Disse Percy e Travis lo guardò. "Chi lo faceva?" "Chi non lo faceva, vuoi dire." Gli disse Percy e lui annuì.
"Serrai i pugni. — Fa un po' troppo lo sbruffone, per uno che scappa dalle statuine di Cupido."
"Ancora piuttosto mansueto, per provanire da Percy." Disse Talia, guardando il cugino delusa. "Perchè così mansueto? Andiamo!" "Ehy, dammi tempo!"
"Dietro gli occhiali da sole di Ares, il fuoco brillò. Sentii un vento caldo fra i capelli. — Ci incontreremo di nuovo, Percy Jackson. La prossima volta che fai a botte con qualcuno, guardati le spalle.
Mandò su di giri la Harley, poi si allontanò rombando lungo Delancy Street. Annabeth disse: — Non è stata una mossa intelligente, Percy.
— Chi se ne importa.
— Nessuno ci tiene a inimicarsi un dio. Soprattutto quel dio."
Michael rise. "Percy non ha ancora capito." "Ehy, non mi inimico nessun dio. Io dico solo le cose come stanno, non è di certo colpa mia se non gli piace quello che ho da dire."
"— Ehi, ragazzi — fece Grover. — Detesto interrompervi, ma...
Indicò il ristorante. Alla cassa, gli ultimi due clienti stavano pagando il conto: due uomini vestiti con identiche tute nere, con un logo bianco sulla schiena uguale a quello sul Tir della Buoncuore International.
— Se vogliamo prendere l'espresso zoologico — disse Grover — dobbiamo affrettarci.
La cosa non mi piaceva, ma non avevamo scelta. E poi, ne avevo abbastanza di Denver. Attraversammo la strada di corsa e salimmo sul retro del grosso autotreno, chiudendoci le porte alle spalle. La prima cosa che mi colpì fu l'odore. Era come la lettiera per gatti più grande del mondo. All'interno era buio finché non tolsi il cappuccio di Anaklusmos. La lama gettò una debole luce bronzea su una scena molto triste."
Artemide digrignò i denti. "Immagino che non fosse molto per la cura di animali." I tre scossero la testa.
"Accovacciati in una fila di sudice gabbie di metallo, c'erano tre dei più patetici animali dello zoo che avessi mai contemplato: una zebra, un leone albino e una strana specie di antilope di cui non conoscevo il nome. Qualcuno aveva gettato al leone un sacco di rape, che ovviamente l'animale non aveva voglia di mangiare. La zebra e l'antilope avevano ricevuto un vassoio di carne macinata a testa. La criniera della zebra era imbrattata di gomma da masticare, come se qualcuno si fosse divertito a sputarci sopra. L'antilope aveva uno stupido palloncino argentato di compleanno legato a una delle corna, con su scritto AUGURI, VECCHIA CARRIOLA! A quanto pareva, nessuno si era azzardato a molestare il leone — bisognava avvicinarsi troppo — ma la povera bestia si aggirava irrequieta sopra delle coperte sporche, in uno spazio decisamente troppo piccolo per lei, ansimando per il caldo soffocante dell'autotreno. Gli occhi rosa erano tormentati dalle mosche, mentre dalla pelliccia bianca si intravedevano le costole."
"Sporchi mortali." Artemide digrignò i denti, e Hermes e Dioniso sembravano assassini. Grover alzò le mani. "Li abbiamo aiutati." "Ottimo. E i mortali?" Chiese Artemide. "Sono stati denunciati da una chiamata anonima qualche giorno dopo e hanno dovuto pagare qualcosa come un milione di multa, venendo arrestati e finendo in bancarotta." Disse Percy, ricevendo poi delle occhiate. "Che c'è? Avevamo una missione da finire, ma ho tutto il tempo di rovinare le carriere di chi molesta gli animali. Anche se poi Thrumble mi ha adottato." "Chi? " "Oh, questa giumenta bianca bellissima." Disse Percy, guardando Talia. "Thrumble e Storm?" "Non ho scelto io i nomi, ma Bree." "Chi?" "La proprietaria del ranch dietro casa."
"— E questo sarebbe buon cuore? — esclamò Grover. — Un trasporto zoologico che rispetta gli animali?
Probabilmente si sarebbe precipitato fuori a malmenare i camionisti con il flauto, e io l'avrei seguito a ruota, ma proprio in quell'istante il motore del Tir si mise in azione, l'autotreno cominciò a muoversi e noi fummo costretti a sederci. Ci stipammo in un angolo sopra dei sacchi di foraggio ammuffito, cercando di ignorare l'odore, il caldo e le mosche. Grover parlò con gli animali in una serie di belati caprini, ma loro si limitarono a fissarlo mestamente. Annabeth propose di forzare la serratura delle gabbie e liberarli, ma io le feci notare che non sarebbe servito a molto finché il Tir non si fermava. E poi, avevo la sensazione che il leone ci considerasse molto più appetitosi delle rape. Trovai una tanica d'acqua e riempii le ciotole, poi usai Anaklusmos per trascinare fuori dalle gabbie i pasti scambiati. Diedi la carne al leone e le rape alla zebra e all'antilope. Grover calmò l'antilope, mentre Annabeth tagliava col coltello il palloncino che le avevano attaccato al corno. Avrebbe voluto grattare via anche la gomma dalla criniera della zebra, ma decidemmo che sarebbe stato troppo rischioso a causa dei movimenti bruschi del Tir. Dicemmo a Grover di promettere agli animali che li avremmo aiutati di più la mattina dopo, e ci sistemammo per la notte."
"Grazie." Annuì rigidamente Artemide e i semidei annuirono.
"Grover si raggomitolò su un sacco di rape; Annabeth aprì il pacco di biscotti e ne sbocconcellò uno; io cercai di tirarmi su di morale, concentrandomi sul fatto che eravamo a metà strada da Los Angeles. A metà strada dalla meta. Era solo il quattordici giugno. Il solstizio era il ventuno. Potevamo prendercela comoda. Decisi di prendere la carta e una penna da lì vicino e iniziai a scrivere. Annabeth si affacciò.
- Stai scrivendo in greco.-
Alzai le spalle. Onestamente non ne avevo idea. Quando finii, lo feci vedere orgoglioso ai due compagni.
- Ti farai ammazzare, continui così.- Mi disse Annabeth e io la ignorai."
"Riassunto della vita di Percy: ti farai ammazzare così, ma io lo ignorai." Rise Travis e Michael chiese. "Ma cosa c'era scritto?" Connor continuò.
"La rilessi per sicurezza:
Lady Afrodite, mi scuso per il disturbo che potrei arrecarle, ma non le prenderò troppo tempo. Abbiamo avuto il piacere di incontrare Ares, che ci ha incaricati di recuperare il suo scudo. Non ho potuto fare a meno di notare che non ha nemmeno menzionato il suo foulard, ma non potevo di certo lasciarlo a bagnarsi. Glielo restituisco. Sono davvero desolato che Ares non lo abbia menzionato, ma forse non è sorprendente, dal momento che l'ha portata in un posto che non rende giustizia alla sua persona. Spero che possa migliorare in futuro.
I suoi figli al Campo sono stati gentili con me e Silena è un'ottima capocabina. Se le servisse un favore, non esiti a chiamarmi.
Percy Jackson. "
Efesto sorrise. "Hai messo Afrodite addosso ad Ares. Bell'idea." Apollo ed Hermes scoppiarono a ridere e Ares indossò una smorfia. Afrodite annuì. "Avevi ragione, meritavo decisamente di meglio." Percy sorrise, alzando poi le sopracciglia verso il dio della guerra infuriato.
"Dopo aver spedito il pacco con il foulard e una delle dracme che Ares ci aveva lasciato, mi misi a pensare. Non avevo idea di cosa aspettarmi dopo. Gli dei continuavano a trastullarsi con me. Almeno Efesto, che non aveva intenzione di farlo, aveva avuta la decenza di farlo a carte scoperte: aveva installato delle telecamere e mi aveva sbandierato come uno spettacolo. Ma anche a telecamere spente, avevo la sensazione che la mia impresa fosse osservata. Ero una fonte di divertimento per gli dei."
"Tenevamo d'occhio la tua impresa, vero." Annuì Artemide e Atena scosse la testa. "Il divertimento era di poco interesse, per noi." Talia alzò gli occhi al cielo. "Intendeva dire che era il vostro intrattenimento."
"— Ehi, Percy — disse Annabeth — scusa se ho dato di matto giù al parco.
— Non c'è problema.
— È solo che... — Rabbrividì. — I ragni.
— Per via della storia di Aracne — intuii. — È stata trasformata in ragno per aver sfidato tua madre in una gara di tessitura, giusto?
Annabeth annuì. — I figli di Aracne si vendicano sui figli di Atena da allora. Se c'è un ragno nel giro di un chilometro di distanza da dove sono io, stai sicura che riuscirà a trovarmi. Odio quelle bestiacce formicolanti. Comunque, ti sono debitrice.
— Siamo una squadra, ricordi? — replicai. — E poi, è stato Grover a fare il volo acrobatico.
Pensavo che dormisse, ma invece borbottò dall'angolo: — Sono stato grande, eh?
Io e Annabeth ci mettemmo a ridere. Lei spezzò un biscotto e me ne passò metà."
"Sei stato davvero grande!" Annuì Talia e Grover sorrise. "Non potevo di certo lasciarli ai ragni assassini, vero?" "Potevi lasciare pretty." Disse Clarisse e Percy sorrise. "Così potevi dire di essere il migliore spadaccino?" "Ovvio. "
"— Nel messaggio di Iride, Luke non ha detto davvero nulla?
Riflettei su come rispondere mentre masticavo. Quella conversazione via arcobaleno mi aveva turbato tutta la sera. — Luke ha detto che siete amici di lunga data. Ha detto anche che Grover stavolta non avrebbe fallito. E che nessuno sarebbe stato trasformato in pino.
Nella fioca luce bronzea della spada, era difficile leggere le loro espressioni. Grover emise un belato afflitto. — Avrei dovuto dirti la verità fin dall'inizio. — Gli tremava la voce. — Ma pensavo che se tu avessi saputo che frana sono, non mi avresti voluto con te."
Talia si arrabbiò. "Non era colpa tua! Eri inesperto e nemmeno i satiri più anziani avrebbero potuto fare molto per me." Percy annuì. "E anche sapendo che eri il satiro che aveva...perso Talia, ti avrei comunque voluto. Eri lo stesso che aveva deciso di aiutare Annabeth e Luke e non lasciarli a loro stessi, nonostante gli ordini di Chirone. Preferivo avere qualcuno con il cuore nel posto giusto, specialmente se era il mio migliore amico." Grover sorrise ed Annabeth annuì.
"— Sei tu il satiro che ha cercato di salvare Talia, la figlia di Zeus?
Lui annuì cupamente.
— E gli altri due mezzosangue con cui Talia aveva fatto amicizia, quelli che sono arrivati sani e salvi al campo... — Guardai Annabeth. — Eravate tu e Luke, non è vero?
Lei mise giù il biscotto, intatto. — Come hai detto tu, Percy, una mezzosangue di sette anni non sarebbe mai arrivata molto lontano da sola. Talia aveva dodici anni. Luke quattordici. Sono stati contenti di prendermi con loro. Erano straordinari contro i mostri, perfino senza allenamento. Siamo partiti dalla Virginia senza un vero piano, dirigendoci a nord e respingendo gli attacchi dei mostri per un paio di settimane prima che Grover ci trovasse.
— Il mio compito era quello di scortare Talia al campo — spiegò lui, tirando su col naso. — Solo Talia. Avevo ricevuto degli ordini precisi da Chirone: non dovevo fare niente che potesse rallentare il salvataggio. Sapevamo che Ade dava la caccia a lei, solo che non potevo lasciare Luke e Annabeth a se stessi. Pensai... pensai che avrei potuto portarli tutti e tre in salvo. È stata colpa mia se le Benevole ci hanno raggiunto. Mi sono spaventato sulla strada del ritorno e ogni tanto ho sbagliato direzione. Se solo fossi stato un po' più veloce...
— Smettila — lo interruppe Annabeth. — Nessuno pensa che sia colpa tua. Nemmeno Talia lo pensava.
— Si è sacrificata per salvare noi — continuò lui in tono afflitto. — La sua morte è stata colpa mia. Il Consiglio dei Satiri Anziani ha detto così.
— Perché non hai voluto abbandonare altri due mezzosangue? — intervenni io. — Non è giusto."
"Percy ha ragione." Annuì Estia. Demetra fissò il centauro. "Quello che non capisco è perchè non sia stato inviato un satiro più esperto o più di uno per portarli in salvo in momenti diversi." Chirone sospirò. "Nessun altro satiro a cui ho chiesto aveva voluto intraprendere la missione. Avevano troppa paura dei mostri che Ade aveva inviato dietro Talia." "Quindi hanno avuto l'ipocrisia e il coraggio di prendersela con l'unico abbastanza coraggioso da farlo?" Percy aveva un'espressione disgustata. "Il Consiglio faceva davvero schifo!" Talia annuì, aggiungendo poi. "E davvero, qualcuno mi ricordi di ringraziarli." "Posso venire con te a farlo?" Chiese Percy e Talia sorrise. "Certo." "Immagino sia un momento di legame tra cugini?" Chiese Jason e Nico applaudì. "Che bello!" "Poveri satiri." Rise Rachel.
"— Percy ha ragione — approvò Annabeth. — Oggi non sarei qui se non fosse stato per te, Grover. E nemmeno Luke. Non ci importa di quello che dice il Consiglio.
Grover continuò a tirare su col naso nel buio. — La mia solita fortuna. Sono il satiro più incapace che si sia mai visto e trovo i due mezzosangue più potenti del secolo: Talia e Percy.
— Tu non sei incapace — insistette Annabeth. — Hai più coraggio di qualsiasi satiro abbia mai conosciuto. Fammi il nome di un altro satiro che avrebbe il fegato di scendere negli Inferi. Scommetto che Percy è felicissimo di averti qui.
Mi rifilò un calcio in uno stinco.
— Non serve che mi picchi, donna!- Le dissi, arricciando il naso. Poi guardai Grover. - Certo che sono felice di averti qui, Grover. Non è una questione di fortuna se hai trovato me e Talia, Grover. Hai il cuore più grande di qualsiasi satiro che si sia mai visto. Sei un cercatore nato. Ecco perché sarai tu a trovare Pan."
Leo rise. "Non picchiarmi, donna." Percy scrollò le spalle e Hermes sorrise. "Sei stato gentile a dirglielo." "Lo pensavo davvero." Disse Percy, prima di continuare. "E avevo anche ragione. Perchè non ero l'unico che lo aveva notato." Grover gli sorrise.
"Sentii un respiro profondo e soddisfatto. Attesi che Grover dicesse qualcosa, ma il suo respiro diventò solo più pesante. Quando il suono si trasformò in un lento russare, capii che si era addormentato. — Ma come fa? — mi chiesi.
— Non lo so — rispose Annabeth. — Ma tu gli hai detto una cosa davvero bella.
— Lo penso veramente.
Viaggiammo in silenzio per qualche chilometro, sballottati sui sacchi di foraggio. La zebra masticava una rapa. Il leone si leccava i resti della carne macinata dal muso e mi guardava speranzoso. Annabeth si accarezzava la collana come se stesse elucubrando dei pensieri profondi e strategici.
— La perla con il pino — dissi. — È quella del tuo primo anno?
Lei guardò in basso. Non si era resa conto di quello che stava facendo. — Sì — rispose. — Ogni agosto, i capigruppo scelgono l'evento più importante dell'estate e lo dipingono sulla perla dell'anno. Io ho il pino di Talia, una trireme greca in fiamme, un centauro in abito da sera... be', quella è stata un'estate davvero strana..."
Tutti guardarono Chirone. "Volevo davvero chiederlo, ma... Eri tu il centauro in abito da sera?" Chirone fissò Percy, prima di scuotere la testa. "Uno dei miei cugini. Una visita a sorpresa dei Party Pony e un incontro con il signor D." "Aspetta, quello era quello che succedeva quando si incontravano?" Percy gemette. Dioniso sorrise. "É stato piuttosto divertente." Michael sorrise al ragazzo. "Te lo sei perso." "Già."
"— E invece l'anello è di tuo padre?
— Non sono affari... — Si interruppe. — Sì. Sì, è di mio padre.
— Non sei obbligata a dirmelo.
— No, non c'è problema. — Fece un sospiro. — Mio padre me l'ha mandato in una lettera, due estati fa. L'anello era, ecco... il pegno più importante che aveva ricevuto da Atena. Non sarebbe riuscito a superare il dottorato a Harvard senza di lei. Ma questa è una lunga storia. Comunque, lui voleva che lo tenessi io. Si è scusato per essersi comportato come un idiota, ha detto che mi voleva bene e che gli mancavo. Voleva che tornassi a casa a vivere con lui."
"Non era tanto male." Disse Silena, il tono di voce gentile. "Non avrei dovuto crederci." Disse Annabeth.
"— Non mi sembra tanto male.
— Già, be'... il problema è che gli ho creduto. Ho fatto un tentativo: sono andata a casa per l'anno scolastico, ma la mia matrigna non era cambiata. Non voleva mettere in pericolo i suoi figli facendoli vivere con una svitata. I mostri hanno attaccato. Abbiamo litigato. Non sono arrivata nemmeno alle vacanze di Natale. Ho chiamato Chirone e sono tornata subito al Campo Mezzosangue.
— Pensi mai di riprovarci?
Evitò il mio sguardo. — Ti prego. Non sono masochista.
— Non dovresti arrenderti — le dissi. — Dovresti scrivergli una lettera.
— Grazie per il consiglio — replicò freddamente — ma mio padre ha già scelto con chi vuole vivere."
"Oh miei dei! Hai ascoltato il consiglio di Percy!" Talia fissò Annabeth, che arrossì e disse. "Aveva ragione, alla fine. Mi sono trovata bene a casa." Percy sorrise. "Sono contento."
"Trascorremmo qualche altro chilometro in silenzio. — Così se gli dei entreranno in guerra — dissi — si schiereranno come per Troia? Atena contro Poseidone?
Lei poggiò la testa sullo zaino che ci aveva dato Ares e chiuse gli occhi. — Non so cosa farà mia madre. Ma so che io combatterò al tuo fianco."
"Come scusa?" Atena guardò la figlia, che disse. "Percy era innocente ed era usato come scusa per una guerra! Non era saggio andare contro un innocente, lasciando il colpevole libero di svignarsela! E ha anche ragione sul non dover fare qualcosa solo per renderci degni di essere considerati. Poseidone non ha mai messo Percy nella posizione di fare qualcosa. Tu hai continuato a dirmi di rompere qualsiasi amicizia con Percy, ma lui non ha mai ricevuto ordini simili da suo padre!" Connor continuò a leggere prima che Atena potesse continuare a parlare
"— Perché?
— Perché sei mio amico, Testa d'Alghe. Hai altre domande stupide?
Non sapevo cosa rispondere. Ma per fortuna, non ce ne fu bisogno. Annabeth si era addormentata."
"Beh, era normale che avesse dei dubbi, non eri stata proprio gentile con lui." Disse Talia e Percy rispose. "Era il suo modo di fare amicizia. A quanto pare." Alzò gli occhi al cielo, e Annabeth sbuffò. "A quanto pare? Il tuo era molto migliore?" "Non offendevo, era un buon punto di partenza."
"Faticai a seguire il suo esempio, con Grover che russava e il leone albino che mi fissava famelico, ma alla fine chiusi gli occhi anch'io. Il mio incubo cominciò come qualcosa che avevo sognato già un milione di volte: mi obbligavano a fare un compito in classe indossando una camicia di forza."
"Un milione di volte?" "Altro che mostri, la scuola pubblica è il vero Inferno." Disse Percy, e Leo annuì, concorde. "Vero."
" Tutti gli altri ragazzi stavano uscendo per l'intervallo e l'insegnante continuava a ripetere: "Coraggio, Percy. Non sei stupido, no? Prendi la matita." Poi il sogno deviò dal percorso abituale. Allungai lo sguardo sul banco vicino e vidi che c'era una ragazza, anche lei con la camicia di forza. Aveva la mia età, i capelli neri spettinati, da punk, l'eyeliner scuro attorno agli occhi verdi e tempestosi e le lentiggini sul naso. Non so come, ma sapevo chi era: Talia, la figlia di Zeus."
"Wow! A parte gli occhi hai preso tutto!" Si sorprese Annabeth e Talia inclinò la testa. "Beh, forse era un'interferenza del potere profetico che ha preso?"
"Si divincolò nella camicia di forza, frustrata, mi guardò di traverso e sbottò: "Be', Testa d'Alghe? Uno di noi due deve andarsene di qui." "Ha ragione" pensò il me stesso del sogno. "Tornerò in quella caverna." La camicia di forza mi scivolò di dosso. Caddi sul pavimento dell'aula. La voce dell'insegnante cambiò, finché non si fece fredda e malvagia, riecheggiando dalle profondità di una voragine immensa."
"Oh, stavi sognando i due possibili esiti della profezia!" Ansimò Apollo. "In che senso? E Nico?" Chiese Talia e Apollo scosse il capo. "Crono non sapeva di Nico, no? Sapeva solo di Percy e Talia. E stava cercando di capire chi dei due sarebbe stato migliore per lui." Percy e Talia si guardarono. "Dopo che non hai giocato secondo le sue regole con il Vello ha capito che non eri l'arma giusta per lui." Riflettè Talia e Percy sorrise. "É stato così bello rovinargli i piani."
""Percy Jackson" disse. "Sì, lo scambio è andato bene, vedo." Ero tornato nella caverna buia, con gli spiriti dei morti che mi aleggiavano attorno.
Nascosta nel baratro, la creatura mostruosa stava parlando, ma stavolta non si rivolgeva a me. Il potere narcotico della sua voce sembrava diretto a qualcun altro. "E sospetta nulla?" chiese.
Un'altra voce, una voce che mi sembrava quasi di conoscere, rispose alle mie spalle. "Nulla, mio signore. È ignaro come gli altri."
Allungai lo sguardo, ma non c'era nessuno. L'individuo che stava parlando era invisibile. "Inganno dopo inganno" rimuginò ad alta voce la creatura nella voragine. "Ottimo." "
"Era la voce di Luke?" Chiese Hermes e Percy annuì. "Probabilmente. Penso che stesse sognando anche lui." "Ti sei portato nel sogno di qualcun altro?" Chiese Atena, sbigottita. "Ho sorpreso anche loro." Annuì Percy.
""Davvero, mio signore" disse la voce accanto a me. "Giustamente la chiamano l'Iniquo. Ma era necessario? Avrei potuto portarle subito quello che ho rubato..."
"Tu?" replicò il mostro in tono di scherno. "Hai già mostrato i tuoi limiti. Saresti stato un fallimento totale se non fossi intervenuto io."
"Ma, mio signore..."
"Silenzio, piccolo servo. I nostri sei mesi ci hanno fruttato molto. La rabbia di Zeus è cresciuta. Poseidone si è giocato la carta della disperazione. Ora la useremo contro di lui. Ben presto avrai la ricompensa che desideri, e la tua vendetta. Non appena i due oggetti saranno nelle mie mani... ma aspetta. Il ragazzo è qui."
"Cosa?" la voce del servo a un tratto sembrò tesa. "L'ha convocato lei, mio signore?"
"No." Il mostro adesso stava riversando su di me tutta la forza della sua attenzione, pietrificandomi. "Maledetto il sangue di suo padre: è troppo mutevole, troppo imprevedibile. Il ragazzo è riuscito a trasportarsi quaggiù.""
"Del tipo, non è lo stesso sangue?" Chiese Percy e Poseidone gli spiegò. "Gli dei non hanno davvero il sangue, Percy. I miei poteri differiscono molto da quelli dei miei fratelli e da quelli di mio padre, ma sono quelli che trasmetto ai miei figli." Percy annuì. "Okay. Non ha senso, perchè Tritone, Rhodes e Kym sono dei anche loro, ma okay." Tritone rise e Anfitrite disse. "Vengono da due spiriti del mare, il potere è quello. Lo ereditano in forme diverse. Ma è sempre quello." "Ah... Okay, magari ha più senso."
""Impossibile!" gridò il servo.
"Per uno smidollato come te, forse" ringhiò la voce. Poi la sua gelida potenza tornò a rivolgersi a me. "Allora... vuoi sognare la tua impresa, giovane mezzosangue? Ti accontenterò.""
Percy fece una smorfia. "No grazie, stavo bene così." Talia rise, divertita. "Non scomodarti per me." Percy si unì alla cugina nel ridere. "Siete tipo fuori di testa?" "Tipo?" Chiese Percy, mentre Talia diceva. "Fuori di testa?" Piper annuì. "Due risposte che mostrano una prospettiva sulle vostre personalità."
"La scena cambiò. Ero in una vasta sala del trono con le pareti di marmo nero e i pavimenti di bronzo. Il trono vuoto e orripilante era fatto di ossa umane fuse insieme. Ai piedi della pedana c'era mia madre, immobilizzata in una scintillante luce dorata, le braccia distese. Cercai di avvicinarmi, ma le gambe non si muovevano. Tesi le mani, solo per vederle appassire e ridursi a ossa. Scheletri sogghignanti in armatura greca mi si affollarono intorno, avvolgendomi in drappi di seta e incoronandomi con allori fumanti del veleno di Chimera, che mi penetrarono nel cranio. La voce malvagia cominciò a ridere. "Ave, eroe conquistatore!" Mi svegliai di soprassalto."
"I tuoi sogni fanno davvero schifo." Disse Michael e Percy annuì. "Vanno solo peggio." Disse il ragazzo, e Charles espirò. "Peggio!" "Già, godetevela finchè sono così carini."
"Grover mi stava scuotendo per la spalla. — Il Tir si è fermato — disse. — Pensiamo che stiano per venire a controllare gli animali.
— Nascondetevi! — sibilò Annabeth.
Facile, per lei. Le bastava infilarsi il suo berretto magico e scompariva. Io e Grover dovemmo tuffarci dietro ai sacchi del foraggio, sperando di confonderci con le rape."
Talia fissò Percy. "Vedo una piccola somiglianza." "Grazie, ho sempre voluto somigliare a una rapa." "Prego."
"Le porte dell'autotreno si aprirono cigolando. La luce del sole e il caldo si riversarono all'interno.
— Diavolo! — esclamò uno dei camionisti, sventolandosi il nasone con la mano. — Ma perché non trasporto elettrodomestici? — Salì dentro e versò un po' d'acqua nelle ciotole degli animali. — Hai caldo, bestione? — chiese al leone, schizzandogli subito dopo il resto del secchio in faccia. Il leone ruggì indignato."
"Maledirò tutti loro." Ringhiò Artemide piano, un tono di voce letale. Nessuno le disse niente. Erano bestie selvagge, cadevano nel suo dominio.
"— Sì, certo, certo — fece l'uomo. Accanto a me, sotto i sacchi delle rape, Grover si irrigidì. Aveva un'aria decisamente assassina per un erbivoro pacifista."
Grover sorrise, e Percy gli sorrise di rimando. "Se lo meritavano." Annuì Rachel e Silena annuì. "Sono sorpresa che Percy non lo abbia aiutato." "Non avevo una patente e non potevo spacciarmi per un sedicenne." Spiegò Percy e Annabeth lo fissò. "Non ti avrei lasciato guidare." "Carino da parte tua pensare che avresti potuto fermarmi se avessi deciso di farlo." Le disse Percy, sorridendo verso di lei.
"Il camionista gettò all'antilope un Happy Meal spiaccicato e sogghignò alla zebra.
— Come te la passi, Striscia? Almeno ci libereremo di te alla prossima fermata. Ti piacciono gli spettacoli di magia? Questo ti farà impazzire. Ti segheranno in due!
La zebra, con gli occhi sgranati dalla paura, mi guardò dritto in faccia. Non emise un suono, ma chiaro come la luce del giorno, la sentii dire: "Liberami, mio signore. Ti prego." Ero troppo sbigottito per reagire."
"Parlavi con i cavalli." "Sì, cavalli. La zebra non era un cavallo." "Appartiene alla stessa specie. Si è solo sviluppata in un modo diverso." Disse Poseidone e Percy lo guardò. "Non posso parlare con gli asini, vero?" "Non che io sappia, no. A meno che tu non venga benedetto da una divinità con sfera di competenza di animali, non puoi." "Oh, menomale. Sarebbe stato troppo strano."
"Si udì un forte toc, toc, toc sul fianco dell'autotreno. Il camionista che era dentro con noi strillò: — Che vuoi, Eddie?
Una voce da fuori — quella di Eddie, probabilmente — gridò di rimando: — Maurice? Che hai detto?
— Perché hai bussato?
Toc, toc, toc.
Fuori, Eddie rispose: — Chi è che ha bussato?
Il nostro Maurice alzò gli occhi al cielo e tornò fuori, maledicendo Eddie per la sua idiozia. Un secondo dopo, Annabeth apparve al mio fianco. Era stata lei a bussare per attirare Maurice fuori dall'autotreno. Disse: — Questa ditta di trasporti non può essere legale.
— Hai ragione — convenne Grover. Fece una pausa, come per tendere le orecchie. — Il leone dice che questi tizi sono contrabbandieri!
"Esatto" disse la voce della zebra nella mia mente.
— Dobbiamo liberarli! — propose Grover. Lui e Annabeth mi guardarono, aspettando di sentire la mia opinione. La zebra disse: "Aprimi la gabbia, mio signore. Ti prego. Dopo starò bene."
Fuori, Eddie e Maurice stavano ancora sbraitando, ma sapevo che da un momento all'altro sarebbero tornati dentro per tormentare di nuovo gli animali. Ghermii Riptide e spezzai il lucchetto della gabbia.
La zebra si precipitò fuori. Si voltò verso di me e si inchinò. "Grazie, mio signore." Grover sollevò le mani e disse qualcosa alla zebra in linguaggio caprino, come una benedizione. Nell'istante stesso in cui Maurice fece capolino dentro per controllare da dove venisse quel rumore, la zebra lo scavalcò con un balzo e atterrò sulla strada. Si levò un coro di strilli, grida e clacson. Ci precipitammo davanti alle porte dell'autotreno appena in tempo per vedere la zebra che galoppava lungo un ampio viale costeggiato di alberghi, casinò e insegne al neon. Avevamo appena liberato una zebra a Las Vegas. Maurice e Eddie le corsero dietro, inseguiti a loro volta da alcuni poliziotti che gridavano: — Ehi! Ci vuole un permesso per quella!
— Questo sarebbe il momento giusto per andarsene — suggerì Annabeth."
"Lasciando in mano di quegli uomini gli altri due animali?" Disse Artemide, gelida. "Non lo abbiamo fatto, mia signora." Disse Annabeth, velocemente, e Percy annuì. "Era un invito ad accelerare i nostri tempi".
"— Prima gli altri animali — disse Grover.
Spezzai i lucchetti con la spada. Grover alzò le braccia e pronunciò la stessa benedizione caprina che aveva usato per la zebra.
— Buona fortuna — augurai agli animali.
L'antilope e il leone si slanciarono fuori dalle gabbie e si addentrarono insieme per le strade. Dei turisti gridarono. La maggior parte di essi, però, si limitò a scostarsi e a scattare fotografie, pensando probabilmente che fosse una specie di numero organizzato da uno dei casinò.
— Gli animali staranno bene? — chiesi a Grover. — Insomma, c'è il deserto e..."
Hermes sorrise. "Capisco perchè mio figlio ti avesse presa in simpatia, Percy. Ma la benedizione di Grover li avrebbe fatti trovare rifugio al sicuro." "Peccato non esista per i semidei." Mormorò Percy.
"— Non ti preoccupare — mi rassicurò lui. — Gli ho impartito la benedizione dei satiri.
— Sarebbe a dire?
— Sarebbe a dire che raggiungeranno la natura sani e salvi — spiegò. — Troveranno acqua, cibo, riparo e qualsiasi altra cosa necessaria finché non arriveranno in un luogo sicuro in cui vivere.
— Perché non puoi impartire una benedizione del genere anche a noi? — chiesi.
— Funziona solo con gli animali selvatici."
"Funzionerebbe solo su Perry, quindi." Disse Dioniso. "Ehy!" Disse Percy e Hermes rise. "Ed è quello che ne ha più bisogno."
"— Perciò avrebbe effetto solo su Percy — concluse Annabeth.
— Ehi! — protestai.
— Scherzavo — rise lei. — Coraggio. Andiamocene da questo schifo di Tir.
Saltammo giù un po' goffamente, immergendoci nel pomeriggio del deserto. Ci saranno stati come minimo quaranta gradi e noi dovevamo proprio avere l'aria di vagabondi cotti dal sole, ma erano tutti troppo presi dagli animali per fare caso a noi. Passammo davanti a ogni genere di albergo e casinò di lusso: il Montecarlo, l'MGM, le piramidi, una nave pirata e perfino la Statua della Libertà, che pur essendo una replica piuttosto ridotta, mi fece lo stesso venire nostalgia di casa. Non sapevo cosa stessimo cercando, di preciso. Forse solo un posto per ripararci dal caldo, trovare un panino e un bicchiere di limonata, ed escogitare un nuovo piano per arrivare sulla costa occidentale. Probabilmente sbagliammo strada, perché ci ritrovammo in un vicolo cieco di fronte all'Hotel Casinò Lotus."
"Siete entrati, vero?" Chiese spaventato Nico e Percy annuì. "Sono i mangiatori di Loto?" Domandò Poseidone, stringendo il figlio tra le braccia. Ade annuì, guardando il figlio. "Era dove ci avevi lasciati." Disse Nico, confuso. Ade annuì. "Lì sareste stati al sicuro." Reyna chiese. "Cos'ha di tanto speciale?" "Non percepisci il passare del tempo. Per te non passa molto tempo, ma nel mondo reale possono passare secoli." Spiegò Percy, facendo portare ad Hazel le mani alla bocca. "Oh, è orribile! Come il Mare dei Mostri?" Chiese Hylla, guardando il semidio "No, dimentichi tutto quello che c'è al di fuori. Non ti importa di niente se non di stare lì." Rispose Percy, scuotendo la testa. Grover annuì. "Ha tutto quello che qualcuno potrebbe desiderare." "Nico e Bianca sono potuti uscire grazie ad Alecto. Voi come avete fatto?" Ade guardò i tre semidei e Percy sospirò. "No spoiler, zio."
"L'ingresso era un enorme fiore al neon, con i petali che si accendevano a intermittenza. Non c'era gente, ma le scintillanti porte cromate erano aperte, liberando un'aria condizionata che profumava di fiori... fiori di loto, forse. Non ne avevo mai visto uno, perciò non ne ero sicuro. Il portiere ci sorrise. — Ehi, ragazzi. Sembrate stanchi. Volete entrare a riposarvi?
Avevo imparato a essere sospettoso, nell'ultima settimana o giù di lì. Chiunque poteva essere un mostro oppure un dio, non si poteva mai dire. Ma quel tizio era normale. Lo capii al primo sguardo. E poi, ero così sollevato di sentire qualcuno che ci parlava con gentilezza, che annuii e risposi che ci sarebbe piaciuto molto entrare. Una volta dentro, ci guardammo attorno e Grover esclamò: — Cavolo!
L'intero atrio era una sala giochi gigantesca. E non sto parlando di squallidi giochini o stupide slot machine. C'era uno scivolo d'acqua attorcigliato attorno a un ascensore di vetro che saliva per almeno quaranta piani. Un'intera parete era dedicata all'arrampicata e c'era persino un ponte per il bungee jumping da interni. Si potevano indossare tute speciali per la realtà virtuale, con vere pistole laser, e centinaia di videogame grandi quanto dei maxischermi. Insomma: era il paradiso! E non bisognava fare la fila, perché non c'erano molti ragazzi a giocare. Diverse cameriere giravano per la sala e c'erano snack-bar che servivano ogni genere di cibo che si possa immaginare.
— Benvenuti! — esclamò un fattorino. O almeno, quello che mi sembrava un fattorino. Indossava una camicia hawaiana bianca e gialla a motivi floreali — fiori di loto, naturalmente — dei pantaloncini corti e un paio di infradito. — Benvenuti al Casinò Lotus. Ecco la chiave della vostra stanza.
Balbettai: — Ehm, ma noi...
— No, no — esclamò lui, ridendo. — Il conto è già saldato. Niente spese extra, niente mance. Salite pure all'ultimo piano, stanza 4001. Se avete bisogno di qualcosa, tipo più bolle nell'idromassaggio o le ricariche per il tiro al piattello, chiamate la reception. Ecco le vostre carte Lotus. Funzionano nei ristoranti e su tutti i giochi e le attrazioni.
Ci consegnò tre carte di credito di plastica. Sapevo che doveva esserci un errore. Evidentemente ci aveva scambiato per dei ragazzini milionari. Ma presi la carta e chiesi: — Qual è il budget?
Lui aggrottò le sopracciglia. — In che senso?
— Voglio dire, quando si esauriscono le carte?
Scoppiò a ridere. — Ah, era una battuta. Ehi, forte! Godetevi il soggiorno."
Travis corrugò la fronte. "Non si esauriscono mai?" Connor disse. "Anzi, funzionano ovunque?" "A entrambi, sì." Tutti guardarono Percy, che scrollò le spalle. "I miei cugini sono degli scrocconi." "Ero stata prelevata con l'inganno!" "Anche io, ma non ho scroccato niente a nessuno, io." Nico sorrise. "É stato bellissimo poter mangiare tutto quello che volevo ordinare. Percy mi ha solo detto di non esagerare, perchè sennò mi sarei sentito male!" Percy sorrise al cugino, scompinandogli i capelli.
"Salimmo in ascensore e raggiungemmo la nostra stanza. Era una suite con tre camere da letto e un angolo bar rifornito di dolciumi, bibite gassate e patatine. Linea diretta con il servizio in camera. Asciugamani soffici e letti con materasso ad acqua e cuscini di piume. Un televisore a schermo panoramico collegato al satellite e a Internet. Il balcone comprendeva anche una vasca idromassaggio e, come preannunciato dal fattorino, c'era una macchina per il tiro al piattello: potevi scagliare i piattelli direttamente nel cielo di Las Vegas e poi farli saltare con un fucile vero. Non capivo come potesse essere legale, ma era forte. La vista sulla strada dei casinò e sul deserto era stupefacente, anche se dubitavo che avremmo mai trovato il tempo di fermarci ad ammirarla, con una stanza come quella.
— Dei del cielo — esclamò Annabeth. — Questo posto è...
— Una meraviglia — concluse Grover. — Un'assoluta meraviglia.
Nell'armadio c'erano dei vestiti, ed erano della mia taglia. "Strano" pensai. Gettai lo zaino di Ares nel cestino della spazzatura. Non ne avremmo avuto più bisogno. Quando ce ne saremmo andati, ne avrei comprato un altro nel negozio dell'albergo. Mi feci una doccia e fu fantastico, dopo una settimana di viaggio in quelle condizioni. Mi cambiai, mangiai un sacchetto di patatine, mi scolai tre Coche e mi sembrò quasi di rinascere: stavo alla grande."
"E i vestiti non erano arancioni. Ci tengo a sottolineare questo." Disse Percy, facendo ridere gli altri. "Aspetto molto importante." Rise Talia.
"In un angolino del mio cervello, c'era un piccolo problema che continuava a punzecchiarmi. Avevo sognato qualcosa... dovevo parlarne con i miei amici. Ma per il momento poteva aspettare. Fuori dalla mia stanza, scoprii che anche Annabeth e Grover si erano lavati e cambiati. Grover si stava abbuffando di patatine, mentre Annabeth aveva acceso la tv sul canale del National Geographic."
"Interessante, questa magia non ha molto effetto su di te." Sorrise Demetra, incuriosita. "Beh, i mangiatori di loto ti mostrano quello che più desideri, i giochi migliori che qualcuno potrebbe desiderare, o le attività migliori. Ognuno entra e trova quello che vuole." Spiegò Ade e Leo guardò Annabeth. "E quello che volevi tu era il National Geographic? Sei pazza?"
"— Con tutti i canali che ci sono — le dissi — vai a scegliere proprio il National Geographic? Sei matta?"
Leo e Percy si sorrisero.
"— È interessante.
— Mi sento proprio bene — esclamò Grover. — Adoro questo posto.
Senza che nemmeno se ne rendesse conto, gli spuntarono le ali sulle scarpe e lo sollevarono a trenta centimetri da terra, riportandolo giù subito dopo.
— E adesso che si fa? — chiese Annabeth. — Si dorme?"
Atena scosse la testa. "Uscite di là e finite la vostra missione. Chissà quanto tempo è già passato." "Esatto, avete qualcosa da fare." Disse Zeus, fissando i semidei. Hermes sbuffò. "Dormire? Nah, vai a giocare." "Esatto divertitevi." Disse Dioniso, pensando alle macchinette da gioco. Apollo annuì. "Tanto la magia vi impedirebbe di accorgervi che qualcosa non va. Godetevela."
"Io e Grover ci scambiammo uno sguardo e sorridemmo. Tirammo fuori le nostre carte di credito Lotus di plastica verde. — Si gioca! — risposi io.
Non riuscivo a ricordare l'ultima volta in cui mi ero divertito tanto. Venivo da una famiglia relativamente povera. La nostra massima idea di lusso era cenare al Burger King e affittare un dvd. Un albergo a cinque stelle di Las Vegas? Neanche nei nostri sogni più sfrenati. Mi lanciai con il bungee jumping nell'atrio cinque o sei volte, mi tuffai dallo scivolo d'acqua, feci snow-board sulla pista artificiale e giocai alle battaglie laser e all'agente FBI della realtà virtuale. Incontrai Grover un paio di volte, passando da un gioco all'altro. Andava matto per la caccia al contrario: cervi contro cacciatori. Vidi Annabeth che si dilettava con dei quiz e altra roba per cervelloni. E poi c'era questo enorme gioco di simulazione in 3D per costruirsi la propria città personale: vedevi sorgere gli ologrammi degli edifici direttamente sul piano del display. Per me non era niente di speciale, ma Annabeth lo adorava."
"Quindi, Grover e Annabeth avevano trovato il gioco dei loro sogni, ma Percy no?" "Ho dei gusti raffinati." Disse Percy, facendo ridere Michael. Estia sorrise. "Solo, la tua mente e la tua forza non ti permettono di essere piegato facilmente sotto trucchi di magia." "Ma Medusa ci era riuscita." Disse Piper, e Afrodite annuì. "Perchè Percy in questo momento era in uno stato di senso di colpa e disprezzo di se stesso costante per il destino di sua madre per cui si riteneva responsabile, senza parlare di quello che aveva fatto quel disgustoso e vile essere."
"Non so di preciso quando cominciai a realizzare che qualcosa non andava. Probabilmente fu quando notai il mio vicino nella postazione della realtà virtuale. Avrà avuto più o meno tredici anni, ma era vestito in modo strano. Pensai che forse era il figlio di un sosia di Elvis. Indossava un paio di jeans a zampa di elefante e una maglietta rossa con dei laccetti neri, e aveva i capelli cotonati e impomatati come un ragazzo del New Jersey al ballo della scuola. Giocammo una partita insieme e lui esclamò: — Che sballo! Sono qui da due settimane e i giochi sono sempre più forti. Mica roba da matusa!
Matusa!
Più tardi, mentre chiacchieravamo, dissi che qualcosa era "da urlo" e lui mi guardò un po' sbigottito, come se non avesse mai sentito quell'espressione in vita sua. Mi rivelò che si chiamava Darrin, ma non appena gli feci delle domande, si stufò e si voltò di nuovo verso lo schermo.
— Ehi, Darrin! — chiamai.
— Che c'è?
— Che anno è?
Mi guardò male. — Nel gioco?
— No. Nella vita vera.
Ci pensò su. — Il 1977.
— No — risposi, cominciando a spaventarmi un po'. — Sul serio.
— Ehi, amico. Capto delle brutte vibrazioni. Ho una partita da giocare.
Dopodiché mi ignorò totalmente. Cercai di parlare con la gente e scoprii che non era facile. Erano incollati agli schermi della tv o ai videogame o al cibo o a qualunque altra cosa stessero facendo. Trovai un tizio che mi disse che eravamo nel 1983. Per un altro, invece, era il 1993. Tutti dichiaravano di non essere là da molto tempo, solo da pochi giorni, poche settimane al massimo. Non lo sapevano di preciso e non gli importava. Poi ci arrivai: e io, da quanto tempo mi trovavo in quel posto? Sembravano passate solo un paio di ore, ma era vero? Mi sforzai di ricordare il motivo per cui eravamo là. Stavamo andando a Los Angeles. Dovevamo trovare l'ingresso degli Inferi. Mia madre... per un secondo spaventoso, faticai a ricordare come si chiamasse. Sally. Sally Jackson. Dovevo trovarla. Dovevo andare inutilmente negli Inferi per cercare una folgore che non era lì. Dallo zio intelligente."
"Ottimo! Ti sei liberato dalla magia!" Sorrise Anfitrite e Percy sorrise di rimando.
"Trovai Annabeth ancora intenta a costruire la sua città. — Muoviti — le ordinai. — Dobbiamo andarcene di qui.
Nessuna risposta.
La scrollai. — Annabeth?
Lei alzò lo sguardo, seccata. — Che c'è?
— Dobbiamo andare.
— Andare? Ma di cosa stai parlando? Ho appena innalzato le torri...
— Questo posto è una trappola.
Non mi rispose finché non la scrollai di nuovo. — Che c'è?
— Ascolta. Gli Inferi. La nostra impresa!
— E dai, Percy, solo un altro paio di minuti.
— Annabeth, c'è gente che è qui dal 1977. Ragazzi che non sono mai invecchiati. Entri nell'albergo e ci rimani per sempre.
— E allora? — fece. — Riesci a immaginare un posto migliore?
L'agguantai per il polso e la tirai via dal gioco. — Ehi! — protestò e mi rifilò uno schiaffo, ma non si girò nessuno. Erano tutti troppo occupati. La costrinsi a guardarmi negli occhi. — Ragni. Grossi ragni pelosi — le dissi."
"Oh! Non mi ricordavo di averti colpito! Mi dispiace!" Percy scrollò le spalle e Talia annuì. "I ragni dovrebbero svegliarla." lanciando uno sguardo al cugino. Se qualcuno avesse colpito lei, anche in trance, sarebbe stata molto arrabbiata. Percy non ne aveva mai nemmeno parlato.
"Funzionò. Fece un sobbalzo e il suo sguardo tornò lucido. — Dei del cielo! — esclamò. — Da quanto tempo siamo qui?
— Non lo so, ma dobbiamo trovare Grover.
Lo trovammo ancora intento a giocare al cervo cacciatore virtuale. — Grover! — gridammo insieme.
Lui rispose: — Muori, mortale! Muori, stupido e odioso individuo inquinante!
— Grover!
Mi puntò il fucile di plastica contro e cominciò a premere il grilletto, come se io fossi solo un'altra immagine dello schermo. Meno male che erano finte, o sarei diventato uno scolapasta."
Grover arrossì. "Non mi ero reso conto che ti stavo sparando!" "Ripeto, meno male che non erano vere." Leo rise. "Uno scolapasta!" "Come?" Chiese Jason, guardando Percy che disse. "Non hai mai visto uno scolapasta?" "Sì, ma non mi viene come paragone." "Questo perchè la tua mente è limitata dagli stigmi della società." Gli disse Percy, facendo ridere Nico.
"Guardai Annabeth e insieme prendemmo Grover a braccetto e lo trascinammo via. Le sue scarpe volanti presero vita e tirarono le gambe nella direzione opposta, mentre lui gridava: — No! Ero appena entrato in un nuovo livello! No!
Il fattorino della Lotus ci corse incontro. — Allora, siete pronti per le carte Platino?
— Ce ne andiamo — gli annunciai.
— Che peccato — replicò lui, ed ebbi la sensazione che dicesse proprio sul serio, che gli avremmo spezzato il cuore se ce ne fossimo andati. — Abbiamo appena aggiunto un nuovo piano attrezzatissimo per i possessori di carta Platino.
Ci mostrò le carte e io ne desiderai una con tutto me stesso. Sapevo che se l'avessi presa, non me ne sarei più andato. Sarei rimasto là, felice, a giocare per sempre, e ben presto mi sarei dimenticato di mia madre, della mia impresa e forse perfino del mio nome. Avrei giocato al cecchino virtuale con Darrin-John Travolta per sempre."
"Darrin-John Travolta?" "Grease? Mai visto?" Chiese, guardando Annabeth. "No." "Peccato, Travolta è decisamente figo in quel film. Un piacere per gli occhi." "Vero!" Annuì Drew, condividendo un sorriso con Percy.
"Grover tese il braccio per afferrare la carta, ma Annabeth lo bloccò, dicendo: — No, grazie.
Mentre ci avvicinavamo alla porta, il profumo del cibo e i suoni dei giochi sembrarono farsi sempre più invitanti. Pensai alla nostra suite al piano di sopra. Forse potevamo restare solo per la notte, e dormire una volta tanto in un letto vero... A quel punto, ci precipitammo fuori dalle porte del Casinò Lotus, e corremmo fino in fondo al marciapiede.
Sembrava pomeriggio, più o meno la stessa ora di quando eravamo entrati, ma qualcosa non tornava. Il tempo era completamente cambiato. Era temporalesco, con i lampi estivi che illuminavano il deserto. Mi ritrovai lo zaino di Ares in spalla, il che era strano, perché ero sicuro di averlo gettato nel cestino della spazzatura della stanza 4001, ma al momento avevo altri problemi di cui preoccuparmi. Corsi all'edicola più vicina e per prima cosa lessi l'anno su una rivista. Grazie agli dei, era lo stesso di quando eravamo entrati. Poi però notai la data: il venti giugno. Eravamo rimasti nel Casinò Lotus per cinque giorni. Ci restava solo un giorno prima del solstizio d'estate. Un giorno per portare a termine l'impresa."
"Beh, non è Percy se non siamo a scadenza!" Dissero Clarisse, Grover, Talia, Hazel e Frank. "Non arrivo sempre a scadenza." Si lamentò Percy e Reyna annuì. "A volte dopo e arrivi nel momento peggiore con l'espressione di 'risolvo io tutto, don't worry'" "E poi attira l'attenzione di un gigante così, senza problemi. Del tipo, ci penso io, gente." Alzò gli occhi al cielo Hylla. "Ci ho pensato totalmente io." Disse Percy.
Chirone interruppela conversazione. "Una pausa pranzo prima di proseguire?"
La pausa termino velocemente, e Travis reclamò il libro dal tavolo. "Ora tocca a me."Angolo autrice
Alla prossima
By rowhiteblack
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THE FATES' QUEST: READING PERCY JACKSON
FanfictionDopo Eroi dell'olimpo, quando Zeus deve decidere la punizione di Apollo, semidei e dei si ritrovano nella Sala del Trono per leggere dieci libri dall'aria innocua. Leggere la vita dei loro figli renderà più dolci gli immortali e darà più senso a Zeu...