PRENDIAMO UNA ZEBRA PER LAS VEGAS

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"Il  dio  della  guerra  ci  stava  aspettando  nel  parcheggio del  ristorante. — Bene, bene  — esordì. — Non ti  sei  fatto  ammazzare.
— Sapeva  che  era  una  trappola  — replicai.
Ares  mi  rivolse  un  ghigno  malvagio.  —  Scommetto  che  il  fabbro  zoppo c'è  rimasto  male  quando  si  è  trovato  nella  rete  un  paio  di  stupidi  ragazzini. Siete  venuti  bene, in tv.
Gli  passai  lo  scudo. — Lei  è  un idiota."
Efesto sembrava deluso. Apollo mormorò. "Abbastanza mansueto per provenire da te." "Ehy, avevo detto che ero stato super educato!" Talia lo fissò. "Quello non era super educato!" "Certo che lo era!" Rispose Percy e Grover annuì. "Per gli standard di Percy, lo era." Gli altri semidei annuirono, concordi.
"Annabeth  e  Grover  trattennero  il  fiato. Ares  afferrò  lo  scudo  e  lo  fece  roteare  in  aria  come  l'impasto  di  una pizza.  Lo  scudo  cambiò  forma,  plasmandosi  in  un  giubbotto  antiproiettile che  il  dio  si  gettò  sulle  spalle.
— Vedete  quel  Tir  laggiù?  —  Indicò  un  grosso  autotreno  parcheggiato dall'altra  parte  della  strada.  —  È  il  vostro  passaggio.  Vi  porterà  dritti  a  Los Angeles,  con un'unica  fermata  a  Las  Vegas.
L'autotreno  aveva  una  scritta  sul  retro  che  riuscivo  a  leggere  solo  perché era  stampata  a  lettere  bianche  su  sfondo  nero,  una  buona  combinazione  per la   dislessia:   BUONCUORE   INTERNATIONAL:   IL   TRASPORTO ZOOLOGICO   CHE   RISPETTA   GLI   ANIMALI.   ATTENZIONE: ANIMALI  SELVATICI.
— Sta  scherzando.
Ares  schioccò  le  dita  e  la  porta  posteriore  del  Tir  si  aprì.  —  Passaggio gratis  per  l'Ovest,  ragazzino.  Piantala  di  lamentarti.  Ed  ecco  qualcosina  per ringraziarti  del  lavoretto."
"Perchè gli dai qualcosa?" Apollo fissò il dio ed Hermes annuì. "La nereide gli ha detto di non fidarsi dei doni. Cosa ci hai fatto?" "Non ci ho fatto niente." Scosse la testa Ares. Percy inclinò la testa. Il dio non aveva mentito, quindi Apollo non poteva trovare la bugia. Forse Ares non era così stupido.
"Sganciò uno zaino  blu dal  manubrio  e  me  lo lanciò. Dentro  c'erano  dei  vestiti  puliti  per  tutti,  venti  dollari  in  contanti,  un sacchetto  pieno  di  dracme  d'oro e  un pacco di  biscotti  al  cioccolato.
— Non voglio  la  sua  pidocchiosa...  — cominciai."
"Non rifiuti un dono di un dio." Gli disse Poseidone, con tono gentile. "Ma la Nereide mi aveva detto di non fidarmi dei doni." "Ed era per quello che non lo volevi?" Percy scrollò le spalle e Poseidone gli disse. "Prendi il dono, e poi al massimo te ne disfi più tardi." "Okay, bene." Poseidone annuì. Forse c'era speranza per il figlio.
"—  Grazie,  Divino  Ares  —  mi  interruppe  Grover,  scoccandomi  la  sua occhiata  da  allarme  rosso. — Grazie  mille.
Strinsi  i  denti.  Probabilmente  era  un  insulto  mortale  rifiutare  qualcosa  da un  dio,  ma  non  volevo  niente  che  fosse  passato  per  le  sue  mani.  Con riluttanza,  mi  infilai  lo  zaino  in  spalla.  Sapevo  che  era  la  sua  presenza  a causarmi  tutta  quella  rabbia,  ma  morivo  lo  stesso  dalla  voglia  di  dargli  un pugno  sul  naso.  Mi  ricordava  ogni  bullo  che  mi  fosse  mai  capitato  davanti: Nancy  Bobofit,  Clarisse,  Gabe  il  Puzzone,  insegnanti  sarcastici...  ogni singolo  idiota  che  mi  avesse  data  dello  stupido  a  scuola  o  che  mi  aveva riso  dietro  quando ero  stato espulso."
Ares annuì. Era comprensibile allora la sua reazione. Tendeva a portare alla mente ricordi brutti, ma quel Gabe sembrava oltre il brutto.
"Mi  voltai  a  guardare  il  ristorante,  che  adesso  aveva  soltanto  un  paio  di clienti.  La  cameriera  che  ci  aveva  servito  la  cena  scrutava  innervosita  fuori dalla  vetrina,  come  se  temesse  che  Ares  potesse  farci  del  male.  Trascinò persino  il  cuoco  fuori  dalla  cucina.  Gli  disse  qualcosa.  Lui  annuì,  prese  il cellulare  e  ci  scattò  una  foto."
"Che bello! Il titolo 'criminale dodicenne mette ko motociclista inerme'" Sorrise Apollo e Ares sbuffò. "Non ero di certo inerme." Hermes scrollò le spalle. "Aveva distrutto il Gateway Arch, sono sicuro che mettere ko un motociclista sarebbe stato nelle sue competenze." "Lo era." Annuì Grover, ma Annabeth continuò. "Solo non in quel momento." Percy sorrise, ricordando il momento. "Se lo era cercato tutto." "Vero." Annuì Grover e Annabeth annuì. "Solo che ci hai fatto venire un infarto." "Giusto, scusate."
""Fantastico"  pensai.  "Domani  saremo  di  nuovo su tutti  i  giornali." Immaginavo  il  titolo:  CRIMINALE  DI  DODICI  ANNI  METTE  KO MOTOCICLISTA  INERME."
Apollo sorrise. "Anche Percy sapeva che sarebbe stato il titolo." Apollo fece l'occhiolino a Percy, che rise. Poi il dio del sole impallidì per gli sguardi arrabbiati sui volti di Poseidone, Ade e Zeus. Oh, bene, si era davvero complicata la sua situazione, da diffidente a infuriato.
"— Mi deve  ancora  una  cosa  —  dissi  ad  Ares,  sforzandomi  di  mantenere un tono  piatto.  — Mi  ha  promesso  delle  informazioni  su mia  madre.
Sicuro di  reggere?  —  Mise  in  moto.  —  Non  è  morta. 
È  stato  come  se la  terra  si  mettesse  a  roteare  sotto  i  miei  piedi.  — Che  vuole  dire?
—  Voglio  dire  che  è  stata  sottratta  al  Minotauro  prima  che  potesse morire.   Si   è   trasformata   in   una   pioggia   d'oro,   giusto?   Questa   è metamorfosi.  Non è  morte.  È  tenuta  prigioniera.
— Prigioniera?  Perché?
—  Devi  studiare  l'arte  della  guerra,  ragazzo.  Ostaggi.  Prendi  qualcuno per  controllare  qualcun  altro.
— Non mi  sta  controllando  nessuno.
Scoppiò a  ridere.  — Ah, sì?  Ci  vediamo,  ragazzo."
"Aveva ragione sul mio essere controllato però." Disse Percy e Travis lo guardò. "Chi lo faceva?" "Chi non lo faceva, vuoi dire." Gli disse Percy e lui annuì.
"Serrai  i  pugni.  —  Fa  un  po'  troppo  lo  sbruffone,  per  uno  che  scappa  dalle statuine  di  Cupido."
"Ancora piuttosto mansueto, per provanire da Percy." Disse Talia, guardando il cugino delusa. "Perchè così mansueto? Andiamo!" "Ehy, dammi tempo!"
"Dietro  gli  occhiali  da  sole  di  Ares,  il  fuoco  brillò.  Sentii  un  vento  caldo fra  i  capelli.  —  Ci  incontreremo  di  nuovo,  Percy  Jackson.  La  prossima volta  che  fai  a  botte  con qualcuno, guardati  le  spalle.
Mandò  su  di  giri  la  Harley,  poi  si  allontanò  rombando  lungo  Delancy Street. Annabeth  disse:  — Non è  stata  una  mossa  intelligente,  Percy.
— Chi  se  ne  importa.
— Nessuno  ci  tiene  a  inimicarsi  un dio. Soprattutto  quel  dio."
Michael rise. "Percy non ha ancora capito." "Ehy, non mi inimico nessun dio. Io dico solo le cose come stanno, non è di certo colpa mia se non gli piace quello che ho da dire."
"— Ehi, ragazzi  — fece  Grover. — Detesto  interrompervi,  ma...
Indicò  il  ristorante.  Alla  cassa,  gli  ultimi  due  clienti  stavano  pagando  il conto:  due  uomini  vestiti  con  identiche  tute  nere,  con  un  logo  bianco  sulla schiena  uguale  a  quello  sul  Tir  della  Buoncuore  International.
—  Se  vogliamo  prendere  l'espresso  zoologico  —  disse  Grover  — dobbiamo  affrettarci.
La  cosa  non  mi  piaceva,  ma  non  avevamo  scelta.  E  poi,  ne  avevo abbastanza  di  Denver. Attraversammo   la  strada  di  corsa  e  salimmo  sul  retro  del  grosso autotreno,  chiudendoci  le  porte  alle  spalle. La  prima  cosa  che  mi  colpì  fu  l'odore.  Era  come  la  lettiera  per  gatti  più grande  del  mondo. All'interno  era  buio  finché  non  tolsi  il  cappuccio  di  Anaklusmos.  La lama  gettò  una  debole  luce  bronzea  su  una  scena  molto  triste.
Artemide digrignò i denti. "Immagino che non fosse molto per la cura di animali." I tre scossero la testa.
"Accovacciati in  una  fila  di  sudice  gabbie  di  metallo,  c'erano  tre  dei  più  patetici  animali dello  zoo  che  avessi  mai  contemplato:  una  zebra,  un  leone  albino  e  una strana  specie  di  antilope  di  cui  non conoscevo  il  nome. Qualcuno  aveva  gettato  al  leone  un  sacco  di  rape,  che  ovviamente l'animale  non  aveva  voglia  di  mangiare.  La  zebra  e  l'antilope  avevano ricevuto  un  vassoio  di  carne  macinata  a  testa.  La  criniera  della  zebra  era imbrattata  di  gomma  da  masticare,  come  se  qualcuno  si  fosse  divertito  a sputarci   sopra.   L'antilope   aveva  uno  stupido  palloncino  argentato  di compleanno  legato  a  una  delle  corna,  con  su  scritto  AUGURI,  VECCHIA CARRIOLA! A  quanto  pareva,  nessuno  si  era  azzardato  a  molestare  il  leone  — bisognava  avvicinarsi  troppo  —  ma  la  povera  bestia  si  aggirava  irrequieta sopra  delle  coperte  sporche,  in  uno  spazio  decisamente  troppo  piccolo  per lei,  ansimando  per  il  caldo  soffocante  dell'autotreno.  Gli  occhi  rosa  erano tormentati  dalle  mosche,  mentre  dalla  pelliccia  bianca  si  intravedevano  le costole."
"Sporchi mortali." Artemide digrignò i denti, e Hermes e Dioniso sembravano assassini. Grover alzò le mani. "Li abbiamo aiutati." "Ottimo. E i mortali?" Chiese Artemide. "Sono stati denunciati da una chiamata anonima qualche giorno dopo e hanno dovuto pagare qualcosa come un milione di multa, venendo arrestati e finendo in bancarotta." Disse Percy, ricevendo poi delle occhiate. "Che c'è? Avevamo una missione da finire, ma ho tutto il tempo di rovinare le carriere di chi molesta gli animali. Anche se poi Thrumble mi ha adottato." "Chi? " "Oh, questa giumenta bianca bellissima." Disse Percy, guardando Talia. "Thrumble e Storm?" "Non ho scelto io i nomi, ma Bree." "Chi?" "La proprietaria del ranch dietro casa."
"— E questo  sarebbe  buon  cuore?  —  esclamò  Grover.  —  Un  trasporto zoologico  che  rispetta  gli  animali?
Probabilmente  si  sarebbe  precipitato  fuori  a  malmenare  i  camionisti  con il  flauto,  e  io  l'avrei  seguito  a  ruota,  ma  proprio  in  quell'istante  il  motore del  Tir  si  mise  in  azione,  l'autotreno  cominciò  a  muoversi  e  noi  fummo costretti  a  sederci. Ci  stipammo  in  un  angolo  sopra  dei  sacchi  di  foraggio  ammuffito, cercando  di  ignorare  l'odore,  il  caldo  e  le  mosche.  Grover  parlò  con  gli animali  in  una  serie  di  belati  caprini,  ma  loro  si  limitarono  a  fissarlo mestamente.  Annabeth  propose  di  forzare  la  serratura  delle  gabbie  e liberarli,  ma  io  le  feci  notare  che  non  sarebbe  servito  a  molto  finché  il  Tir non  si  fermava.  E  poi,  avevo  la  sensazione  che  il  leone  ci  considerasse molto  più appetitosi  delle  rape. Trovai  una  tanica  d'acqua  e  riempii  le  ciotole,  poi  usai  Anaklusmos  per trascinare  fuori  dalle  gabbie  i  pasti  scambiati.  Diedi  la  carne  al  leone  e  le rape  alla  zebra  e  all'antilope. Grover   calmò   l'antilope,   mentre   Annabeth   tagliava   col   coltello   il palloncino  che  le  avevano  attaccato  al  corno.  Avrebbe  voluto  grattare  via anche  la  gomma  dalla  criniera  della  zebra,  ma  decidemmo  che  sarebbe stato  troppo  rischioso  a  causa  dei  movimenti  bruschi  del  Tir.  Dicemmo  a Grover  di  promettere  agli  animali  che  li  avremmo  aiutati  di  più  la  mattina dopo, e  ci  sistemammo  per  la  notte."
"Grazie." Annuì rigidamente Artemide e i semidei annuirono.
"Grover  si  raggomitolò  su  un  sacco  di  rape;  Annabeth  aprì  il  pacco  di biscotti   e   ne   sbocconcellò   uno;   io  cercai   di  tirarmi   su   di  morale, concentrandomi  sul  fatto  che  eravamo  a  metà  strada  da  Los  Angeles.  A metà  strada  dalla  meta.  Era  solo  il  quattordici  giugno.  Il  solstizio  era  il ventuno.  Potevamo  prendercela  comoda. Decisi di prendere la carta e una penna da lì vicino e iniziai a scrivere. Annabeth si affacciò.
- Stai scrivendo in greco.-
Alzai le spalle. Onestamente non ne avevo idea. Quando finii, lo feci vedere orgoglioso ai due compagni.
- Ti farai ammazzare, continui così.- Mi disse Annabeth e io la ignorai."
"Riassunto della vita di Percy: ti farai ammazzare così, ma io lo ignorai." Rise Travis e Michael chiese. "Ma cosa c'era scritto?" Connor continuò.
"La rilessi per sicurezza:
Lady Afrodite, mi scuso per il disturbo che potrei arrecarle, ma non le prenderò troppo tempo. Abbiamo avuto il piacere di incontrare Ares, che ci ha incaricati di recuperare il suo scudo. Non ho potuto fare a meno di notare che non ha nemmeno menzionato il suo foulard, ma non potevo di certo lasciarlo a bagnarsi. Glielo restituisco. Sono davvero desolato che Ares non lo abbia menzionato, ma forse non è sorprendente, dal momento che l'ha portata in un posto che non rende giustizia alla sua persona. Spero che possa migliorare in futuro.
I suoi figli al Campo sono stati gentili con me e Silena è un'ottima capocabina. Se le servisse un favore, non esiti a chiamarmi.
Percy Jackson. "
Efesto sorrise. "Hai messo Afrodite addosso ad Ares. Bell'idea." Apollo ed Hermes scoppiarono a ridere e Ares indossò una smorfia. Afrodite annuì. "Avevi ragione, meritavo decisamente di meglio." Percy sorrise, alzando poi le sopracciglia verso il dio della guerra infuriato.
"Dopo aver spedito il pacco con il foulard e una delle dracme che Ares ci aveva lasciato, mi misi a pensare. Non  avevo  idea  di  cosa  aspettarmi   dopo.  Gli  dei continuavano  a  trastullarsi  con  me.  Almeno  Efesto, che non aveva intenzione di farlo,   aveva  avuta la  decenza  di farlo   a  carte  scoperte:  aveva  installato  delle  telecamere  e  mi  aveva sbandierato come  uno  spettacolo.  Ma  anche  a  telecamere  spente,  avevo  la sensazione   che   la   mia   impresa   fosse   osservata.   Ero   una   fonte   di divertimento  per  gli  dei."
"Tenevamo d'occhio la tua impresa, vero." Annuì Artemide e Atena scosse la testa. "Il divertimento era di poco interesse, per noi." Talia alzò gli occhi al cielo. "Intendeva dire che era il vostro intrattenimento."
"— Ehi,  Percy  —  disse  Annabeth  —  scusa  se  ho  dato  di  matto  giù  al parco.
— Non c'è  problema.
— È  solo che... — Rabbrividì.  —  I  ragni.
—  Per  via  della  storia  di  Aracne  —  intuii.  —  È  stata  trasformata  in ragno  per  aver  sfidato  tua  madre  in  una  gara  di  tessitura,  giusto?
Annabeth  annuì.  —  I  figli  di  Aracne  si  vendicano  sui  figli  di  Atena  da allora.  Se  c'è  un  ragno  nel  giro  di  un  chilometro  di  distanza  da  dove  sono io,  stai  sicura  che  riuscirà  a  trovarmi.  Odio  quelle  bestiacce  formicolanti. Comunque,  ti  sono  debitrice.
— Siamo  una  squadra,  ricordi?  —  replicai.  —  E  poi,  è  stato  Grover  a fare  il  volo acrobatico.
Pensavo  che  dormisse,  ma  invece  borbottò  dall'angolo:  —  Sono  stato grande,  eh?
Io e  Annabeth ci  mettemmo  a  ridere. Lei  spezzò  un  biscotto  e  me  ne  passò  metà.
"Sei stato davvero grande!" Annuì Talia e Grover sorrise. "Non potevo di certo lasciarli ai ragni assassini, vero?" "Potevi lasciare pretty." Disse Clarisse e Percy sorrise. "Così potevi dire di essere il migliore spadaccino?" "Ovvio. "
"—  Nel  messaggio  di  Iride, Luke  non ha  detto  davvero nulla?
Riflettei  su come  rispondere  mentre  masticavo.  Quella  conversazione  via arcobaleno  mi  aveva  turbato  tutta  la  sera.  —  Luke  ha  detto  che  siete  amici di  lunga  data.  Ha  detto  anche  che  Grover  stavolta  non  avrebbe  fallito.  E che  nessuno  sarebbe  stato  trasformato  in pino.
Nella   fioca  luce  bronzea  della  spada,  era  difficile  leggere  le  loro espressioni. Grover  emise  un belato  afflitto. — Avrei  dovuto  dirti  la  verità  fin  dall'inizio.  —  Gli  tremava  la  voce.  — Ma  pensavo  che  se  tu  avessi  saputo  che  frana  sono,  non  mi  avresti  voluto con te."
Talia si arrabbiò. "Non era colpa tua! Eri inesperto e nemmeno i satiri più anziani avrebbero potuto fare molto per me." Percy annuì. "E anche sapendo che eri il satiro che aveva...perso Talia, ti avrei comunque voluto. Eri lo stesso che aveva deciso di aiutare Annabeth e Luke e non lasciarli a loro stessi, nonostante gli ordini di Chirone. Preferivo avere qualcuno con il cuore nel posto giusto, specialmente se era il mio migliore amico." Grover sorrise ed Annabeth annuì.
"— Sei  tu  il  satiro  che  ha  cercato di  salvare  Talia, la  figlia  di  Zeus?
Lui  annuì  cupamente.
— E gli  altri  due  mezzosangue  con  cui  Talia  aveva  fatto  amicizia,  quelli che  sono  arrivati  sani  e  salvi  al  campo...  —  Guardai  Annabeth.  —  Eravate tu  e  Luke, non è  vero?
Lei  mise  giù  il  biscotto,  intatto.  —  Come  hai  detto  tu,  Percy,  una mezzosangue  di  sette  anni  non  sarebbe  mai  arrivata  molto  lontano  da  sola. Talia  aveva  dodici  anni.  Luke  quattordici.  Sono  stati  contenti  di  prendermi con  loro.  Erano  straordinari  contro  i  mostri,  perfino  senza  allenamento. Siamo  partiti  dalla  Virginia  senza  un  vero  piano,  dirigendoci  a  nord  e respingendo  gli  attacchi  dei  mostri  per  un  paio  di  settimane  prima  che Grover  ci  trovasse.
— Il  mio  compito  era  quello  di  scortare  Talia  al  campo  —  spiegò  lui, tirando  su  col  naso.  —  Solo  Talia.  Avevo  ricevuto  degli  ordini  precisi  da Chirone:  non  dovevo  fare  niente  che  potesse  rallentare  il  salvataggio. Sapevamo  che  Ade  dava  la  caccia  a  lei,  solo  che  non  potevo  lasciare  Luke e  Annabeth  a  se  stessi.  Pensai...  pensai  che  avrei  potuto  portarli  tutti  e  tre in  salvo.  È  stata  colpa  mia  se  le  Benevole  ci  hanno  raggiunto.  Mi  sono spaventato  sulla  strada  del  ritorno  e  ogni  tanto  ho  sbagliato  direzione.  Se solo  fossi  stato  un po'  più veloce...
— Smettila  —  lo  interruppe  Annabeth.  —  Nessuno  pensa  che  sia  colpa tua.  Nemmeno  Talia  lo pensava.
— Si  è  sacrificata  per  salvare  noi  —  continuò  lui  in  tono  afflitto.  —  La sua  morte  è  stata  colpa  mia.  Il  Consiglio  dei  Satiri  Anziani  ha  detto  così.
—  Perché  non  hai  voluto  abbandonare  altri  due  mezzosangue?  — intervenni  io. — Non è  giusto."
"Percy ha ragione." Annuì Estia. Demetra fissò il centauro. "Quello che non capisco è perchè non sia stato inviato un satiro più esperto o più di uno per portarli in salvo in momenti diversi." Chirone sospirò. "Nessun altro satiro a cui ho chiesto aveva voluto intraprendere la missione. Avevano troppa paura dei mostri che Ade aveva inviato dietro Talia." "Quindi hanno avuto l'ipocrisia e il coraggio di prendersela con l'unico abbastanza coraggioso da farlo?" Percy aveva un'espressione disgustata. "Il Consiglio faceva davvero schifo!" Talia annuì, aggiungendo poi. "E davvero, qualcuno mi ricordi di ringraziarli." "Posso venire con te a farlo?" Chiese Percy e Talia sorrise. "Certo." "Immagino sia un momento di legame tra cugini?" Chiese Jason e Nico applaudì. "Che bello!" "Poveri satiri." Rise Rachel. 
"— Percy  ha  ragione  —  approvò  Annabeth.  —  Oggi  non  sarei  qui  se  non fosse  stato  per  te,  Grover.  E  nemmeno  Luke.  Non  ci  importa  di  quello  che dice  il  Consiglio.
Grover  continuò  a  tirare  su  col  naso  nel  buio.  —  La  mia  solita  fortuna. Sono  il  satiro  più  incapace  che  si  sia  mai  visto  e  trovo  i  due  mezzosangue più  potenti  del  secolo:  Talia  e  Percy.
— Tu  non  sei  incapace  —  insistette  Annabeth.  —  Hai  più  coraggio  di qualsiasi  satiro  abbia  mai  conosciuto.  Fammi  il  nome  di  un  altro  satiro  che avrebbe   il   fegato   di  scendere  negli  Inferi.   Scommetto   che  Percy  è felicissimo  di  averti  qui.
Mi  rifilò  un calcio  in uno stinco.
— Non serve che mi picchi, donna!- Le dissi, arricciando il naso. Poi guardai Grover. - Certo che sono felice di averti qui, Grover. Non  è  una  questione  di  fortuna  se  hai  trovato  me  e  Talia,  Grover.  Hai  il cuore  più  grande  di  qualsiasi  satiro  che  si  sia  mai  visto.  Sei  un  cercatore nato.  Ecco perché  sarai  tu a  trovare  Pan."
Leo rise. "Non picchiarmi, donna." Percy scrollò le spalle e Hermes sorrise. "Sei stato gentile a dirglielo." "Lo pensavo davvero." Disse Percy, prima di continuare. "E avevo anche ragione. Perchè non ero l'unico che lo aveva notato." Grover gli sorrise.
"Sentii  un  respiro  profondo  e  soddisfatto.  Attesi  che  Grover  dicesse qualcosa,  ma  il  suo  respiro  diventò  solo  più  pesante.  Quando  il  suono  si trasformò  in  un lento russare,  capii  che  si  era  addormentato. — Ma come  fa?  — mi  chiesi.
—  Non  lo  so  —  rispose  Annabeth.  —  Ma  tu  gli  hai  detto  una  cosa davvero  bella.
— Lo penso veramente.
Viaggiammo  in  silenzio  per  qualche  chilometro,  sballottati  sui  sacchi  di foraggio.  La  zebra  masticava  una  rapa.  Il  leone  si  leccava  i  resti  della  carne macinata  dal  muso  e  mi  guardava  speranzoso. Annabeth  si  accarezzava  la  collana  come  se  stesse  elucubrando  dei pensieri  profondi  e  strategici.
— La  perla  con il  pino — dissi.  — È  quella  del  tuo primo  anno?
Lei  guardò in  basso. Non si  era  resa  conto  di  quello  che  stava  facendo. —  Sì  —  rispose.  —  Ogni  agosto,  i  capigruppo  scelgono  l'evento  più importante  dell'estate  e  lo  dipingono  sulla  perla  dell'anno.  Io  ho  il  pino  di Talia,  una  trireme  greca  in  fiamme,  un  centauro  in  abito  da  sera...  be', quella  è  stata  un'estate  davvero strana..."
Tutti guardarono Chirone. "Volevo davvero chiederlo, ma... Eri tu il centauro in abito da sera?" Chirone fissò Percy, prima di scuotere la testa. "Uno dei miei cugini. Una visita a sorpresa dei Party Pony e un incontro con il signor D." "Aspetta, quello era quello che succedeva quando si incontravano?" Percy gemette. Dioniso sorrise. "É stato piuttosto divertente." Michael sorrise al ragazzo. "Te lo sei perso." "Già."
"— E  invece  l'anello  è  di  tuo  padre?
— Non sono  affari...  — Si  interruppe.  — Sì. Sì, è  di  mio  padre.
— Non sei  obbligata  a  dirmelo.
—  No,  non  c'è  problema.  —  Fece  un  sospiro.  —  Mio  padre  me  l'ha mandato  in  una  lettera,  due  estati  fa.  L'anello  era,  ecco...  il  pegno  più importante  che  aveva  ricevuto  da  Atena.  Non  sarebbe  riuscito  a  superare  il dottorato  a  Harvard  senza  di  lei.  Ma  questa  è  una  lunga  storia.  Comunque, lui  voleva  che  lo  tenessi  io.  Si  è  scusato  per  essersi  comportato  come  un idiota,  ha  detto  che  mi  voleva  bene  e  che  gli  mancavo.  Voleva  che  tornassi a  casa  a  vivere  con lui."
"Non era tanto male." Disse Silena, il tono di voce gentile. "Non avrei dovuto crederci." Disse Annabeth.
"— Non mi  sembra  tanto  male.
—  Già,  be'...  il  problema  è  che  gli  ho  creduto.  Ho  fatto  un  tentativo: sono  andata  a  casa  per  l'anno  scolastico,  ma  la  mia  matrigna  non  era cambiata.  Non  voleva  mettere  in  pericolo  i  suoi  figli  facendoli  vivere  con una  svitata.  I  mostri  hanno  attaccato.  Abbiamo  litigato.  Non  sono  arrivata nemmeno  alle  vacanze  di  Natale.  Ho  chiamato  Chirone  e  sono  tornata subito  al  Campo  Mezzosangue.
— Pensi  mai  di  riprovarci?
Evitò il  mio  sguardo.  — Ti  prego. Non sono masochista.
— Non dovresti  arrenderti  — le  dissi.  — Dovresti  scrivergli  una  lettera.
— Grazie  per  il  consiglio  —  replicò  freddamente  —  ma  mio  padre  ha già  scelto  con chi  vuole  vivere."
"Oh miei dei! Hai ascoltato il consiglio di Percy!" Talia fissò Annabeth, che arrossì e disse. "Aveva ragione, alla fine. Mi sono trovata bene a casa." Percy sorrise. "Sono contento."
"Trascorremmo  qualche  altro  chilometro  in silenzio. — Così  se  gli  dei  entreranno  in  guerra  —  dissi  —  si  schiereranno  come per  Troia?  Atena  contro  Poseidone?
Lei  poggiò  la  testa  sullo  zaino  che  ci  aveva  dato  Ares  e  chiuse  gli  occhi. — Non so cosa  farà  mia  madre.  Ma  so che  io combatterò  al  tuo  fianco."
"Come scusa?" Atena guardò la figlia, che disse. "Percy era innocente ed era usato come scusa per una guerra! Non era saggio andare contro un innocente, lasciando il colpevole libero di svignarsela! E ha anche ragione sul non dover fare qualcosa solo per renderci degni di essere considerati. Poseidone non ha mai messo Percy nella posizione di fare qualcosa. Tu hai continuato a dirmi di rompere qualsiasi amicizia con Percy, ma lui  non ha mai ricevuto ordini simili da suo padre!" Connor continuò a leggere prima che Atena potesse continuare a parlare
"— Perché?
— Perché  sei  mio  amico,  Testa  d'Alghe.  Hai  altre  domande  stupide?
Non  sapevo  cosa  rispondere.  Ma  per  fortuna,  non  ce  ne  fu  bisogno. Annabeth si  era  addormentata."
"Beh, era normale che avesse dei dubbi, non eri stata proprio gentile con lui." Disse Talia e Percy rispose. "Era il suo modo di fare amicizia. A quanto pare." Alzò gli occhi al cielo, e Annabeth sbuffò. "A quanto pare? Il tuo era molto migliore?" "Non offendevo, era un buon punto di partenza."
"Faticai  a  seguire  il  suo  esempio,  con  Grover  che  russava  e  il  leone  albino che  mi  fissava  famelico,  ma  alla  fine  chiusi  gli  occhi  anch'io. Il  mio  incubo  cominciò  come  qualcosa  che  avevo sognato  già  un  milione di  volte:  mi  obbligavano  a  fare  un  compito  in  classe  indossando  una camicia  di  forza."
"Un milione di volte?" "Altro che mostri, la scuola pubblica è il vero Inferno." Disse Percy, e Leo annuì, concorde. "Vero." 
" Tutti  gli  altri  ragazzi  stavano  uscendo  per  l'intervallo  e l'insegnante  continuava  a  ripetere:  "Coraggio,  Percy.  Non  sei  stupido,  no? Prendi  la  matita." Poi  il  sogno deviò  dal  percorso  abituale. Allungai  lo  sguardo  sul  banco  vicino  e  vidi  che  c'era  una  ragazza,  anche lei  con  la  camicia  di  forza.  Aveva  la  mia  età,  i  capelli  neri  spettinati,  da punk,  l'eyeliner  scuro  attorno  agli  occhi  verdi  e  tempestosi  e  le  lentiggini sul  naso. Non so come,  ma  sapevo chi  era:  Talia,  la  figlia  di  Zeus."
"Wow! A parte gli occhi hai preso tutto!" Si sorprese Annabeth e Talia inclinò la testa. "Beh, forse era un'interferenza del potere profetico che ha preso?"
"Si  divincolò  nella  camicia  di  forza,  frustrata,  mi  guardò  di  traverso  e sbottò:  "Be', Testa  d'Alghe?  Uno di  noi  due  deve  andarsene  di  qui." "Ha  ragione"  pensò  il  me  stesso  del  sogno.  "Tornerò  in  quella  caverna." La  camicia  di  forza  mi  scivolò  di  dosso.  Caddi  sul  pavimento  dell'aula. La  voce  dell'insegnante  cambiò,  finché  non  si  fece  fredda  e  malvagia, riecheggiando  dalle  profondità  di  una  voragine  immensa."
"Oh, stavi sognando i due possibili esiti della profezia!" Ansimò Apollo. "In che senso? E Nico?" Chiese Talia e Apollo scosse il capo. "Crono non sapeva di Nico, no? Sapeva solo di Percy e Talia. E stava cercando di capire chi dei due sarebbe stato migliore per lui." Percy e Talia si guardarono. "Dopo che non hai giocato secondo le sue regole con il Vello ha capito che non eri l'arma giusta per lui." Riflettè Talia e Percy sorrise. "É stato così bello rovinargli i piani."
""Percy  Jackson"  disse.  "Sì,  lo scambio  è  andato  bene, vedo." Ero   tornato  nella   caverna  buia,  con  gli  spiriti   dei  morti  che  mi aleggiavano  attorno. 
Nascosta  nel  baratro,  la  creatura  mostruosa  stava parlando,  ma  stavolta  non  si  rivolgeva  a  me.  Il  potere  narcotico  della  sua voce  sembrava  diretto  a  qualcun altro. "E  sospetta  nulla?"  chiese.
Un'altra  voce,  una  voce  che  mi  sembrava  quasi  di  conoscere,  rispose  alle mie  spalle.  "Nulla,  mio  signore.  È  ignaro come  gli  altri."
Allungai   lo  sguardo,  ma  non  c'era  nessuno.  L'individuo  che  stava parlando  era  invisibile. "Inganno   dopo   inganno"   rimuginò   ad  alta  voce  la  creatura  nella voragine.  "Ottimo." "
"Era la voce di Luke?" Chiese Hermes e Percy annuì. "Probabilmente. Penso che stesse sognando anche lui." "Ti sei portato nel sogno di qualcun altro?" Chiese Atena, sbigottita. "Ho sorpreso anche loro." Annuì Percy.
""Davvero,  mio  signore"  disse  la  voce  accanto  a  me.  "Giustamente  la chiamano  l'Iniquo.  Ma  era  necessario?  Avrei  potuto  portarle  subito  quello che  ho rubato..." 
"Tu?"  replicò  il  mostro  in  tono  di  scherno.  "Hai  già  mostrato  i  tuoi limiti.  Saresti  stato  un fallimento  totale  se  non fossi  intervenuto  io."
"Ma, mio  signore..."
"Silenzio,  piccolo  servo.  I  nostri  sei  mesi  ci  hanno  fruttato  molto.  La rabbia   di   Zeus   è  cresciuta.   Poseidone   si   è   giocato   la   carta   della disperazione.  Ora  la  useremo  contro  di  lui.  Ben  presto  avrai  la  ricompensa che  desideri,  e  la  tua  vendetta.  Non  appena  i  due  oggetti  saranno  nelle  mie mani...  ma  aspetta.  Il ragazzo  è  qui."
"Cosa?"  la  voce  del  servo  a  un  tratto  sembrò  tesa.  "L'ha  convocato  lei, mio  signore?"
"No."  Il  mostro  adesso  stava  riversando  su  di  me  tutta  la  forza  della  sua attenzione,  pietrificandomi.  "Maledetto  il  sangue  di  suo  padre:  è  troppo mutevole,   troppo   imprevedibile.  Il ragazzo  è   riuscito  a   trasportarsi quaggiù.""
"Del tipo, non è lo stesso sangue?" Chiese Percy e Poseidone gli spiegò. "Gli dei non hanno davvero il sangue, Percy. I miei poteri differiscono molto da quelli dei miei fratelli e da quelli di mio padre, ma sono quelli che trasmetto ai miei figli." Percy annuì. "Okay. Non ha senso, perchè Tritone, Rhodes e Kym sono dei anche loro, ma okay." Tritone rise e Anfitrite disse. "Vengono da due spiriti del mare, il potere è quello. Lo ereditano in forme diverse. Ma è sempre quello." "Ah... Okay, magari ha più senso."
""Impossibile!"  gridò  il  servo.
"Per  uno  smidollato  come  te,  forse"  ringhiò  la  voce.  Poi  la  sua  gelida potenza  tornò  a  rivolgersi  a  me.  "Allora...  vuoi  sognare  la  tua  impresa, giovane  mezzosangue?  Ti  accontenterò.""
Percy fece una smorfia. "No grazie, stavo bene così." Talia rise, divertita. "Non scomodarti per me." Percy si unì alla cugina nel ridere. "Siete tipo fuori di testa?" "Tipo?" Chiese Percy, mentre Talia diceva. "Fuori di testa?" Piper annuì. "Due risposte che mostrano una prospettiva sulle vostre personalità."
"La  scena  cambiò. Ero  in  una  vasta  sala  del  trono  con  le  pareti  di  marmo  nero  e  i  pavimenti di  bronzo.  Il  trono  vuoto  e  orripilante  era  fatto  di  ossa  umane  fuse  insieme. Ai  piedi  della  pedana  c'era  mia  madre,  immobilizzata  in  una  scintillante luce  dorata, le  braccia  distese. Cercai  di  avvicinarmi,  ma  le  gambe  non  si  muovevano.  Tesi  le  mani, solo  per  vederle  appassire  e  ridursi  a  ossa.  Scheletri  sogghignanti  in armatura  greca  mi  si  affollarono  intorno,  avvolgendomi  in  drappi  di  seta  e incoronandomi   con   allori   fumanti   del   veleno   di   Chimera,   che   mi penetrarono  nel  cranio. La  voce  malvagia  cominciò  a  ridere.  "Ave, eroe  conquistatore!" Mi  svegliai  di  soprassalto."
"I tuoi sogni fanno davvero schifo." Disse Michael e Percy annuì. "Vanno solo peggio." Disse il ragazzo, e Charles espirò. "Peggio!" "Già, godetevela finchè sono così carini."
"Grover  mi  stava  scuotendo  per  la  spalla.  —  Il  Tir  si  è  fermato  —  disse. — Pensiamo  che  stiano  per  venire  a  controllare  gli  animali.
— Nascondetevi!  — sibilò  Annabeth.
Facile,  per  lei.  Le  bastava  infilarsi  il  suo  berretto  magico  e  scompariva. Io  e  Grover  dovemmo  tuffarci  dietro  ai  sacchi  del  foraggio,  sperando  di confonderci  con le  rape."
Talia fissò Percy. "Vedo una piccola somiglianza." "Grazie, ho sempre voluto somigliare a una rapa." "Prego."
"Le  porte  dell'autotreno  si  aprirono  cigolando.  La  luce  del  sole  e  il  caldo si  riversarono  all'interno.
— Diavolo!  —  esclamò  uno  dei  camionisti,  sventolandosi  il  nasone  con la  mano.  —  Ma  perché  non  trasporto  elettrodomestici?  —  Salì  dentro  e versò  un po'  d'acqua  nelle  ciotole  degli  animali. — Hai  caldo,  bestione?  —  chiese  al  leone,  schizzandogli  subito  dopo  il resto  del  secchio in  faccia. Il  leone  ruggì  indignato."
"Maledirò tutti loro." Ringhiò Artemide piano, un tono di voce letale. Nessuno le disse niente. Erano bestie selvagge, cadevano nel suo dominio.
"— Sì, certo,  certo  — fece  l'uomo. Accanto  a  me,  sotto  i  sacchi  delle  rape,  Grover  si  irrigidì.  Aveva  un'aria decisamente  assassina  per  un erbivoro  pacifista."
Grover sorrise, e Percy gli sorrise di rimando. "Se lo meritavano." Annuì Rachel e Silena annuì. "Sono sorpresa che Percy non lo abbia aiutato." "Non avevo una patente e non potevo spacciarmi per un sedicenne." Spiegò Percy e Annabeth lo fissò. "Non ti avrei lasciato guidare." "Carino da parte tua pensare che avresti potuto fermarmi se avessi deciso di farlo." Le disse Percy, sorridendo verso di lei.
"Il  camionista  gettò  all'antilope  un  Happy  Meal  spiaccicato  e  sogghignò alla  zebra. 
—  Come  te  la  passi,  Striscia?  Almeno  ci  libereremo  di  te  alla prossima  fermata.  Ti  piacciono  gli  spettacoli  di  magia?  Questo  ti  farà impazzire.  Ti  segheranno in  due!
La  zebra, con gli  occhi  sgranati  dalla  paura, mi  guardò  dritto  in faccia. Non  emise  un  suono,  ma  chiaro  come  la  luce  del  giorno,  la  sentii  dire: "Liberami,  mio  signore.  Ti  prego." Ero troppo sbigottito  per  reagire."
"Parlavi con i cavalli." "Sì, cavalli. La zebra non era un cavallo." "Appartiene alla stessa specie. Si è solo sviluppata in un modo diverso." Disse Poseidone e Percy lo guardò. "Non posso parlare con gli asini, vero?" "Non che io sappia, no. A meno che tu non venga benedetto da una divinità con sfera di competenza di animali, non puoi." "Oh, menomale. Sarebbe stato troppo strano."
"Si  udì  un forte  toc,  toc,  toc  sul  fianco  dell'autotreno. Il  camionista  che  era  dentro con noi  strillò:  — Che  vuoi, Eddie?
Una  voce  da  fuori  —  quella  di  Eddie,  probabilmente  —  gridò  di rimando:  — Maurice?  Che  hai  detto?
— Perché  hai  bussato? 
Toc,  toc,  toc.
Fuori, Eddie  rispose:  — Chi  è  che  ha  bussato?
Il  nostro  Maurice  alzò  gli  occhi  al  cielo  e  tornò  fuori,  maledicendo  Eddie per  la  sua  idiozia. Un  secondo  dopo,  Annabeth  apparve  al  mio  fianco.  Era  stata  lei  a bussare  per  attirare  Maurice  fuori  dall'autotreno.  Disse:  —  Questa  ditta  di trasporti  non può essere  legale.
— Hai  ragione  —  convenne  Grover.  Fece  una  pausa,  come  per  tendere le  orecchie. — Il  leone  dice  che  questi  tizi  sono contrabbandieri!
"Esatto"  disse  la  voce  della  zebra  nella  mia  mente.
—  Dobbiamo  liberarli!   —  propose   Grover.   Lui  e  Annabeth  mi guardarono,  aspettando  di  sentire  la  mia  opinione. La  zebra  disse:  "Aprimi  la  gabbia,  mio signore.  Ti  prego.  Dopo  starò bene."
Fuori,  Eddie  e  Maurice  stavano  ancora  sbraitando,  ma  sapevo  che  da  un momento  all'altro  sarebbero  tornati  dentro  per  tormentare  di  nuovo  gli animali.  Ghermii  Riptide  e  spezzai  il  lucchetto  della  gabbia.
La  zebra  si  precipitò  fuori.  Si  voltò  verso  di  me  e  si  inchinò.  "Grazie, mio signore." Grover  sollevò  le  mani  e  disse  qualcosa  alla  zebra  in  linguaggio  caprino, come  una  benedizione. Nell'istante  stesso  in  cui  Maurice  fece  capolino  dentro  per  controllare  da dove  venisse  quel  rumore,  la  zebra  lo  scavalcò  con  un  balzo  e  atterrò  sulla strada.  Si  levò  un  coro  di  strilli,  grida  e  clacson.  Ci  precipitammo  davanti alle   porte   dell'autotreno   appena   in   tempo   per   vedere  la   zebra   che galoppava  lungo  un  ampio  viale  costeggiato  di  alberghi,  casinò  e  insegne al  neon. Avevamo  appena  liberato  una  zebra  a  Las  Vegas. Maurice  e  Eddie  le  corsero  dietro,  inseguiti  a  loro  volta  da  alcuni poliziotti  che  gridavano:  — Ehi!  Ci  vuole  un permesso  per  quella!
—  Questo  sarebbe  il  momento  giusto  per  andarsene  —  suggerì Annabeth."
"Lasciando in mano di quegli uomini gli altri due animali?" Disse Artemide, gelida. "Non lo abbiamo fatto, mia signora." Disse Annabeth, velocemente, e Percy annuì. "Era un invito ad accelerare i nostri tempi".
"— Prima  gli  altri  animali  — disse  Grover.
Spezzai  i  lucchetti  con  la  spada.  Grover  alzò  le  braccia  e  pronunciò  la stessa  benedizione  caprina  che  aveva  usato  per  la  zebra.
—  Buona  fortuna  —  augurai  agli  animali. 
L'antilope  e  il  leone  si slanciarono  fuori  dalle  gabbie  e  si  addentrarono  insieme  per  le  strade. Dei  turisti  gridarono.  La  maggior  parte  di  essi,  però,  si  limitò  a  scostarsi e  a  scattare  fotografie,  pensando  probabilmente  che  fosse  una  specie  di numero  organizzato  da  uno dei  casinò.
— Gli  animali  staranno  bene?  —  chiesi  a  Grover.  —  Insomma,  c'è  il deserto  e..."
Hermes sorrise. "Capisco perchè mio figlio ti avesse presa in simpatia, Percy. Ma la benedizione di Grover li avrebbe fatti trovare rifugio al sicuro." "Peccato non esista per i semidei." Mormorò Percy.
"—  Non  ti  preoccupare  —  mi  rassicurò  lui.  —  Gli  ho  impartito  la benedizione  dei  satiri.
— Sarebbe  a  dire?
—  Sarebbe  a  dire  che  raggiungeranno  la  natura  sani  e  salvi  —  spiegò.  — Troveranno  acqua,  cibo,  riparo  e  qualsiasi  altra  cosa  necessaria  finché  non arriveranno  in  un luogo sicuro  in  cui  vivere.
— Perché  non  puoi  impartire  una  benedizione  del  genere  anche  a  noi? — chiesi.
— Funziona  solo  con gli  animali  selvatici."
"Funzionerebbe solo su Perry, quindi." Disse Dioniso. "Ehy!" Disse Percy e Hermes rise. "Ed è quello che ne ha più bisogno."
"— Perciò avrebbe  effetto  solo  su Percy  — concluse  Annabeth.
— Ehi!  — protestai.
— Scherzavo  —  rise  lei.  —  Coraggio.  Andiamocene  da  questo  schifo  di Tir.
Saltammo  giù  un  po'  goffamente,  immergendoci  nel  pomeriggio  del deserto.  Ci  saranno  stati  come  minimo  quaranta  gradi  e  noi  dovevamo proprio  avere  l'aria  di  vagabondi  cotti  dal  sole,  ma  erano  tutti  troppo  presi dagli  animali  per  fare  caso a  noi. Passammo  davanti  a  ogni  genere  di  albergo  e  casinò  di  lusso:  il Montecarlo,  l'MGM,  le  piramidi,  una  nave  pirata  e  perfino  la  Statua  della Libertà,  che  pur  essendo  una  replica  piuttosto  ridotta,  mi  fece  lo  stesso venire  nostalgia  di  casa. Non  sapevo  cosa  stessimo  cercando,  di  preciso.  Forse  solo  un  posto  per ripararci   dal  caldo,  trovare  un  panino  e  un  bicchiere  di  limonata,  ed escogitare  un nuovo piano per  arrivare  sulla  costa  occidentale. Probabilmente  sbagliammo  strada,  perché  ci  ritrovammo  in  un  vicolo cieco  di  fronte  all'Hotel  Casinò  Lotus.
"Siete entrati, vero?" Chiese spaventato Nico e Percy annuì. "Sono i mangiatori di Loto?" Domandò Poseidone, stringendo il figlio tra le braccia. Ade annuì, guardando il figlio. "Era dove ci avevi lasciati." Disse Nico, confuso. Ade annuì. "Lì sareste stati al sicuro." Reyna chiese. "Cos'ha di tanto speciale?" "Non percepisci il passare del tempo. Per te non passa molto tempo, ma nel mondo reale possono passare secoli." Spiegò Percy, facendo portare ad Hazel le mani alla bocca. "Oh, è orribile! Come il Mare dei Mostri?" Chiese Hylla, guardando il semidio "No, dimentichi tutto quello che c'è al di fuori. Non ti importa di niente se non di stare lì." Rispose Percy, scuotendo la testa. Grover annuì. "Ha tutto quello che qualcuno potrebbe desiderare." "Nico e Bianca sono potuti uscire grazie ad Alecto. Voi come avete fatto?" Ade guardò i tre semidei e Percy sospirò. "No spoiler, zio."
"L'ingresso  era  un  enorme  fiore  al neon,  con  i  petali  che  si  accendevano  a  intermittenza.  Non  c'era  gente,  ma le  scintillanti  porte  cromate  erano  aperte,  liberando  un'aria  condizionata che  profumava  di  fiori...  fiori  di  loto,  forse.  Non  ne  avevo  mai  visto  uno, perciò  non ne  ero sicuro. Il  portiere  ci  sorrise.  —  Ehi,  ragazzi.  Sembrate  stanchi.  Volete  entrare  a riposarvi?
Avevo  imparato  a  essere  sospettoso,  nell'ultima  settimana  o  giù  di  lì. Chiunque  poteva  essere  un  mostro  oppure  un  dio,  non  si  poteva  mai  dire. Ma  quel  tizio  era  normale.  Lo  capii  al  primo  sguardo.  E  poi,  ero  così sollevato  di  sentire  qualcuno  che  ci  parlava  con  gentilezza,  che  annuii  e risposi   che   ci  sarebbe  piaciuto   molto  entrare.   Una  volta  dentro,  ci guardammo  attorno  e  Grover  esclamò:  — Cavolo!
L'intero  atrio  era  una  sala  giochi  gigantesca.  E  non  sto  parlando  di squallidi   giochini   o  stupide  slot  machine.  C'era  uno  scivolo  d'acqua attorcigliato  attorno  a  un  ascensore  di  vetro  che  saliva  per  almeno  quaranta piani.  Un'intera  parete  era  dedicata all'arrampicata  e  c'era  persino  un  ponte per  il  bungee  jumping  da  interni.  Si potevano  indossare  tute  speciali  per  la realtà  virtuale,  con  vere  pistole  laser,  e  centinaia  di  videogame  grandi quanto  dei  maxischermi.  Insomma:  era  il  paradiso!  E  non  bisognava  fare  la fila,   perché   non  c'erano   molti  ragazzi  a  giocare.  Diverse  cameriere giravano per  la  sala  e  c'erano  snack-bar  che  servivano  ogni  genere  di  cibo che  si  possa  immaginare.
—  Benvenuti!  —  esclamò  un  fattorino.  O  almeno,  quello  che  mi sembrava  un  fattorino.  Indossava  una  camicia  hawaiana  bianca  e  gialla  a motivi  floreali  —  fiori  di  loto,  naturalmente  —  dei  pantaloncini  corti  e  un paio  di  infradito.  —  Benvenuti  al  Casinò  Lotus.  Ecco  la  chiave  della  vostra stanza.
Balbettai:  — Ehm,  ma  noi...
—  No,  no  —  esclamò  lui,  ridendo.  —  Il  conto  è  già  saldato.  Niente spese  extra,  niente  mance.  Salite  pure  all'ultimo  piano,  stanza  4001.  Se avete  bisogno  di  qualcosa,  tipo  più  bolle  nell'idromassaggio  o  le  ricariche per  il  tiro  al  piattello,  chiamate  la  reception.  Ecco  le  vostre  carte  Lotus. Funzionano  nei  ristoranti  e  su tutti  i  giochi  e  le  attrazioni.
Ci  consegnò tre  carte  di  credito  di  plastica. Sapevo  che  doveva  esserci  un  errore.  Evidentemente  ci  aveva  scambiato per  dei  ragazzini  milionari.  Ma  presi  la  carta  e  chiesi:  — Qual  è  il  budget?
Lui  aggrottò  le  sopracciglia.  — In che  senso?
— Voglio  dire,  quando  si  esauriscono  le  carte? 
Scoppiò  a  ridere.  —  Ah, era  una  battuta.  Ehi, forte! Godetevi  il  soggiorno."
Travis corrugò la fronte. "Non si esauriscono mai?" Connor disse. "Anzi, funzionano ovunque?" "A entrambi, sì." Tutti guardarono Percy, che scrollò le spalle. "I miei cugini sono degli scrocconi." "Ero stata prelevata con l'inganno!" "Anche io, ma non ho scroccato niente a nessuno, io." Nico sorrise. "É stato bellissimo poter mangiare tutto quello che volevo ordinare. Percy mi ha solo detto di non esagerare, perchè sennò mi sarei sentito male!" Percy sorrise al cugino, scompinandogli i capelli.
"Salimmo  in  ascensore  e  raggiungemmo  la  nostra  stanza.  Era  una  suite con  tre  camere  da  letto  e  un  angolo  bar  rifornito  di  dolciumi,  bibite  gassate e  patatine.  Linea  diretta  con  il  servizio  in  camera.  Asciugamani  soffici  e letti  con  materasso  ad  acqua  e  cuscini  di  piume.  Un  televisore  a  schermo panoramico  collegato  al  satellite  e  a  Internet.  Il  balcone  comprendeva anche  una  vasca  idromassaggio  e,  come preannunciato  dal  fattorino,  c'era una  macchina  per  il  tiro  al  piattello:  potevi scagliare  i  piattelli  direttamente nel  cielo  di  Las  Vegas  e  poi  farli  saltare  con  un  fucile  vero.  Non  capivo come  potesse  essere  legale,  ma  era  forte.  La  vista  sulla  strada  dei  casinò  e sul  deserto  era  stupefacente,  anche  se  dubitavo  che  avremmo  mai  trovato  il tempo  di  fermarci  ad ammirarla,  con una  stanza  come  quella.
— Dei  del  cielo  — esclamò  Annabeth. — Questo posto  è...
— Una  meraviglia  — concluse  Grover. — Un'assoluta  meraviglia.
Nell'armadio  c'erano  dei  vestiti,  ed  erano  della  mia  taglia.  "Strano" pensai. Gettai  lo  zaino  di  Ares  nel  cestino  della  spazzatura.  Non  ne  avremmo avuto  più  bisogno.  Quando  ce  ne  saremmo  andati,  ne  avrei  comprato  un altro  nel  negozio dell'albergo. Mi  feci  una  doccia  e  fu  fantastico,  dopo  una  settimana  di  viaggio  in quelle  condizioni.  Mi  cambiai,  mangiai  un  sacchetto  di  patatine,  mi  scolai tre  Coche  e  mi  sembrò  quasi  di  rinascere:  stavo  alla  grande.
"E i vestiti non erano arancioni. Ci tengo a sottolineare questo." Disse Percy, facendo ridere gli altri. "Aspetto molto importante." Rise Talia.
"In  un  angolino del   mio   cervello,   c'era   un   piccolo   problema   che   continuava   a punzecchiarmi.  Avevo  sognato  qualcosa...  dovevo  parlarne  con  i  miei amici.  Ma  per  il  momento  poteva  aspettare. Fuori  dalla  mia  stanza,  scoprii  che  anche  Annabeth  e  Grover  si  erano lavati  e  cambiati.  Grover  si  stava  abbuffando  di  patatine,  mentre  Annabeth aveva  acceso  la  tv sul  canale  del  National  Geographic."
"Interessante, questa magia non ha molto effetto su di te." Sorrise Demetra, incuriosita. "Beh, i mangiatori di loto ti mostrano quello che più desideri, i giochi migliori che qualcuno potrebbe desiderare, o le attività migliori. Ognuno entra e trova quello che vuole." Spiegò Ade e Leo guardò Annabeth. "E quello che volevi tu era il National Geographic? Sei pazza?"
"— Con  tutti  i  canali  che  ci  sono  —  le  dissi  —  vai  a  scegliere  proprio  il National  Geographic?  Sei  matta?"
Leo e Percy si sorrisero.
"— È  interessante.
— Mi  sento  proprio  bene  — esclamò  Grover. — Adoro questo  posto.
Senza  che  nemmeno  se  ne  rendesse  conto,  gli  spuntarono  le  ali  sulle scarpe  e  lo  sollevarono  a  trenta  centimetri  da  terra,  riportandolo  giù  subito dopo.
— E  adesso che  si  fa?  — chiese  Annabeth.  — Si  dorme?"
Atena scosse la testa. "Uscite di là e finite la vostra missione. Chissà quanto tempo è già passato." "Esatto, avete qualcosa da fare." Disse Zeus, fissando i semidei. Hermes sbuffò. "Dormire? Nah, vai a giocare." "Esatto divertitevi." Disse Dioniso, pensando alle macchinette da gioco. Apollo annuì. "Tanto la magia vi impedirebbe di accorgervi che qualcosa non va. Godetevela."
"Io  e  Grover  ci  scambiammo  uno  sguardo  e  sorridemmo.  Tirammo  fuori le  nostre  carte  di  credito  Lotus  di  plastica  verde. — Si  gioca!  — risposi  io.
Non  riuscivo  a  ricordare  l'ultima  volta  in  cui  mi  ero  divertito tanto. Venivo  da  una  famiglia  relativamente  povera.  La  nostra  massima  idea  di lusso  era  cenare  al  Burger  King  e  affittare  un  dvd.  Un  albergo  a  cinque stelle  di  Las  Vegas?  Neanche  nei  nostri  sogni  più sfrenati. Mi  lanciai  con  il  bungee  jumping  nell'atrio  cinque  o  sei  volte,  mi  tuffai dallo  scivolo  d'acqua,  feci  snow-board  sulla  pista  artificiale  e  giocai  alle battaglie  laser  e  all'agente  FBI  della  realtà  virtuale.  Incontrai  Grover  un paio  di  volte,  passando  da  un  gioco  all'altro.  Andava  matto  per  la  caccia  al contrario:  cervi  contro  cacciatori.  Vidi  Annabeth  che  si  dilettava  con  dei quiz  e  altra  roba  per  cervelloni.  E  poi  c'era  questo  enorme  gioco  di simulazione  in  3D  per  costruirsi  la  propria  città  personale:  vedevi  sorgere gli  ologrammi  degli  edifici  direttamente  sul  piano  del  display.  Per  me  non era  niente  di  speciale,  ma  Annabeth lo  adorava."
"Quindi, Grover e Annabeth avevano trovato il gioco dei loro sogni, ma Percy no?" "Ho dei gusti raffinati." Disse Percy, facendo ridere Michael. Estia sorrise. "Solo, la tua mente e la tua forza non ti permettono di essere piegato facilmente sotto trucchi di magia." "Ma Medusa ci era riuscita." Disse Piper, e Afrodite annuì. "Perchè Percy in questo momento era in uno stato di senso di colpa e disprezzo di se stesso costante per il destino di sua madre per cui si riteneva responsabile, senza parlare di quello che aveva fatto quel disgustoso e vile essere."
"Non  so  di  preciso  quando  cominciai  a  realizzare  che  qualcosa  non andava. Probabilmente  fu  quando  notai  il  mio  vicino  nella  postazione  della  realtà virtuale.  Avrà  avuto  più  o  meno  tredici  anni,  ma  era  vestito  in  modo strano.  Pensai  che  forse  era  il  figlio  di  un  sosia  di  Elvis.  Indossava  un  paio di  jeans  a  zampa  di  elefante  e  una  maglietta  rossa  con  dei  laccetti  neri,  e aveva  i  capelli  cotonati  e  impomatati  come  un ragazzo del  New  Jersey  al ballo  della  scuola. Giocammo  una  partita  insieme  e  lui  esclamò:  — Che  sballo!  Sono qui  da due  settimane  e  i  giochi  sono  sempre  più forti.  Mica  roba  da  matusa!
Matusa!
Più  tardi,  mentre  chiacchieravamo,  dissi  che  qualcosa  era  "da  urlo"  e  lui mi   guardò   un   po'   sbigottito,   come   se   non   avesse   mai   sentito quell'espressione  in  vita  sua. Mi  rivelò  che  si  chiamava  Darrin,  ma  non appena  gli  feci  delle  domande, si  stufò  e  si  voltò di  nuovo verso lo  schermo.
— Ehi, Darrin!  — chiamai.
— Che  c'è?
— Che  anno è?
Mi  guardò  male.  — Nel  gioco?
— No. Nella  vita  vera.
Ci  pensò su.  — Il  1977.
— No — risposi,  cominciando  a  spaventarmi  un po'. — Sul  serio.
— Ehi, amico.  Capto delle  brutte  vibrazioni.  Ho una  partita  da  giocare.
Dopodiché  mi  ignorò totalmente. Cercai  di  parlare  con  la  gente  e  scoprii  che  non  era facile.  Erano  incollati agli  schermi  della  tv  o  ai  videogame  o  al  cibo  o  a  qualunque altra  cosa stessero  facendo.  Trovai  un  tizio  che  mi  disse  che  eravamo  nel  1983.  Per un altro,  invece,  era  il  1993.  Tutti  dichiaravano  di  non  essere  là  da  molto tempo,  solo  da pochi  giorni,  poche  settimane  al  massimo.  Non  lo  sapevano di  preciso  e  non gli importava. Poi   ci  arrivai:   e  io,  da  quanto  tempo  mi  trovavo  in  quel  posto? Sembravano  passate  solo  un paio di  ore,  ma  era  vero? Mi  sforzai  di  ricordare  il  motivo  per  cui  eravamo  là.  Stavamo  andando  a Los  Angeles.  Dovevamo  trovare  l'ingresso degli  Inferi.  Mia  madre...  per un  secondo  spaventoso,  faticai  a  ricordare  come  si chiamasse.  Sally.  Sally Jackson.  Dovevo  trovarla.  Dovevo  andare inutilmente negli Inferi per cercare una folgore che non era lì. Dallo zio intelligente."
"Ottimo! Ti sei liberato dalla magia!" Sorrise Anfitrite e Percy sorrise di rimando.
"Trovai  Annabeth ancora  intenta  a  costruire  la  sua  città. —  Muoviti  —  le  ordinai.  —  Dobbiamo  andarcene  di  qui. 
Nessuna risposta.
La  scrollai.  — Annabeth?
Lei  alzò lo  sguardo, seccata.  — Che  c'è?
— Dobbiamo  andare.
— Andare?  Ma  di  cosa  stai  parlando?  Ho appena  innalzato  le  torri...
— Questo  posto  è  una  trappola.
Non mi  rispose  finché  non la  scrollai  di  nuovo. — Che  c'è?
— Ascolta. Gli  Inferi.  La  nostra  impresa!
— E  dai, Percy,  solo  un altro  paio di  minuti.
— Annabeth,  c'è  gente  che  è  qui  dal  1977.  Ragazzi  che  non  sono  mai invecchiati.  Entri  nell'albergo  e  ci  rimani  per  sempre.
— E  allora?  — fece. — Riesci  a  immaginare  un posto migliore?
L'agguantai  per  il  polso  e  la  tirai  via  dal  gioco. —  Ehi!  —  protestò  e  mi  rifilò  uno schiaffo,  ma  non  si  girò  nessuno. Erano tutti  troppo  occupati. La  costrinsi  a  guardarmi  negli  occhi.  —  Ragni.  Grossi  ragni  pelosi  —  le dissi."
"Oh! Non mi ricordavo di averti colpito! Mi dispiace!" Percy scrollò le spalle e Talia annuì. "I ragni dovrebbero svegliarla." lanciando uno sguardo al cugino. Se qualcuno avesse colpito lei, anche in trance, sarebbe stata molto arrabbiata. Percy non ne aveva mai nemmeno parlato.
"Funzionò.  Fece  un  sobbalzo  e  il  suo  sguardo  tornò  lucido.  —  Dei  del cielo!  — esclamò.  — Da  quanto tempo  siamo  qui?
— Non lo  so, ma  dobbiamo  trovare  Grover.
Lo trovammo  ancora  intento  a  giocare  al  cervo cacciatore  virtuale. — Grover!  — gridammo  insieme.
Lui  rispose:  —  Muori,  mortale!  Muori,  stupido  e  odioso  individuo inquinante!
— Grover!
Mi  puntò  il  fucile  di  plastica  contro  e  cominciò  a  premere  il  grilletto, come  se  io fossi  solo un'altra  immagine  dello  schermo. Meno male che erano finte, o sarei diventato uno scolapasta."
Grover arrossì. "Non mi ero reso conto che ti stavo sparando!" "Ripeto, meno male che non erano vere." Leo rise. "Uno scolapasta!" "Come?" Chiese Jason, guardando Percy che disse. "Non hai mai visto uno scolapasta?" "Sì, ma non mi viene come paragone." "Questo perchè la tua mente è limitata dagli stigmi della società." Gli disse Percy, facendo ridere Nico.
"Guardai   Annabeth  e  insieme  prendemmo  Grover  a  braccetto  e  lo trascinammo  via.  Le  sue  scarpe  volanti  presero  vita  e  tirarono  le  gambe nella  direzione  opposta,  mentre  lui  gridava:  —  No!  Ero  appena  entrato  in un nuovo livello!  No!
Il  fattorino  della  Lotus  ci  corse  incontro.  —  Allora,  siete  pronti  per  le carte  Platino?
— Ce  ne  andiamo  — gli  annunciai.
— Che  peccato  —  replicò  lui,  ed  ebbi  la  sensazione  che  dicesse  proprio sul  serio,  che  gli  avremmo  spezzato  il  cuore  se  ce  ne  fossimo  andati.  — Abbiamo  appena  aggiunto  un  nuovo  piano  attrezzatissimo  per  i  possessori di  carta  Platino.
Ci  mostrò  le  carte  e  io  ne  desiderai  una  con  tutto  me  stesso.  Sapevo  che se  l'avessi  presa,  non  me  ne  sarei  più  andato.  Sarei  rimasto  là,  felice,  a giocare  per  sempre,  e  ben  presto  mi  sarei  dimenticato  di  mia  madre,  della mia  impresa  e  forse  perfino  del  mio  nome.  Avrei  giocato  al  cecchino virtuale  con Darrin-John Travolta  per  sempre.
"Darrin-John Travolta?" "Grease? Mai visto?" Chiese, guardando Annabeth. "No." "Peccato, Travolta è decisamente figo in quel film. Un piacere per gli occhi." "Vero!" Annuì Drew, condividendo un sorriso con Percy.
"Grover  tese  il  braccio  per  afferrare  la  carta,  ma  Annabeth  lo  bloccò, dicendo:  — No, grazie.
Mentre  ci  avvicinavamo  alla  porta,  il  profumo  del  cibo  e  i  suoni  dei giochi sembrarono  farsi  sempre  più  invitanti.  Pensai  alla  nostra  suite  al piano  di  sopra.  Forse  potevamo  restare  solo  per  la  notte,  e  dormire  una volta  tanto  in un letto  vero... A  quel  punto,  ci  precipitammo  fuori  dalle  porte  del  Casinò  Lotus,  e corremmo  fino  in  fondo  al  marciapiede. 
Sembrava  pomeriggio,  più  o  meno la  stessa  ora  di  quando  eravamo  entrati,  ma qualcosa  non  tornava.  Il  tempo era  completamente  cambiato.  Era  temporalesco,  con  i lampi  estivi  che illuminavano  il  deserto. Mi  ritrovai  lo  zaino  di  Ares  in  spalla,  il  che era  strano,  perché  ero  sicuro di  averlo  gettato  nel  cestino  della  spazzatura  della stanza  4001,  ma  al momento  avevo altri  problemi  di  cui  preoccuparmi. Corsi all'edicola  più  vicina  e  per  prima  cosa  lessi  l'anno  su  una  rivista. Grazie  agli  dei,  era  lo  stesso  di  quando  eravamo  entrati.  Poi  però  notai  la data:  il  venti  giugno. Eravamo  rimasti  nel  Casinò Lotus  per  cinque  giorni. Ci  restava  solo  un  giorno  prima  del  solstizio  d'estate.  Un  giorno  per portare  a  termine  l'impresa."
"Beh, non è Percy se non siamo a scadenza!" Dissero Clarisse, Grover, Talia, Hazel e Frank. "Non arrivo sempre a scadenza." Si lamentò Percy e Reyna annuì. "A volte dopo e arrivi nel momento peggiore con l'espressione di 'risolvo io tutto, don't worry'" "E poi attira l'attenzione di un gigante così, senza problemi. Del tipo, ci penso io, gente." Alzò gli occhi al cielo Hylla. "Ci ho pensato totalmente io." Disse Percy.
Chirone interruppela conversazione. "Una pausa pranzo prima di proseguire?"
La pausa termino velocemente, e Travis reclamò il libro dal tavolo. "Ora tocca a me."

Angolo autrice
Alla prossima
By rowhiteblack

THE FATES' QUEST: READING PERCY JACKSONDove le storie prendono vita. Scoprilo ora