"Una volta digerito il fatto che il mio professore di latino fosse un cavallo, mi godetti il giro, stando bene attento a non camminare mai alle sue spalle. Avevo passato molto tempo al ranch dietro casa, e sapevo che era meglio evitare la parte posteriore dei cavalli."
"Percy." Scosse la testa affettuosamente Poseidone, facendo arrossire il figlio. "Okay, però avevo un punto giusto."
"Passammo davanti al Campetto di pallavolo. Diversi ragazzi si scambiarono dei colpetti con il gomito. Uno indicò il corno del Minotauro che avevo in mano. Un altro bisbigliò: — È lui.
La maggior parte dei ragazzi del campo era più grande di me. I loro amici satiri erano più grossi di Grover e trotterellavano in giro vestiti solo con le magliette arancione del Campo Mezzosangue, con le zampe ispide e nude. Di solito non ero timido, ma il modo in cui mi fissavano mi metteva in imbarazzo. Come se si aspettassero che facessi una capriola o mi esibissi chissà come."
"Dubito che fosse quello che volevano davvero, Percy." Disse Annabeth, divisa tra il divertimento e l'incredulitá." Michael rise. "Avresti decisamente fatto un'impressione." "E non l'ho fatta a prescindere, quella?" chiese retoricamente Percy.
"Mi voltai a guardare la fattoria. Era un edificio molto più grande di quanto mi fossi reso conto: quattro piani dipinti di celeste con gli infissi bianchi, come un albergo chic della costa. Stavo osservando l'aquila d'ottone della bandiera, quando qualcosa attirò il mio sguardo, un'ombra alla finestra più alta del sottotetto. Qualcosa si era mosso dietro la tenda, solo per un attimo, ed ebbi la netta impressione di essere osservato."
"Si è mossa!" Festeggiò Apollo, prima di guardare Percy. "Hai fatto muovere il mio oracolo!" "Che bello!" Esultò fintamente il semidio, facendo ridere Michael.
"— Che cosa c'è là sopra? — chiesi a Chirone.
Lui guardò nella direzione che stavo indicando e il suo sorriso si spense. — Solo la soffitta.
— Ci abita qualcuno?
— No — rispose in tono perentorio. — Nessun essere vivente.
Ebbi la sensazione che dicesse la verità. Però ero sicuro che qualcosa avesse mosso la tenda. Cosa rientrava per il cavallo negli esseri viventi?"
Chirone sobbalzò. Non si era reso conto che Percy fosse così perspicace.
"— Vieni, Percy — mi incitò Chirone, con una spensieratezza adesso un po' forzata. — Ci sono un sacco di cose da vedere.
Attraversammo i prati, dove dei ragazzi raccoglievano cesti di fragole al suono melodioso del flauto di un satiro. Chirone mi spiegò che producevano degli ottimi raccolti, per poi rivenderli nei ristoranti di New York e sul Monte Olimpo. — Ci paghiamo le spese — aggiunse. — E la coltivazione non richiede quasi nessuno sforzo.
Disse che il signor D aveva questo effetto sulle piante da frutto: impazzivano se lui era nei paraggi. Con le viti funzionava meglio, ma dato che al signor D erano proibite, avevano optato per le fragole. Pensai che, se fosse stato in vena, avrebbe potuto far impazzire anche i semidei lì."
"Potrei farlo, ma poi avrei dovuto subire un'altra punizione da mio padre." Spiegò Dioniso e Percy annuì.
"Osservai il satiro all'opera. La musica costringeva intere colonne di insetti a fuggire dall'appezzamento di fragole, in ogni direzione, come per mettersi al riparo da un incendio. Mi chiesi se Grover fosse capace di praticare quel genere di magia con la musica. Chissà se era ancora nella fattoria, a subire la strigliata del signor D?
— Grover non avrà troppi problemi, vero? — chiesi a Chirone. — In fondo mi ha protetto bene. Davvero."
"Non l'ho fatto. Ma grazie, per aver mentito a Chirone per me." "Di niente, G-man. Ed era colpa mia, se avevi avuto così tante difficoltà."
"Chirone sospirò. Si tolse la giacca di tweed e se la ripiegò sulla groppa come una sella. — Grover fa grandi sogni, Percy. Forse più grandi che sensati. Per raggiungere il suo obiettivo, deve prima dimostrare di avere parecchio coraggio come custode, trovando un nuovo ragazzo per il campo e portandolo sano e salvo sulla Collina Mezzosangue.
— Ma l'ha fatto!
— Io potrei concordare con te — replicò Chirone. — Ma non sta a me giudicare. Saranno Dioniso e il Consiglio dei Satiri Anziani a decidere. E temo che potrebbero non valutare questo incarico come un successo. Dopotutto, Grover ti ha persa a New York. Poi c'è la malaugurata sorte di tua madre. E il fatto che fosse svenuto quando l'hai trascinato oltre il confine della proprietà. Il Consiglio potrebbe obiettare che questo non dimostri nessun coraggio da parte sua.
Volevo protestare. Niente di quello che era successo era stato colpa di Grover. E mi sentivo anche molto, molto in colpa. Se non lo avessi seminato alla stazione degli autobus, forse non sarebbe finito nei guai."
Grover gli sorrise. "Avrei dovuto gestire meglio la situazione." "Non dovevo mollarti." Scosse la testa Percy. "Mi dispiace, Grover." "Non avevi colpa, Percy. Davvero, non mi sono mai arrabbiato con te." "Perché sei fantastico." Disse Percy
."— Gli daranno una seconda possibilità, non è vero?
Chirone fece una smorfia. — Temo che questa fosse già la sua seconda possibilità, Percy. Il Consiglio non era nemmeno tanto ansioso di offrirgliela, dopo quello che è successo la prima volta, cinque anni fa. Lo sa l'Olimpo se ho provato a convincerlo ad aspettare un po' di più, prima di riprovarci. È ancora così piccolo per la sua età...
— Quanti anni ha?
— Oh, ventotto.
— Cosa? E frequenta ancora la prima media?
— I satiri maturano a velocità dimezzata rispetto agli umani, Percy. Negli ultimi sei anni, Grover è rimasto l'equivalente di un ragazzo della scuola media.
— È una cosa orribile.
— Sì — concordò Chirone. — A ogni modo, Grover è un po' indietro perfino per gli standard dei satiri e non è ancora molto maturo nella magia dei boschi. Ahimè, era così ansioso di inseguire il suo sogno. Forse adesso comincerà a pensare a un'altra carriera.
— Non è giusto — protestai. — Cos'è successo la prima volta? È andata davvero tanto male?
Chirone distolse subito lo sguardo. — Andiamo avanti, che ne dici?"
"Davvero? Prima tutte quelle storie e poi gli dici che il suo primo incarico è andato male? Ma perché eravate così con Percy?" Talia scosse la testa, guardando il centauro delusa. Chirone abbassò la testa. Non si era reso conto di come aveva agito.
"Ma non ero affatto disposto a lasciar cadere l'argomento. Avevo notato qualcosa quando Chirone aveva parlato della sorte di mia madre, come se avesse evitato di proposito di usare la parola "morte". Il barlume di un'idea, un minuscolo fuoco di speranza, cominciò a prendere forma nella mia mente."
Apollo lo guardò. "Non stai pensando di scendere negli Inferi per tua madre, vero?" "No, certo che no." "Bene." "Avevo tutte le intenzioni di farlo."
"— Chirone — dissi. — Se gli dei e l'Olimpo sono reali...
— Sì, figliolo?
— Significa che anche gli Inferi lo sono?
Il volto di Chirone si rabbuiò.— Sì. — Fece una pausa, come per scegliere attentamente le parole. —C'è un luogo in cui gli spiriti vanno dopo la morte. Ma per il momento, finché non ne sappiamo di più, ti consiglierei di levartelo dalla testa."
"Pensavo ti riferissi alla folgore, non a tua madre." Disse Chirone. "Non sapevo nemmeno che fosse sparita, perché avrei voluto cercare l'arma di Zeus nel regno di mio zio?" "Anche Zeus è tuo zio, sai?" Gli disse un Hermes divertito. "Ha cercato di uccidermi." "Mi sono scusato." Disse Zeus, irritato. Percy lo guardò. "Vuoi che ti chiami zio?" Zeus annuì. "Oh, okay. Perchè avrei dovuto cercare l'arma di mio zio, nel regno di mio zio?" Michael scoppiò a ridere.
"— Su cosa dobbiamo saperne di più?
— Coraggio, Percy. Andiamo a vedere il bosco.
Mentre ci avvicinavamo, mi resi conto di quanto la foresta fosse enorme. Occupava almeno un quarto della valle ed era fitta di alberi altissimi. Sembrava che nessuno vi avesse messo più piede dal tempo dei nativi americani. Chirone disse: — I boschi sono stipati, se vuoi tentare la sorte, ma ricordati di girare armato.
— Stipati di cosa? — chiesi. — Armato come?
— Lo vedrai. La Caccia alla Bandiera è prevista per venerdì notte. Hai una spada e uno scudo personali?"
"Era appena arrivato e sapevi che non sapeva nulla!" Disse Reyna e Chirone sospirò. "Sono domande standard da fare."
"Volevo dire che non avevo l'abitudine di portarmi in giro una spada e uno scudo, ma preferii dire — Dovrei?
— Non fino a oggi — fece Chirone. — La quinta dovrebbe andarti bene. Più tardi farò un salto in armeria.
Avrei voluto chiedergli che genere di campo estivo avesse un'armeria, ma mi passavano fin troppe cose per la testa, perciò il giro continuò. Visitammo il poligono di tiro con l'arco, il laghetto del canottaggio, le stalle (che Chirone non sembrava apprezzare molto), il poligono del giavellotto, l'anfiteatro del coro e l'arena in cui Chirone spiegò che si tenevano i combattimenti di lancia e spada.
— Combattimenti di lancia e spada?
— Le sfide fra le capanne e via dicendo — spiegò. — Non sono letali. Di solito. E quella è la mensa.
Non mi piaceva il 'di solito' casuale."
"Di solito? A volte lo sono?" Chiese preoccupato Apollo. "Sono capitati incidenti." Disse Chirone, preoccupato. "Che tipo?" Chirone fece una smorfia. Il tipo provocato da dei arrabbiati o semidei risentiti.
"Chirone indicò un padiglione a cielo aperto, incorniciato da candide colonne greche, su una collina affacciata sul mare. C'era una dozzina di tavoli da picnic di pietra. Niente tetto. Niente pareti.
— Come fate quando piove? — chiesi.
Chirone mi guardò come se avessi detto un'idiozia. — Dobbiamo pur mangiare, no?
Decisi di lasciar cadere l'argomento."
"Avevo dimenticato che non avevi visto il filmato..." Ammise Chirone e Jason esclamò. "Ma è stata una tua decisione!" "Lo so. Me ne rammarico."
"Alla fine mi mostrò le capanne. Erano dodici in tutto, nel bosco vicino al lago. Erano disposte a U, due sulla base e una fila di cinque a formare ogni braccio. Senza ombra di dubbio, era il gruppo di case più bizzarro che avessi mai visto. Tranne per il grosso numero di ottone che campeggiava sopra ogni porta (i dispari a sinistra, i pari a destra), non avevano niente in comune l'una con l'altra. La numero nove aveva delle ciminiere sul tetto, come una fabbrica in miniatura."
Efesto sorrise
"La numero quattro, dei tralci di pomodori sui muri e un tetto d'erba".
Demetra sorrise.
"La sette sembrava fatta d'oro massiccio e scintillava così tanto al sole che era quasi impossibile guardarla."
Apollo sorrise
"Tutte si affacciavano su un cortile comune grande più o meno quanto un campo di calcio, disseminato di statue greche, fontane, aiuole e un paio di canestri da basket che erano decisamente più sul mio genere. Al centro del campo c'era un enorme braciere rivestito di pietra. Nonostante il pomeriggio afoso, i tizzoni ardevano e una ragazzina sui nove anni badava al fuoco, pungolando le braci con un bastone. Avrei voluto fermarmi a parlarle, ma Chirone tirò dritto. Mi ripromisi di cercarla più tardi."
Estia gli sorrise. "Infatti lo hai fatto." "E' stato un piacere parlare con lei, zia." Disse Percy, sorridendo calorosamente alla dea.
"Le case in cima al campo, la uno e la due, sembravano una coppia di mausolei gemelli: grossi scatoloni di marmo con delle pesanti colonne frontali. La uno era la più grande e la più massiccia, con porte di bronzo levigato che scintillavano come ologrammi, tanto da sembrare striate di fulmini a seconda dell'angolatura da cui le si guardasse. La numero due era più delicata, con le colonne più snelle e cinte di ghirlande di fiori e melograni. Sulle pareti erano scolpite immagini di pavoni.— Zeus ed Era? — chiesi. Non è che ci volesse un genio per capirlo." "Infatti, deve essere chiaro a chi appartengono." Annuì Zeus.
"— Esatto — rispose Chirone.
— Ma le case sembrano vuote.
— Diverse case lo sono, è vero. Nella uno e nella due non soggiorna mai nessuno."
Percy guardò Talia. "Ciao Nessuno." "Muori, Jackson."
"Così ogni casa era dedicata a un dio diverso, come una mascotte. Dodici case per dodici dei dell'Olimpo. Ma perché alcune erano vuote? Ad esempio, ero abbastanza sicuro che Zeus avesse avuto un bel po' di figli nei tempi antichi. Adesso aveva smesso? Probabilmente alla moglie sarebbe piaciuto, essendo la dea del matrimonio e tutto."
"Ma non lo ha fatto." Digrignò i denti Era.
"Mi fermai davanti alla prima, a sinistra, la numero tre. Non era alta e possente come la uno, ma lunga, massiccia e bassa. Le pareti esterne erano di pietra grigia e porosa, costellate di frammenti di conchiglie e corallo, come se le lastre provenissero direttamente dal fondo dell'oceano. Sbirciai nella porta aperta e Chirone disse: — Oh, non lo farei se fossi in te!
Prima che lui mi tirasse indietro, sentii un odore salmastro, simile al vento che soffiava sulla costa di Montauk. Dentro, le pareti luccicavano come il guscio interno di un'ostrica. C'erano sei letti a castello con le lenzuola di seta, ma sembrava che non ci avesse mai dormito nessuno."
"Non avrei fatto niente a nessuno che fosse entrato per controllarla." Disse Poseidone. Michael annuì, insieme a Travis, Connor, Charlie, Silena e Nico. "Altrimenti noi saremmo stati nei guai."
Uno sguardo incuriosito al gruppo e Travis disse. "Era il posto più isolato e dove era meno probabile essere ascoltati."
"Quel posto era così triste e desolato che fui contento quando Chirone mi poggiò una mano sulla spalla.
— Vieni, Percy.
La maggior parte delle altre case, in compenso, era piena di ragazzi. La numero cinque, di colore rosso acceso, sembrava dipinta non con i pennelli ma a secchiate e manciate di colore. Il tetto era rivestito di filo spinato e, sopra la soglia, la testa imbalsamata di un cinghiale sembrava mi seguisse con lo sguardo."
Ares sorrise
"All'interno, scorsi un branco di ragazzi e ragazze dall'aria poco raccomandabile che si azzuffavano e litigavano, sparando musica rock a tutto volume. Quella che faceva più chiasso di tutti era una ragazza sui quattordici anni con una maglietta XXXL del Campo Mezzosangue e un giubbotto mimetico. Quando mi piantò gli occhi addosso, mi rivolse un ghigno di scherno. Mi ricordava Nancy Bobofit, anche se aveva un'aria molto più tosta e robusta, e i capelli lunghi erano degli spaghetti castani, non rossi."
"Ehy, sono meglio di quella tizia!" "Lo sei davvero!" Annuì Percy.
"Continuai a camminare, cercando di tenermi alla larga dagli zoccoli di Chirone.
— Non abbiamo visto altri centauri — osservai.
— No — convenne mestamente Chirone. — I miei simili sono un popolo selvaggio e barbarico, temo. Forse li incontrerai nel bosco, o in qualche grande evento sportivo. Ma non ne vedrai nessuno, qui.
— Lei ha detto di chiamarsi Chirone. È davvero...
Lui mi sorrise. — Il Chirone delle storie? L'istruttore di Ercole, Achille e degli altri eroi? Sì, Percy, sono io.
— Ma non dovrebbe essere morto?
Chirone fece una pausa, come se la domanda lo incuriosisse.
—Onestamente non so dirti se dovrei. Ma il fatto è che non posso. Vedi, secoli fa gli dei hanno esaudito un mio desiderio: poter continuare il lavoro che amavo. Ho ottenuto tanto da quel desiderio e ho rinunciato a tanto. Ma sono ancora qui, perciò posso solo presumere che ci sia ancora bisogno di me."
Leo fece una smorfia "Fare l'insegnante per tremila anni? Non rientra nella mia classifica personale dei desideri."
""Fare l'insegnante per tremila anni" pensai. "Non rientrerebbe mai nella mia classifica personale dei desideri.""
Leo e Percy si sorrisero.
"— Non si annoia mai?
— No, affatto — rispose lui. — Talvolta è terribilmente deprimente, ma non è mai noioso.
— Perché deprimente?
Capii subito perché era una domanda stupida. Erano morti tutti i suoi allievi. Avevo sentito da qualche parte che il miglior successo di un professore era vedere i successi dei suoi allievi. Per Chirone doveva essere orribile vedere bambini crescere fino a diventare eroi e poi morire."
"Lo è. Alcuni più di altri." Scosse la testa Chirone. "Soffrirà molto quando morirai tu, Percy." Disse Michael al ragazzo che chiese. "Scusa, ma che centro adesso io?" "Sport."
"Chirone divenne di nuovo duro d'orecchi.— Oh, guarda — esclamò. — Annabeth ci sta aspettando.
La ragazza che avevo conosciuto alla Casa Grande stava leggendo un libro davanti all'ultima casa a sinistra, la numero undici. Quando la raggiungemmo, mi lanciò un'occhiata critica, come se stesse ancora pensando a quanto sbavassi nel sonno. Cercai di vedere cosa stesse leggendo, ma non riuscii a decifrare il titolo. Pensai che fosse colpa della dislessia, poi mi accorsi che il libro non era nemmeno in inglese. Sembrava scritto in arabo. No, in greco. Letteralmente. C'erano immagini di templi e statue e di diversi tipi di colonne, come in un testo di architettura. Okay, bionda, occhi grigi e con un debole per l'architettura. Che bello, una figlia di Atena."
Annabeth lo guardò male. Atena anche. "Incolpa i film, non me. E Aracne mi stava simpatica." Atena alzò gli occhi al cielo. "Ha superato il limite." "Non è stata nemmeno lei a vantarsi. Hai fatto tutto tu, e quando hai perso, non sei riuscita a superare l'arroganza e l'hai maledetta. E adesso i tuoi figli hanno paura dei suoi figli. Chi ha davvero vinto?" Atena arrossì, distogliendo lo sguardo.
"— Annabeth — esordì Chirone — ho una lezione di tiro con l'arco a mezzogiorno. Puoi occuparti di Percy?
— Sì, signore.
— Casa numero undici — disse rivolto a me, facendo un gesto verso la porta. — Accomodati.
Fra tutte le altre, la numero undici era quella che somigliava di più a una normalissima vecchia casetta, intendendo "vecchia" in senso letterale. La soglia era fatiscente, con la vernice marrone screpolata, e sopra la porta c'era uno di quei simboli medici, un bastone alato con due serpenti attorcigliati. Come si chiamava?"
"Caduceo" disse Hermes
"Un caduceo."
Hermes sorrise a Percy. "George e Martha sono i serpenti." Aggiunse rivolto ai semidei. "Ciao, George e Martha."
Una voce maschile, sibilante, disse. "E' tornato il ragazzo del mare." Martha rispose. "Ciao, Percy." "Hai dei topi?" Chiese George.
Percy prese qualcosa dalla tasca, prima di avvicinarsi ad Hermes con quattro topi. "Ecco a voi." "Grazie." Esultò Martha e Percy annuì, ricordando. "I serpenti lavorano a mance."
Hermes gli sorrise. Drew lo guardò disgustata. "Hai dei ratti nelle tasche?" "Se incontrassi George e Martha cosa faccio? Vado a caccia di topi?" Chiese, serio, il ragazzo.
"Era affollata di ragazzi e ragazze in numero molto superiore rispetto ai letti disponibili. C'erano dei sacchi a pelo sparsi su tutto il pavimento. Sembrava una palestra allestita al centro di evacuazione dalla Croce Rossa. Chirone non entrò, la porta era troppo bassa per lui. Ma quando i ragazzi lo videro, si alzarono tutti in piedi e si inchinarono con rispetto.
— Bene, allora — disse. — Buona fortuna, Percy. Ci vediamo a cena.
E galoppò via, verso il poligono di tiro con l'arco. Rimasi sulla porta, a guardare i ragazzi. Non si inchinavano più. Fissavano me, soppesandomi. Conoscevo la procedura. L'avevo subita già in un sacco di scuole.
— Allora? — mi spronò Annabeth. — Muoviti.
Così, naturalmente, inciampai sulla soglia e feci subito la figura dello scemo. Ci fu qualche risatina, ma nessuno disse niente. Annabeth annunciò: — Percy Jackson, ti presento la casa numero undici.
— Regolare o indeterminato? — chiese qualcuno.
Io non sapevo cosa dire, ma Annabeth rispose:
— Indeterminato.
Un gemito generale. Un ragazzo un po' più grande degli altri fece un passo avanti.
— Via, ragazzi. Siamo qui per questo. Benvenuto, Percy. Puoi prenderti quell'angolo sul pavimento, laggiù.
Il tipo che aveva parlato aveva sui diciannove anni e sembrava uno in gamba. Era alto e muscoloso, con i capelli biondo rame tagliati molto corti e un sorriso amichevole. Indossava una canotta arancione, jeans tagliati al ginocchio, un paio di sandali e una collanina di cuoio con cinque perle di terracotta di diversi colori. L'unica cosa inquietante nel suo aspetto era una spessa cicatrice bianca che gli solcava la guancia, dall'occhio destro alla mascella, come una vecchia ferita da taglio. Tutto sommato era davvero figo."
Talia fissò Percy e lui la guardò. "Che c'è?" "Eri con Annabeth." "Mi sono perso il salto temporale." Ammise Percy e Talia indicò il libro. "Trovavi Luke attraente?"
Tutti guardarono Percy che rispose. "Si chiama essere bisessuali."
Rachel rise. "Oh, ho capito. È il biondo incredibilmente caldo che ti piace, non importa il sesso. Bastava dire che avevi un tipo."
Tutti guardarono Jason e poi Percy. "Solo, no. Che schifo." Percy scosse la testa, facendo ridere Nico, Grover, Poseidone e gli altri dei. Apollo si era avvicinato ancora di più al ragazzo sentendo quale fosse il suo tipo. E la mancanza di discussione da parte del ragazzo.
"— Questo è Luke — lo presentò Annabeth, e la sua voce mi sembrò diversa. Avrei giurato che stesse arrossendo. Non ero l'unico a pensare che Luke fosse figo. Quando si accorse che la guardavo, la sua espressione si indurì di nuovo. — Sarà lui il tuo capogruppo, per ora.
— Per ora? — chiesi
— Sei indeterminato — spiegò Luke in tono paziente. — Non sanno a quale casa assegnarti, perciò sei qui. La undici accoglie tutti i nuovi arrivati e tutti i visitatori. È naturale. Ermes, il nostro patrono, è il dio dei viandanti."
"Traditore." Ringhiò Silena, e Charles la strinse
"Guardai la piccola sezione del pavimento che mi avevano destinato. Non avevo niente da metterci per segnalare che fosse mia: niente bagaglio, niente vestiti, niente sacco a pelo. Solo il corno del Minotauro. Per un attimo pensai di metterci quello, ma poi mi ricordai che Ermes era anche il dio dei ladri. Scrutai le facce che avevo intorno: alcune erano cupe e sospettose, altre sorridevano stupidamente, altre ancora mi studiavano come se stessero aspettando solo il momento giusto per frugarmi nelle tasche."
Travis e Connor sorrisero.
"— Per quanto tempo resterò qui? — chiesi.
— Bella domanda — rispose Luke. — Finché non sarai determinato.
— Quanto ci vorrà?
Risata generale.
— Vieni — disse Annabeth. — Ti faccio vedere il campo di pallavolo.
— L'ho già visto.
— Muoviti.
Mi afferrò per il polso e mi trascinò fuori. Sentii i ragazzi della casa numero undici che ridevano alle mie spalle. Quando ci fummo allontanati un po', Annabeth mi parlò in tono più confidenziale.
— Jackson, devi cavartela meglio di così.
— Cosa?
Lei alzò gli occhi al cielo e borbottò fra i denti: — Non posso credere di aver pensato che fossi tu.
— Che problema hai? — Ora cominciavo ad arrabbiarmi. Non avevo mai conosciuto qualcuno così fastidioso e insopportabile. E avevo frequentato la scuola pubblica, — So soltanto che ho ucciso questa specie di uomo-toro...
— Non parlare così! — mi rimproverò Annabeth. — Sai quanti ragazzi del campo avrebbero voluto avere la tua occasione?"
"Di farsi uccidere?" Chiese Apollo, confuso
"— L'occasione di farsi ammazzare?"
Il dio sorrise al ragazzo, che ricambiò il sorriso
"— L'occasione di battersi con il Minotauro! Perché credi che ci alleniamo?"
Tutti guardarono Annabeth, che arrossendo disse. "A dodici anni dovevo rivedere le mie priorità."
"Scossi la testa. —Pensavo fosse per sopravvivere, ma evidentemente mi sbagliavo. Comunque, se la cosa che ho combattuto era davvero il Minotauro, lo stesso di cui parlano le storie...
— Sì.
— Allora ce n'è uno solo.
— Sì.
— Ed è morto qualcosa come, ehm... un fantastiliardo di anni fa. Teseo l'ha ucciso nel labirinto.
— I mostri non muoiono, Percy. Si possono uccidere. Ma non muoiono."
"Molto chiaro." Disse Hermes, divertito.
"— Oh, grazie. Adesso è tutto chiaro."
Anche Hermes sorrise a Percy.
"— Non hanno un'anima, come me e te. Li puoi allontanare per un po', forse per una vita intera, se sei fortunato. Ma sono forze primordiali. Chirone li chiama "archetipi". Alla fine, si ricostituiscono.
Pensai alla Dodds.
— Vuoi dire che se ne ho ucciso uno, per sbaglio, con la spada...
— La Fur... cioè, la tua insegnante di matematica. Esatto. È ancora là fuori. L'hai soltanto fatta arrabbiare. Parecchio.
— Come fai a sapere della Dodds?
— Parli nel sonno."
"Vero. E' adorabile." Sorrise Michael. "E tu come lo sapresti?" Domandò Poseidone, socchiudendo gli occhi. "Ehm..." Michael si girò, facendo ridere Percy.
"— Come stavi per chiamarla? Furia? Sono le torturatrici dell'Ade?- Mi dispiaceva che Ade avesse mandato una Furia dietro di me. Che gli avevo fatto? Non poteva odiarmi, non so.. No, non mi veniva in mente nessun dio che andasse bene. Crono, andava bene. Continuavo a reputarlo un bastardo."
"Beh, sono stato accontentato su quel fronte." Pensò Percy ad alta voce. "Gran risultato." Annuì Leo, facendo ridere il ragazzo.
Ares disse. "Normalmente i semidei non desiderano essere odiati da un immortale." "Normale è banale." Disse Percy.
"Annabeth lanciò un'occhiata nervosa a terra, come se si aspettasse che potesse spalancarsi e inghiottirla. Il che non sarebbe stato così male. — Non dovresti nominarle, nemmeno qui. Le chiamiamo le Benevole, se proprio siamo costretti.
— Di' un po', ma non possiamo dire niente senza che si metta a tuonare? — Stavo dando l'impressione del piagnucolone, me ne rendevo conto, ma in quel momento non me ne importava niente. — E poi, perché devo stare nella casa undici? Perché dobbiamo stare tutti pigiati in quel modo? Ci sono un sacco di letti vuoti, laggiù.
Indicai le prime costruzioni e Annabeth impallidì. — Non ci scegliamo l'alloggio, Percy. Dipende da chi sono i tuoi genitori. O meglio, il tuo genitore.
Mi fissò, aspettando che afferrassi il concetto.— Mia madre è Sally Jackson — replicai. — Lavora in un negozio di dolciumi alla stazione centrale. Cioè, lavorava.
— Mi dispiace per tua madre, Percy. Ma non mi riferivo a questo. Sto parlando del tuo altro genitore. Di tuo padre."
"Non sarebbe stato male?" Annabeth guardò incredula Percy che disse. "Pensavo più all'esperienza giù per il tubo. Presente?" "Sei malato." "Lo so."
"— È morto. Non l'ho mai conosciuto.
Annabeth sospirò. Chiaramente, aveva già avuto una conversazione come quella, prima di allora. — Tuo padre non è morto, Percy.
— Come fai a dirlo? Lo conosci?
— No, certo che no.
— Allora come fai a dire...
— Perché conosco te. Non saresti qui se tu non fossi una di noi."
"Sembra una setta." Riflettè Reyna
"— Tu non sai niente di me.
— No? — Inarcò un sopracciglio. — Scommetto che hai cambiato scuola un sacco di volte. Scommetto che in moltissimi casi ti hanno espulso.
— Come...
— Sei dislessico, iperattivo e probabilmente hai anche un disturbo da deficit dell'attenzione.
Deglutii, cercando di mascherare il mio imbarazzo. — E questo che c'entra?
— Tutte queste caratteristiche sono quasi un segno inequivocabile. Le lettere si mettono a roteare fuori dalla pagina quando leggi, vero? Questo perché il tuo cervello è impostato per leggere il greco antico. E l'iperattività... sei impulsivo, non riesci a startene seduto tranquillo in classe. Sono i tuoi riflessi da combattimento. In una battaglia vera, ti salverebbero la vita. Quanto ai problemi d'attenzione, dipendono dal fatto che ci vedi troppo, Percy, non troppo poco. I tuoi sensi sono migliori di quelli dei comuni mortali. Naturalmente gli insegnanti volevano farti curare. Per la maggior parte sono mostri. Non vogliono che tu li veda per quello che sono.
— Parli come se ci fossi passata anche tu.
— Come la maggior parte dei ragazzi del campo. Se tu non fossi come noi, non saresti sopravvissuta al Minotauro, né tantomeno al nettare e all'ambrosia."
"Tutti gli insegnanti che ci volevano far curare erano mostri?" Chiese Leo, curioso. "La maggior parte sì. I restanti erano solo mortali che non capivano." Rispose Chirone.
"— Nettare e ambrosia?
— Quelli che ti abbiamo dato da mangiare e da bere per farti riprendere. Quella roba avrebbe ucciso un ragazzo normale. Ti avrebbe incendiato il sangue e sbriciolato le ossa, e saresti morto. Affronta la realtà. Sei un mezzosangue.
Un mezzosangue. Mi turbinavano per la testa così tante domande che non sapevo da che parte cominciare.
(La parte più grande di me pensava che forse avrei potuto vedere mio padre, o almeno sapere chi fosse)" "Non mi piace mezzosangue." Disse Piper e Connor disse. "Puoi usare, ragazzo iperattivo, disagiato, erede di un dio." "In breve, Ridedud" Disse Travis. Michael terminò. "Coniato da Percy Jackson una sera da ubriaco." Percy rise.
"Poi un vocione gridò: — Ma guarda! Un novellino!
La ragazzona che avevo visto in quell'orribile capanna rossa ci stava venendo incontro, baldanzosa. La seguivano altre tre ragazze grosse, brutte e cattive come lei, tutte con dei giubbotti mimetici indosso. Ancora, decisamente non il sesso debole."
Clarisse gemette e Percy sorrise. "Te lo eri fatta arrivare." "Ma deve essere letto?" "I miei pensieri sono letti a tutti, sopravviverai."
"— Clarisse — sospirò Annabeth. — Perché non te ne vai a lucidarti la lancia o che so io?
— Ma certo, principessa — replicò la ragazzona. — Così posso infilzarti meglio, venerdì sera.
— Erre es korakas! — ribatté Annabeth in greco. In qualche modo riuscii a capire che significava: "Vattene ai corvi! ", anche se avevo la sensazione che fosse un insulto peggiore di quanto sembrasse. — Non hai nessuna possibilità.
— Vi schiacceremo — sibilò Clarisse, ma le venne un tic in un occhio. Forse non era sicura di essere all'altezza della sua minaccia. Si voltò verso di me. — Chi è questa mezza cartuccia?
Ero leggermente offeso. Mezza? Almeno almeno due terzi, grazie."
"La prossima volta sarò precisa." "Grazie, ecco." Annuì Percy.
"— Percy Jackson — rispose Annabeth. — Ti presento Clarisse, figlia di Ares.
Strizzai gli occhi. — Vuoi dire, il dio della guerra?
Clarisse sogghignò. — Ti crea qualche problema?
— No — risposi, riprendendomi. — Spiega l'umore così giovale."
Grover gemette. Percy sorrise. "Era divertente." "No, non lo era." Ringhiò Clarisse.
"Clarisse ringhiò. — Abbiamo una cerimonia di iniziazione per i novellini, Prissy.
— Percy.
— Quello che è. Vieni, te la faccio vedere.
— Clarisse... — cercò di dire Annabeth.
— Tu stanne fuori, sapientona.
Annabeth sembrava dispiaciuta, ma lasciò perdere. Pensai che fosse un ambiente leggermente tossico. Gli dei non erano tutti imparentati? E qui c'erano prese in giro e botte. Gabe avrebbe adorato questa atmosfera."
Clarisse sembrava malata. "Non era così!" "Beh, era rivoltante! Bella famiglia di merda." Disse Percy, una smorfia sul viso.
"Clarisse mi aveva preso per il collo e mi trascinava verso un edificio di cemento che riconobbi subito come il bagno. Tiravo calci e pugni. Non era certo la prima volta che facevo a botte con qualcuno, ma quella specie di montagna aveva le mani d'acciaio. Mi trascinò dentro il bagno delle ragazze. C'erano una fila di gabinetti da un lato e una fila di docce dall'altro. Puzzava come tutti i bagni pubblici, e stavo pensando — per quel poco che riuscivo a pensare con Clarisse che mi tirava per i capelli — che se quel posto apparteneva agli dei, avrebbero potuto anche permettersi dei cessi un po' più classe."
Grover si rianimò. "Controlli l'acqua?" "Già. La prossima volta non prendere un figlio di Poseidone vicino all'acqua." "Continuano a dimenticarlo tutti." Scrollò le spalle Nico.
"Le amiche di Clarisse si sbellicavano dalle risate, mentre io cercavo di ritrovare la forza che avevo usato per combattere il Minotauro, che sembrava sparita.
— Come se potesse essere roba dei Tre Pezzi Grossi — esclamò Clarisse spingendomi dentro uno dei gabinetti. — Sì, come no. Il Minotauro probabilmente è morto dalle risate, a vedersi davanti un allocco del genere.
Le amiche sghignazzarono. Annabeth rimase in un angolo, con le mani sulla faccia, a guardare la scena tra le dita. Clarisse mi costrinse a mettermi in ginocchio e cominciò a spingermi la testa verso la tazza. Puzzava di tubi arrugginiti e di... be', di quello che in genere finisce dentro i gabinetti. Cercai con tutte le forze di tenere la testa alta. Guardavo quell'acqua sudicia e pensavo: "Io lì dentro non ci vado. È escluso." Poi successe qualcosa. Avvertii una stretta in fondo allo stomaco. Sentii l'impianto che brontolava, i tubi che vibravano. La presa di Clarisse sui miei capelli si allentò. L'acqua schizzò fuori dal gabinetto, disegnò un arco sopra la mia testa e poi, senza neanche rendermene conto, mi ritrovai a terra sulle piastrelle del bagno, con Clarisse che strillava alle mie spalle. Mi voltai proprio quando l'acqua esplose di nuovo dal gabinetto, colpendo Clarisse in faccia così forte da farla piombare con il sedere a terra. L'acqua continuò a innaffiarla come il getto di un idrante dei pompieri, spingendola fin dentro una doccia. Lei si divincolò, boccheggiando, e le sue amiche accorsero ad aiutarla. Ma a quel punto anche gli altri gabinetti esplosero e sei ulteriori fiotti d'acqua del water si abbatterono su di loro. Poi si azionarono anche le docce e tutti gli impianti del bagno in contemporanea, cacciando le ragazze fuori dall'edificio, facendole roteare come detriti in uno scarico. Solo allora la stretta nel mio stomaco si allentò e la tempesta si interruppe con la stessa rapidità con cui era iniziata." "Nessuno aveva capito chi era suo padre?" Chiese Nico, sconvolto. "Non ne eravamo sicuri." Disse Chirone. "Potevo essere figlio di Apollo." Scrollò le spalle Percy. "Fai schifo con il tiro con l'arco." Le disse Annabeth. Michael disse. "Ma canta come un angelo." Percy sorrise.
"Il bagno era completamente allagato. Annabeth non era stata risparmiata. Era bagnata fradicia, ma non era finita fuori dalla porta. Era rimasta immobile nello stesso punto di prima e mi fissava scioccata. Probabilmente se lo meritava per essere stata così simpatica. Abbassai lo sguardo e mi accorsi di essere seduto nell'unico posto asciutto di tutta la stanza. Attorno a me c'era un cerchio di pavimento intatto e sui miei vestiti non c'era neanche una goccia d'acqua. Niente. Chissà chi era mio padre."
Chirone lo fissò. "Lo hai capito in quel momento?" "Cioè... era piuttosto ovvio? Sai... acqua? Parlavo con i cavalli? Sai, quattro zampe, criniera, eleganza incredibile e bellezza superlativa?" Poseidone sorrise.
"Mi alzai, con le gambe tremanti.
— Ma come hai... — mi chiese Annabeth.
— Non lo so.
Fuori, Clarisse e le sue amiche erano finite in un lago di fango, mentre un capannello di ragazzi del campo si era radunato per curiosare. Clarisse aveva i capelli appiccicati alla faccia, il suo giubbotto mimetico era zuppo e puzzava di fogna. Mi lanciò un'occhiata di odio puro. — Tu sei morto, pivello. Morto stecchito.
Probabilmente avrei dovuto lasciar perdere, ma replicai: — Vuoi fare un altro po' di gargarismi con l'acqua del water, Clarisse? Chiudi il becco.
Le amiche dovettero trattenerla. La trascinarono verso la casa numero cinque, mentre gli altri ragazzi si scostavano per evitare i suoi piedi scalcianti."
"Sassy Percy!" Esultò Travis.
"Annabeth mi fissò. Non capivo se era solo disgustata o se ce l'aveva con me per la doccia inaspettata.
— Che c'è? — domandai. — A cosa stai pensando?
— Sto pensando — rispose — che ti voglio nella mia squadra per la Caccia alla Bandiera."
"Ho vinto!" Disse Annabeth agli sguardi di Percy e Grover. Clarisse sorrise. "Almeno mi sono divertita."Angolo autrice
Alla prossimaBy rowhiteblack
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THE FATES' QUEST: READING PERCY JACKSON
FanficDopo Eroi dell'olimpo, quando Zeus deve decidere la punizione di Apollo, semidei e dei si ritrovano nella Sala del Trono per leggere dieci libri dall'aria innocua. Leggere la vita dei loro figli renderà più dolci gli immortali e darà più senso a Zeu...