ANNABETH CI DA UNA LEZIONE DI ADDESTRAMENTO

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"Ce  ne  stavamo  nell'ombra  di  Valencia  Boulevard,  a  scrutare  le  lettere d'oro incise  su  marmo  nero:  STUDI  DI  REGISTRAZIONE  R.I.P. Sotto,   sulle   porte  di  vetro,  c'era  stampato:  NO  VENDITORI,  NO PERDITEMPO, NO  VIVI. Era  quasi  mezzanotte,  ma  l'atrio  era  pieno  di  luce  e  di  gente.  Dietro  al bancone  della  vigilanza  c'era  una  guardia  dall'aria  tosta,  con  gli  occhiali  da sole  e  un orecchino.
Mi  voltai  verso i  miei  amici.  — Okay.  Ricordate  il  piano.
—  Il  piano.  —  Grover  deglutì.  —  Sicuro.  Adoro  il  piano. 
Annabeth disse:  — Che  succede  se  il  piano non funziona?
— Pensa  positivo.
— Giusto  —  replicò  lei.  —  Stiamo  entrando  nel  Regno  dei  Morti  e  devo pensare  positivo."
"Percy era contento. Conosco mio zio, che bello!" Percy sorrise. "Uno zio fantastico e incredibile." Ade rise, scuotendo la testa con affetto. Poseidone strinse le labbra, infastidito.
"Tirai  fuori  le  perle  dalla  tasca,  le  tre  sfere  lattiginose  che  la  Nereide  mi aveva  dato  a  Santa  Monica.  Non  sembravano  un  granché  come  piano  di riserva,  nel  caso qualcosa  fosse  andato storto.
Annabeth  mi  mise  una  mano  sulla  spalla.  —  Scusa,  Percy.  Hai  ragione, ce  la  faremo.  Andrà  bene.
Diede un colpetto  col  gomito  a  Grover. — Oh,  giusto!  —  concordò  lui.  —  Siamo  arrivati  fin  qui.  Troveremo  la Folgore  e  salveremo  tua  madre.  Nessun problema.
Li  guardai  e  sentii  un  moto  di  gratitudine.  Solo  pochi  minuti  prima,  li avevo  quasi  fatti  stirare  a  morte  sopra  dei  letti  ad  acqua  deluxe,  e  adesso  si sforzavano  di  fare  i  coraggiosi  per  me,  per  tirarmi  su.
Infilai  le  perle  in  tasca.  —  Andiamo  a  dare  una  lezione  a  questi  tizi infernali. E a conoscere lo zio."
"Nessuno di noi due voleva conoscere Ade, ovviamente." Disse Annabeth e Grover annuì. "Percy è quello folle." "Ehy!"
"Entrammo  nell'atrio  dei  R.I.P. C'era  una  lieve  musica  di  sottofondo,  diffusa  da  casse  invisibili.  La moquette  e  le  pareti  erano  grigio  ferro.  Folti  esemplari  di  piante  grasse spuntavano  negli  angoli  come  mani.  L'arredamento  era  di  pelle  nera  e  tutti i  posti  a  sedere  erano  occupati.  C'era  gente  sui  divani,  gente  in  piedi,  gente che  fissava  fuori  dalla  finestra  e  gente  davanti  all'ascensore.  Nessuno  si muoveva,  parlava  o  faceva  niente.  Con  la  coda  dell'occhio  li  vedevo  tutti benissimo,  ma  se  cercavo  di  mettere  a  fuoco  qualcuno  in  particolare, cominciavano  a  sembrare  trasparenti.  Riuscivo  a  vedere  attraverso  i  loro corpi. Il   bancone  della  reception  era  un  podio  rialzato,  perciò dovemmo sollevare  gli  occhi  per  incontrare  quelli  della  guardia. Era  un  uomo  alto  ed elegante,  con  la  pelle  color  cioccolato  e  i  capelli biondi  ossigenati,  rasati  come  un soldato.  Indossava  degli  occhiali  da  sole con  la  montatura  di  tartaruga  e  un  completo di  seta  firmato,  del  colore  dei suoi  capelli.  Sul  bavero  della  giacca,  sotto  una targhetta  d'argento,  era appuntata  una  rosa  nera. Lessi  la  targhetta,  poi  lo guardai sbigottito.  — Lei  si  chiama  Chirone?
Lui  si  sporse  sul  bancone.  Non  riuscivo  a  vedere  niente  nei  suoi  occhiali a  parte  il  mio  riflesso,  ma  il  suo  sorriso  era  dolce  e  freddo,  come  quello  di un pitone  un attimo  primo  di  ingoiarti. —  Ma  che  bel giovane!  —  Aveva  uno  strano  accento  —  inglese, forse,  ma  di  uno  che  l'ha  imparato  solo  come  seconda  lingua.  —  Dimmi, amico,  ti  sembro  un centauro?
— N-no.
— Signore  — aggiunse,  mellifluo.
— Signore  — ripetei  io.
Si  staccò  la  targhetta  e  fece  scorrere  un  dito  sotto  le  lettere.  —  Riesci  a leggere,  amico?  C'è  scritto  "C-a-r-o-n-t-e".  Ripetilo  con me:  CARONTE.
— Caronte.
— Magnifico!  Ora:  signor  Caronte.
— Signor  Caronte  — dissi."
"Con Caronte non fai storie ma con Dioniso sì?" Chiese Charles e Percy annuì. "Caronte meritava il signore." Ade rise e Dioniso sospirò, scuotendo la testa.
"— Bravo!  —  Si  rilassò.  —  Detesto  essere  scambiato  per  quel  vecchio uomo-cavallo.  E  ora, come  posso  aiutarvi,  piccoli  morticini?
Quella  domanda  mi  colpì  come  un  pugno  nello  stomaco.  Cercai  il sostegno  di  Annabeth  con lo sguardo.
— Vogliamo  andare  negli  Inferi  — risposi.
La  bocca  di  Caronte  ebbe  un fremito.  — Be', questa  è  nuova.
— Davvero?"
"Normalmente le persone non vogliono andare negli Inferi." Gli fece notare Talia e Percy la guardò. "Perchè?" "Perchè vuol dire che sei morta." "E?" Talia lo fissò, ma, vedendo che il ragazzo era serio, disse. "E morire non è bello?" "Me lo stai chiedendo o lo stai affermando?" "Lo sto affermando!" "C'era una domanda, lì dentro." "No, nessuna domanda. Morire non è bello." "Non sembri sicura di quello che dici." "Ne sono certa." "Beh, sei mai morta?" "No." "E quindi come fai a dire che non è bello?" "Perchè... Muori?" "Sì, ma se hai fatto cose belle vai nell'Elisio." "Quello potrebbe essere bello, ma comunque non devi andarci." "Ma se sei morta che senso ha negarlo?" "Beh... Nessuno, ma resta il fatto che.." "Talia, ti sta prendendo in giro." Le disse Grover, che stava sentendo il divertimento del ragazzo nel legame empatico. "Ah. Sei scemo?" "Me lo stai chiedendo o lo stai affermando?" "Lo sto affermando!" "Non ne sembri molto sicura." "Oh, dei ! Basta!" Esclamò Jason. Hazel guardò Michael. "Vai avanti, per favore. Faranno venire mal di testa a tutti." Percy e Talia si guardarono, prima di guardare Hazel e dire. "Non sembri molto sicura." facendola sospirare e ridacchiare gli altri.
"—  Una  dichiarazione   semplice   e  diretta.   Niente   strepiti.   Nessun: "Dev'esserci  un  errore,  signor  Caronte."  —  Ci  squadrò.  —  Come  siete morti,  dunque?
Diedi  un colpetto  di  gomito  a  Grover. — Oh — fece  lui. — Ehm...  annegati... nella  vasca  da  bagno.
— Tutti  e  tre?  — chiese  Caronte.  Annuimmo  all'unisono.
—  Doveva  proprio  essere  grossa,  questa  vasca  da  bagno.  —  Caronte sembrava  leggermente  impressionato. — Suppongo  che  non  abbiate  i  soldi  per  la  traversata.  Di  norma,  con  gli adulti,   posso  accettare  le  carte  di  credito  o  addebitare  il  prezzo  del traghetto  sull'ultima  bolletta.  Ma  con  i  bambini...  ahimè,  non  morite  mai pronti.  Dovrete  accomodarvi  qui  per  qualche  secolo.
— Oh,  ma  noi  li  abbiamo,  i  soldi.  —  Misi  tre  dracme  d'oro  sul  bancone, parte  del  gruzzolo  che  avevo trovato  nella  scrivania  dell'ufficio  di  Crusty. "
"Hai derubato anche Crusty?" Chiese Atena "Ha cercato di uccidermi, poteva finanziare il mio viaggio." Rispose Percy, e Era inclinò la testa. "Non ha il minimo senso." "Eppure."
"— Bene,  bene...  —  Caronte  si  inumidì  le  labbra.  —  Vere  dracme.  Vere dracme  d'oro. Non ne  vedevo da...
Le  sue  dita  aleggiavano avide  sopra  le  monete.  Eravamo  così  vicini. Poi  Caronte  mi  guardò.  Fu  come  se  lo  sguardo  gelido  dietro  i  suoi occhiali  mi  perforasse  il  petto. 
— Di'  un po' —  esordì.  —  Non  hai  saputo  leggere  il  mio  nome  correttamente.  Sei dislessico,  figliolo?
— No — risposi  io. — Sono morto.
Caronte  si  sporse  in  avanti  e  tirò  su  col  naso.  —  Tu  non  sei  morto.  Avrei dovuto  capirlo.  Sei  un piccolo  dio.
— Dobbiamo  andare  negli  Inferi  —  insistetti. 
Caronte  emise  un  ringhio profondo  con  la  gola.  Immediatamente,  tutte  le  persone  nella  sala  d'attesa si   alzarono   e   si   misero   a   camminare   avanti   e   indietro   in   preda all'agitazione:  chi  si  accendeva  una  sigaretta,  chi  si  passava  la  mano  fra  i capelli,  chi  controllava  l'orologio.
— Andatevene,  finché  potete  —  ci  disse.  —  Prenderò  i  vostri  spiccioli  e dimenticherò  di  avervi  visto.
Stava  per  afferrare  le  monete,  ma  io  le  agguantai  per  primo. — Niente  servizio,  niente  mancia. "
"Non gli piacerà." Disse Ade e Percy scrollò le spalle. "Non avevo il tempo di convincerlo in altro modo."
"Cercai  di  sembrare  più  coraggioso di  quanto mi  sentissi. Caronte  ringhiò  di  nuovo,  un  verso  profondo,  agghiacciante.  Gli  spiriti dei  morti  batterono  i  pugni  sulle  porte  dell'ascensore.
— E  poi  è  un peccato — sospirai.  — Potevamo  offrire  di  più.
Sollevai  tutto  il  sacchetto  del  gruzzolo  di  Crusty.  Tirai  fuori  un  pugno  di dracme  e  le  feci  scorrere  fra  le  dita.
Il  ringhio  di  Caronte  diventò  più  simile  alle  fusa  di  un  leone.  —  Pensi  di potermi  comprare,  piccolo  dio?  Ehm...  solo  per  curiosità,  quanto  hai  lì dentro?"
"Corruzione, mi piace." Sorrise Hermes e Connor chiese. "É così facile entrare negli Inferi?" "Penso che lo zio gli avesse detto di farci passare." Disse Percy e Ade annuì. "Tecnicamente, non avreste dovuto nemmeno pagarlo." "Oh. Beh, però non pensavo che gli altri avrebbero potuto pagare la corsa." Percy scrollò le spalle, prima di dire. "E il completo Armani gli stava davvero bene."
"— Parecchio  —  risposi.  —  Scommetto  che  Ade  non  la  paga  abbastanza per  questo lavoraccio.
Non volevo offendere lo zio, ma Caronte sembrava uno di quei centralini nei call center, oberato di lavoro."
"Nessuna offesa, Caronte lo era davvero." Ade scosse la testa prima di fare un cenno di ringraziamento verso il nipote.
"—  Oh,  non  sai  quanto  è  vero.  Tu  come  ti  sentiresti  a  fare  da  balia  a questi  spiriti  per  tutto  il  giorno?  Un  continuo:  "La  prego,  non  mi  faccia essere  morto",  "La  prego,  mi  traghetti  gratis".  Sono  tremila  anni  che  non vedo  un  aumento  di  stipendio.  Seconde  te  li  regalano,  i  completi  come questo?
— Si  merita  di  meglio  —  convenni.  —  Un  po'  di  stima.  Rispetto.  Uno stipendio  decente.
A ogni  parola  pronunciata,  impilavo  una  moneta  di  più  sul  bancone. Caronte   abbassò   gli   occhi   sulla   sua   giacca   di   seta,   come   se  si immaginasse  con  qualcosa  di  meglio  indosso.  —  Devo  dire,  figliolo,  che stai  cominciando  a  ragionare.  Appena  un po'.
Impilai  un  altro  mucchietto  di  monete.  —  Potrei  accennare  a  un  aumento di  stipendio,  quando parlerò  con mio zio.
Sospirò.  —  Del  resto  la  barca  è  quasi  piena.  Tanto  vale  che  ci  aggiunga anche  voi  tre  e  mi  decida  a  salpare.
Si  alzò,  raccolse  i  nostri  soldi  e  disse:  — Venite."
Tutti guardarono Ade che annuì. "Mi ha menzionato l'aumento di stipendio a Caronte mentre...mi parlava." Talia domandò. "Quanto è stato irrispettoso?" "Non lo sono stato!" Si offese Percy e Ade non disse niente.
"Ci  facemmo  largo  tra  la  folla  di  spiriti  in  attesa,  che  cominciarono  a tirarci   i   vestiti   come   il   vento,   le   voci   che   sussurravano   frasi incomprensibili.  Caronte  li  allontanò  con  gesti  bruschi,  brontolando:  — Scrocconi.
Ci  scortò  nell'ascensore,  che  era  già  stracolmo  di  anime  dei  morti, ciascuna  con  la  sua  carta  d'imbarco  verde.  Caronte  agguantò  due  spiriti  che stavano  cercando di  salire  con noi  e  li  respinse  nell'atrio.
— Bene.  Ora,  non  fatevi  venire  idee  strane  durante  la  mia  assenza  — annunciò  alla  sala  d'attesa.  —  E  se  qualcuno  si  azzarda  a  spostare  la manopola  dalla  mia  stazione  radio  preferita,  farò  in  modo  che  restiate  qui per  un altro  migliaio  di  anni.  Intesi?
Chiuse  le  porte.  Infilò  una  scheda  d'accesso  in  una  fessura  sul  pannello dell'ascensore  e  cominciammo  a  scendere.
— Che  succede  agli  spiriti  che  aspettano  nell'atrio?  — chiese  Annabeth.
— Niente  — rispose  Caronte.
— Per  quanto tempo?
— Per  sempre,  o finché  non mi  sento  generoso.
— Oh — fece  lei. — Mi  sembra...  giusto.
Caronte  alzò  un  sopracciglio.  —  Chi  ha  mai  detto  che  la  morte  è  giusta, signorinella?  Vedrai  quando  toccherà  a  te.  E  morirai  presto,  nel  posto  dove state  andando.
— Ne  usciremo  vivi  — replicai.
— Come  no."
"Ne siamo usciti vivi." Disse Percy e gli altri annuirono. "Caronte cosa ne pensava?" Chiese Nico e Percy scrollò le spalle. "Era contento. Un amico di penna molto simpatico." "Amico di penna?" Chiese Tritone e Percy annuì. "Gli scrivo delle lettere e nella lettera invio il pagamento per la sua eventuale risposta." Hermes annuì. "E mi fa delle offerte ogni volta che spedisce qualcosa." "Mia mamma ha sempre detto che bisogna lasciare delle mance se si trova il servizio buono. Quindi faccio delle offerte." Hermes gli sorrise.
"Ebbi  un'improvvisa  sensazione  di  vertigine.  Non  stavamo  più  andando verso  il  basso,  ma  in  avanti.  L'aria  si  velò.  Gli  spiriti  che  avevo  intorno iniziarono  a  cambiare.  Gli  abiti  moderni  che  indossavano  tremolarono, trasformandosi  in  tuniche  grigie  col  cappuccio.  Il  pavimento  dell'ascensore prese  a  ondeggiare. Chiusi  forte  gli  occhi. 
Quando  li  riaprii,  il  completo  chiaro  di  Caronte era   stato  rimpiazzato  da  una  lunga  tunica  nera.  Gli  occhiali  con  la montatura  di  tartaruga  erano  spariti.  E  al  posto  degli  occhi  c'erano  delle orbite  vuote  —  come  quelle  di  Ares,  solo  che  queste  erano  fosse  di tenebre,  piene  di  buio, morte  e  disperazione. Notò  che  lo fissavo  e  disse:  — Che  hai  da  guardare?
— Niente  — riuscii  a  balbettare.
Pensai  che  sogghignasse,  ma  mi  sbagliavo.  La  carne  del  suo  volto  stava diventando  trasparente,  lasciandomi  intravedere  le  ossa  del  cranio. Il  pavimento  continuava  a  ondeggiare.
Grover  gemette:  — Penso che  mi  stia  venendo il  mal  di  mare.
Quando  chiusi  di  nuovo  gli  occhi,  l'ascensore  non  era  più  un  ascensore. Eravamo  su  una  chiatta  di  legno.  Caronte  ci  stava  traghettando  attraverso un  nero  fiume  oleoso  in  cui  turbinavano  ossa,  pesci  morti  e  altri  oggetti inquietanti:  bambole  di  plastica,  garofani  schiacciati,  fradici  diplomi  dai bordi  dorati.
— Lo Stige  — mormorò  Annabeth.  — È  così...
—  Inquinato  —  finì  Caronte.  —  Da  migliaia  di  anni,  voi  umani  ci gettate  dentro  di  tutto,  durante  la  traversata:  speranze,  sogni,  desideri  che non  si  sono  mai  realizzati.  Una  gestione  dei  rifiuti  irresponsabile,  se  volete la  mia  opinione.
La  foschia  si  levava  in  volute  di  vapore  dall'acqua  sudicia.  Sopra  di  noi, quasi  sperduto  nell'oscurità,  c'era  un  soffitto  di  stalattiti.  Di  fronte,  una costa  lontana  emanava  un bagliore  verdognolo,  il  colore  del  veleno. Il  panico  mi  serrò  la  gola.  Che  cosa  ci  facevo  lì?  Quelle  persone  che avevo intorno...  erano  morte.
Annabeth  mi  afferrò  la  mano.  In  circostanze  normali,  avrei tolto la mano, non sono una grande fan del contatto, ma  in  quel  momento  capivo  come  si  sentisse.  Aveva  bisogno di  sapere  che  c'era  qualcun  altro  vivo su quella  barca."
"E lasciate il povero satiro a farsi coraggio da solo." I due arrossirono.
"Mi  ritrovai  a  mormorare  una  preghiera, a mia zia Estia. Speravo che avesse ragione sulla bontà di suo fratello. Non sapevo nemmeno se l'avrebbe sentita, nel dominio di un altro dio."
Estia sorrise. "L'ho sentita, nipote. E spero che tu abbia sentito la mia risposta." Percy sorrise alla zia. Non poteva essere certo di averlo davvero sentita, pensava di non averlo fatto. Ma si era sentito più sicuro di sè man mano che passava il tempo lì dentro, quindi magari era la risposta a cui accennava la zia. Zeus, Ade e Poseidone guardarono i due, sentendosi protettivi verso entrambi. Estia era la sorella da proteggere e Percy, a quanto pareva, era il suo preferito.
"La  costa  degli  Inferi  entrò  lentamente  nella  nostra  visuale.  Rocce scoscese  e  sabbia  vulcanica  nera  si  estendevano  verso  l'interno  per  un centinaio  di  metri,  fino  ai  piedi  di  un  alto  muro  di  pietra  che  proseguiva  in entrambe  le  direzioni  fin  dove  riuscivamo  a  spingere  lo  sguardo.  Un  verso risuonò  nella  penombra  verdognola,  riecheggiando  sulle  pietre:  l'ululato  di un grosso  animale.
— Il  vecchio  Tre  Facce  è  affamato  —  commentò  Caronte.  Il  suo  sorriso si  fece  scheletrico  nella  luce  verdognola.  — Peggio per  voi, piccoli  dei.
Il  fondo  della  barca  scivolò  sulla  sabbia  nera.  I  morti  cominciarono  a scendere:  una  donna  che  teneva  per  mano  una  bambina;  una  coppia  di anziani  barcollanti,  che  avanzavano  tenendosi  a  braccetto;  un  ragazzo  non più  grande  di  me,  che  procedeva  muto  nella  sua  tunica  grigia.
Caronte  mi  disse:  —  Ti  auguro  buona  fortuna,  amico,  ma  quaggiù  non ne  troverai.  Ricordati  di  accennare  al  mio  aumento  di  stipendio.
Si  infilò  le  dracme  d'oro  nella  borsa,  una  per  una,  poi  raccolse  la  sua pertica.   Gorgheggiò  qualcosa  che  somigliava  a  una  canzone  di  Barry Manilow  e  ripartì,  traghettando  la  chiatta  vuota  lungo  il  fiume. Noi  seguimmo  gli  spiriti  lungo  un dissestato  sentiero  in salita. Non  so  che  cosa  mi  aspettassi  di  preciso:  qualcosa  di  simile  alle  porte del  Paradiso,  una  grossa  saracinesca  nera  o  roba  del  genere.  Ma  l'ingresso degli  Inferi  somigliava  a  un  incrocio  fra  la  vigilanza  di  un  aeroporto  e  il casello  dell'autostrada  più  trafficata  d'America. C'erano  tre  entrate  separate  sotto  un'unica  immensa  volta  nera,  su  cui campeggiava   la   scritta:   STATE   ENTRANDO   NELL'EREBO.   Ogni ingresso  era  provvisto  di  un  metaldetector  sormontato  da  telecamere  di sicurezza,  superato  il  quale  c'erano dei  caselli  con dentro  dei  demoni  vestiti con una  tunica  nera, come  Caronte. L'ululato  della  bestia  affamata  adesso  era  davvero  assordante,  ma  non riuscivo  a  vedere  da  dove  provenisse.  Il  cane  a  tre  teste,  Cerbero,  preposto a  fare  la  guardia  alla  porta  di  Ade, non si  vedeva  da  nessuna  parte."
"Devi essere vicino alla morte per vederlo." Disse Nico e Percy sorrise. "Che bel pensiero! Grazie per averlo condiviso, Neeks."
"I  morti  si  misero  l'uno  dietro  l'altro,  dividendosi  in  tre  file,  due  con  su scritto   OPERATORE  IN  SERVIZIO  e  una  con  il  cartello  MORTE FACILE. 
Quest'ultima  procedeva  spedita.  Le  altre  due  erano più  lente.
— Che  vuol  dire,  secondo te?  — chiesi  ad Annabeth.
— La  fila  veloce  andrà  direttamente  alle  Praterie  degli  Asfodeli  —  mi rispose.  —  Per  quelli  che  preferiscono  evitare  controversie  legali.  Non vogliono rischiare   il   giudizio   del  tribunale,   perché  potrebbe  essergli avverso.
— C'è  sempre Minosse al tribunale  per  i  morti?
— Sì.  Formato  da  tre  giudici,  che  cambiano  di  volta  in  volta.  Minosse, Thomas  Jefferson,  Shakespeare...  gente  così.  Qualche  volta  osservano  una vita  e  decidono  che  quella  persona  merita  una  speciale  ricompensa:  i Campi  Elisi.  Altre  volte  stabiliscono  una  pena.  Ma  la  maggior  parte  della gente,  be',  è  vissuta  e  basta.  Non  ha  fatto  niente  di  speciale,  né  di  buono  né di  cattivo.  Perciò  va  nelle  Praterie  degli  Asfodeli.
— A fare  cosa?
Grover  rispose:  —  Immagina  di  stare  in  un  campo  di  grano  del  Kansas. Per  sempre.
— Dev'essere  dura.
—  Non  quanto  quello  che  succederà  a  lui  —  mormorò  Grover.  — Guarda.
Un  paio  di  demoni  avvolti  nelle  tuniche  nere  aveva  preso  da  parte  uno spirito  e  lo  stava  perquisendo  al  bancone  della  vigilanza.  Il  volto  del  morto sembrava  vagamente  familiare.
—  È  quel  predicatore  che  ha  dato  scandalo,  hai  presente?  —  spiegò Grover.
— Ah,  sì.  —  Adesso  me  lo  ricordavo.  L'avevamo  visto  in  tv  un  paio  di volte  alla  Yancy,  in  dormitorio.  Era  questo  insopportabile  telepredicatore di  New  York  che  aveva  raccolto  milioni  di  dollari  per  gli  orfanotrofi  e  poi li  aveva  spesi  per  rifarsi  la  villa,  con  accessori  indispensabili  tipo  tavolette del  water  laminate  d'oro  e  un  campo  da  minigolf  da  interni.  Era  morto durante  un  inseguimento  con  la  polizia,  quando  la  sua  "Lamborghini  per  il Signore"  era  precipitata  in  un dirupo."
"Lamborghini per il Signore?" Domandò Talia e Grover annuì. "Erano i titolo dei giornali." "Idiota." Mormorò Percy, scuotendo la testa.
"— Che  cosa  gli  faranno?
— Ade  gli  assegnerà  una  pena  speciale  —  ipotizzò  Grover.  —  Quelli davvero   malvagi   ottengono   la   sua  attenzione   personale   non  appena arrivano.  Le  Fur...  le  Benevole  inventeranno  una  tortura  eterna  apposta  per lui.
Il  pensiero  delle  Furie  mi  fece  rabbrividire.  Mi  resi  conto  che  mi  trovavo nel  loro  territorio.  La  vecchia  Dodds  probabilmente  si  stava  leccando  le labbra,  speranzosa.
— Ma se  è  un predicatore  — dissi  — e  crede  in  un inferno  diverso...
Grover  fece  spallucce.  — Chi  dice  che  sta  vedendo  questo  posto  come  lo vediamo   noi?  Gli  umani  vedono  quello  che  vogliono  vedere.  Siete piuttosto  cocciuti...  ehm,  costanti,  in  questo senso.
Ci  avvicinammo  alle  porte.  L'ululato  adesso  era  talmente  forte  da  far tremare  il  terreno  sotto  i  nostri  piedi,  ma  ancora  non  riuscivo  a  capire  da dove  provenisse. Poi,  a  una  quindicina  di  metri  di  distanza,  ci  fu  un luccichio  nella  foschia verdognola.  E  lì,  nel  punto  in  cui  il  sentiero  si  divideva  in  tre,  c'era  un gigantesco  mostro  informe. Non  l'avevo  visto  prima  perché  era  semitrasparente,  come  i  morti. Finché  non  si  muoveva,  si  fondeva  con  qualsiasi  cosa  ci  fosse  alle  sue spalle.  Solo  gli  occhi  e  le  zanne  sembravano  solidi.  E  stava  guardando  me. Rimasi  a  bocca  aperta.  Non  mi  venne  altro  da  dire  che:  —  È  un rottweiler."
"Non un mastino?" Chiese Talia, confusa. "Cerbero non è un mastino?" Chiese Jason. Percy scosse la testa. "Decisamente un rottwailer" Hazel li guardò. "Questa è la cosa che vi interessa di più in questo momento? Non che sono davanti a Cerbero?" Percy scrollò le spalle e Jason rispose. "Ho sempre pensato che fosse un mastino nero. Non un rottweiler." "Anche io." Annuì Talia
"Mi  ero  sempre  immaginato Cerbero  come  un  grosso  mastino  nero.  E invece  era  senza  dubbio  un  rottweiler  puro,  solo  che  naturalmente  era grande  il  doppio  di  un mammut,  era  pressoché  invisibile  e  aveva  tre  teste. I   morti  gli  si  avvicinavano  senza  avere  il  minimo  timore.  Le  file dell'OPERATORE  IN  SERVIZIO  si  dividevano  ai  suoi  fianchi,  mentre  gli spiriti  della  MORTE  FACILE  gli  passavano  direttamente  fra  le  zampe anteriori  e  sotto  la  pancia, senza  neanche  accucciarsi.
— Comincio  a  vederlo meglio  — mormorai.  — Come  mai?
— Penso...  —  Annabeth  si  inumidì  le  labbra.  —  Temo  che  sia  perché  ci stiamo  avvicinando  di  più alla  nostra  morte.
La  testa  di  mezzo  del  cane  si  allungò  verso  di  noi. 
Annusò  l'aria  e ringhiò.
— Riesce  a  fiutare  i  vivi  — dissi.
—  Non  c'è  problema  —  replicò  Grover,  tremando  al  mio  fianco.  — Perché  abbiamo  un piano.
Ci  avvicinammo  al  mostro. La  testa  di  mezzo  ringhiò,  poi  abbaiò  così  forte  da  farmi  tremare  le pupille.
— Lo capisci?  — chiesi  a  Grover.
— Oh, sì.
— Che  sta  dicendo?
—  Non  credo  che  esista  una  parolaccia  simile  in  nessun  linguaggio umano. "
Percy sbuffò. "Mio fratello ne conosce di parolacce." "Io non dico parolacce." Disse Tritone, storcendo il naso. "Non parlavo di te." Rispose il semidio "Tyson è troppo dolce." Disse Nico, fissandolo. "Anteo?" Chiese Rachel, prima di dire. "Non mi sembra avesse detto parolacce, mentre cercava di ucciderti." "Neanche Finea." Pensò Hazel "Crisaore non aveva detto niente, a parte minacce di morte." Disse Annabeth. "Ragazzi." Percy cercò di parlare, ma gli altri continuavano a menzionare i figli di Poseidone. "Ragazzi, parlo di Arion." Lo fissarono. "Il cavallo dorato e super veloce?" Domandò Frank, confuso. "Lui!" Annuì Percy, guardando l'amico. "Lo chiami fratello?" Chiese Tritone, confuso. "Come dovrei chiamarlo? É mio fratello e non ha cercato di uccidermi, il che è un bonus. Non mi ha nemmeno trattato con sufficienza, come hai fatto tu. Quindi, se escludiamo Rhodes, Tyson e Pegaso, lui è l'unico altro buon fratello da subito." Nico annuì. "Gli ha insegnato così tante offese." "É stato piacevole dirle a tutti i Giganti che incontravo. Arion era contento di sentirlo, ogni volta che lo vedevo." "Non parlavi." Disse Hazel e Percy si indicò la testa. "Telepaticamente."
"Tirai  fuori  dallo  zaino  un  grosso  bastone,  la  gamba  di  un  letto  che  avevo spezzato  da  un  modello  Safari  Deluxe  di  Crusty.  La  sollevai  con  il  braccio e  cercai  di  incanalare  pensieri  canini  felici  verso  Cerbero:  pubblicità  di gustosi  bocconcini  per  cani,  teneri  cuccioli,  ossi  di  gomma.  Mi  sforzai  di sorridere  come  se  non fossi  sul  punto  di  morire. —  Ehi,  bel  cagnone  —  gridai.  —  Scommetto  che  non  giocano  molto  con te.
— GRRRRRRRRRR!
— Buoono — dissi,  con un filo  di  voce. Mossi  il  bastone.  La  testa  di  mezzo  seguì  il  movimento,  ma  le  altre  due continuarono  a  puntarmi,  ignorando  completamente  gli  spiriti.  Avevo  tutta l'attenzione  di  Cerbero. Non ero sicuro che  fosse  una  buona  cosa."
"Preferisce le palline." Disse Ade e Percy annuì. "Lo abbiamo capito, non preoccuparti zio." "Come?" "Solo vivendo." "O, beh, non morendo in questo caso." Disse Grover e Percy annuì.
"— Prendilo!  —  Lanciai  il  bastone  nell'oscurità:  un  lancio  coi  fiocchi.  Lo sentii  piombare  nello  Stige. Cerbero  mi  guardò  torvo,  per  niente  impressionato.   I  suoi  occhi  erano minacciosi  e  freddi. E  tanti  saluti  al  nostro  piano. Il   ringhio  di  Cerbero  adesso  era  diverso,  un  suono  che  saliva  dal profondo  delle  tre  gole.
— Ehm — fece  Grover. — Percy?
— Sì?
— Penso che  tu voglia  saperlo.
— Sì?
— Hai  presente  Cerbero?  Ecco...  sta  dicendo  che  abbiamo  dieci  secondi per  pregare  un dio a  nostra  scelta.  Dopodiché... be'... ha  fame.
Che pensiero gentile da parte sua."
"Non lo hai detto, vero?" "No, non lo ha fatto." Disse Grover.
"— Aspettate!  — esclamò  Annabeth, mettendosi  a  frugare  nel  suo  zaino.
-Se non so che dio, posso avere del tempo bonus? - domandai e Cerbero ringhiò.
Grover disse - Sì, ma pensi qui. Cinque  secondi . Scappiamo?
-Sto pensando a quale dio, aspetta. "
"Seriamente?" Chiese Silena. Percy annuì.
"Annabeth  tirò  fuori  una  palla  di  gomma  rossa  delle  dimensioni  di  un pompelmo.   Era  marcata   WATERLAND,  DENVER,  CO.  Prima  che riuscissi  a  fermarla,  dicendo che avevo deciso il dio, la  levò in alto  e  avanzò impettita  verso Cerbero.
Gridò:  —  Guarda  la  palla!  Vuoi  la  palla,  Cerbero?  Seduto! 
Cerbero sembrava  sbigottito  quanto noi. Tutte  e  tre  le  teste  si  piegarono  di  sghembo,  allungando  il  collo.  Sei narici  si  dilatarono.
— Seduto!  — gridò  di  nuovo Annabeth.
Ero  sicuro che  da  un  momento  all'altro  sarebbe  diventata  il  biscotto  per cani  più grande  del  mondo. Beh, piccolo per cerbero.
E  invece  no:  Cerbero  si  leccò  le  sue  tre  serie  di  labbra,  scrollò  il posteriore  e  si  sedette,  schiacciando  una  dozzina  di  spiriti  della  MORTE FACILE  che  gli  stavano  passando  sotto  proprio  in  quell'istante.  Gli  spiriti si  dissolsero  con dei  sibili  soffocati,  come  aria  rilasciata  da  un copertone. Annabeth  disse:  — Bravo!
E  gli  lanciò  la  palla. Cerbero  la  prese  con  la  bocca  centrale.  Date  le  dimensioni,  riusciva  a masticarla  appena,  e  le  altre  teste  cercarono  di  strapparle  il  giocattolo nuovo.
— Lascia!  — ordinò  Annabeth. Le  teste  di  Cerbero  smisero  di  litigare  e  la  guardarono.  La  palla  era incuneata  fra  due  zanne  come  un  minuscolo  pezzetto  di  gomma.  Il  cane emise  un  guaito  acuto  e  spaventoso,  e  poi  depositò  la  palla  ai  piedi  di Annabeth. Adesso era  tutta  appiccicosa  e  mordicchiata.
— Bravo, cagnone. — Raccolse  la  palla, ignorando  la  bava  del  mostro.
Si  girò  verso di  noi. — Andate. La  MORTE  FACILE  è  più  veloce.
— Ma... — provai  a  protestare.
— Ora!  — ordinò,  con lo stesso  tono  che  stava  usando con il  cane."
"Quale dio avevi scelto?" "Persefone." Disse Percy. "Grazie, ne sono lusingata." Sorrise la dea. Michael chiese. "ha lanciato la palla anche a voi?" "No, purtroppo." Disse Percy e Annabeth lo fissò poco impressionata.
"Io e  Grover  ci  facemmo  debolmente  avanti. 
Cerbero  si  mise  a  ringhiare.
— Fermo!  — ordinò Annabeth al  mostro.  — Se  vuoi  la  palla,  fermo!
Cerbero guaì, ma  rimase  dov'era.
— E  tu?  — chiesi  ad Annabeth mentre  le  passavamo  davanti.
—  So  quello  che  faccio,  Percy  —  mormorò.  —  Almeno,  ne  sono abbastanza  sicura...
Io e  Grover  ci  infilammo  fra  le  zampe  del  mostro.
"Ti  prego,  Annabeth"  supplicai  mentalmente.  "Non  dirgli  di  sedersi  di nuovo."
Ce  l'avevamo  fatta.  Cerbero  non  era  meno  spaventoso  visto  da  dietro, per  niente. Annabeth  gli  disse  di  nuovo:  — Buoono!
Tirò   su   la   palla   malconcia   e   probabilmente   giunse   alla   stessa conclusione  a  cui ero  giunto io:  se  avesse  ricompensato  Cerbero,  non  le sarebbe  rimasto  nulla  per  tenerlo  a  bada.
La  lanciò  lo  stesso. 
La  bocca  sinistra  del  mostro  l'addentò  subito,  solo per  vedersi  attaccata  un  istante  dopo  dalla  testa  di  mezzo,  mentre  quella  di destra  uggiolava  in segno  di  protesta. Sfruttando   l'attimo   di   distrazione   del   mostro,  Annabeth   sfrecciò rapidamente  sotto  la  sua  pancia  e  ci  raggiunse  al  metaldetector.
— Come  hai  fatto?  — le  chiesi,  sbigottito.
—  Scuola  di  addestramento  —  rispose  lei,  senza  fiato,  lasciandomi ancora  più  stupito  quando  notai  che  aveva  le  lacrime  agli  occhi.  —  Da piccola,  a  casa  di  papà  avevamo  un doberman.
—  Lascia  perdere  —  fece  Grover,  tirandomi  per  la  maglietta.  — Muoviamoci!
Stavamo  per  infilarci  nella  fila  della  MORTE  FACILE  quando  Cerbero guaì  penosamente  con  tutte  e  tre  le  bocche.  Annabeth  si  fermò  e  si  voltò verso  il  mostro,  che  ci  stava  guardando  e  tirò  fuori  le  lingue,  ansimando speranzoso,  con  la  minuscola  palla  rossa  ormai  maciullata  ai  suoi  piedi,  in una  pozza  di  bava.
— Buoono — ripeté  Annabeth,  ma  in tono  malinconico,  titubante. Le  teste  del  mostro  si  piegarono  di  lato,  come  se  fossero  preoccupate  per lei.
— Ti porterò  presto  un'altra  palla  —  promise  Annabeth  timidamente.  — Ti  piacerebbe?
Il  mostro  guaì.  Non  avevo  bisogno  di  parlare  la  lingua  dei  cani  per sapere  che  stava  ancora  aspettando  il  suo giocattolo.
— Bravo.  Verrò  a  trovarti  presto.  Te  lo  prometto.  —  Annabeth  si  girò verso  di  noi.  — Andiamo. "
"Non sei mai andata a trovarlo." Disse Percy e Annabeth lo guardò come se lo ritenesse pazzo. "Certo che no." "Peccato per te, è fantastico per le coccole." Nico rise. "Ti sbava sempre addosso." "Mi ama." Rimbeccò Percy "Lo fa davvero." Rise Ade, scuotendo la testa. Poseidone fece un'altra smorfia. Il figlio non si era mai sentito libero di andare a trovarlo nel suo palazzo, o di giocare con i suoi mostri di guardia.
"Io  e  Grover  passammo  sotto  il  metaldetector.  L'allarme  scattò  subito, facendo  partire  una  serie  di  lampeggianti  rossi.  —  Articoli  non  autorizzati! Identificata  magia!
Cerbero si  mise  ad abbaiare. Ci  precipitammo  oltre  la  porta  della  MORTE  FACILE,  che  fece  scattare altri  allarmi,  ed entrammo  a  rotta  di  collo  negli  Inferi.
Pochi  minuti  dopo eravamo  nascosti,  senza  fiato,  nel  tronco  marcio  di  un immenso  albero  nero,  mentre  dei  demoni  della  vigilanza  ci  superavano  di corsa,  chiamando  a  gran voce  i  rinforzi  delle  Furie.
Grover  mormorò:  — Be', Percy,  che  cos'abbiamo  imparato  oggi?
— Che  i  cani  a  tre  teste  preferiscono  le  palle  di  gomma  rossa  ai  bastoni?"
"Vero. Cerbero lo fa sicuramente." Disse Nico, sorridendo al cugino, che gli scompigliò i capelli. Talia disse. "Lo sapevi per riferimento futuro."
"— No  — mi  rispose  lui.  —  Abbiamo  imparato  che  i  tuoi  piani  hanno decisamente  del  mordente,  ma  che  alla  fine  sono una  bidonata!
Io  non  ne  ero  tanto  sicuro.  Pensavo  che  forse  io  e  Annabeth  avessimo avuto  l'idea  giusta.  Perfino  laggiù  negli  Inferi,  tutti,  anche  i  mostri, avevano bisogno  di  un po'  di  attenzione  di  tanto  in  tanto. Ci  rimuginai  sopra  mentre  aspettavamo  che  i  demoni  si  allontanassero. Cerbero  guaiva  sconsolato  in  lontananza,  rimpiangendo  la  sua  nuova amica.  Quando  Annabeth  si  asciugò  una  lacrima  dalla  guancia,  finsi  di  non vederla." Ade sorrise mentre Michael diceva "Capitolo finito." Nico prese il libro. "Leggo io."
Chirone lanciò uno sguardo agli dei e poi all'orologio. Probabilmente avrebbero dovuto finire l'intero libro prima di poter fare la pausa.

Angolo autrice
Alla prossima
By rowhiteblack

THE FATES' QUEST: READING PERCY JACKSONDove le storie prendono vita. Scoprilo ora