"Ce ne stavamo nell'ombra di Valencia Boulevard, a scrutare le lettere d'oro incise su marmo nero: STUDI DI REGISTRAZIONE R.I.P. Sotto, sulle porte di vetro, c'era stampato: NO VENDITORI, NO PERDITEMPO, NO VIVI. Era quasi mezzanotte, ma l'atrio era pieno di luce e di gente. Dietro al bancone della vigilanza c'era una guardia dall'aria tosta, con gli occhiali da sole e un orecchino.
Mi voltai verso i miei amici. — Okay. Ricordate il piano.
— Il piano. — Grover deglutì. — Sicuro. Adoro il piano.
Annabeth disse: — Che succede se il piano non funziona?
— Pensa positivo.
— Giusto — replicò lei. — Stiamo entrando nel Regno dei Morti e devo pensare positivo."
"Percy era contento. Conosco mio zio, che bello!" Percy sorrise. "Uno zio fantastico e incredibile." Ade rise, scuotendo la testa con affetto. Poseidone strinse le labbra, infastidito.
"Tirai fuori le perle dalla tasca, le tre sfere lattiginose che la Nereide mi aveva dato a Santa Monica. Non sembravano un granché come piano di riserva, nel caso qualcosa fosse andato storto.
Annabeth mi mise una mano sulla spalla. — Scusa, Percy. Hai ragione, ce la faremo. Andrà bene.
Diede un colpetto col gomito a Grover. — Oh, giusto! — concordò lui. — Siamo arrivati fin qui. Troveremo la Folgore e salveremo tua madre. Nessun problema.
Li guardai e sentii un moto di gratitudine. Solo pochi minuti prima, li avevo quasi fatti stirare a morte sopra dei letti ad acqua deluxe, e adesso si sforzavano di fare i coraggiosi per me, per tirarmi su.
Infilai le perle in tasca. — Andiamo a dare una lezione a questi tizi infernali. E a conoscere lo zio."
"Nessuno di noi due voleva conoscere Ade, ovviamente." Disse Annabeth e Grover annuì. "Percy è quello folle." "Ehy!"
"Entrammo nell'atrio dei R.I.P. C'era una lieve musica di sottofondo, diffusa da casse invisibili. La moquette e le pareti erano grigio ferro. Folti esemplari di piante grasse spuntavano negli angoli come mani. L'arredamento era di pelle nera e tutti i posti a sedere erano occupati. C'era gente sui divani, gente in piedi, gente che fissava fuori dalla finestra e gente davanti all'ascensore. Nessuno si muoveva, parlava o faceva niente. Con la coda dell'occhio li vedevo tutti benissimo, ma se cercavo di mettere a fuoco qualcuno in particolare, cominciavano a sembrare trasparenti. Riuscivo a vedere attraverso i loro corpi. Il bancone della reception era un podio rialzato, perciò dovemmo sollevare gli occhi per incontrare quelli della guardia. Era un uomo alto ed elegante, con la pelle color cioccolato e i capelli biondi ossigenati, rasati come un soldato. Indossava degli occhiali da sole con la montatura di tartaruga e un completo di seta firmato, del colore dei suoi capelli. Sul bavero della giacca, sotto una targhetta d'argento, era appuntata una rosa nera. Lessi la targhetta, poi lo guardai sbigottito. — Lei si chiama Chirone?
Lui si sporse sul bancone. Non riuscivo a vedere niente nei suoi occhiali a parte il mio riflesso, ma il suo sorriso era dolce e freddo, come quello di un pitone un attimo primo di ingoiarti. — Ma che bel giovane! — Aveva uno strano accento — inglese, forse, ma di uno che l'ha imparato solo come seconda lingua. — Dimmi, amico, ti sembro un centauro?
— N-no.
— Signore — aggiunse, mellifluo.
— Signore — ripetei io.
Si staccò la targhetta e fece scorrere un dito sotto le lettere. — Riesci a leggere, amico? C'è scritto "C-a-r-o-n-t-e". Ripetilo con me: CARONTE.
— Caronte.
— Magnifico! Ora: signor Caronte.
— Signor Caronte — dissi."
"Con Caronte non fai storie ma con Dioniso sì?" Chiese Charles e Percy annuì. "Caronte meritava il signore." Ade rise e Dioniso sospirò, scuotendo la testa.
"— Bravo! — Si rilassò. — Detesto essere scambiato per quel vecchio uomo-cavallo. E ora, come posso aiutarvi, piccoli morticini?
Quella domanda mi colpì come un pugno nello stomaco. Cercai il sostegno di Annabeth con lo sguardo.
— Vogliamo andare negli Inferi — risposi.
La bocca di Caronte ebbe un fremito. — Be', questa è nuova.
— Davvero?"
"Normalmente le persone non vogliono andare negli Inferi." Gli fece notare Talia e Percy la guardò. "Perchè?" "Perchè vuol dire che sei morta." "E?" Talia lo fissò, ma, vedendo che il ragazzo era serio, disse. "E morire non è bello?" "Me lo stai chiedendo o lo stai affermando?" "Lo sto affermando!" "C'era una domanda, lì dentro." "No, nessuna domanda. Morire non è bello." "Non sembri sicura di quello che dici." "Ne sono certa." "Beh, sei mai morta?" "No." "E quindi come fai a dire che non è bello?" "Perchè... Muori?" "Sì, ma se hai fatto cose belle vai nell'Elisio." "Quello potrebbe essere bello, ma comunque non devi andarci." "Ma se sei morta che senso ha negarlo?" "Beh... Nessuno, ma resta il fatto che.." "Talia, ti sta prendendo in giro." Le disse Grover, che stava sentendo il divertimento del ragazzo nel legame empatico. "Ah. Sei scemo?" "Me lo stai chiedendo o lo stai affermando?" "Lo sto affermando!" "Non ne sembri molto sicura." "Oh, dei ! Basta!" Esclamò Jason. Hazel guardò Michael. "Vai avanti, per favore. Faranno venire mal di testa a tutti." Percy e Talia si guardarono, prima di guardare Hazel e dire. "Non sembri molto sicura." facendola sospirare e ridacchiare gli altri.
"— Una dichiarazione semplice e diretta. Niente strepiti. Nessun: "Dev'esserci un errore, signor Caronte." — Ci squadrò. — Come siete morti, dunque?
Diedi un colpetto di gomito a Grover. — Oh — fece lui. — Ehm... annegati... nella vasca da bagno.
— Tutti e tre? — chiese Caronte. Annuimmo all'unisono.
— Doveva proprio essere grossa, questa vasca da bagno. — Caronte sembrava leggermente impressionato. — Suppongo che non abbiate i soldi per la traversata. Di norma, con gli adulti, posso accettare le carte di credito o addebitare il prezzo del traghetto sull'ultima bolletta. Ma con i bambini... ahimè, non morite mai pronti. Dovrete accomodarvi qui per qualche secolo.
— Oh, ma noi li abbiamo, i soldi. — Misi tre dracme d'oro sul bancone, parte del gruzzolo che avevo trovato nella scrivania dell'ufficio di Crusty. "
"Hai derubato anche Crusty?" Chiese Atena "Ha cercato di uccidermi, poteva finanziare il mio viaggio." Rispose Percy, e Era inclinò la testa. "Non ha il minimo senso." "Eppure."
"— Bene, bene... — Caronte si inumidì le labbra. — Vere dracme. Vere dracme d'oro. Non ne vedevo da...
Le sue dita aleggiavano avide sopra le monete. Eravamo così vicini. Poi Caronte mi guardò. Fu come se lo sguardo gelido dietro i suoi occhiali mi perforasse il petto.
— Di' un po' — esordì. — Non hai saputo leggere il mio nome correttamente. Sei dislessico, figliolo?
— No — risposi io. — Sono morto.
Caronte si sporse in avanti e tirò su col naso. — Tu non sei morto. Avrei dovuto capirlo. Sei un piccolo dio.
— Dobbiamo andare negli Inferi — insistetti.
Caronte emise un ringhio profondo con la gola. Immediatamente, tutte le persone nella sala d'attesa si alzarono e si misero a camminare avanti e indietro in preda all'agitazione: chi si accendeva una sigaretta, chi si passava la mano fra i capelli, chi controllava l'orologio.
— Andatevene, finché potete — ci disse. — Prenderò i vostri spiccioli e dimenticherò di avervi visto.
Stava per afferrare le monete, ma io le agguantai per primo. — Niente servizio, niente mancia. "
"Non gli piacerà." Disse Ade e Percy scrollò le spalle. "Non avevo il tempo di convincerlo in altro modo."
"Cercai di sembrare più coraggioso di quanto mi sentissi. Caronte ringhiò di nuovo, un verso profondo, agghiacciante. Gli spiriti dei morti batterono i pugni sulle porte dell'ascensore.
— E poi è un peccato — sospirai. — Potevamo offrire di più.
Sollevai tutto il sacchetto del gruzzolo di Crusty. Tirai fuori un pugno di dracme e le feci scorrere fra le dita.
Il ringhio di Caronte diventò più simile alle fusa di un leone. — Pensi di potermi comprare, piccolo dio? Ehm... solo per curiosità, quanto hai lì dentro?"
"Corruzione, mi piace." Sorrise Hermes e Connor chiese. "É così facile entrare negli Inferi?" "Penso che lo zio gli avesse detto di farci passare." Disse Percy e Ade annuì. "Tecnicamente, non avreste dovuto nemmeno pagarlo." "Oh. Beh, però non pensavo che gli altri avrebbero potuto pagare la corsa." Percy scrollò le spalle, prima di dire. "E il completo Armani gli stava davvero bene."
"— Parecchio — risposi. — Scommetto che Ade non la paga abbastanza per questo lavoraccio.
Non volevo offendere lo zio, ma Caronte sembrava uno di quei centralini nei call center, oberato di lavoro."
"Nessuna offesa, Caronte lo era davvero." Ade scosse la testa prima di fare un cenno di ringraziamento verso il nipote.
"— Oh, non sai quanto è vero. Tu come ti sentiresti a fare da balia a questi spiriti per tutto il giorno? Un continuo: "La prego, non mi faccia essere morto", "La prego, mi traghetti gratis". Sono tremila anni che non vedo un aumento di stipendio. Seconde te li regalano, i completi come questo?
— Si merita di meglio — convenni. — Un po' di stima. Rispetto. Uno stipendio decente.
A ogni parola pronunciata, impilavo una moneta di più sul bancone. Caronte abbassò gli occhi sulla sua giacca di seta, come se si immaginasse con qualcosa di meglio indosso. — Devo dire, figliolo, che stai cominciando a ragionare. Appena un po'.
Impilai un altro mucchietto di monete. — Potrei accennare a un aumento di stipendio, quando parlerò con mio zio.
Sospirò. — Del resto la barca è quasi piena. Tanto vale che ci aggiunga anche voi tre e mi decida a salpare.
Si alzò, raccolse i nostri soldi e disse: — Venite."
Tutti guardarono Ade che annuì. "Mi ha menzionato l'aumento di stipendio a Caronte mentre...mi parlava." Talia domandò. "Quanto è stato irrispettoso?" "Non lo sono stato!" Si offese Percy e Ade non disse niente.
"Ci facemmo largo tra la folla di spiriti in attesa, che cominciarono a tirarci i vestiti come il vento, le voci che sussurravano frasi incomprensibili. Caronte li allontanò con gesti bruschi, brontolando: — Scrocconi.
Ci scortò nell'ascensore, che era già stracolmo di anime dei morti, ciascuna con la sua carta d'imbarco verde. Caronte agguantò due spiriti che stavano cercando di salire con noi e li respinse nell'atrio.
— Bene. Ora, non fatevi venire idee strane durante la mia assenza — annunciò alla sala d'attesa. — E se qualcuno si azzarda a spostare la manopola dalla mia stazione radio preferita, farò in modo che restiate qui per un altro migliaio di anni. Intesi?
Chiuse le porte. Infilò una scheda d'accesso in una fessura sul pannello dell'ascensore e cominciammo a scendere.
— Che succede agli spiriti che aspettano nell'atrio? — chiese Annabeth.
— Niente — rispose Caronte.
— Per quanto tempo?
— Per sempre, o finché non mi sento generoso.
— Oh — fece lei. — Mi sembra... giusto.
Caronte alzò un sopracciglio. — Chi ha mai detto che la morte è giusta, signorinella? Vedrai quando toccherà a te. E morirai presto, nel posto dove state andando.
— Ne usciremo vivi — replicai.
— Come no."
"Ne siamo usciti vivi." Disse Percy e gli altri annuirono. "Caronte cosa ne pensava?" Chiese Nico e Percy scrollò le spalle. "Era contento. Un amico di penna molto simpatico." "Amico di penna?" Chiese Tritone e Percy annuì. "Gli scrivo delle lettere e nella lettera invio il pagamento per la sua eventuale risposta." Hermes annuì. "E mi fa delle offerte ogni volta che spedisce qualcosa." "Mia mamma ha sempre detto che bisogna lasciare delle mance se si trova il servizio buono. Quindi faccio delle offerte." Hermes gli sorrise.
"Ebbi un'improvvisa sensazione di vertigine. Non stavamo più andando verso il basso, ma in avanti. L'aria si velò. Gli spiriti che avevo intorno iniziarono a cambiare. Gli abiti moderni che indossavano tremolarono, trasformandosi in tuniche grigie col cappuccio. Il pavimento dell'ascensore prese a ondeggiare. Chiusi forte gli occhi.
Quando li riaprii, il completo chiaro di Caronte era stato rimpiazzato da una lunga tunica nera. Gli occhiali con la montatura di tartaruga erano spariti. E al posto degli occhi c'erano delle orbite vuote — come quelle di Ares, solo che queste erano fosse di tenebre, piene di buio, morte e disperazione. Notò che lo fissavo e disse: — Che hai da guardare?
— Niente — riuscii a balbettare.
Pensai che sogghignasse, ma mi sbagliavo. La carne del suo volto stava diventando trasparente, lasciandomi intravedere le ossa del cranio. Il pavimento continuava a ondeggiare.
Grover gemette: — Penso che mi stia venendo il mal di mare.
Quando chiusi di nuovo gli occhi, l'ascensore non era più un ascensore. Eravamo su una chiatta di legno. Caronte ci stava traghettando attraverso un nero fiume oleoso in cui turbinavano ossa, pesci morti e altri oggetti inquietanti: bambole di plastica, garofani schiacciati, fradici diplomi dai bordi dorati.
— Lo Stige — mormorò Annabeth. — È così...
— Inquinato — finì Caronte. — Da migliaia di anni, voi umani ci gettate dentro di tutto, durante la traversata: speranze, sogni, desideri che non si sono mai realizzati. Una gestione dei rifiuti irresponsabile, se volete la mia opinione.
La foschia si levava in volute di vapore dall'acqua sudicia. Sopra di noi, quasi sperduto nell'oscurità, c'era un soffitto di stalattiti. Di fronte, una costa lontana emanava un bagliore verdognolo, il colore del veleno. Il panico mi serrò la gola. Che cosa ci facevo lì? Quelle persone che avevo intorno... erano morte.
Annabeth mi afferrò la mano. In circostanze normali, avrei tolto la mano, non sono una grande fan del contatto, ma in quel momento capivo come si sentisse. Aveva bisogno di sapere che c'era qualcun altro vivo su quella barca."
"E lasciate il povero satiro a farsi coraggio da solo." I due arrossirono.
"Mi ritrovai a mormorare una preghiera, a mia zia Estia. Speravo che avesse ragione sulla bontà di suo fratello. Non sapevo nemmeno se l'avrebbe sentita, nel dominio di un altro dio."
Estia sorrise. "L'ho sentita, nipote. E spero che tu abbia sentito la mia risposta." Percy sorrise alla zia. Non poteva essere certo di averlo davvero sentita, pensava di non averlo fatto. Ma si era sentito più sicuro di sè man mano che passava il tempo lì dentro, quindi magari era la risposta a cui accennava la zia. Zeus, Ade e Poseidone guardarono i due, sentendosi protettivi verso entrambi. Estia era la sorella da proteggere e Percy, a quanto pareva, era il suo preferito.
"La costa degli Inferi entrò lentamente nella nostra visuale. Rocce scoscese e sabbia vulcanica nera si estendevano verso l'interno per un centinaio di metri, fino ai piedi di un alto muro di pietra che proseguiva in entrambe le direzioni fin dove riuscivamo a spingere lo sguardo. Un verso risuonò nella penombra verdognola, riecheggiando sulle pietre: l'ululato di un grosso animale.
— Il vecchio Tre Facce è affamato — commentò Caronte. Il suo sorriso si fece scheletrico nella luce verdognola. — Peggio per voi, piccoli dei.
Il fondo della barca scivolò sulla sabbia nera. I morti cominciarono a scendere: una donna che teneva per mano una bambina; una coppia di anziani barcollanti, che avanzavano tenendosi a braccetto; un ragazzo non più grande di me, che procedeva muto nella sua tunica grigia.
Caronte mi disse: — Ti auguro buona fortuna, amico, ma quaggiù non ne troverai. Ricordati di accennare al mio aumento di stipendio.
Si infilò le dracme d'oro nella borsa, una per una, poi raccolse la sua pertica. Gorgheggiò qualcosa che somigliava a una canzone di Barry Manilow e ripartì, traghettando la chiatta vuota lungo il fiume. Noi seguimmo gli spiriti lungo un dissestato sentiero in salita. Non so che cosa mi aspettassi di preciso: qualcosa di simile alle porte del Paradiso, una grossa saracinesca nera o roba del genere. Ma l'ingresso degli Inferi somigliava a un incrocio fra la vigilanza di un aeroporto e il casello dell'autostrada più trafficata d'America. C'erano tre entrate separate sotto un'unica immensa volta nera, su cui campeggiava la scritta: STATE ENTRANDO NELL'EREBO. Ogni ingresso era provvisto di un metaldetector sormontato da telecamere di sicurezza, superato il quale c'erano dei caselli con dentro dei demoni vestiti con una tunica nera, come Caronte. L'ululato della bestia affamata adesso era davvero assordante, ma non riuscivo a vedere da dove provenisse. Il cane a tre teste, Cerbero, preposto a fare la guardia alla porta di Ade, non si vedeva da nessuna parte."
"Devi essere vicino alla morte per vederlo." Disse Nico e Percy sorrise. "Che bel pensiero! Grazie per averlo condiviso, Neeks."
"I morti si misero l'uno dietro l'altro, dividendosi in tre file, due con su scritto OPERATORE IN SERVIZIO e una con il cartello MORTE FACILE.
Quest'ultima procedeva spedita. Le altre due erano più lente.
— Che vuol dire, secondo te? — chiesi ad Annabeth.
— La fila veloce andrà direttamente alle Praterie degli Asfodeli — mi rispose. — Per quelli che preferiscono evitare controversie legali. Non vogliono rischiare il giudizio del tribunale, perché potrebbe essergli avverso.
— C'è sempre Minosse al tribunale per i morti?
— Sì. Formato da tre giudici, che cambiano di volta in volta. Minosse, Thomas Jefferson, Shakespeare... gente così. Qualche volta osservano una vita e decidono che quella persona merita una speciale ricompensa: i Campi Elisi. Altre volte stabiliscono una pena. Ma la maggior parte della gente, be', è vissuta e basta. Non ha fatto niente di speciale, né di buono né di cattivo. Perciò va nelle Praterie degli Asfodeli.
— A fare cosa?
Grover rispose: — Immagina di stare in un campo di grano del Kansas. Per sempre.
— Dev'essere dura.
— Non quanto quello che succederà a lui — mormorò Grover. — Guarda.
Un paio di demoni avvolti nelle tuniche nere aveva preso da parte uno spirito e lo stava perquisendo al bancone della vigilanza. Il volto del morto sembrava vagamente familiare.
— È quel predicatore che ha dato scandalo, hai presente? — spiegò Grover.
— Ah, sì. — Adesso me lo ricordavo. L'avevamo visto in tv un paio di volte alla Yancy, in dormitorio. Era questo insopportabile telepredicatore di New York che aveva raccolto milioni di dollari per gli orfanotrofi e poi li aveva spesi per rifarsi la villa, con accessori indispensabili tipo tavolette del water laminate d'oro e un campo da minigolf da interni. Era morto durante un inseguimento con la polizia, quando la sua "Lamborghini per il Signore" era precipitata in un dirupo."
"Lamborghini per il Signore?" Domandò Talia e Grover annuì. "Erano i titolo dei giornali." "Idiota." Mormorò Percy, scuotendo la testa.
"— Che cosa gli faranno?
— Ade gli assegnerà una pena speciale — ipotizzò Grover. — Quelli davvero malvagi ottengono la sua attenzione personale non appena arrivano. Le Fur... le Benevole inventeranno una tortura eterna apposta per lui.
Il pensiero delle Furie mi fece rabbrividire. Mi resi conto che mi trovavo nel loro territorio. La vecchia Dodds probabilmente si stava leccando le labbra, speranzosa.
— Ma se è un predicatore — dissi — e crede in un inferno diverso...
Grover fece spallucce. — Chi dice che sta vedendo questo posto come lo vediamo noi? Gli umani vedono quello che vogliono vedere. Siete piuttosto cocciuti... ehm, costanti, in questo senso.
Ci avvicinammo alle porte. L'ululato adesso era talmente forte da far tremare il terreno sotto i nostri piedi, ma ancora non riuscivo a capire da dove provenisse. Poi, a una quindicina di metri di distanza, ci fu un luccichio nella foschia verdognola. E lì, nel punto in cui il sentiero si divideva in tre, c'era un gigantesco mostro informe. Non l'avevo visto prima perché era semitrasparente, come i morti. Finché non si muoveva, si fondeva con qualsiasi cosa ci fosse alle sue spalle. Solo gli occhi e le zanne sembravano solidi. E stava guardando me. Rimasi a bocca aperta. Non mi venne altro da dire che: — È un rottweiler."
"Non un mastino?" Chiese Talia, confusa. "Cerbero non è un mastino?" Chiese Jason. Percy scosse la testa. "Decisamente un rottwailer" Hazel li guardò. "Questa è la cosa che vi interessa di più in questo momento? Non che sono davanti a Cerbero?" Percy scrollò le spalle e Jason rispose. "Ho sempre pensato che fosse un mastino nero. Non un rottweiler." "Anche io." Annuì Talia
"Mi ero sempre immaginato Cerbero come un grosso mastino nero. E invece era senza dubbio un rottweiler puro, solo che naturalmente era grande il doppio di un mammut, era pressoché invisibile e aveva tre teste. I morti gli si avvicinavano senza avere il minimo timore. Le file dell'OPERATORE IN SERVIZIO si dividevano ai suoi fianchi, mentre gli spiriti della MORTE FACILE gli passavano direttamente fra le zampe anteriori e sotto la pancia, senza neanche accucciarsi.
— Comincio a vederlo meglio — mormorai. — Come mai?
— Penso... — Annabeth si inumidì le labbra. — Temo che sia perché ci stiamo avvicinando di più alla nostra morte.
La testa di mezzo del cane si allungò verso di noi.
Annusò l'aria e ringhiò.
— Riesce a fiutare i vivi — dissi.
— Non c'è problema — replicò Grover, tremando al mio fianco. — Perché abbiamo un piano.
Ci avvicinammo al mostro. La testa di mezzo ringhiò, poi abbaiò così forte da farmi tremare le pupille.
— Lo capisci? — chiesi a Grover.
— Oh, sì.
— Che sta dicendo?
— Non credo che esista una parolaccia simile in nessun linguaggio umano. "
Percy sbuffò. "Mio fratello ne conosce di parolacce." "Io non dico parolacce." Disse Tritone, storcendo il naso. "Non parlavo di te." Rispose il semidio "Tyson è troppo dolce." Disse Nico, fissandolo. "Anteo?" Chiese Rachel, prima di dire. "Non mi sembra avesse detto parolacce, mentre cercava di ucciderti." "Neanche Finea." Pensò Hazel "Crisaore non aveva detto niente, a parte minacce di morte." Disse Annabeth. "Ragazzi." Percy cercò di parlare, ma gli altri continuavano a menzionare i figli di Poseidone. "Ragazzi, parlo di Arion." Lo fissarono. "Il cavallo dorato e super veloce?" Domandò Frank, confuso. "Lui!" Annuì Percy, guardando l'amico. "Lo chiami fratello?" Chiese Tritone, confuso. "Come dovrei chiamarlo? É mio fratello e non ha cercato di uccidermi, il che è un bonus. Non mi ha nemmeno trattato con sufficienza, come hai fatto tu. Quindi, se escludiamo Rhodes, Tyson e Pegaso, lui è l'unico altro buon fratello da subito." Nico annuì. "Gli ha insegnato così tante offese." "É stato piacevole dirle a tutti i Giganti che incontravo. Arion era contento di sentirlo, ogni volta che lo vedevo." "Non parlavi." Disse Hazel e Percy si indicò la testa. "Telepaticamente."
"Tirai fuori dallo zaino un grosso bastone, la gamba di un letto che avevo spezzato da un modello Safari Deluxe di Crusty. La sollevai con il braccio e cercai di incanalare pensieri canini felici verso Cerbero: pubblicità di gustosi bocconcini per cani, teneri cuccioli, ossi di gomma. Mi sforzai di sorridere come se non fossi sul punto di morire. — Ehi, bel cagnone — gridai. — Scommetto che non giocano molto con te.
— GRRRRRRRRRR!
— Buoono — dissi, con un filo di voce. Mossi il bastone. La testa di mezzo seguì il movimento, ma le altre due continuarono a puntarmi, ignorando completamente gli spiriti. Avevo tutta l'attenzione di Cerbero. Non ero sicuro che fosse una buona cosa."
"Preferisce le palline." Disse Ade e Percy annuì. "Lo abbiamo capito, non preoccuparti zio." "Come?" "Solo vivendo." "O, beh, non morendo in questo caso." Disse Grover e Percy annuì.
"— Prendilo! — Lanciai il bastone nell'oscurità: un lancio coi fiocchi. Lo sentii piombare nello Stige. Cerbero mi guardò torvo, per niente impressionato. I suoi occhi erano minacciosi e freddi. E tanti saluti al nostro piano. Il ringhio di Cerbero adesso era diverso, un suono che saliva dal profondo delle tre gole.
— Ehm — fece Grover. — Percy?
— Sì?
— Penso che tu voglia saperlo.
— Sì?
— Hai presente Cerbero? Ecco... sta dicendo che abbiamo dieci secondi per pregare un dio a nostra scelta. Dopodiché... be'... ha fame.
Che pensiero gentile da parte sua."
"Non lo hai detto, vero?" "No, non lo ha fatto." Disse Grover.
"— Aspettate! — esclamò Annabeth, mettendosi a frugare nel suo zaino.
-Se non so che dio, posso avere del tempo bonus? - domandai e Cerbero ringhiò.
Grover disse - Sì, ma pensi qui. Cinque secondi . Scappiamo?
-Sto pensando a quale dio, aspetta. "
"Seriamente?" Chiese Silena. Percy annuì.
"Annabeth tirò fuori una palla di gomma rossa delle dimensioni di un pompelmo. Era marcata WATERLAND, DENVER, CO. Prima che riuscissi a fermarla, dicendo che avevo deciso il dio, la levò in alto e avanzò impettita verso Cerbero.
Gridò: — Guarda la palla! Vuoi la palla, Cerbero? Seduto!
Cerbero sembrava sbigottito quanto noi. Tutte e tre le teste si piegarono di sghembo, allungando il collo. Sei narici si dilatarono.
— Seduto! — gridò di nuovo Annabeth.
Ero sicuro che da un momento all'altro sarebbe diventata il biscotto per cani più grande del mondo. Beh, piccolo per cerbero.
E invece no: Cerbero si leccò le sue tre serie di labbra, scrollò il posteriore e si sedette, schiacciando una dozzina di spiriti della MORTE FACILE che gli stavano passando sotto proprio in quell'istante. Gli spiriti si dissolsero con dei sibili soffocati, come aria rilasciata da un copertone. Annabeth disse: — Bravo!
E gli lanciò la palla. Cerbero la prese con la bocca centrale. Date le dimensioni, riusciva a masticarla appena, e le altre teste cercarono di strapparle il giocattolo nuovo.
— Lascia! — ordinò Annabeth. Le teste di Cerbero smisero di litigare e la guardarono. La palla era incuneata fra due zanne come un minuscolo pezzetto di gomma. Il cane emise un guaito acuto e spaventoso, e poi depositò la palla ai piedi di Annabeth. Adesso era tutta appiccicosa e mordicchiata.
— Bravo, cagnone. — Raccolse la palla, ignorando la bava del mostro.
Si girò verso di noi. — Andate. La MORTE FACILE è più veloce.
— Ma... — provai a protestare.
— Ora! — ordinò, con lo stesso tono che stava usando con il cane."
"Quale dio avevi scelto?" "Persefone." Disse Percy. "Grazie, ne sono lusingata." Sorrise la dea. Michael chiese. "ha lanciato la palla anche a voi?" "No, purtroppo." Disse Percy e Annabeth lo fissò poco impressionata.
"Io e Grover ci facemmo debolmente avanti.
Cerbero si mise a ringhiare.
— Fermo! — ordinò Annabeth al mostro. — Se vuoi la palla, fermo!
Cerbero guaì, ma rimase dov'era.
— E tu? — chiesi ad Annabeth mentre le passavamo davanti.
— So quello che faccio, Percy — mormorò. — Almeno, ne sono abbastanza sicura...
Io e Grover ci infilammo fra le zampe del mostro.
"Ti prego, Annabeth" supplicai mentalmente. "Non dirgli di sedersi di nuovo."
Ce l'avevamo fatta. Cerbero non era meno spaventoso visto da dietro, per niente. Annabeth gli disse di nuovo: — Buoono!
Tirò su la palla malconcia e probabilmente giunse alla stessa conclusione a cui ero giunto io: se avesse ricompensato Cerbero, non le sarebbe rimasto nulla per tenerlo a bada.
La lanciò lo stesso.
La bocca sinistra del mostro l'addentò subito, solo per vedersi attaccata un istante dopo dalla testa di mezzo, mentre quella di destra uggiolava in segno di protesta. Sfruttando l'attimo di distrazione del mostro, Annabeth sfrecciò rapidamente sotto la sua pancia e ci raggiunse al metaldetector.
— Come hai fatto? — le chiesi, sbigottito.
— Scuola di addestramento — rispose lei, senza fiato, lasciandomi ancora più stupito quando notai che aveva le lacrime agli occhi. — Da piccola, a casa di papà avevamo un doberman.
— Lascia perdere — fece Grover, tirandomi per la maglietta. — Muoviamoci!
Stavamo per infilarci nella fila della MORTE FACILE quando Cerbero guaì penosamente con tutte e tre le bocche. Annabeth si fermò e si voltò verso il mostro, che ci stava guardando e tirò fuori le lingue, ansimando speranzoso, con la minuscola palla rossa ormai maciullata ai suoi piedi, in una pozza di bava.
— Buoono — ripeté Annabeth, ma in tono malinconico, titubante. Le teste del mostro si piegarono di lato, come se fossero preoccupate per lei.
— Ti porterò presto un'altra palla — promise Annabeth timidamente. — Ti piacerebbe?
Il mostro guaì. Non avevo bisogno di parlare la lingua dei cani per sapere che stava ancora aspettando il suo giocattolo.
— Bravo. Verrò a trovarti presto. Te lo prometto. — Annabeth si girò verso di noi. — Andiamo. "
"Non sei mai andata a trovarlo." Disse Percy e Annabeth lo guardò come se lo ritenesse pazzo. "Certo che no." "Peccato per te, è fantastico per le coccole." Nico rise. "Ti sbava sempre addosso." "Mi ama." Rimbeccò Percy "Lo fa davvero." Rise Ade, scuotendo la testa. Poseidone fece un'altra smorfia. Il figlio non si era mai sentito libero di andare a trovarlo nel suo palazzo, o di giocare con i suoi mostri di guardia.
"Io e Grover passammo sotto il metaldetector. L'allarme scattò subito, facendo partire una serie di lampeggianti rossi. — Articoli non autorizzati! Identificata magia!
Cerbero si mise ad abbaiare. Ci precipitammo oltre la porta della MORTE FACILE, che fece scattare altri allarmi, ed entrammo a rotta di collo negli Inferi.
Pochi minuti dopo eravamo nascosti, senza fiato, nel tronco marcio di un immenso albero nero, mentre dei demoni della vigilanza ci superavano di corsa, chiamando a gran voce i rinforzi delle Furie.
Grover mormorò: — Be', Percy, che cos'abbiamo imparato oggi?
— Che i cani a tre teste preferiscono le palle di gomma rossa ai bastoni?"
"Vero. Cerbero lo fa sicuramente." Disse Nico, sorridendo al cugino, che gli scompigliò i capelli. Talia disse. "Lo sapevi per riferimento futuro."
"— No — mi rispose lui. — Abbiamo imparato che i tuoi piani hanno decisamente del mordente, ma che alla fine sono una bidonata!
Io non ne ero tanto sicuro. Pensavo che forse io e Annabeth avessimo avuto l'idea giusta. Perfino laggiù negli Inferi, tutti, anche i mostri, avevano bisogno di un po' di attenzione di tanto in tanto. Ci rimuginai sopra mentre aspettavamo che i demoni si allontanassero. Cerbero guaiva sconsolato in lontananza, rimpiangendo la sua nuova amica. Quando Annabeth si asciugò una lacrima dalla guancia, finsi di non vederla." Ade sorrise mentre Michael diceva "Capitolo finito." Nico prese il libro. "Leggo io."
Chirone lanciò uno sguardo agli dei e poi all'orologio. Probabilmente avrebbero dovuto finire l'intero libro prima di poter fare la pausa.Angolo autrice
Alla prossima
By rowhiteblack
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THE FATES' QUEST: READING PERCY JACKSON
FanficDopo Eroi dell'olimpo, quando Zeus deve decidere la punizione di Apollo, semidei e dei si ritrovano nella Sala del Trono per leggere dieci libri dall'aria innocua. Leggere la vita dei loro figli renderà più dolci gli immortali e darà più senso a Zeu...