FACCIAMO SHOPPING NEL NEGOZIO DEI MATERASSI AD ACQUA

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"Fu  un'idea  di  Annabeth."
"Prendere i materassi ad acqua?" Chiese Connor e Percy scosse la testa. "Quella al massimo poteva essere un'idea di Percy." "Percy si è fatto un materasso ad acqua." Disse Nico. "L'ho fatto anche per te, piccolo ingrato."
In quel momento, in una pessima idea, Percy era tra Nico e Talia, e molti lanciavano degli sguardi spaventati nella loro direzione.
"Ci  fece  salire  su  un  taxi  di  Las  Vegas,  come  se avessimo  davvero  i  soldi  per  permettercelo,  e  disse  all'autista:  —  Los Angeles,  prego.
Il  tassista  masticò  il  suo  sigaro  e  ci  soppesò  con  lo  sguardo.  —  Sono duecento  chilometri.  Pagamento  anticipato.
— Accetta  le  carte  di  debito  dei  casinò?  — chiese  Annabeth.
Lui  alzò  le  spalle.  —  Dipende.  Come  le  carte  di  credito.  Prima  le  devo strisciare. 
Annabeth  gli  passò  la  sua  carta  Lotus  verde.  Il  tipo  la  guardò, scettico.
— La  strisci  — lo invitò  Annabeth. Lui  lo  fece. Il  tassametro  prese  a  vibrare.  Le  luci  lampeggiarono.  Alla  fine,  dopo  il segno  del  dollaro,  comparve  il  simbolo  dell'infinito. Dopo  che  il  sigaro  gli  fu  caduto  di  bocca,  il  tassista  si  voltò  a  guardarci con  tanto  d'occhi.  —  Da  che  parte  di  Los  Angeles,  di  preciso...  Vostra Altezza?
— Il  molo  di  Santa  Monica.  —  Annabeth  drizzò  un  po'  la  schiena.  Capii che  la  storia  dell'"Altezza"  le  era  piaciuta.  —  Si  sbrighi,  e  potrà  tenere  il resto.
Forse  non avrebbe  dovuto dirlo. Il  tachimetro  del  taxi  non  scese  mai  sotto  i  centocinquanta  per  tutto  il deserto  del  Mojave."
Michael sbuffò. "Novellino. Percy non scendeva sotto i duecentocinquanta da Montauk al Campo." Percy sorrise e Silena sospirò. "Ma Percy non è un buon esempio da seguire." "No?" Chiese Leo e Nico annuì. "É fantastico!" "Non come esempio!" Disse Talia, e Percy la spinse. "Perchè tu invece sei così saggia, eh?" "Ma taci, Testa d'Alghe!" "Fammi, Faccia di Pigne." "Ragazzi!" Esclamò Hazel, facendoli tacere. "Ti uccido dopo." Sussurrò Talia a Percy che le disse di rimando. "Provaci."
"Lungo  la  strada,  avemmo  un  sacco  di  tempo  per  parlare.  Raccontai  ad Annabeth  e  Grover  il  mio  ultimo  sogno,  ma  più  mi  sforzavo  di  ricordarne  i particolari,  più  si  facevano  vaghi.  A  quanto  pareva,  il  Casinò  Lotus  mi aveva  mandato  in  corto  circuito  la  memoria.  Non  riuscivo  a  rievocare  il suono  della  voce  del  servo  invisibile,  anche  se  ero  sicuro che  si  trattasse  di qualcuno  che  conoscevo.  Il  servo  aveva  chiamato  il  mostro  nel  baratro  in un  modo  diverso,  oltre  a  "mio  signore"...  aveva  usato  un  nome  o  un  titolo speciale...
— Il  Silente?  —  suggerì  Annabeth.  —  Il  Ricco?  Sono  entrambi  degli appellativi  di  Ade."
"Peccato che non te ne fossi ricordato." Disse Talia, proseguendo. "Zeus non avrebbe potuto ignorare quello." "Sottovaluti la sua capacità di ignorare un problema." Le disse Percy, sostenuto dal padre e da Ade. Demetra sbuffò. "Zeus ha la capacità di ficcare la testa sotto la terra come uno struzzo." Percy rise, l'immagine di Zeus/struzzo che gli balzava in mente. Apollo ed Hermes lo guardarono divertiti, avendo ipotizzato il motivo del suo divertimento.
"— Forse... — risposi,  anche  se  nessuno  dei  due  mi  sembrava  giusto.
—  Quella  sala  del  trono  però  somiglia  proprio  a  quella  di  Ade  — commentò  Grover.  — È  così  che  di  solito  la  descrivono.
Scossi  la  testa. 
—  C'è  qualcosa  che  non  torna.  La  sala  del  trono  non  è stata  la  parte  principale  del  sogno.  E  la  voce  del  baratro...  non  lo  so.  Solo che  non sembrava  la  voce  di  un dio. E ripeto, lo zio non ha ordinato di rubare niente.
Annabeth  sgranò gli  occhi.
— Che  c'è?  — chiesi.
—  Oh...  niente.  Stavo  solo...  No,  deve  essere  Ade.  Forse  ha  mandato questo  ladro,  questa  persona  invisibile,  a  rubare  la  Folgore,  e  qualcosa  è andato  storto...
— Tipo cosa?
— Io non  lo  so  —  rispose  lei.  —  Ma  se  ha  sottratto  il  simbolo  del  potere di  Zeus  dall'Olimpo  e  aveva  gli  dei  alle  calcagna,  be',  un  sacco  di  cose potevano  andare  storte.  Perciò  forse  ha  dovuto  nascondere  la  Folgore  o magari  l'ha  persa.  Comunque  sia,  non  è  riuscito  a  portarla  ad  Ade.  Non  è questo  che  ha  detto  la  voce  del  tuo  sogno?  Il  tizio  ha  fallito.  Questo spiegherebbe  cosa  stavano  cercando  le  Furie  quando  ci  hanno  assalito sull'autobus.  Forse  pensavano  che  avessimo  recuperato  la  Folgore. 
Non capivo  che  cosa  le  fosse  preso.  Era  pallida."
"Avevi capito che era Crono?" Le chiese Talia e Annabeth sospirò. "Poteva essere Crono. E Percy era così sicuro che non fosse stato Ade, e nonostante non mi piacesse Ade, mi fidavo dell'istinto di Percy. Non voleva nemmeno chiedergli se avesse preso la Folgore. Abbiamo dovuto insistere e promettergli delle offerte per Ade a cena per farglielo fare." Guardarono tutti Percy che disse. "Non volevo offendere così tanto lo zio! Era innocente!" "Non lo sapevi." Alzò gli occhi al cielo Talia. "Lo sapevo e basta. Non mi servivano prove. Arte della guerra." "Ha letto effettivamente l'arte della guerra." Disse Michael a tutti. "Ha detto che era davvero interessante, ma che non avrebbe mai e poi mai ammesso che Ares aveva ragione a dirgli di studiarla." "Lo hai appena fatto! Mi rovinerete la reputazione." Si lamentò Percy, scuotendo la testa.
"—  Ma  se  avessi  davvero  recuperato  la  Folgore  —  obiettai  —  perché starei  andando negli  Inferi,  adesso?
—  Per  minacciare  Ade  —  suggerì  Grover.  —  Per  corromperlo  o ricattarlo  e  farti  restituire  tua  madre.
Fischiai.  — Certo  che  sei  sveglio  per  essere  una  capra.
— Oh be', grazie.
— Ma la  cosa  nel  baratro  ha  parlato  di  due  oggetti  —  aggiunsi.  —  Se uno è  la  Folgore, l'altro  che  cos'è?
Grover  scosse  la  testa,  chiaramente  disorientato.  Annabeth  mi  guardava come  se  sapesse  già  cosa  stavo  per  chiedere  e  volesse  convincermi  in silenzio  a  non farlo.
— Tu  ti  sei  fatta  un'idea  sulla  cosa  che  c'è  in  quel  baratro,  vero?  —  le chiesi.  — Cioè,  visto che non si  tratta  dello zio?
—  Percy,  lasciamo  stare.  Perché  se  non  si  tratta  di  Ade...  No.  Deve essere  Ade  per  forza."
"Avresti dovuto dire la tua opinione." Le disse Talia e Grover annuì. "Visto che Percy continuava a dire che Ade era totalmente innocente." "Lo zio era totalmente innocente." "Sì, ma passare da Ade a Crono era orribile per l'umore." Disse Michael e Percy annuì. "Non ha un grande senso dell'umorismo. Se gli fai notare che essere fatto a pezzi è sinonimo di: non ti vogliamo tra i piedi, cerca di ucciderti." Lo guardarono tutti. "Glielo hai davvero detto?" Chiese Silena. "Dovevo dare il tempo a Charles di sparire. E il modo migliore che conosco per distrarre un immortale è... Offendere suddetto immortale." "Che paroloni, sicuro di non perderti?" "Anche quello li fa andare fuori di testa, riesci a crederci? Io non cerco di ucciderti per quello." "Morirai giovane." "Vai grande o vai a casa." "Non è vai al cimitero!" "Da morto non vado da nessuna parte. Tranne che da Caronte, almeno. Simpatico ragazzo." Silena sospirò, interrompendo la discussione tra Talia e Percy. "Anche a Caronte piaci tanto, visto che continui a mandargli vestiti firmati e gli dici di chiederti quello che vorrebbe, così da non infastidire troppo papà." Gli disse Nico e Percy sorrise. "Caronte mi piace. Ha un grande senso dell'umorismo."
"Il  deserto  ci  scorreva  accanto  in  tutta  la  sua  desolazione.  Superammo  un cartello  che  diceva:  CONFINE  DELLA  CALIFORNIA, 12 MIGLIA.
Ebbi  la  sensazione  che  mi  stesse  sfuggendo  un'informazione  semplice  e fondamentale.  Era  come  quando  fissavo  una  parola  che  avrei  dovuto conoscere,  ma  che  non  riuscivo  a  identificare  perché  un  paio  di  lettere continuavano  a  fluttuare  sulla  pagina.  Più  riflettevo  sulla  mia  impresa,  più mi   convincevo   che  affrontare   lo zio  non  era  la  vera  risposta.   C'era qualcos'altro  in ballo,  qualcosa  di  perfino  più  pericoloso. Ma  il  problema  era  che  ci  stavamo  precipitando  verso  gli  Inferi  alla velocità  di centocinquanta  chilometri  all'ora,  puntando  tutto  sulla sbagliata idea che lo zio avesse la Folgore  del grande capo.  Se  una  volta  giunti  alla  meta  avessimo scoperto  di  avere torto,  non  avremmo  avuto  il  tempo  di  correggere  il  tiro. La  scadenza  del  solstizio sarebbe  passata  e  sarebbe  scoppiata  la  guerra."
"Forse dobbiamo ringraziare il nonno per aver corrotto la mente di Ares." Riflettè Percy e Annabeth lo guardò. "Non aveva previsto che qualcuno avrebbe sfidato il dio della guerra a duello." "Errore suo, dai è come se non avesse osservato le mie azioni nell'impresa." "Già, che errore da principiante." Disse Talia, scuotendo la testa. "Pensare che Percy abbia il minimo senso di conservazione, o sopravvivenza." Scosse la testa Travis e Connor sospirò. "Era condannato dall'inizio se lo aveva perso."
" — La  risposta  è  negli  Inferi  —  mi  rassicurò  Annabeth.  —  Hai  visto  gli spiriti  dei  morti,  Percy.  Ed  esiste  un  solo  posto  in  cui  questo  è  possibile. Stiamo  facendo la  cosa  giusta.
Cercò  di  tirarci  su  di  morale  suggerendo  una  serie  di  ingegnose  strategie per  entrare  nel  Regno  dei  Morti,  ma  io  non  riuscivo  a  seguirla  con entusiasmo.  Le  incognite  erano  troppe.  Era  come  sgobbare  per  un  compito in  classe  senza  conoscere  l'argomento.  E,  credetemi,  era  una  cosa  che avevo già  fatto  a  sufficienza."
Lo fissarono tutti e Talia fece un verso di dubbio. "Penso che le conseguenze sarebbero state un tantino peggiori, rispetto a un compito in classe fallito." "L'espressione di mamma era peggiore di ogni cosa, fidati di me."
"Il  taxi  sfrecciava  verso  ovest.  Ogni  folata  di  vento  nella  Valle  della Morte  suonava  come  uno  spettro.  Ogni  volta  che  sentivo  fischiare  i  freni  di un autotreno,  pensavo  al  sibilo  serpentesco  di  Echidna. Al  tramonto,  il  taxi  ci  scaricò  sulla  spiaggia  di  Santa  Monica,  che  era identica  alle  spiagge  californiane  dei  film,  tranne  che  per  il  tanfo.  C'erano giostre  sul  molo,  palme  lungo  i  marciapiedi,  barboni  che  dormivano  sulle dune  di  sabbia  e  surfisti  in  attesa  dell'onda  perfetta.  Ci  avvicinammo  alla riva.
— E  adesso?  — chiese  Annabeth.
Il   Pacifico   si  stava  tingendo  d'oro  alla  luce  del  tramonto.  Pensai all'ultima  volta  in  cui  ero  stato sulla  spiaggia  di  Montauk,  sulla  sponda opposta  del  paese,  a  scrutare  un altro  oceano. Come  poteva  esistere  un  dio  che  controllava  tutto  questo?  Cosa  diceva sempre  il  mio  professore  di  scienze?  Due  terzi  della  superficie  terrestre erano  coperti  d'acqua.  Come  potevo  essere  il figlio  di  qualcuno  di  così potente?"
Poseidone lo guardò. "Sei un figlio fantastico, Percy. Non importa quello che arrivi a fare o quale impresa compi. Non voglio che pensi che io tenga a te per utilità." "Non lo faccio, papà. Davvero."
"Entrai  con i  piedi  nel  mare.
— Percy?  — mi  chiamò  Annabeth.  — Che  stai  facendo?
Continuai  a  camminare,  con l'acqua  fino alla  vita,  poi  fino  al  petto.
Lei  mi  gridò  dietro:  —  Sai  quant'è  inquinata  quell'acqua?  C'è  ogni genere  di  rifiuto  toss...
Fu in quel  momento  che  immersi  la  testa. All'inizio  trattenni  il  fiato.  È  difficile costringersi  a  inspirare  acqua.  Alla fine  non  ce  la  feci  più  e  aprii  la  bocca.  E  come  già era  successo,  riuscii  a respirare  normalmente. Mi  diressi  al  largo.  Non  avrei  dovuto vederci  bene  fra  le  tenebre,  eppure riuscivo  a  scorgere  tutto.  Percepivo  la  superficie ondulata  del  fondale, distinguevo  le  colonie  di  ricci  che  punteggiavano  la  sabbia.  Riuscivo perfino  a  vedere  le  correnti,  i  flussi  d'acqua  calda  e  fredda  che  roteavano insieme. Qualcosa  mi  strusciò  sulla  gamba.  Abbassai  lo  sguardo  e  per  poco  non schizzai  come  un  missile  in  superficie.  Era  uno  squalo  mako,  un  bestione di  un metro  e  mezzo  di  lunghezza. Ma  non  mi  stava  attaccando.  Mi  strofinava  il  muso  contro,  seguendomi come   un  cagnolino.   Esitando,   sfiorai   la   pinna   dorsale, dolcemente per non fargli male."
"Sei sempre così gentile con le creature marine?" Chiese Anfitrite, sorridendo al ragazzo. Percy scrollò le spalle e Silena disse. "Lo è. Al Campo passa ore ad aiutarle." Percy arrossì sotto lo sguardo orgoglioso del padre.
"Lui   arcuò leggermente  il  dorso,  come  per  invitarmi  a  stringere.  Afferrai  la  pinna  con entrambe  le  mani  e  lo  squalo  si  slanciò  in  avanti,  trascinandomi  con  sé nell'oscurità.  Mi  depose  sul  bordo  di  una  fossa  oceanica,  dove  il  banco  di sabbia  terminava  in  una  voragine  enorme.  Era  come  stare  sull'orlo  del Grand  Canyon  a  mezzanotte,  senza  vedere  nulla  ma  con  la  consapevolezza del  vuoto. La  superficie  scintillava  a  oltre  quaranta  metri  sopra  di  me.  Sapevo  che la  pressione  avrebbe  dovuto  schiacciarmi.  Ma,  del  resto,  non  avrei  dovuto nemmeno  essere  capace  di  respirare.
"Sciocchi scienziati." Disse Leo e Percy rise. "Davvero sciocchi." Talia inclinò la testa, prima di guardare Percy. "Non hai mai camminato sull'acqua davanti ai mortali, vero?" "Visto che non mi hanno crocifisso, direi di no." Disse Percy, facendo ridere Travis e Connor. Michael scosse la testa. "Non lo hai fatto perchè credevi che la Foschia ti avrebbe coperto e non capivi il senso di farlo se nessuno lo vedeva." "Stessa storia."
"Mi  chiesi  se  ci  fosse  un  limite  alla profondità  a  cui  potevo  accedere.  Chissà  se  potevo  immergermi  fino  a toccare  il  fondo del  Pacifico."
Poseidone sorrise. "Puoi sicuramente, Percy. Non esiste limite al tuo accesso al mio dominio." Percy sorrise al padre.
"Poi  vidi  brillare  qualcosa  nell'oscurità,  qualcosa  che  si  fece  sempre  più grande  e  luminoso  man  mano  che  saliva  e  si  avvicinava.  La  voce  di  una donna, come  quella  di  mia  madre,  chiamò:  — Percy  Jackson.
Ormai  poco  distante,  la  sua  figura  diventò  più  nitida.  Aveva  fluenti capelli  neri  e  indossava  un  abito  di  seta  verde.  Era  circondata  da  un  alone di  luce  tremula  e  i  suoi  occhi  erano  di  una  bellezza  così  sconcertante  che notai  a  malapena  il  cavalluccio  marino...  o  meglio  lo  stallone  marino...  che stava  cavalcando. Smontò  dalla  sella.  Il  cavalluccio  marino  e  lo  squalo  guizzarono  via  e sembrava  che  stessero  giocando  a  rincorrersi.  La  donna  subacquea  mi sorrise.  — Sei  arrivato  lontano,  Percy  Jackson. Bravo.
Non  sapevo  cosa  fare,  perciò  mi  inchinai.  —  Lei  è  la  donna  che  mi  ha parlato  nel  Mississippi."
"Ah, certo, alla nereide ti inchini, a un dio lo offendi. Mi spieghi il senso?" Chiese Talia. "La nereide mi piaceva. Ares è un idiota. Piuttosto semplice, se si ci pensi." Le spiegò Percy, facendo annuire Talia. "Fila tutto."
"—  Sì,  figliolo.  Sono  una  Nereide,  uno  spirito  del  mare.  Non  è  stato facile  apparire  così  lontana  dal  mare  ma  le  Naiadi,  le  mie  cugine  d'acqua dolce,  hanno  sostenuto  la  mia  forza  vitale.  Onorano  il  Divino  Poseidone, anche  se  non servono alla  sua  corte.
— E  lei  serve  alla  corte  di  Poseidone?
Annuì.  —  Erano  passati  molti  anni  dall'ultima  nascita  di  un  figlio  del  dio del  mare.  Ti  abbiamo  osservato  con grande  interesse.
A  un  tratto  ricordai  i  volti  che  intravedevo  da  bambino  fra  le  onde,  al largo  di  Montauk,  riflessi  di  donne  sorridenti.  Come  per  molte  altre assurdità  della  mia  vita, non ci  avevo mai  badato troppo  prima  di  allora.
— Se  a  mio  padre  interesso  così  tanto  —  chiesi  —  perché  non  è  qui? Perché  non parla  con me?"
"Non potevo interferire, Percy, o sarei venuto." "Lo so, papà. Avevo dodici anni, okay? É normale." Talia annuì. "Odio dirlo, ma Percy ha ragione. È normale."
"Una  corrente  fredda  si  levò  dagli  abissi.
— Non giudicare  troppo  duramente  il  Signore  del  Mare  —  mi  rispose  la Nereide.  —  Si  trova  sull'orlo  di  una  guerra  non  voluta.  Molte  questioni occupano  il  suo  tempo.  E  poi,  lui  non  può  aiutarti  direttamente.  È  proibito. Gli  dei  non possono  fare  favoritismi.
— Nemmeno  verso  i  propri  figli?
—  Soprattutto  verso  di  loro.  Gli  dei  possono  operare  solo  tramite influenza  indiretta.  Ecco perché  ti  porto  un avvertimento  e  un dono.
Tesi  la  mano.  Tre  perle  bianche  lampeggiarono  nel  suo palmo. — Sono  a  conoscenza  del  tuo  viaggio  verso  il  regno  di  Ade  —  disse.  — Pochi  mortali  lo  hanno  compiuto  e  sono  sopravvissuti:  Orfeo,  che  aveva una  grande  dote  musicale;  Ercole,  che  aveva  una  grande  forza;  Houdini, che  riusciva  a  liberarsi  perfino  dagli  abissi  del  Tartaro.  Tu  possiedi  questi talenti?
— Ehm...  no, signora.
— Ah,  ma  tu  possiedi  qualcos'altro,  Percy.  Hai  dei  doni  che  hai  appena cominciato  a  conoscere.  Gli  oracoli  hanno  predetto  un  futuro  grandioso  e terribile  per  te,  se  dovessi  giungere  all'età  adulta.  Poseidone  non  permetterà che  tu  muoia  prima  che  sia  venuto  il  tuo  tempo.  Perciò  prendi  queste  e, quando ti  troverai  nel  bisogno,  getta  una  perla  ai  tuoi  piedi."
Apollo fece una smorfia. "Ripeto, anche la Nereide fa sembrare che Percy sia solo qualcosa di utile." Poseidone deglutì. Ascoltando le parole dello spirito dall'esterno, sentiva anche lui come poteva sembrare per il figlio. Atena corrugò la fronte. "Perchè tre perle? E non quattro? La madre di Percy..."
Percy guardò il padre, ma il dio stava sussurrando con Anfitrite e non poteva essere certo di sapere cosa avesse pianificato.
"— Cosa  accadrà?
— Questo  dipende  dal  bisogno.  Ma  ricorda:  ciò  che  appartiene  al  mare, al  mare  farà  sempre  ritorno.
— E  l'avvertimento?
Un  bagliore  verde  guizzò  nei  suoi  occhi.  —  Segui  il  tuo  cuore,  o perderai  tutto.  Ade  si  nutre  del  dubbio  e  della  disperazione.  Cercherà  di ingannarti,  ti  spingerà  a  dubitare  del  tuo  giudizio.  Quando  sarai  nel  suo regno,  non  ti  lascerà  mai  andare  di  sua  spontanea  volontà.  Abbi  fede. Buona  fortuna,  Percy  Jackson.
Richiamò  il  suo cavalluccio  marino  e  ripartì  al  galoppo  negli  abissi. — Aspetti!  —  gridai.  —  Su  al  fiume,  mi  ha  detto  di  non  fidarmi  dei doni.  Quali  doni?
— Addio,  giovane  eroe —  mi  gridò  lei  di  rimando,  mentre  la  voce  si affievoliva  nell'abisso.  —  Devi  ascoltare  il  tuo  cuore.  —  Diventò  una baluginante  macchiolina  verde  e  infine  scomparve."
"Avrebbe anche potuto rispondermi." mormorò Percy e Talia gli diede una gomitata. "Avrebbe avuto una minima utilità, e sai anche tu che è impossibile." "Vero, errore mio."
"Alzai  lo  sguardo  e  vidi  il  tramonto  che  si  scuriva  in  superficie.  I  miei  amici stavano  aspettando.  Avevamo  così  poco tempo... Mi  slanciai  con uno scatto  verso  la  costa. Tornata  sulla  spiaggia,  i  vestiti  mi  si  asciugarono  addosso  in  un  attimo. Raccontai  agli  altri  cos'era  successo e  mostrai  loro  le  perle.
Annabeth  fece  una  smorfia.  — Ogni  dono ha  un prezzo.
— Questo  è  gratis.
— No. — Scosse  la  testa.  —  Nessuno  dà  niente  per  niente.  È  un  vecchio detto  greco  che  si  traduce  molto  bene  nella  nostra  lingua.  Ci  sarà  un  prezzo da  pagare.  Aspetta  e  vedrai.
E  con questa  felice  considerazione,  voltammo  le  spalle  al  mare."
"Nota felice davvero." "Immagino che il prezzo fosse la madre di Percy." Riflettè Era. Apollo annuì. "Anche la Profezia lo sottolineava." percy cercò di incrociare lo sguardo del padre, ma Poseidone continuava a fissare chi parlava quando lo faceva, o parlava con il figlio immortale e la moglie. Percy incrociò lo sguardo di Grover che ne stava percependo il dubbio e il dolore nascosto. Il satiro sperava davvero che non fossa stata una prova di Poseidone per Percy. Perchè sarebbe stato il massimo del crudele, considerando l'amore puro e enorme che il ragazzo nutriva verso la madre.
"Con  qualche  spicciolo  prelevato  dallo  zaino  di  Ares,  prendemmo  un autobus   diretto   a   West   Hollywood.   Mostrai   all'autista   la   bolla   di accompagnamento  con  l'indirizzo  degli  Inferi  che  avevo  preso  all'emporio di   zia   Em,  ma  lui  non  aveva  mai  sentito  parlare  degli  Studi  di Registrazione  R.I.P.
— Mi ricordi  qualcuno  che  ho  visto  in  tv  —  mi  disse.  —  Sei  un  attore, per  caso?
—  Io,  ehm...  faccio  la  controfigura...  per  un  sacco  di  ragazzini  del cinema.
— Oh!  Ecco.
Lo ringraziammo  e  scendemmo  subito  alla  prima  fermata. Vagammo  a  piedi  per  chilometri,   alla  ricerca   dei  R.I.P  Nessuno sembrava  sapere  dove  fossero.  Nell'elenco  del  telefono  non  comparivano. Per  due  volte,  fummo  costretti  a  infilarci  in  un  vicolo  per  evitare  un'auto della  polizia. Poi,  davanti  alla  vetrina  di  un  negozio  di  elettrodomestici,  per  poco  non mi  venne  un  colpo.  Una  tv  accesa  stava  mandando  in  onda  un'intervista con  qualcuno  dall'aria  molto  familiare:  il  mio  patrigno,  Gabe  il  Puzzone. Parlava  con  Barbara  Walters,  neanche  fosse  una  celebrità.  Lei  lo  stava intervistando  nel  nostro  appartamento,  nel  bel  mezzo  di  una  partita  a poker,  e  seduta  accanto  a  lui  c'era  una  biondina  che  gli  faceva  coraggio  con dei  colpetti  sulla  mano. Sulla  guancia  di  Gabe  luccicava  una  lacrima  finta. 
Stava  dicendo:  — Onestamente,  signora  Walters,  se  non  fosse  per  il  sostegno  di  Miss  Sugar, la  mia  terapeuta  per  il  superamento  del  dolore,  sarei  uno  straccio.  Il mio figliastro si  è  preso quanto  di  più  caro  avessi  al  mondo.  Mia  moglie...  la mia  Camaro...  mi  dispiace,  non ci  riesco.
— Ecco,  America!  —  Barbara  Walters  si  voltò  verso  la  telecamera.  — Un  uomo  distrutto.  Un adolescente  seriamente  disturbato.  Lasciate  che  vi mostri,  di  nuovo,  l'ultima  foto  nota  di  questa giovane  ricercata,  scattata  a Denver  una  settimana  fa.
Sullo  schermo  comparve  una  foto  sfocata  di  me,  Annabeth  e  Grover fuori  dal  ristorante  in Colorado, mentre  parlavamo  con Ares.
— Chi  sono  gli  altri  ragazzi  nella  foto?  —  si  chiese  Barbara  Walters  in tono  drammatico.  —  Chi  è  l'uomo  con  loro?  Chi  è  Percy  Jackson:  un delinquente,  un  terrorista  o  la  vittima  di  uno  spaventoso,  nuovo  culto  che l'ha  sottoposto  al  lavaggio  del  cervello?  Dopo  la  pubblicità,  parleremo  con un rinomato  psicologo  infantile.  Resta  con noi,  America! "
"Stava approfittando di quella situazione per fare soldi?" Talia era disgustata e Percy annuì, stringendo i pungi e conficcandosi le unghie nei palmi delle mani. Talia gli afferrò una mano e Nico prese l'altra. "Che essere spregevole e disgustoso! É fortunato ad essere morto, o lo avrei maledetto!" Afrodite esclamò ed Era annuiva concorde. Aveva offeso personalmente entrambe le dee, offendendo i loro domini, amore e matrimonio.
Artemide fissò Percy. Se fosse stato una ragazza, avrebbe rispettato tutti i requesiti per unirsi alla sua Caccia. Ma il ragazzo sembrava anche credere nell'amore, e suo fratello sembrava avere un debole per lui. E considerando quanto era già sopravvissuto... forse avrebbe potuto evitare una tragedia. Avrebbe dovuto parlare della questione con suo fratello.
"— Andiamo  — mi  incitò  Grover,  trascinandomi  via  prima  che  sfondassi la  vetrina  con un pugno. Si  fece  buio  e  vari  personaggi  dall'aria  affamata  cominciarono  a  uscire  in strada,  pronti  a  entrare  in  scena.  Ora,  non  fraintendetemi.  Sono  di  New York.  Non  sono  uno  che  si  spaventa  facilmente.  Ma  Los  Angeles  dava  una sensazione  totalmente  diversa  rispetto  alla  Grande  Mela.  A  casa,  tutto sembra  vicino.  Per  quanto  la  città  sia  grande,  arrivi  dappertutto  senza perderti  mai.  Il  reticolo  stradale  e  la  metro  hanno  una  logica.  C'è  un sistema  alla  base  delle  cose.  Un  ragazzino  è  al  sicuro,  a  meno  che  non  sia proprio  stupido. Los  Angeles  non  è  così.  È  tentacolare,  caotica,  intricata.  Mi  ricordava Ares.  Non  le  basta  essere  grande:  deve  dimostrare  la  sua  grandezza essendo  anche  chiassosa,  impossibile  e  labirintica.
Ares annuì. "Non è un'offesa, sai?" "Non offendo nei miei pensieri, lo faccio solo quando parlo." "Ah, ecco."
"Non  sapevo  proprio come  avremmo  fatto  a  trovare  l'ingresso  degli  Inferi  entro  il  solstizio d'estate,  ovvero entro  un giorno. Superammo   balordi,   barboni   e   venditori   di   ogni   genere   che   ci squadrarono   con  aria  scaltra,   come  per  valutare  se  valesse  la  pena rapinarci. Davanti  all'ingresso  di  un vicolo,  una  voce  nel  buio disse:  — Ehi,  voi.
E, come  un idiota,  mi  fermai.
Prima  che  me  ne  rendessi  conto,  fummo  circondati  da  una  banda  di ragazzini.  Erano  sei  in  tutto:  dei  ragazzini  bianchi  con  i  vestiti  costosi  e  la faccia  cattiva.  Mi  ricordavano  quelli  della  Yancy:  marmocchi  pieni  di  soldi che  giocavano  a  fare  i  duri. Fastidiosi e stupidi. Il  loro  capo  era chiaramente quello che si faceva avanti con un coltello  a  serramanico  in mano. Pensai velocemente e dissi agli altri due. - Preparatevi a correre.-"
"Cosa hai intenzione di fare? Prenderli a pugni?" "Non volevo ferirli, volevo confonderli"
"Tolsi il cappuccio a Vortice e sferrai un colpo. Il  tipo  gridò.  Doveva  essere  mortale  al  cento  per  cento,  perché  la lama  gli  oltrepassò  il  petto  senza  lasciargli  un  graffio.  Abbassò  lo  sguardo. — Ma che  diavolo...
Con  un  rapido  calcolo,  intuii  che  avevamo  all'incirca  tre  secondi  prima che  lo  shock  si  trasformasse  in  rabbia.  —  Adesso!  —  gridai  ad Annabeth e  Grover."
"Oh, intelligente!" Annuì Hermes, sorridendo come un matto. Ares lo guardò. "Avresti voluto un coltello, vero?" "Avrei potuto prendere il suo, ma non volevo sporcarmi. Mi ero appena pulito e lavato" Lo guardarono tutti, chiedendosi quanto fosse serio, ma Talia rise. "Mi sembra giusto!"
"Togliemmo  di  mezzo  due  della  banda  con  una  spinta  e  ci  precipitammo in  strada,  senza  sapere  dove  andare.  Svoltammo  bruscamente  in un vicolo.
— Laggiù!  — esclamò  Annabeth. Solo  un  negozio  dell'isolato  sembrava  aperto,  le  vetrine  sfolgoranti  di luci  al  neon.  L'insegna  sopra  la  porta  diceva  qualcosa  tipo  DA  CRSTUY, LAERGGIA DLE  ATMERASOS  ADCUQAA.
— Da  Crusty, la  reggia  del  materasso  ad acqua?  — tradusse  Grover. Non  era  il  genere  di  posto  in  cui  sarei  mai  entrato  a  meno  che  non  fosse proprio  un'emergenza,  ma  quella  decisamente  lo  era. Ci  precipitammo  all'interno  e  corremmo  a  nasconderci  dietro  un  letto. Mezzo  secondo  più  tardi,  la  banda  di  ragazzini  passò  di  corsa  davanti  alla vetrina.
— Penso che  li  abbiamo  seminati  — disse  Grover  con il  fiato  grosso.
Una  voce  dietro  di  noi  tuonò:  — Seminato  chi?"
"Ed ecco che continua la serie del facciamo venire un infarto a Percy!" Rise Leo "É fastidioso quando lo fanno." Concordò Percy e molti risero.
"Sobbalzammo  per  lo  spavento. Alle  nostre  spalle,  c'era  un  tizio  che  somigliava  a  un  rapace  con  un completo  casual  indosso.  Era  alto  almeno  due  metri  ed  era  totalmente calvo.  Aveva  la  pelle  grigia,  ruvida,  gli  occhi  dalle  palpebre  spesse  e  un sorriso  freddo,  da  rettile.  Si  avvicinò  lentamente,  ma  ebbi  la  sensazione che  avrebbe  potuto muoversi  in fretta  se  lo avesse  ritenuto  necessario. Con  quel  completo  avrebbe  fatto  un  figurone  al  Casinò  Lotus.  Risaliva decisamente  ai  gloriosi  anni  Settanta.  La  camicia  era  di  seta  a  motivi cachemire,  lasciata  per  metà  aperta  a  scoprire  il  petto  glabro.   I   risvolti della  giacca  di  velluto  erano  larghi  come  piste  d'atterraggio,  e  le  catene d'argento  che  portava  attorno  al  collo...  non riuscivo  nemmeno  a  contarle.
— Sono Crusty  — si  presentò,  con un sorriso  giallo  tartaro.
— Ci  scusi  per  come  siamo  entrati  —  gli  dissi.  —  Stavamo  solo,  ehm, dando un'occhiata.
—  Vuoi  dire  che  vi  stavate  nascondendo  da  quei  poco  di  buono  — rettificò.  —  Girano  da  queste  parti  tutte  le  sere.  Mi  arriva  un  sacco  di gente,  grazie  a  loro.  Che  ne  dite  di  dare  un'occhiata  a  uno dei  miei  letti?
Stavo  per  dire:  "No,  grazie",  quando  lui  mi  mise  la  sua  grossa  zampa  su una  spalla  e  mi  spinse  all'interno  del  salone. C'era  ogni  genere  di  letto  che  si  possa  immaginare,  tutti  ovviamente muniti  di  materasso  ad  acqua:  diversi  tipi  di  legno,  diverse  fantasie  di lenzuola;  di  taglia  grande, grandissima,  colossale.
—  Questo  è  il  mio  modello  più  popolare.  —  Crusty  allargò  le  mani, mostrando  con  orgoglio  un  letto  coperto  di  lenzuola  di  raso  nero,  con  delle lava  lamp  incassate  nella  testiera.  Con  il  materasso  che  vibrava,  sembrava un budino  al  petrolio. — È come  il  massaggio  di  un  milione  di  mani!  —  ci  spiegò  Crusty.  — Coraggio,  provatelo.  Fatevi  un  sonnellino.  Non  è  un  problema,  tanto  oggi non c'è  gente.
— Ehm — obiettai  — non credo che...
— Il  massaggio  di  un  milione  di  mani!  —  esclamò  Grover  e  si  tuffò.  — Oh, ragazzi!  Forte.
—  Mmh  —  disse  Crusty,  accarezzandosi  la  pelle  ruvida.  —  Quasi quasi...
— Quasi,  cosa?  — chiesi.
Lui  guardò  Annabeth.  —  Fammi  un  favore,  dolcezza,  prova  quello laggiù.  Dovrebbe  andare.
Annabeth  replicò:  — Ma  cosa...
Lui  la  rassicurò  con  delle  lievi  pacche  sulle  spalle  e  l'accompagnò davanti  al  modello  Safari  Deluxe,  con  dei  leoni  scolpiti  sul  telaio  in  tek  e una  trapunta  leopardata.  Quando  Annabeth  si  rifiutò  di  stendersi,  lui  la spinse.
— Ehi!  — protestò  lei.
Crusty  schioccò  le  dita.  —  Ergo!
Dai  lati  del  letto,  spuntarono  delle  corde  sferzanti,  che  si  attorcigliarono attorno  ad Annabeth, legandola  al  materasso. Grover  cercò  di  alzarsi,  ma  le  corde  spuntarono  anche  dal  suo  letto  di raso  nero, immobilizzandolo.
—  N-non  è  f-f-o-o-orte!  —  gemette,  la  voce  che  vibrava  per  via  del massaggio  da  un  milione  di  mani.  —  N-non  è  p-per  ni-e-e-ente  f-f-o-oorte!
Il  gigante  guardò  Annabeth,  poi  si  girò  verso  di  me  e  sorrise.  —  Quasi, maledizione!
Io  cercai  di  allontanarmi,  ma  la  sua  mano  schizzò  in  avanti  e  mi  si strinse  attorno  al  collo.  —  Diamine,  ragazzo.  Non  preoccuparti.  Te  ne troveremo  uno fra  un secondo."
"Apprezzo il pensiero, ma passo." Commentò Percy, scuotendo la testa. "Era Procuste?" Chiese Travis e Percy annuì. "Ah ah"
"— Lasci  andare  i  miei  amici!
— Oh, sicuro.  Lo farò.  Ma  prima  devo aggiustarli.
— In che  senso?
— Tutti  i  letti  sono  lunghi  esattamente  un  metro  e  ottanta,  vedi?  I  tuoi amici  sono troppo bassi.  Devo aggiustarli.
Annabeth  e  Grover  continuavano  a  divincolarsi. — Non sopporto  le  misure  imperfette  — borbottò  Crusty. —  Ergo!
Una  nuova  serie  di  corde  balzò  fuori  dalle  testiere  e  dai  piedi  dei  letti, avvolgendosi  attorno  alle  caviglie  e  alle  ascelle  di  Grover  e  Annabeth.  Le corde  cominciarono  a  tendersi,  tirando  i  miei  amici  per  le  estremità.
— Non  ti  preoccupare  —  mi  disse  Crusty.  —  È  solo  uno  stiramento. Sette,   otto   centimetri   in   più  sulla   spina  dorsale.  Potrebbero  perfino sopravvivere.  Ora  perché  non troviamo  un letto  anche  per  te, che  ne  dici?
— Percy!  — gridò  Grover.
Stavo  ragionando  in  fretta.  Sapevo  di  non  potercela  fare  da  solo  contro quel  venditore  gigante.  Mi  avrebbe  spezzato  il  collo  prima  ancora  che  fossi riuscito  a  estrarre  la  spada."
"Pensa velocemente." Sibilò Atena e Percy alzò le spalle. "Sono entrambi vivi e vegeti. Ergo, ho pensato in fretta. E non mi sono nemmeno distratto." "É un risultato, considerando il suo ADHD." Annuì Talia.
"— Il  suo  vero nome  non è  Crusty, vero?  — chiesi.
— Legalmente,  è  Procuste  — ammise.
— Lo  Stiratore  —  aggiunsi. 
Ricordavo  la  storia:  il  gigante  che  aveva cercato  di  uccidere  Teseo  con  un  eccesso  di  ospitalità  durante  il  suo viaggio  verso  Atene.
— Già  —  confermò  il  venditore.  —  Ma  chi  se  lo  ricorda  un  nome  del genere?  Una  cosa  pessima  per  gli  affari.  Crusty,  invece,  funziona  molto meglio.
— Ha  ragione.  Suona  proprio  bene.
Gli  brillarono  gli  occhi. — Lo pensi  davvero?
— Oh, assolutamente  — ribadii.  — E  la  fattura  di  questi  letti?  Favolosa!"
"Ti stai complimentando con un mostro?" Chiese Charles, fissando Percy. "Era importante che sapesse che apprezzavo il suo lavoro." Annuì Percy e Nico annuì. "Percy è molto gentile."
"Il  gigante  fece  un  largo  sorriso,  senza  però  allentare  la  presa  sul  mio collo. 
—  È  quello  che  dico  ai  miei  clienti.  Tutte  le  volte.  Nessuno  che  si prenda  mai  la  briga  di  osservare  la  fattura!  Quanti  letti  con  lava  lamp incassate  nella  testiera  hai  mai  visto?
— Non molti.
— Esatto!
— Percy!  — strillò  Annabeth. — Che  stai  facendo?
— La  ignori  — consigliai  a  Procuste. — È  una  rompiscatole."
"Non vedevi l'ora di dirlo a qualcuno, vero?" "Al Campo non serviva dirlo, Clarisse, lo sapevano tutti." Annabeth fece una smorfia, ma Connor annuì. "Decisamente lo era."
"Crusty  rise.  —  Come  tutti  i  miei  clienti.  Mai  che  misurassero  un  metro  e ottanta   esatto!   Che  sconsiderati.   E  poi  si  lamentano  se  devo  dargli un'aggiustatina.
— Che  cosa  fa  se  sono  più  lunghi  di  un  metro  e  ottanta? 
Mi  liberò  il collo  ma,  prima  che  potessi  reagire,  allungò  il  braccio  dietro  a  un  bancone vicino  e  tirò  fuori  un'enorme  ascia  di  bronzo  a  doppio  taglio. 
—  Centro  il soggetto  il  più  possibile  e  mozzo  tutto  ciò che  sporge  alle  due  estremità.
— Ah — feci  io, deglutendo.  — Mi  sembra  ragionevole.
— Finalmente  un cliente  con un po'  di  cervello!  Ne  sono lieto.
Le  corde  adesso  cominciavano  a  stirare  i  miei  amici  davvero  troppo. Annabeth   era   sempre   più  pallida.   Grover   gorgogliava   come   un'oca strangolata.
—  Allora,  Crusty...  —  continuai,  cercando  di  mantenere  un  tono spensierato.  Lanciai  un'occhiata  alla  targhetta  del  letto  LUNA  DI  MIELE SPECIAL,  a  forma  di  cuore.  —  Questo  qui  ha  davvero  degli  stabilizzatori  dinamici  per  fermare  il  movimento  ondulatorio?
— Assolutamente.  Provalo."
"No, non provarlo." Disse Ade e Percy sospirò. "É come se non mi conoscessi, zio." "Se ti avesse ucciso, saresti rimasto con Ade." Disse Talia, spiegandolo lentamente al cugino. "Dannazione, perchè non l'ho provato?" Domandò Percy, guardando Grover, che sospirò. "Non ci avevi pensato, forse." Ade sorrise verso il nipote.
"—  Sì,  forse  lo  farò.  Ma  funziona  anche  con  un  tizio  grande  e  grosso come  lei?  Neanche  un'onda?
— Garantito.
— Impossibile.
— Possibile.
Si  sedette  con  entusiasmo  sul  letto,  dando  dei  colpetti  con  la  mano  al materasso.  — Neanche  un'onda. Visto? 
Schioccai  le  dita.  —  Ergo!"
Apollo ed Hermes sorrisero entusiasti e Travis applaude. "Lo hai fregato!" Connor stava ridendo. "Vedi perchè è la nostra mascotte, papà?" Hermes annuì. "Lo merita totalmente."
"Le  corde  avvilupparono  Crusty  e  lo schiacciarono  contro  il  materasso. — Ehi!
— Centratelo  al  punto  giusto  — ordinai.
Le  corde  si  regolarono  al  mio  comando.  La  testa  e  i  piedi  di  Crusty sporgevano  per  intero  alle  due  estremità.
—  No!  —  gridò.  —  Aspetta!  Era  solo  una  dimostrazione. 
Tolsi  il cappuccio  a  Vortice.  — Qualche  piccola  modifica...
Non  avevo  scrupoli  riguardo  a  quello  che  stavo  per  fare.  Se  Crusty  fosse stato  umano,  non  l'avrei  ferito.  Se  invece  era  un  mostro,  meritava  di polverizzarsi  per  un po'."
"Non puoi polverizzarti un po'." Gli disse Talia e Percy annuì. "Certo che puoi. Chiedi alla Dodds." "Si chiama Alecto." Fece notare Persefone. "Ah, no. Ha finto di essere la Dodds, rimane la Dodds per me."
"— Mi vuoi  prendere  per  il  collo  —  mi  disse.  —  Facciamo  così:  ti  faccio il  trenta  per  cento  di  sconto  sui  modelli  più  esclusivi!
— Penso che  comincerò  dall'alto  — sollevai  la  spada.
—  Senza  anticipo!  Senza  interessi  per  i  primi  sei  mesi! 
Abbassai  la spada.  Crusty  smise  di  fare  offerte.  Tagliai  le  corde  degli  altri  letti. Annabeth  e  Grover  si  rimisero  in  piedi,  senza  smettere  di  lamentarsi, contorcersi  e  insultarmi.
— Sembrate  più alti  — considerai.
— Molto  divertente  —  sbuffò  Annabeth.  —  La  prossima  volta,  datti  una mossa.
Guardai  la  bacheca  dietro  il  bancone  di  Crusty.  C'era  una  pubblicità  del Corriere Espresso  di  Ermes  e  un'altra  della  Nuova  Edizione  Completa dell'Indirizzario  Mostruoso  di  Los  Angeles,  "Le  uniche  Pagine  Gialle Mostruose  di  cui  avrete  mai  bisogno!" Sotto   ancora   c'era   un   vivace   volantino   arancione   degli   Studi   di Registrazione  R.I.P.,  che  offriva  audizioni  per  le  anime  degli  eroi.  "Siamo sempre  alla  ricerca  di  nuovi  talenti!"  L'indirizzo  dei  R.I.P.  era  scritto  sotto, con tanto  di  mappa.
— Muoviamoci  — dissi  ai  miei  amici.
— Dacci  ancora  un  minuto  —  si  lamentò  Grover.  —  Siamo  stati  quasi stirati  a  morte!"
Talia sorrise. "Beh, siete pronti per entrare negli Inferi."
"— Allora  siete  pronti  per  gli  Inferi  —  annunciai.  —  Sono  soltanto  a  un isolato  da  qui."
"Bello vedere che Percy era d'accordo con me." Disse Talia e Percy annuì. Hermes considerò. "Un'altra fermata da un mostro che è stata fonte di informazioni." Leo aveva aggiunto Procuste al suo elenco. Apollo annuì. Percy disse. "É la mia fortuna. È abissale, ma almeno ha l'altro lato della medaglia che fa credere che ne valga la pena infondo."
Michael prese il libro. "Bene, direi che tocca a me."

Angolo autrice
Finalmente un aggiornamento! Abbiamo quasi finito il primo libro!
Alla prossima
By rowhiteblack

THE FATES' QUEST: READING PERCY JACKSONDove le storie prendono vita. Scoprilo ora