"Immaginate la folla da concerto più grande che abbiate mai visto, un campo da football gremito di un milione di fan. Ora immaginate un campo un milione di volte più grande, pieno di gente, e immaginate che l'impianto elettrico si sia spento e che non ci sia nessun rumore, nessuna luce, nessun pallone gonfiabile che rimbalza tra la folla. Dietro le quinte è accaduto qualcosa di tragico. Masse bisbiglianti di persone si muovono alla rinfusa nelle tenebre, aspettando un concerto che non comincerà mai. Se riuscite a figurarvi tutto questo, avrete un'idea abbastanza buona delle Praterie degli Asfodeli."
Hazel sbattè le palpebre. "Hai fatto un lavoro sorprendentemente buono nel descriverlo." Percy sorrise ed Ade sbuffò. "Adesso la situazione è decisamente migliorata." Hermes lo guardò. "Meno morti?" "No, un nipote che non mi avrebbe lasciato in pace." Percy sorrise, senza prestare attenzione al padre offeso.
"L'erba nera era stata calpestata da secoli di piedi morti. Spirava un vento caldo e umido, come l'alito di una palude. Alberi neri — Grover mi disse che erano pioppi — crescevano qua e là in rade macchie. Il soffitto della caverna era talmente alto che avrebbe potuto essere un banco di nubi temporalesche, se non fosse stato per le stalattiti, degli spunzoni aguzzi e micidiali che mandavano un lieve bagliore grigiastro. Cercai di non immaginare che potessero staccarsi da un momento all'altro, ma in mezzo ai campi ce n'erano diverse conficcate nell'erba nera. Immagino che i morti non dovessero preoccuparsi di piccoli rischi come quello di farsi infilzare da stalattiti grandi come razzi spaziali."
Talia fissò il cugino. "Cosa sarebbe potuto succedere loro? Morire?" "Erano già lì, almeno." Scrollò le spalle Percy e Ade sbuffò divertito.
"Cercammo di confonderci tra la folla, tenendo un occhio aperto sugli eventuali demoni della vigilanza. Non riuscii a fare a meno di scrutare gli spiriti in cerca di facce note, ma è difficile guardare i morti."
"Perché sono morti?" Chiese Apollo e Percy rispose. "Non hanno i lineamenti molto solidi."
"Hanno il volto tremolante. Sembrano tutti leggermente arrabbiati o confusi. Si accostano per parlarti, ma le loro voci somigliano a un cicaleccio stridulo, come un cinguettio di pipistrelli. Non appena si rendono conto che non riesci a comprenderli, si accigliano e si allontanano. I morti non fanno paura. Sono soltanto tristi. Mi sentivo triste per loro."
"Certo che lo facevi." Sospirò Silena e Charles annuì lentamente. "Triste per i morti e non sono la cosa peggiore per cui si è sentito male." "La cosa non mi rassicura molto, Charles!" Silena si girò nell'abbraccio del fidanzato e lui annuì. "Lo so."
"Avanzammo lentamente, seguendo la fila dei nuovi arrivati che dalle porte principali serpeggiava verso un padiglione di tela nera, con uno striscione che diceva:
GIUDIZI PER L'ELISIO E LA DANNAZIONE ETERNA BENVENUTI, NOVELLI ESTINTI!
Da dietro la tenda fuoriuscivano due file molto più piccole. A sinistra, i demoni della vigilanza scortavano gli spiriti lungo un sentiero in discesa, verso i Campi della Pena che baluginavano e fumavano in lontananza: un vasto territorio desolato e arido, solcato da fiumi di lava, campi minati e chilometri di filo spinato che separavano le diverse aree di tortura. Perfino da quella distanza riuscivo a scorgere persone inseguite da segugi infernali, bruciate allo spiedo, costrette a correre nude fra i cactus o ad ascoltare l'opera. Distinguevo perfino una collinetta, con la sagoma minuscola di Sisifo che sfacchinava per spingere il suo masso fino in cima. E vidi anche torture peggiori... cose che non ho voglia di descrivere."
"Sisifo." Scosse la testa Talia. "Non mi piace quel tizio." "Sisifo non piace a nessuno." Le fece notare Percy e Grover domandò. "Quando avete incontrato Sisifo?" "E perchè noi no?" Chiese Annabeth e Percy scrollò le spalle. "Mi hanno requisito dal compito di inglese." "Mi hanno ingannata per seguirla." "Mi hanno trasportato contro la mia volontà." Disse Nico, facendo corrugare la fronte a Ade, che si voltò verso la moglie. "Hai preso mio figlio e mio nipote, cara?" Le chiese, sussurrando. Persefone annuì, il senso di colpa visibile sul viso. "Non avevo molta scelta al riguardo." Ade spalancò gli occhi quando si rese conto a cosa si riferisse. Lanciò uno sguardo a Zeus e Poseidone. I suoi fratelli non sarebbero stati per niente contenti.
"La fila che sbucava alla destra del padiglione del giudizio era molto meglio. Si dirigeva verso una valletta circondata da mura: una sorta di comunità residenziale privata che sembrava essere l'unico angolo felice degli Inferi. Oltre la porta blindata c'erano quartieri di splendide case di ogni epoca: ville romane, castelli medievali e tenute vittoriane. Fiori d'oro e d'argento spuntavano nei prati. L'erba si increspava con i colori dell'arcobaleno. Riuscivo a sentire il suono delle risate e il profumo del barbecue. L'Elisio. In mezzo alla valle c'era uno scintillante laghetto azzurro con tre piccole isole simili a un villaggio vacanze alle Bahamas. Le Isole dei Beati, per coloro che avevano scelto di nascere tre volte e per tre volte si erano meritati l'Elisio. Capii subito che quello era il posto in cui sarei voluto andare da morto."
"Hai pensato a dove volevi andare da morto?" Gli chiese Silena e Percy la guardò. "Chi diavolo vorrebbe finire da qualsiasi altra parte? Ti svegli la mattina e dici: vorrei tanto finire nei Campi della pena?" Michael, Travis e Connor sbuffarono divertiti e Apollo chiese. "Mai pensato che avresti potuto non morire affatto?"
Percy e Jason si scambiarono uno sguardo. "No, non ci avevo pensato." Rispose il ragazzo, scuotendo la testa verso il cugino, rispondendo al dio. Zeus, Ade e Poseidone si domandarono da quanto tempo i due stessero tenendo questo segreto.
"— Ecco la morale della favola — disse Annabeth, come se mi leggesse nel pensiero. — Quello è il posto destinato agli eroi."
"Morale molto breve." Disse Jason ed Hermes sospirò. "Cosa è questa storia della morale per voi mortali?" "Sarebbe il senso della storia. Beh, non tutti i mortali parlano solo perché amano sentire il suono della loro voce." Percy fissò Hermes, che lo guardò sorridendo. "Ma, cugino, la mia voce è così bella!" "Non alle due del mattino!" Rispose il ragazzo, facendo ridere Apollo, Efesto e Michael.
"Pensai a quanto poche fossero le persone che ci abitavano, a quanto piccolo fosse l'Elisio in confronto alle Praterie degli Asfodeli o perfino ai Campi della Pena. Davvero così poche persone facevano del bene nella propria vita? Era deprimente."
"Lo è davvero." Annuì Hermes e Ade sospirò. "Molti delle Praterie sono quelli che temevano un giudizio sfavorevole e hanno semplicemente evitato." Percy annuì, pensando a Gabe.
"Lasciammo il padiglione del giudizio e ci addentrammo nelle Praterie degli Asfodeli. Si fece più buio. I colori dei nostri vestiti scomparvero. Il brusio degli spiriti alle nostre spalle si affievolì. Dopo qualche chilometro a piedi, sentimmo in lontananza dei versi striduli e familiari. Un palazzo di scintillante ossidiana nera si stagliava minaccioso all'orizzonte. Sopra i parapetti volteggiavano tre creature scure simili a pipistrelli: le Furie. Ebbi la sensazione che ci stessero aspettando."
"Non vi avrebbero fermati. Al massimo, vi avrebbero portato più velocemente al mio palazzo." Disse loro Ade e Percy guardò Grover. "Meglio o peggio?" "Meglio, non devi nemmeno chiedere!"
"— Suppongo che sia troppo tardi per tornare indietro — sospirò Grover con una punta di rimpianto.
— Andrà tutto bene. — Mi sforzai di sembrare sicuro.
— Forse dovremmo cercare in altri posti, prima — suggerì lui. — Tipo, ehm, l'Elisio, per esempio..."
"Perché la Folgore avrebbe dovuto essere nell'Elisio?" Domandò Leo e Percy rispose. "Non era nemmeno dove ci hanno mandati."
"— Coraggio, ragazzo-capra! — Annabeth lo prese per un braccio. Grover gridò: le ali delle sue scarpe spuntarono fuori all'improvviso, spingendogli le gambe in avanti e strappandolo da Annabeth. Atterrò di schiena in mezzo all'erba.
— Grover — lo rimproverò Annabeth. — Smettila.
— Ma io non...
Gridò di nuovo. Le scarpe adesso svolazzavano senza freni. Si levarono da terra e lo trascinarono via.
— Maia! — protestò lui, ma la parola magica sembrava non avere più effetto. — Maia, ho detto! Polizia! Aiuto!"
"Polizia negli Inferi?" Chiese Will, corrugando la fronte. "Hanno anche lì la sorveglianza." Disse Percy e Talia alzò un sopracciglio. "E sarebbe stato preferibile a quello?" "Considerando dove mi stava trascinando, sì." Annuì Grover, rabbrividendo.
"Superato lo stupore, cercai di agguantare la mano di Grover, ma era troppo tardi. Stava prendendo velocità, slittando giù per la collina come un bob. Gli corremmo dietro e Annabeth gli suggerì: — Slacciati le scarpe!
Geniale, ma immagino che non sia tanto facile quando le scarpe in questione ti trascinano mentre tu sei in posizione orizzontale."
"Non lo è affatto." Scosse la testa Grover, rabbrividendo. Percy lo guardava preoccupato, e Hazel diede qualche pacca consolatoria sulle spalle del satiro.
"Grover cercava di raddrizzarsi, ma non riusciva ad avvicinarsi ai lacci. Continuammo a stargli dietro, cercando di non perderlo di vista mentre zigzagava fra le gambe degli spiriti che lo evitavano, infastiditi. Ero sicuro che Grover avrebbe imboccato a tutta birra le porte del palazzo di Ade, ma le scarpe sterzarono bruscamente a destra, trascinandolo nella direzione opposta. Il pendio si fece più ripido e Grover prese velocità mentre Annabeth e io acceleravamo per stargli dietro. Le pareti della caverna si fecero più strette e capii che eravamo entrati in una specie di tunnel laterale. Non c'erano più alberi o erba nera ma solo roccia, e la luce fioca delle stalattiti sul soffitto.
— Grover! — gridai, facendo riecheggiare la mia voce. — Aggrappati a qualcosa!
— A cosa? — strillò lui di rimando."
"Non c'erano appigli." Scosse la testa Grover e Percy annuì. "Una grande violazione dell'OISHA." "Percy, i greci non hanno l'OISHA." Sospirò Annabeth e Percy disse. "Dovrebbero. E se quello non è una violazione, sono sicuro che la mancanza di guardrail sulla passerella lo siano. Qualcuno precipiterà, prima o poi." Ade rise divertito, e Zeus disse. "La magia impedirebbe la caduta dall'Olimpo."
"Cercò di afferrare la ghiaia, ma non c'era niente di abbastanza grosso da rallentarlo. Il tunnel diventò più buio e freddo. Mi si drizzarono i peli sulle braccia. Percepivo l'odore del male, che mi costrinse a pensare a cose di cui non avrei dovuto nemmeno conoscere l'esistenza: sangue versato su un antico altare, il fiato immondo di un assassino. Poi vidi quello che avevamo di fronte e rimasi di stucco. Il tunnel si apriva su un'enorme caverna buia, solcata nel mezzo da una voragine grande quanto un quartiere. Grover stava scivolando dritto filato verso l'orlo del precipizio.
— Muoviti, Percy! — mi esortò Annabeth, tirandomi per il polso.
— Ma quello è...
— Lo so! — gridò. — Il luogo del tuo sogno! Grover ci cadrà dentro se non lo fermiamo in tempo."
"Le ha maledette per farti cadere nel Tartaro." Sospirò Hermes, disperato. Percy lo guardò, dicendo. "Era stato Crono. Non penso che Luke sapesse cosa avrebbero dovuto fare esattamente." Hermes lo guardò con un minimo sorriso, grato che il cugino cercasse comunque di difendere il figlio o anche solo di consolarlo nonostante le azioni del figlio.
"Aveva ragione, naturalmente. Il guaio in cui si trovava Grover mi rimise in moto. Lui stava cercando di artigliarsi al terreno, ma le scarpe alate continuavano a trascinarlo verso il baratro, e raggiungerlo in tempo ormai sembrava impossibile. Lo salvarono gli zoccoli. Le scarpe volanti gli erano sempre state un po' grandi e alla fine Grover sbatté contro un masso e la scarpa sinistra si staccò, continuando a sfrecciare finché non si tuffò nella voragine. La destra continuò a trascinarlo, ma aveva perso velocità. Grover riuscì a rallentare aggrappandosi al masso e usandolo come un'ancora. Era a tre metri dall'orlo del precipizio quando riuscimmo a raggiungerlo e a trascinarlo via di peso, su per il pendio. L'altra scarpa volante si staccò da sola, svolazzandoci attorno indiavolata e riempiendoci di pedate sulla testa prima di tuffarsi a sua volta nella voragine, per unirsi alla sua gemella."
"Vi ha presi a calci?" Chiese divertito Will e Percy annuì. "Scortese e basta." Grover lo fissò. "Perché cercare di ucciderti non lo è?" "Non particolarmente, no." Rispose Percy, dopo averci riflettuto.
"A quel punto crollammo tutti e tre, esausti, sulla ghiaia di ossidiana. Mi sentivo il corpo di piombo. Perfino lo zaino sembrava più pesante, come se qualcuno l'avesse riempito di pietre. Grover era ridotto piuttosto male. Era pieno di graffi e gli sanguinavano le mani. Gli occhi avevano le pupille assottigliate, da capra, come succedeva sempre quando era terrorizzato.
— Non so come... — ansimò. — Io non...
— Aspetta — lo interruppi io. — Ascolta."
"No, andatevene via." Disse Poseidone e Percy lo guardò. "Beh, troppo tardi per l'avvertimento."
"Sentivo qualcosa, un sussurro profondo nell'oscurità. Un'altra manciata di secondi e Annabeth disse: — Percy, questo posto...
— Ssssh! — Mi alzai in piedi. Il suono si stava facendo più intenso: era una voce cantilenante e maligna che saliva dal basso, sotto di noi, in profondità. Veniva dal baratro. Grover si drizzò a sedere. — Co... cos'è questo rumore?
Anche Annabeth lo sentiva, adesso."
"Perché Percy lo ha sentito prima di loro due?" Domandò Jason e Estia sorrise. "Percy è molto più forte di loro due." Jason annuì.
"Glielo leggevo negli occhi.
— Tartaro. L'ingresso del Tartaro.
Tolsi il cappuccio ad Anaklusmos. La spada di bronzo si allungò, scintillando nell'oscurità, e la voce maligna si inceppò per un attimo, per poi riprendere la sua cantilena. Riuscivo quasi a distinguere le parole, adesso, parole molto, molto antiche, perfino più del greco. Come se fossero parole di...
— Magia — dissi ad alta voce
— Dobbiamo andarcene di qui — incalzò Annabeth."
"Ottima idea." Annuì Hermes e Michael annuì. "Sì, levatevi dal baratro spaventoso."
"Insieme, rimettemmo Grover in piedi e cominciammo a risalire il tunnel. Le mie gambe si rifiutavano di andare in fretta. Il peso dello zaino mi rallentava. Alle nostre spalle, la voce si fece più forte e rabbiosa, così ci mettemmo a correre. Appena in tempo. Una gelida raffica di vento cercò di risucchiarci, come se l'intero baratro stesse inspirando aria. Per un attimo terrificante persi terreno, i piedi che scivolavano sulla ghiaia. Se fossimo stati appena più vicini al bordo, ci avrebbe inghiottito. Continuammo ad arrancare e finalmente sbucammo fuori dal tunnel, dove la caverna si apriva sulle Praterie degli Asfodeli. Il vento si placò. Un gemito di stizza riecheggiò dalle profondità del tunnel. Qualcuno non era contento della nostra fuga."
"Bene!" Annuì Percy e Talia lo guardò. "Come faceva a credere che saresti stato una buona arma per lui? Ti diverti a lanciare una chiave inglese nei suoi piani e mandarli a monte!" "Lo so, ho talento per quello!" Esclamò Percy, facendo ridere Nico.
"— Ma che cos'era? — chiese Grover col fiato mozzo, quando ci accasciammo al riparo di un boschetto di pioppi neri. — Uno degli animaletti di Ade?
Io e Annabeth ci scambiammo uno sguardo. Capii che stava rimuginando qualcosa, probabilmente la stessa idea che aveva avuto sul taxi per Los Angeles. Ma era troppo spaventata per condividerla con noi, e questo bastò a terrorizzarmi. Rimisi il cappuccio alla spada e mi infilai come al solito la penna in tasca.
— Andiamo. — Guardai Grover. — Ce la fai a camminare?
Lui deglutì. — Sicuro. E poi non mi erano mai piaciute quelle scarpe.
Si sforzava di sembrare coraggioso, ma tremava quanto noi. Qualunque cosa ci fosse in quel baratro, non era l'animaletto di nessuno. Era qualcosa di antico e potente. Nemmeno Echidna mi aveva trasmesso quella sensazione."
"Ma no, nessun problema. Crono era nel baratro e la faccenda era chiusa." Scosse la testa Percy, e Zeus sospirò. "È stato un grave errore da parte mia." "Sì." Annuì Talia.
"Fu quasi un sollievo dare le spalle al tunnel e dirigersi al palazzo di Ade. Quasi. Non potevo credere che volevano farmi chiedere allo zio la Folgore!
-Offerte.- dissi loro e Annabeth alzò gli occhi al cielo. -Se Ade non ha la Folgore, faremo le offerte.-
-Bene!"
"Io non ero per niente contenta di andare al palazzo." Disse Annabeth e Grover annuì. "Nemmeno io." "Meglio del Tartaro, dai." Disse Percy e Talia annuì. "Ha un punto."
"Le Furie volteggiavano in alto sopra i parapetti, nell'oscurità. I muri esterni della fortezza scintillavano di nero e le immense porte di bronzo erano spalancate. Avvicinandomi, vidi le incisioni che le decoravano: rappresentavano tutte scene di morte. Alcune erano di epoca moderna — una bomba atomica che esplodeva sopra una città, una trincea piena di soldati con le maschere antigas, una fila di vittime della carestia africana con le scodelle vuote, in attesa — ma tutte sembravano impresse nel bronzo da migliaia di anni. Mi chiesi se non stessi guardando delle profezie che si erano già avverate. All'interno del cortile c'era il giardino più bizzarro che avessi mai visto. Funghi multicolori, arbusti velenosi e curiose piante luminescenti crescevano senza bisogno di luce. Le pietre preziose rimediavano all'assenza di fiori: c'erano mucchi di rubini grandi come un pugno, cumuli di diamanti grezzi. Sparse qua e là, come gli ospiti congelati di una festa, c'erano le statue da giardino di Medusa — bambini, satiri e centauri pietrificati — tutte con un sorriso grottesco in volto. Al centro del giardino, un frutteto di melograni con i fiori arancioni che brillavano come neon nell'oscurità.
— Il giardino di Persefone — spiegò Annabeth. — Non vi fermate.
Capii subito perché ci avesse messo fretta. Il profumo squisito dei melograni era quasi travolgente."
"Quello non è un giardino." Sbuffò Demetra e Persefone alzò gli occhi al cielo. "Ma è come piace a me, madre!" "Anche se le statue verranno subito eliminate." Disse Ade, e la moglie annuì.
"Tirai via Grover per impedirgli di afferrare un grosso frutto succoso. Annabeth gli disse. -Vuoi rimanere qui per sempre?-
Grover si allontanò scottato e io dissi. -Se la metti così...-
Mi trascinarono via."
Percy alzò le mani. "Stavo totalmente scherzando." "Meglio non rischiare con te." Disse Grover e Connor annuì. "Non dopo il tuo: mille motivi per cui Ade è il dio migliore in circolazione." Percy sorrise.
"Risalendo la scalinata del palazzo, ci addentrammo nella casa di Ade, superando un colonnato e un portico di marmo nero. Il pavimento dell'atrio era di bronzo levigato e sembrava ribollire alla luce riflessa delle torce.
Non c'era soffitto, solo il tetto della caverna in lontananza. Immagino che laggiù non dovessero mai preoccuparsi della pioggia. Accanto a ogni porta laterale stava uno scheletro di sentinella, vestito con una divisa militare. Alcuni indossavano l'armatura greca, altri l'uniforme delle giubbe rosse inglesi, altri ancora la mimetica con la bandiera a stelle e strisce lacerata sulle spalle. Erano armati di lance, moschetti o M16. Nessuno ci disturbò, ma mentre ci dirigevamo verso le grandi porte in fondo all'atrio non ci staccarono mai le orbite vuote di dosso. Due scheletri di marine americani erano di guardia alle porte. Ci scrutarono con un ghigno, i lanciabombe a propulsione portati davanti al petto.
— Scommetto che Ade non ha problemi con i venditori porta a porta — scherzò Grover."
"No, solo semidei che non hanno il senso di autoconservazione." Ade fissò il nipote che scrollò le spalle. "Ti piaceva la compagnia, zio. E il mio aiuto!" "Lo facevo, vero. Soprattutto in estate." Poseidone trattenne la gelosia
"Il mio zaino pesava una tonnellata, adesso. Non riuscivo a capire perché. Avevo voglia di aprirlo per controllare che non ci fosse finita dentro un palla da bowling per sbaglio. Ma non era il momento giusto.
— Be', ragazzi — dissi. — Suppongo che dovremmo... bussare?
Un vento caldo spazzò il corridoio e le porte si spalancarono, mentre le guardie si fecero da parte."
"Quello significa avanti." Disse Talia e Percy annuì. "Lo abbiamo ipotizzato anche noi."
"— Immagino che significhi "avanti" — commentò Annabeth.
Dentro, la sala era identica a quella del mio sogno, solo che stavolta il trono di Ade era occupato. Era il terzo dio che incontravo ma era il primo che mi colpiva davvero per il suo aspetto divino."
"Come scusa?" Ares guardò il ragazzo che lo fissò. "Pensi di essere più imponente dello zio?" Ares sobbalzò, andando indietro sul suo posto. "Avevo pensato anche io." Annuì Percy, facendo ridere Nico.
"Alto almeno tre metri, indossava delle vesti di seta nera e una corona d'oro intrecciato. La pelle era di un pallore albino, i capelli lunghi fino alle spalle e neri come la pece. Non era muscoloso come Ares, ma irradiava potere. Era adagiato sul suo trono di ossa umane fuse, flessuoso, aggraziato e pericoloso come una pantera. Mi sentii subito come se fosse lui ad avere il comando. Lui ne sapeva più di me. Doveva essere il mio padrone. Poi mi dissi di piantarla. L'aura di Ade mi stava condizionando, proprio come aveva fatto quella di Ares. O forse era solo l'adorazione che avevo da quando avevo iniziato a studiare i miti."
"Ammettevi anche tu che avevi un'adorazione per lui." "Difficile non farlo." Disse Percy, fissando Annabeth. "Era l'aura o l'adorazione?" Si incuriosì Hermes "Entrambe, penso." Rispose Percy e Ade rise. "Probabilmente più la mia aura, nipote."
"Il Signore dei Morti somigliava alle immagini che avevo visto di Adolf Hitler o Napoleone, o di uno di quei leader terroristici che guidavano i kamikaze. Ade aveva gli stessi occhi intensi, lo stesso genere di carisma maligno, ipnotizzante.
— Hai del coraggio a presentarti qui, figlio di Poseidone — esordì con una voce melliflua. — Dopo quello che mi hai fatto, hai davvero del coraggio. O forse sei soltanto molto sciocco."
"Entrambe le cose." Disse Michael e Ade annuì. "Adesso lo so anche io."
"Una sensazione di stordimento mi afferrò le membra, instillandomi la tentazione di stendermi là a terra e fare un sonnellino ai piedi di Ade. Raggomitolarmi e dormire per sempre. Repressi quella sensazione e feci un passo avanti. Sapevo cosa dovevo dire. Anche se non ero d'accordo.
— Divino zio, sono venuto a porgerle due richieste."
"Wow! Sei stato davvero educato!" Talia fissò Percy che disse. "Uno, lo zio è incredibile e non sarei mai stato offensivo con lui. Due, ero in casa sua, il minimo che potessi fare era essere rispettoso. Tre, lo stavo per incolpare di un furto che non aveva commesso." "Motivazioni solide." Annuì Silena, guardando con orgoglio il ragazzo. Poseidone era diviso tra il sollievo di vedere che il figlio era in effetti capace di essere rispettoso davanti agli dei e gelosia per il fatto che fosse verso il fratello, un dio che a quanto pareva aveva uno stretto rapporto con suo figlio, e non come quello che Hermes o Apollo sembravano avere.
"Lo zio inarcò un sopracciglio. Quando si sporse in avanti sul trono, dei volti indistinti apparvero nelle pieghe delle sue vesti nere, volti tormentati, come se quegli abiti fossero stati cuciti con le anime dei Campi della Pena che cercavano di scappare. La mia parte iperattiva si chiese, un po' a sproposito, se anche il resto dei suoi vestiti fosse della stessa foggia. Quali orrori dovevi compiere, in vita, per finire nelle mutande dello zio?"
"Non lo hai chiesto vero?" Domandò Charles e Ade scosse la testa. "Non me lo ha mai chiesto." "Sono stato bravo, vero?" "Trattenendo molte delle tue domande? Sì." Percy sorrise al dio, non rendendosi conto della rabbia del padre, che stava aumentando spinta dalla gelosia del dio.
"— Solo due richieste? — replicò lo zio. — Marmocchio arrogante. Come se non avessi già preso abbastanza. Parla, dunque. Per il momento mi diverto ancora a non fulminarti subito."
"Finora non sta andando bene." Disse Talia e Percy la fissò. "No, grazie, Sherlock!"
"Deglutii. Cosa avevano i miei zii con il fulminarmi? Lanciai un'occhiata al trono più piccolo e vuoto accanto a quello di Ade. Era a forma di fiore nero, con dorature sui bordi. Avrei voluto che la Regina Persefone fosse lì. Mi sembrava di ricordare dai miti che fosse capace di placare le ire del marito. Ed evitare di fulminare nipoti."
"Punto importante." Annuì Michael e Percy concordò.
"Annabeth si schiarì la voce. Mi incoraggiò dandomi dei colpetti col dito sulla schiena.
— Divino Ade — cominciai. — Ascolti, signore, non può esserci una guerra fra gli dei. Sarebbe... brutto.
— Molto brutto — aggiunse Grover per sostenermi.
— Mi consegni la Folgore di Zeus — continuai, pensando che ovviamente stavo perdendo tempo. — La prego, signore. Mi permetta di riportarla sull'Olimpo."
"Direi che sei stato super educato" Annuì Talia, colpita nel profondo, e Apollo mise il broncio. "Con me non fai così." "Lo zio non viene all'alba a parlare." Gli disse Percy, fissandolo arrabbiato.
"Gli occhi di Ade si fecero pericolosamente accesi. — Osi avanzare questa pretesa, dopo quello che hai fatto?
Mi voltai a guardare i miei amici. Sembravano confusi quanto me.
— Ehm... zio — dissi. — Lei continua ad accusarmi. Che cos'avrei fatto, di preciso?"
"Domanda sensata. Non aveva idea di cosa stesse succedendo." Disse Hazel e Percy scrollò le spalle. "Impostazione di default oramai."
"La sala del trono tremò così forte che probabilmente si era sentito anche al piano di sopra, a Los Angeles. Dal soffitto della caverna piovvero dei detriti. Tutte le porte si spalancarono violentemente e centinaia di scheletri guerrieri di ogni epoca e nazione della civiltà occidentale si riversarono nella sala del trono, schierandosi lungo le pareti e bloccando le uscite. Ade tuonò: — Pensi che io voglia la guerra, piccolo dio?
Avevo voglia di rispondere: "Be', questi tipi non sembrano esattamente dei pacifisti." Ma pensai che non fosse una mossa molto diplomatica. — Uhm... Una guerra estenderebbe il suo regno, no?"
"Gli scheletri erano esagerati." Disse Percy e Ade annuì. "Me ne rendo conto anche io." "Volevi solo fare un effetto melodrammatico." Scosse la testa Era, guardando il fratello minore, che la fissò solamente. "Non so di cosa tu stia parlando, Era."
"— Tipico dei miei fratelli! Pensi che abbia bisogno di altri sudditi? Non hai visto il disordine che c'è nelle Praterie degli Asfodeli?
— Be', sì...
— Hai la minima idea di quanto si sia ingrandito il mio regno solo nell'ultimo secolo, di quanti nuovi padiglioni io abbia dovuto aprire?
Aprii la bocca per rispondere, ma lo zio ormai andava a ruota libera. — Altri demoni di vigilanza — si lamentò. — Ingorghi al padiglione del giudizio. Doppi straordinari per il personale. Una volta ero un dio ricco, Percy Jackson. Ho accesso a tutti i metalli preziosi del sottosuolo. Ma quante spese!"
"Serve una mano, zio?" Domandò Hermes, ma Ade scosse la testa. "Ho tutto l'aiuto che mi serve." Percy gli sorrise.
"— Caronte vuole un aumento di stipendio — aggiunsi, ricordandomelo in quell'istante.
Ma un attimo dopo avrei voluto essermi cucito la bocca.
— Non me ne parlare! — gridò Ade. — Caronte è diventato impossibile da quando ha scoperto i vestiti firmati! Ci sono problemi ovunque e devo risolverli tutti io, personalmente. Solo il tempo che ci metto dal mio palazzo alla porta degli Inferi basta a farmi impazzire! E i morti continuano ad arrivare. No, piccolo dio. Non mi serve aiuto per avere altri sudditi! Non l'ho voluta io questa guerra."
"Lo avevo totalmente detto." Scosse la testa Percy. Annabeth alzò gli occhi al cielo.
"— Non ho di certo preso io la Folgore di Zeus! — La terra tremò di nuovo. Lo zio si alzò dal trono in tutta la sua altezza, svettando come il palo di un campo di football. Non sembrava il momento di dire ai due amici che avevo ragione. Lo avrei fatto più tardi. Se lo zio non ci avesse uccisi, almeno."
"E lo adoravi lo stesso?" "Ovvio." Annuì Percy e Talia alzò gli occhi al cielo.
"— Tuo padre potrà ingannare Zeus, ragazzino, ma io non sono così stupido. Capisco il suo piano.
— Il suo piano?
— Sei tu il ladro del solstizio d'inverno — mi accusò. — Tuo padre sperava di farti restare il suo piccolo segreto. Ti ha guidato lui nella sala del trono, sull'Olimpo. E tu hai preso la Folgore e il mio elmo. Se non avessi inviato la mia Furia a stanarti in quella scuola, forse Poseidone sarebbe riuscito a nascondere i suoi piani di guerra. Ma ora sei stato costretto a uscire allo scoperto. Sarai smascherato come il ladro di Poseidone e io riavrò il mio elmo!
— Ma... — intervenne Annabeth. Intuivo che la sua mente viaggiava alla velocità della luce. — Divino Ade, davvero è sparito anche il suo elmo dell'oscurità?
— Non fare l'innocentina con me, ragazzina. Tu e il satiro avete aiutato questo eroe... siete venuti fin qui a minacciarmi in nome di Poseidone... siete venuti a consegnarmi un ultimatum. Poseidone pensa forse di convincermi a schierarmi dalla sua parte con il ricatto?
— No! — obiettai. —Non ho mai letteralmente visto quel tizio!"
Poseidone guardò il figlio che stava sospirando.
"— Non ho detto nulla della scomparsa dell'elmo — ringhiò Ade — perché non mi illudevo di trovare qualcuno disposto a offrirmi la minima giustizia, il minimo aiuto, sull'Olimpo. Non posso permettere che si venga a sapere che la mia più potente arma di terrore è scomparsa. Perciò vi ho cercato con le mie forze, e quando è stato chiaro che stavate venendo da me per minacciarmi, non ho cercato di fermarvi.
— Lei non ha cercato di fermarci? Ma...
— Restituitemi subito l'elmo o fermerò la morte — concluse. — Ecco la mia controproposta. Squarcerò la terra e riverserò i morti nel mondo. Trasformerò le vostre città in un incubo. E tu, Percy Jackson! Il tuo scheletro guiderà il mio esercito fuori dall'Ade."
"Una grande offerta." Annuì Travis e Percy annuì. "Vero. Ma sono stato costretto a rifiutare." "Sei venuto comunque a trovarmi." Gli disse Ade e Percy scrollò le spalle. "Sei il mio preferito, zio!" "Che bello." Hermes fece il broncio e Apollo disse. "Perché non io! Sono come il sole!" "Devi starmi a 300 mila chilometri e passa, e guardarti mi fa male agli occhi." Disse Percy, facendo ridere Nico e Artemide.
"Tutti i soldati-scheletro fecero un passo avanti, spianando le armi. A questo punto, probabilmente avrei dovuto essere terrorizzato. E invece no: strano, ma mi sentivo offeso. Niente mi fa infuriare di più di quando mi accusano di qualcosa che non ho commesso. E avevo un sacco di esperienza al riguardo.
— Lei è malvagio come Zeus — replicai, irritata. — Pensa che io l'abbia derubata? È per questo che mi ha scatenato contro le Furie?"
"Non è come Zeus." Disse Travis, guardando Percy che scosse la testa. "Non lo è, decisamente migliore."
"— Naturalmente — rispose Ade.
— E gli altri mostri?
Ade contrasse le labbra. — Con loro non ho avuto niente a che fare. Non volevo regalarti una morte rapida, volevo che ti portassero vivo al mio cospetto, per riservarti tutte le torture dei Campi della Pena. Perché credi che ti abbia lasciato entrare nel mio regno così facilmente?
— Facilmente!
— Restituiscimi la mia proprietà!
— Ma io non ho il suo elmo! E nemmeno la Folgore.
— Quella è già nelle tue mani! — gridò Ade. — Te la sei portata dietro fin qui, piccolo sciocco, pensando di potermi minacciare!
— Ma non è vero!
— Apri il tuo zaino, allora.
A quel punto ebbi un orribile presentimento. Lo zaino che pesava come una palla da bowling. Impossibile... Me lo sfilai dalle spalle e tirai la zip. Dentro c'era un cilindro metallico lungo una sessantina di centimetri, con le estremità appuntite, ronzante di energia.
— Percy — fece Annabeth. — Come...
— Non lo so. Non capisco.
— Voi eroi siete tutti uguali — intervenne Ade. — L'orgoglio vi rende sciocchi. Pensare di portare un'arma del genere al mio cospetto! Non ho mai chiesto la Folgore di Zeus, ma dal momento che è qui, la cederai a me. Sono sicuro che sarà un ottimo strumento di trattativa. E adesso... il mio elmo. Dov'è?"
"Non potevi tenere la mia Folgore!" "Non mi interessava la tua Folgore!" Disse Ade e Poseidone annuì. Talia parlò. "Nessuno commenterà il fatto che Percy continuasse a reputare Ade il suo preferito nonostante volesse riservargli le torture dei Campi della Pena?" Tutti si fermarono, ripensando a quello che era appena stato letto. Poi spostarono lo sguardo su un Percy imbronciato. "Dovevi proprio farlo notare, eh?" "Senti, sei tu quello strano in questo caso." Gli fece notare Talia e Percy scrollò le spalle.
"Ero senza parole. Non avevo nessun elmo. Non avevo idea di come la Folgore fosse finita nel mio zaino. All'improvviso il mondo si capovolse. Capii che mi avevano usato. Era stato qualcun altro ad aizzare la lite fra Zeus, Poseidone e Ade. La Folgore era nel mio zaino e io avevo ricevuto lo zaino da...
— Divino Ade, aspetti — dissi. — È tutto un errore.
— Un errore? — tuonò Ade. Gli scheletri puntarono le loro armi. Dall'alto si udì un battito di ali di pipistrello e le tre Furie piombarono giù, appollaiandosi sullo schienale del trono del loro padrone. Quella con la faccia della Dodds mi rivolse un ghigno, facendo schioccare la frusta.
— Non c'è nessun errore — esclamò Ade. — So perché sei venuto... conosco la vera ragione per cui hai portato la Folgore. Sei venuto a scambiarla con lei.
Ade liberò una sfera di fuoco dorato dalla mano. Esplose sui gradini di fronte a me e comparve mia madre, immobilizzata in una pioggia d'oro, colta nell'istante in cui il Minotauro aveva iniziato a strangolarla a morte. Non riuscivo a parlare. Cercai di toccarla, ma la luce scottava come un falò."
Era, Demetra e Estia fissarono Ade. "Come hai potuto usare sua madre in questo modo?" Gli chiese Era e Ade sospirò. Percy disse. "Se non l'avesse presa, sarebbe stata uccisa dal Minotauro."
"— Sì — disse Ade con soddisfazione. — L'ho presa io. Sapevo, Percy Jackson, che saresti venuto a contrattare con me, alla fine. Restituiscimi l'elmo e forse la lascerò andare. Non è morta, sai. Non ancora. Ma se non mi accontenterai, le cose cambieranno."
"E continui a minacciarla?" Era si infuriò. Afrodite scosse la testa. "Ho sentito da sempre l'amore che Percy ha verso sua madre. Come hai potuto fare una cosa del genere?"
"Pensai alle perle che avevo in tasca. Forse potevano tirarmi fuori di lì. Se solo fossi riuscito a liberare mia madre...
— Ah, le perle — aggiunse Ade, e mi si gelò il sangue. — Sì, mio fratello e i suoi trucchetti. Mostramele, Percy Jackson.
La mia mano si mosse contro la mia volontà e tirai fuori le perle.
— Solo tre — fece Ade. — Che peccato. Ti rendi conto, vero, che ciascuna di esse può proteggere una sola persona? Prova a prendere tua madre, allora, piccolo dio. E quale dei tuoi amici lascerai qui a trascorrere l'eternità con me? Coraggio. Scegli. O consegnami lo zaino e accetta le mie condizioni."
Ade disse agli sguardi infuriati che stava ricevendo. "Non potete prendervela con me. Poseidone avrebbe potuto mandare quattro perle."
Percy guardò il padre che non fece in tempo a distogliere lo sguardo. Il senso di colpa che vi lesse fece soffocare Percy. "Mi hai messo alla prova per la profezia. Ecco perché hai garantito per me." Poseidone sussultò ma Percy gli voltò le spalle prima che lui potesse parlare, accettando l'abbraccio che Talia gli offrì.
"Guardai Annabeth e Grover. Avevano la faccia cupa.
— Siamo stati ingannati — dissi loro. — Ci hanno incastrato.
— Sì, ma perché? — chiese Annabeth. — E quella voce nel baratro...
— Ancora non lo so — risposi. — Ma ho intenzione di chiederlo.
— Deciditi, ragazzino! — incalzò Ade."
"Dagli più tempo!" "Pensavo avesse il mio elmo! Non sapevo che non lo aveva!" Si difese Ade da Demetra.
"— Percy... — Grover mi mise una mano sulla spalla. — Non puoi consegnargli la Folgore.
— Questo lo so.
— Lasciami qui — si offrì. — Usa la terza perla per tua madre.
— No!
— Sono un satiro — insistette Grover. — Non abbiamo un'anima come gli umani. Può torturarmi a morte, ma non mi avrà per sempre. Mi reincarnerò in un fiore o roba del genere. È la cosa migliore.
— No. — Annabeth estrasse il suo coltello di bronzo. — Voi due andate avanti. Grover, tu devi proteggere Percy. Devi ottenere la tua licenza e andare alla ricerca di Pan. Porta sua madre fuori di qui. Vi copro io. Conto di cadere in battaglia.
— Neanche per idea — protestò Grover. — Resto io.
— Riflettici, ragazzo-capra — disse Annabeth.
— Piantatela! — Era come se mi stessero strappando il cuore in due."
"Eri disposto a restare negli Inferi?" Chiese Reyna, stupita. "Percy è mio amico. E dovevi vederlo parlare di sua madre." "E tu Annabeth?" Domandò Gwen, sorridendo alla figlia di Atena. "Se fossi stata nella sua posizione, so che Percy si sarebbe offerto per me."
"Ne avevamo passate così tante, insieme. Ripensai a Grover che si lanciava in picchiata su Medusa nel giardino delle statue, e ad Annabeth che ci salvava da Cerbero; eravamo sopravvissuti al Tunnel dell'Amore di Efesto, all'arco di St Louis, al Casinò Lotus. Per tutta la strada mi ero preoccupato del tradimento di un amico, ma quegli amici non mi avrebbero mai tradito. Non avevano fatto altro che salvarmi, in continuazione, e adesso erano pronti a sacrificare la propria vita per mia madre.
— So che cosa fare — conclusi. — Prendete queste.
Consegnai una perla ciascuno. Annabeth disse: — Ma, Percy...
Mi voltai a guardare mia madre. Avrei voluto disperatamente sacrificare me stesso e usare l'ultima perla su di lei, ma sapevo cosa mi avrebbe detto. Non me lo avrebbe mai permesso. Dovevo riportare la Folgore sull'Olimpo e dire a Zeus la verità. Dovevo fermare la guerra. Non mi avrebbe mai perdonato se avessi scelto di salvare lei. Ripensai alla profezia ricevuta alla Collina Mezzosangue, quel giorno che adesso sembrava lontanissimo. E alla fine non riuscirai a salvare ciò che più conta.
— Mi dispiace — le dissi. — Tornerò. Troverò un modo."
"Deve essere stato difficile, fare un sacrificio del genere. Visto il tuo difetto fatale." Percy annuì verso Atena. "Avrei preferito morire in quel momento."
"L'espressione compiaciuta sul volto di Ade si spense.
Disse: — Piccolo dio, cosa...?
— Troverò il suo elmo, zio — gli dissi. — E glielo restituirò. Glielo giuro. Si ricordi di aumentare lo stipendio a Caronte.
— Non sfidarmi...
— E dovrebbe giocare un po' con Cerbero, di tanto in tanto. Gli piacciono le palle di gomma rosse.
— Percy Jackson, tu non..."
"Lo avrai sconvolto." Rise Apollo e Ade disse. "Non quanto ha fatto quando mi ha detto che mi avrebbe sempre garantito giustizia. Anche se non potevo trovarla tra i miei fratelli." Zeus, Poseidone, Demetra ed Era fissarono Percy ed Estia gli sorrise. "Avevo detto che vi sareste trovati bene insieme."
"Gridai: — Ora, ragazzi!
Infrangemmo le perle ai nostri piedi. Per un attimo spaventoso, non successe nulla. Ade ordinò: — Distruggeteli!
L'esercito di scheletri si precipitò in avanti, le spade sguainate, i colpi in canna. Le Furie si tuffarono verso di noi, le fruste che si infuocavano. Nell'istante in cui gli scheletri aprirono il fuoco, i frammenti di perla ai miei piedi esplosero in uno scoppio di luce verde, liberando un soffio di fresca brezza marina. Una candida sfera lattiginosa mi inghiottì e si staccò da terra, leggera. Annabeth e Grover erano alle mie spalle. Lance e proiettili scintillavano innocui sulle nostre bolle perlacee mentre fluttuavamo verso l'alto. Ade gridò con una tale rabbia che l'intera fortezza tremò, e capii che Los Angeles non avrebbe avuto una notte tranquilla.
— Guardate su! — gridò Grover. — Stiamo per schiantarci!
Alzai lo sguardo e vidi che stavamo salendo a tutta birra verso le stalattiti: rischiavamo di finire infilzati allo scoppio delle bolle.
— Come si fa a controllare questi affari? — chiese Annabeth."
"Non si può." Disse Tritone ed Anfitrite annuì. "Non puoi controllare niente che sia del mare." "Ma a quanto pare lo puoi manipolare." Disse Percy, amaramente, dando uno sguardo al padre, che aveva il capo chino.
"— Non credo che sia possibile! — risposi.
Quando le perle si schiantarono sul soffitto, strillammo a squarciagola, poi... il buio.
Eravamo morti?
No, avvertivo ancora la sensazione della corsa. Stavamo salendo, attraversando la roccia massiccia come una bolla d'aria nell'acqua. Dunque era questo il potere delle perle...
"Ciò che appartiene al mare, al mare farà sempre ritorno."
Per qualche momento, non riuscii a vedere nulla al di fuori delle pareti levigate della mia sfera, poi la mia perla sbucò sul fondo dell'oceano. Le altre due sfere lattiginose, Annabeth e Grover, tennero il passo con la mia mentre ci libravamo verso l'alto nell'acqua.
Finché... blam!
Esplodemmo in superficie, nel bel mezzo della baia di Santa Monica, buttando giù un tizio dal surf e beccandoci un indignato: — Ehi, bello!"
"Povero surfista." Rise Connor e Travis annuì. "Lui si stava solo facendo gli affari propri ed è stato buttato nel mare."
"Afferrai Grover e lo trascinai fino a un salvagente, poi presi Annabeth e aiutai anche lei. Uno squalo curioso prese a girarci attorno, un bestione bianco lungo oltre tre metri.
— Smamma! — gli dissi.
Lo squalo si girò e filò via. Il surfista biascicò qualcosa a proposito di certi funghi andati a male e schizzò via nuotando sulla sua tavola."
"Scelta saggia." Annuì Connor e Travis concordo. "Quando c'è Percy coinvolto, è meglio filarsela." "Siete cattivi con me." Disse loro Percy e i due sorrisero.
"In qualche modo, sapevo che ora fosse: era il primo mattino del ventun giugno, il giorno del solstizio d'estate."
"Nel mare ha un fantastico orientamento. Spaziale e temporale." Sorrise Grover e Percy annuì. "Vero. Utile, anche se mi sento un GPS" I semidei risero.
"In lontananza si vedeva Los Angeles in fiamme, con i pennacchi di fumo che si levavano da tutti i quartieri della città. E va bene, c'era stato un terremoto ed era stata colpa di Ade. Probabilmente mi stava inviando contro un esercito di morti perfino in quello stesso istante. Ma in quel momento, gli Inferi non erano il mio problema più grosso. Dovevo arrivare sulla costa. Dovevo riportare la Folgore di Zeus sull'Olimpo. Ma, soprattutto, dovevo fare una seria chiacchierata con il dio che mi aveva ingannato."
"Non puoi aver sconfitto Ares." Scosse la testa Atena e Michael rise. "Non ti ha mai sconfitto perchè non l'hai sfidato." "É un bambino sciocco." "Non è nessuna delle due cose! É più saggio di molti dei tuoi figli, e anche di te!" Esclamò Talia e Nico annuì. "Dimostrazione: non crea nemici per i suoi parenti. Li elimina, non li aggiunge." Atena arrossì, ma Percy si era alzato e aveva lasciato la stanza.
Poseidone, spinto da uno sguardo del fratello maggiore, la seguì.
"Percy..." "Vattene. Non voglio parlare con te." "Percy... Non..."
Percy si girò, fissando il padre. "Mi sono fatto convincere dalle parole dello zio e della zia. Ma forse dovevo ascoltare Annabeth e Talia: a voi non importa dei vostri figli." "Percy..."
Il semidio si era avvicinato al padre, gli occhi privi di rabbia, ma anche dell'affetto che solitamente il dio vedeva, facendolo gelare. "Mi hai preso in considerazione quando ti serviva e certo, non mi hai fatto uccidere perchè tanto noi semidei siamo utili solo per capire quanto è potente il genitore divino. Annabeth è intelligente e ha fatto cose che nessun altro ha mai fatto, e il merito è di Atena. Ercole? Merito di Zeus, è suo padre. Siamo utili solo per paragonare voi dei e i vostri poteri e talenti!"
Poi scosse la testa. "Luke non aveva tutti i torti. Siamo giocattoli per voi."
Prima di rientrare, Percy disse. "Potevi non votare per risparmiarmi la vita. L'unico motivo per cui ho accettato era evitare di far morire Nico." "Percy, aspetta un attimo."
Poseidone si mise davanti al figlio. "Sì, volevo essere sicuro che avresti saputo compiere il sacrificio. Ma conoscevo la profezia e sapevo che tua madre sarebbe stata al sicuro. Ade non le avrebbe mai fatto del male, è più qualcosa che Zeus farebbe. Sei mio figlio, e ti amo. Ti amavo quando prendevi a pugni i ragazzi più grandi di te per difendere un amico, quando hai offerto la cabina a Nico, anche se non era mio figlio. Mi è dispiaciuto che ti sentissi più in sintonia con Ade che con me. Lo hai chiamato con un messaggio Iride, mentre con me non avevi il coraggio di fare nessuna chiamata." Percy allontanò lo sguardo, non volendo guardare gli occhi del padre. "Non hai detto niente ad Era." "Non sapevo del piano di Era. Quando l'ho scoperto... Zeus ha dovuto proteggere Era pesantemente per evitare la sua scomparsa prematura."
Percy guardò il padre. "E di mamma non ti importava?" "Avrei condotto le trattative con mio fratello subito. Ma non ero a conoscenza del furto del suo elmo, o avrei fornito quattro perle. Nonostante la profezia."
Percy annuì.
"Per favore, credimi." "Non ne sono sicuro. Però, va bene. Andiamo dentro, manca poco alla fine del libro, penso."
"Un momento... Dopo che hai affrontato la Chimera... I tuoi pensieri..." "Per dodici anni della mia vita ho avuto solo mia mamma. Io... Non pensavo valesse la pena vivere dopo averla persa due volte." "Mi dispiace. Non avrei dovuto mandare lei, ma... Ho pensato che saresti stato più ben disposto verso qualcuno di vagamente familiare." "Forse l'ho fatto. Ma... Ha fatto male comunque." "Mi dispiace.. Ti direi che farò più attenzione la prossima volta, ma spero di non trovarmi mai nella condizione." "Nemmeno io. Dai torniamo dentro, papà."
I due rientrarono nella stanza proprio mentre Leo si preparava a leggere. "Ci siete?"
Percy si era riseduto tra i cugini, venendo subito stretto da Talia in un feroce abbraccio. "Sicuro, Super Hot Leo. Leggi!" "Super Hot Leo?" Chiese Clarisse, fissando Leo. Hazel rise. "Perchè io e Percy siamo Team Leo." Leo rise, aprendo il libro alla pagina giusta e iniziando a leggere.Angolo autrice
Alla prossima
By rowhiteblack
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THE FATES' QUEST: READING PERCY JACKSON
FanfictionDopo Eroi dell'olimpo, quando Zeus deve decidere la punizione di Apollo, semidei e dei si ritrovano nella Sala del Trono per leggere dieci libri dall'aria innocua. Leggere la vita dei loro figli renderà più dolci gli immortali e darà più senso a Zeu...