La trafila mattutina era qualcosa che aveva sempre destato la tranquillità di Jacopo quando si ritrovava a dover frequentare dei corsi universitari, figurarsi se, come in quel caso, doveva attraversare tutta la città per recarsi in un posto di lavoro dove, tra l'altro, nemmeno lo pagavano.
Il tirocinio, così lo chiamava la Sapienza, lui avrebbe trovato più corretto rinominarlo «sfruttamento dell'uomo sull'uomo con il pretesto di dover lavorare per laurearsi» però, purtroppo, a tutte le aziende d'Italia, non interessava minimamente la sua opinione, quindi doveva sgobbare e starsene pure zitto.
Le sveglie erano suonate - tre volte - e lui le aveva tutte rimandate. Pure Francesco l'aveva chiamato: nonostante avesse fatto un quantitativo di tentativi troppo alto per essere rifiutato, Jacopo l'aveva fatto ugualmente.
La mattina era fatta per essere presa con calma, tra una canzone su Spotify e un cappuccino con tanto di brioche, e non per correre da una stanza all'altra con l'acqua alla gola di giungere tardi ad un qualche incontro con altre persone.
Dio, parlare con la gente di prima mattina era veramente troppo: lui aveva bisogno di silenzio per almeno mezz'ora - giusto per prendere coscienza di trovarsi sulla Terra come essere umano e dover affrontare l'ennesima giornataccia.
Il telefono squilla e non può evitare questa chiamata: uno, perché è Simone e, due, perché se eviterà la telefonata il gemello farà una testa enorme al fidanzato e lui ha a cuore la precaria situazione di Manuel, da quando quei due sono andati a vivere insieme.
Precaria situazione, a detta di Jacopo, perché Simone aveva messo regole ben precise in casa e non transigeva su nessuno di questi punti (come ad esempio pulire subito i piatti dopo il pranzo o non lasciare i vestiti spiegazzati a giro per casa), il che collideva con l'essere tranquillo di Manuel.
Jacopo, tutte le volte che andava a casa loro, si divertiva a far arrabbiare Simone perché gli permetteva di far uscire il suo lato da maestrino che, dopo dieci anni, ancora si portava dietro.
«Simo buongiorno, dimme.»
«Buongiorno. Perché rispondi solo a me e ignori tutti gli altri? Francesco mi ha chiam-»
«La dovete smette de mettervi tutti d'accordo.» sbuffa frattanto richiama l'attraversamento pedonale al semaforo. «Sto andando e so' in perfetto orario.»
«Sei in ritardo.» pigola Simone dall'altro capo. «Non creare problemi che poi non ti fanno laureare.»
«Stai tranquillo. Due minuti e ce sono, tu piuttosto dai 'n po' de tranquillità a Manuel.»
«Ma io gli do tranquillità. »
«Seh, vabbè, comunque mo' te lascio altrimenti me fai fare tardi.»
«Ora è pure colpa mia?» ha un tono risentito.
«Ciao Simò, se sentimo dopo.»
«Ciao Ja.»
Le macchine, a causa del colore rosso che, dirompente, appare sul semaforo, si fermano ai lati delle strisce pedonali e, con una certa fretta, Jacopo attraversa e, conseguentemente, scende giù per prendere la metro.
Sfila l'abbonamento dalla tasca e corre fino alle banchine, sperando che la sua linea non sia già partita. Ancora no, per fortuna. Vi sale trafelato, con lo zaino che sbatte a destra e sinistra, colpendo anche una signora in tailleur, e tira un sospiro di sollievo.
«Devo iniziare a svegliarmi prima per davvero.» pensa tra sé e sé mentre invano, con gli occhi, cerca un posto libero.
Scuote le spalle e si da pace; già che non gli è toccato aspettare altri venti minuti non è poco, qualche fermata lì sopra può pure farsela in piedi.
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Nemesi | Jacopo
FanfictionAvere una nemesi significa avere un nemico superlativo, (quasi) imbattibile e esclusivo. Personificazione della giustizia, in quanto garante di misura e di equilibrio e come tale divinizzata nell'antichità classica; modernamente intesa come fatale p...