Ginevra

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Sweet dreams are made of this
Who am I to disagree
I travel the world and the seven seas
Everybody's looking for something

Some of them want to use you
Some of them want to get used by you
Some of them want to abuse you
Some of them want to be abused

Sweet dreams are made of this
Who am I to disagree
I travel the world and the seven seas
Everybody's looking for something

Le casse rimbombano musica assordante da ore e, contando i drink che si è scolato, Jacopo sente la testa girare. Dovrebbe sedersi – pensa.

Dovrebbe anche divertirsi – questo gliel'ha detto Alessio vedendolo con la faccia da pesce lesso non appena era arrivato.

«Ao ce sta l'amica della Gavino, che te frega se non c'è quella.» indica una chat aperta sul cellulare, in cima alla quale svettano dei connotati che, oramai, conosce molto bene «Dammelo – gli prende l'oggetto dalle mani – e vai a farti 'n drink. Poi te presento Ginevra.» saluta la ragazza presa in causa poco prima, incitandola ad avvicinarsi a loro.

Quindi non gli si scollava più – era un accollo, molto carino ma un accollo terribile. I capelli lunghi, a metà tra il rossiccio e il castano, le cadevano sul corpo, rivestito solo da uno striminzito costume di un verde poco più scuro dei suoi occhi piccoli e allungati. Un trucco leggero, quasi inesistente e una quantità spropositata di profumo addosso – non poteva negarlo – la rendevano assai attraente.

Ma niente di più.

«E vuoi darmi a bere che non c'è nessuna a questa festa che t'interessa?» le mani sui fianchi, una gamba tesa sulla quale si stava appoggiando e lo sguardo fisso su Jacopo «Mi spiace, ma non ci credo.» volta gli occhi al cielo.

«No.» alza le spalle, tira su l'ennesimo sorso del gin lemon che ha stretto nella mano sinistra «Perché?» suona annoiato e non si vergogna di mostrarlo – il che, pensandoci attentamente, era un chiaro segno del suo interesse verso Inès, poiché non avrebbe mai rifiutato una come Ginevra, se le condizioni fossero state diverse.

«Perché mi sembra un'assurdità.» si porta un po' più vicino a lui «Com'è possibile che tu, probabilmente il più bello della festa, te ne stai qua da solo, senza nessuna con cui ti piacerebbe parlare, quando c'è una lista di persone che vorrebbero stare in tua compagnia?» mangia altri centimetri, allunga una mano verso il bicchiere altrui e prende un sorso del liquido che contiene «Secondo me te la meni un po' – coi denti fa pressione sul labbro inferiore -, ma io apprezzerei comunque, anche perché sono in cima alla fantomatica lista.»

L'hanno reso, ancora una volta, carne da macello, senza volerlo conoscere per quel che, realmente, è – prassi che si ripete da sempre e, in maniera inconscia, ha alimentato il suo atteggiamento da menefreghista di prima categoria.

«Una persona c'è.» gli esce fuori naturale, forse con l'intento – invano – di allontanarla.

«Vedi? Facevo bene a non crederti.» la mano l'avvicina ancora, afferrando un riccio «Non ti facevo timido.»

«Una persona c'è,» si ripete «ma non sta qua.»

«Beh, peggio per lei. Non sa che si è persa.» l'altra mano aderisce al petto nudo di Jacopo, forse spingendolo verso il muro. Si accosta a lui, in maniera pericolosa e ambigua, tanto che può giurare di avere meno di dieci centimetri che lo distanziano dal suo volto.

Deve respirare: sente quella situazione terribilmente opprimente, pensa di non poterla sopportare più – né la circostanza né Ginevra. Allora la scosta «Basta. Finisci qua questo gioco.» suona teso, forse arrabbiato, mentre prova a guardarla con occhi severi, senza far trapelare nessuna emozione; se ne va, ha la necessità di uscire fuori a prendere una boccata d'aria quindi indossa la tuta con la quale era giunto lì, infila anche il giubbotto – poiché la febbre era terminata un solo giorno prima – e le scarpe, lascia le ciabatte alla rinfusa in un angolo dello spogliatoio dei maschi, che tanto, ora come ora, non hanno alcuna importanza né loro né la loro locazione.

Nemesi | JacopoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora