Corriere Balestra

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Quella mattina Inès aveva dovuto sbrigare alcune commissioni assieme all'associazione sulla quale si era appoggiata per l'elaborato della laurea, quindi Jacopo ne aveva approfittato per cercare qualcosa di interessante da fare nel pomeriggio.

La prima attrazione – dopo il centro città – era stata la Fortezza di Akershus, un antico castello costruito per difendere la città. C'era la possibilità di camminare sulle mura, ammirando da una parte il mare nordico e dall'altra l'immensa distesa verde che circondava la zona circostante.

«Non ti fa un po' strano?» curiosa, Inès, voleva sapere cosa ne pensasse Jacopo circa il sentirsi come un filo d'erba, leggiadro e senza problemi, soltanto per la qualità di essere molto inferiore rispetto alle dimensioni di tutto quel che stava attorno a sé.

«Cosa?»

«Sembrare così piccoli dav-» il suo discorso viene interrotto dal corvino che, afferrata la sua mano destra dall'altro, le fa compiere un pseudo piroetta, così da avere i volti l'uno di fronte all'altro «Davanti a cosa? Pure tu sembri piccola accanto a me, guarda la tua mano ad esempio.» ora le fa aderire e, istintivamente, una serie di scariche elettriche pervadono i loro corpi.

«Ah ah ah.» borbotta «Guarda che sono seria.»

«Mhm, l'avevo capito, volevo solo farti avvicinare un po', manca poco e te ne stavi dall'altro capo della strada.» sfiora la sua spalla, poi ride «Comunque no, non me fa strano. Pensa quanto è bello che cammini pe' 'na via e nessuno s'accorge che passi, quindi puoi fa' cosa te pare, nel modo in cui vuoi tu. Non riuscirei a vive' 'na vita in cui, ogni mia azione, fosse centellinata e studiata nei particolari per saziare 'n po' de curiosità altrui.» tace e spera che l'altra dica qualcosa.

La stessa che, in un tacito ascolto, ha pensato che, dalla sua prospettiva, il mondo debba avere un senso diverso, preoccupazioni diverse e tonalità varie per dipingere le più disparate situazioni. Vorrebbe vederlo il mondo dai suoi occhi, magari un giorno, e capire da dove tira fuori il grigio se – dalla luce emanata dagli occhi – appare impossibile pensare a quella tonalità smorta.

Beato lui, comunque, che riusciva a farsi scivolare addosso il giudizio altrui; sulla sua pelle s'incollava in maniera permanente e, pian piano, andava radicandosi dentro di lei.

«Ma ti fa paura anche l'altezza?»

«No, perché? Che c'entra?»

«Ho preso dei biglietti.» inizia lui mostrando lo schermo del cellulare che mostra una prenotazione «Ce sta 'na funivia bellissima qua vicino. C'arriviamo co' un'ora de treno e poco più. Però, se non ti va o non ti piace, posso fa' 'l rimborso.» spiega, così da non farla sentir vincolata contro i suoi voleri.

Tuttavia lei sembra apprezzare e, con uno smagliante sorriso – che dopo tanto non calibra –, accetta.

Per arrivare alla stazione necessitano di un taxi, tant'è che Inès si premura di chiamarlo per mettere a tacere Jacopo che, come un disco rotto, continuava a lamentarsi del freddo glaciale.

«Torno subito.» esordisce poi «Dove vai?» lei, giustamente, pare non capire, ma non riceve delucidazioni dall'altro che «T'ho detto che torno, non fa' troppe domande.» conclude velocemente, prima di alzarsi e sparire dietro un angolo della strada.

Giungendo al museo, da buon osservatore qual'era, aveva notato un negozio di fiori, rimpinzato di colori e profumi vari. Ovviamente la sua attenzione era finita sulla schiera di girasoli, già divisi e rilegati in piccoli mazzetti da quattro. Aveva deciso che ne avrebbe regalato uno a Inès, già che gli aveva detto quale fosse il suo fiore preferito.

Impugna il traduttore e, con qualche strascico di inglese dai tempi delle superiori, riesce nella sua opera. Quindi paga il tutto ed esce. Inès, diligente, non si è spostata da lì, ha semplicemente preso posto su una panchina, dando le spalle alla direzione da cui arriva Jacopo.

«Corriere espresso per la signorina Mejier.» annuncia lui, una volta arrivatole dietro «Corrier-cosa? Quale corriere?» ride, frattanto gira il capo nella direzione di Jacopo.

Allora porta il mazzolino di fiori sotto al suo naso e «Girasoli a domicilio. Non so chi possa averli comprati per te ..» manda gli occhi al cielo «Certo, chiunque esso sia, c'è da dire che ha buongusto, eh.» commenta ancora.

Al che, forse con gli occhi un poco lucidi, Inès asseconda il proprio istinto e, raggiunto Jacopo dall'altra parte della panchina, si stringe a lui. Poi – per prima – cerca un bacio, assecondando quello che le diceva il cuore, lasciando la testa in disparte.

«Peccato tu non lo conosca questo corriere.»

«Te ricordo che 'a stalker sei tu.» le punta il dito contro «Ah ah ah – rotea gli occhi –, te lo dovrei presentare, ci andresti d'accordo!» ride, gli occhi sono ancora pieni di gratitudine per quel piccolo grande gesto.

«Ch'è per caso bello e simpatico come me?»

«Avete anche la stessa modestia, sì.» ora si avvicina a lui, alzandosi un po' sulle punte «Grazie corriere Balestra.» fa scontrare i nasi e lega le braccia dietro al suo collo, Jacopo l'asseconda e ottiene un bacio.

Forse era questo l'ossigeno di cui Simone gli diceva spesso di avere bisogno per andare avanti: una semplice miscela di gesti naturali, genuini, apparentemente fini a sé stessi, ma in realtà dediti alla cura altrui. Penso a te – ecco cosa si leggeva in quel mazzo di girasoli e, per quanto potesse essere scontato, tra le tappe della vita di Jacopo era una colonizzazione non da poco.

Tutti avevano sempre pensato a lui, ma – al contrario –Jacopo non aveva mai pensato a nessuno. Adesso, però, la cura che riceveva erapari a quella che dava, riuscendo a capire come mai – come gli ripeteva sempre Floriana – si stesse così bene a veder gli altri sorridere.

Nemesi | JacopoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora