Meglio che vai

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L'ufficio era rimasto chiuso per qualche giorno per via di lavori di restauro ad una parte di abitacolo quindi, prendendo diligentemente quel che gli aveva detto Inès, ne aveva approfittato per mettersi sotto con lo studio.

Eppure con Inès non ci aveva più parlato - non di persona almeno - e, questo, stava destando non pochi sospetti nella testa di Jacopo. Anche se, ora che pensa, sono tre giorni che nemmeno si sentono su Whatsapp: lei gli ha lasciato due spunte blu e tanti saluti.

Perché? Che aveva fatto?

Forse niente, magari si era stancata.

«Gliene devi parla'. Magari ha avuto qualche problema.» Tommaso gli aveva dato un parere, ottenendo anche manforte da Carmine che «Sembra ti sia morto 'l gatto e la colpa è solo del tuo essere permaloso. Parlaci e capisci che è successo, io non song maga magò.» aveva provato ad aprirgli gli occhi.

«Buongiorno.» Jacopo esordisce entrando alla reception, poi alza una mano per salutare Tamara «C'è Inès?» va dritto al punto, giacché non vorrebbe perdere l'unica mattina libera che ha «Buongiorno - la donna manda gli occhi al cielo, sfoderando un sorrisino -, sta di là, nella stanzetta nuova.» indica il luogo preciso, come se il corvino non fosse mai stato tra quei corridoi.

«Buongiorno!» Francesco alza il capo nella sua direzione «Com'è che già stai in piedi se ieri sera t'ho riportato a casa che eri torto marcio?» chiede, forse un poco sorpreso «Uno non stavo così tanto male - alza un dito -, due devo parla' co' una persona.» ne alza un secondo e, sconsolato, fa scivolare le mani sui fianchi.

«Mh, capisco.» sembra dispiaciuto «Inès! Vieni un attimo, c'è una persona che ti cerca.» cerca lo sguardo dell'amico e «Poi mi ringrazi un'altra volta.» mima con le labbra frattanto esce della stanza e socchiude la porta.

Jacopo si trova di nuovo da solo con sé stesso, a capire cosa sia meglio fare e per quale finalità. Una piccola decisione può pesare più di un macigno ogni tanto - è difficile imboccare una via e lasciarne un'altra, accettare una possibilità e scartare tutte le restanti.

Cosa ti fa star bene - ecco cosa avrebbe voluto scegliere Jacopo, ma non era facile - questo e nient'altro.

«Oh.» le labbra di Inès si incurvano verso il basso non appena riconoscino la figura davanti a sé «Non sei in turno oggi - fa notare -, perché stai qua?» chiede secca.

«Perché è l'unico modo che mi è rimasto per parlare con te. Ho la sensazione che tu non voglia più vedermi e, ai messaggi, non rispondi .. cos'ho fatto?» nemmeno include la possibilità che, a sbagliare, sia stato qualcun'altro «Non ne voglio parlare, ok? Non ha senso: perdi tempo tu e lo faccio pure io. Tornate a casa.» tira corto lei, fa pure per girarsi ma Jacopo - prontamente - la ferma per un braccio, avvicinandola a sé.

«Dimmi che è successo e ti lascio in pace. Te lo giuro.»

«Come vuoi tu.» incrocia le braccia al petto e, con il solito sguardo saccente, prende a snocciolare la verità di cui era venuta a conoscenza «Tu lo sapevi di Francesco mentre facevi quel che facevi con Vanessa.» ancora quella storia? «E poi mi vieni a raccontare la favoletta che Francesco è il tuo migliore amico e tante belle cose, non è così? - appare arrabbiata, molto dispiaciuta - Io non voglio accanto una persona così, né ho avute fin troppe e—e tu credo sia una di quelle.» suona glaciale, congelando ogni fibra del corpo di Jacopo, rendendogli impossibile muoversi o fare qualsiasi altra cosa che non fosse voler scomparire venti metri sotto terra.

«Te n'ha parlato lei? Ancora?»

«No. Ho una testa e posso pensarci da sola, senza l'aiuto di nessuno. Comunque il focus della conversazione non era questo: - pigola - ora che hai avuto la spiegazione che volev-» un colpo di nocche alla porta interrompe la discussione, portando entrambi a guardare Tamara «Scusate l'interruzione .. Inès questi sono i fogli per l'imbarco, la stampa del biglietto la facciamo nel pomeriggio che, adesso, devo scappare ad una visita.» le porge le scartoffie tra le mani «A dopo.»

Jacopo la osserva, assai stranito, provando a capire il senso di quelle frasi «Per l'imbarco?» mima Tamara.

«Vado in Norvegia, per cinque giorni.» nemmeno lo guarda più in faccia, ora si sta preoccupando di sistemare i documenti nella borsa «Per incontrare l'associazione che mi ha aiutato nella tesi.» spiega.

«Allora chiariamo prima che parti.»

«Non c'è niente da chiarire Jacopo. Assolutamente niente. Non perdere più tempo con me, tanto ero solo un numero nella lista.» lo guarda negli occhi, non mostrano alcuna espressione sul volto «Ho da fare, tu da studiare. Vattene, per favore.» forse aveva compiuto un passo falso mostrando all'altro che, in qualche modo, a lui continuava a pensare.

Poi, però, Inès indica la porta quindi Jacopo si trova con le spalle al muro - nemmeno sa come pronunciarsi.

La cosa migliore che può fare è tacere, accondiscendendo ai suoi voleri e, nonostante le fitte al cuore, lasciarla andare .. sperando fosse solo una metafora momentanea e non perpetua per il loro rapporto.

«Quindi ci salutiamo.» 

«Già l'abbiamo fatto.»

«Te posso da' 'n abbraccio?»

«Ci siamo già salutati.» tira corto «Meglio che vai.»

Alla fine – quindi pochi secondi dopo – è lei che se ne va, recupera i documenti e lascia la stanza.

Jacopo rimane solo – ancora una volta –, solo e abbandonato a girovagare nella sua testa. Il passato si stava ripercuotendo nel presente, andando a compromettere il futuro e la colpa, ahimè, era solo sua. Lui lo sapeva e, per tale ragiona, stava tornando a odiarsi, proprio come faceva prima di conoscere Inès.

Esce da quell'abitacolo per inerzia, tante sono le volte che ha percorso quei corridoi, portandosi a mente il discorso sentito mentre se ne stava andando: Inès si stava pronunciando circa la sua partenza con la zia che, sicuramente indaffarata nei suoi affari, le stava dedicando il tempo che trovava.

Pochi minuti, centellinati e recisi.

«In pochi giorni riesco a finire quel che mi hai chiesto – suona accondiscendente –, tanto, il volo è di notte quindi ho più di mezza giornata anche giovedì.» le spiega, stendendo poi l'orecchio per avere una risposta.

Jacopo non attende altro però, continua sui propri passi e se ne va.

Gli occhi, un poco, gli pizzicano e – conoscendosi – teme di non essere in grado di lasciarle fuoriuscire, non per una cosa che, fino ad un anno prima, aveva ritenuto altamente stupida. Una ragazza.

Come mi sono ridotto – si domandava spesso, senza trovare nessuna risposta congrua.

Quindi era di nuovo Jacopo contro sé stesso, una lotta titanica che non avrebbe mai avuto fine. Non almeno fino a quando il corvino, in maniera onesta, non avrebbe avuto il coraggio di leggersi dentro in maniera completa. Non lasciando spazio a sprazzi di paura e quant'altro. Prendere o lasciare.

Tic tac. Tic tac. Tic tac. La testa gli martella e lui non ha le forze per fermare quel rumore incessante.

Se qualcuno non l'aiuta, oltre che perdere Inès, perderà pure sé stesso. Forse per sempre.

Nemesi | JacopoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora