L'ansia di dover parlare con Francesco, assumendosi le proprie responsabilità, lo stava dilaniando da circa quattro ore - purtroppo, il loro piano di vedersi prima era andato in frantumi quando la metropolitana presa dall'amico, aveva avuto un problema e quest'ultimo si era dovuto fare trenta minuti a piedi, arrivano preciso per l'inizio del progetto.
E, se da una parte Jacopo ne era sollevato - così avrebbe fatto qualche altra prova sul modo in cui esprimersi -, dall'altro sentiva un fardello farsi sempre più grande, giungendo quasi a dimensioni non trascurabili che, se aumentate ancora un po', gli avrebbero rotto il petto in due parti.
Stava male da morire.
«Bene.» Vanessa ripone la fotocamera «Abbiamo finito?» prova a richiamare l'attenzione di Jacopo che, troppo distratto a guardare altrove, non sente minimamente la sua voce.
Infatti, il corvino, stava minuziosamente osservando la nipote della Vipera, Inès, che, se aveva sciolto il ghiaccio con tutti, ancora, con lui, le barriere erano alte. Aveva acconsentito a prendere parte a quel progetto, permettendo loro di consegnarlo in tempo, tuttavia appariva molto riservata, una sulle sue, che non cerca né rogne né altre stupidate del genere.
Agli antipodi: ecco dove si trovava rispetto a Jacopo.
«No, - Vanesse si risponde da sola - non vanno bene queste -sono brutte e non mi piace l'effetto che si crea qua,» indica un punto sulla fotografia della telecamera «va ripresa da più in alto così si ha un'altra impressione.» poi, a passo spedito, raggiunge la ragazza e le poggia una mano vicino al fianco «da qui no, è bruttissimo: meglio da sopra la vita.» scandisce tutto con una leggerezza inaudita, quasi stesse parlando con gli amici a proposito dell'ultimo film visto al cinema.
Francesco strabuzza gli occhi e, vedendo un'espressione torbida formarsi sul volto di Inès, si affretta a calmare le acque «non c'è nessuno dei problemi che hai riscontrato, le foto vanno bene così e, la prossima volta, prova ad avere una delicatezza differente da quella di un trattore.», ma lei non è dello stesso pensiero quindi risponde e, da lì, parte una discussione quasi la diretta interessata non fosse lì.
Jacopo non ne può più, vorrebbe strapparsi le orecchie per smettere di sentire quelle lagne inutili da parte di una e le esili risposte da parte dell'altro. Che a lui, di quella ragazza non interessa nemmeno un po', eppure non crede il loro sia un comportamento adatto - non che lui ne fosse il maestro, sia chiaro, tenendo in conto di tutti i disastri che combinava o le verità che nascondeva: come, ad esempio, quella che, ancora, non aveva avuto il coraggio di dire al suo amico.
«La potete smette'?» nervoso, allarga le braccia indietro, poi li osserva «Le foto vanno bene così e lasciatemi dì che ve siete messi a discutere su 'na cosa che non ha minimamente senso. Che vuol di' che so' brutte o che non te piace l'effetto?» volutamente evita il commento successivo, comprendendo l'immensa cretinata detta dall'altra «Vane' stamo a fa du' foto pe' 'n lavoro dell'università, eh, non ce devono ingaggiare pe' la regia de National Geographic.» tuona «Comunque dovreste lei delle scuse, - non si rende conto del colore assunto dalle guance - ma ve pare normale mettersi a discute' su 'na cosa che non ve riguarda ..» sbatte le mani sulle cosce e, raccattati filtri e tabacco, esce fuori.
La stanza si ammutolisce, Inès conficca ancora di più gli occhi verso il basso, frattanto Vanessa spalanca la bocca, incredula. «Ha ragione lui ..» Francesco prende le parti dell'amico «scusaci, sono intervenuto per dirle di mettere fine a quel discorso, ma ho fatto peggio che mai.» suona dispiaciuto, davvero, tant'è che Inès annuisce e «è tutto ok, non ti preoccupare.» ci sono abituata, tira un sorriso e passa oltre, alla ragazza nemmeno la degna di uno sguardo tanto trova di cattivo gusto quel che ha appena fatto.
Jacopo, con le mani indaffarate a girarsi il drum, ripensa alla scena appena vista e, solo adesso, si rende conto quanto sia stato cretino da parte sua buttare nel dimenticatoio un'amicizia per una ragazza del genere - priva di senso e con il cervello grande quanto una nocciolina. Ora ne è sicuro più che mai, nonostante le conseguenze: deve parlare con Francesco e rattoppare quel che, lentamente e in silenzio, ha lacerato con le sue stesse forze.
Chiude la cartina e, preso il clipper, accende il tutto; porta la sigaretta alle labbra, aspira e rilascia. In questi momenti, dove la paura di sbagliare si fa sovrana della sua persona, pensa a come potrebbero essere le cose se, al suo fianco, avesse ancora l'altro punto di riferimento - Lorenzo - perché ci parlava ogni notte, quando nessuno lo sentiva, ma non era la medesima cosa.
Col pensiero e la fantasia non puoi colmare la mancanza lasciata da un corpo: è impossibile, sfiderebbe ogni legge inimmaginabile, butterebbe all'aria decenni di studi, stravolgerebbe il mondo - quindi, Jacopo, si accontenta di raccattare le briciole di quel rapporto che, fonte vitale per lui, gli era stato strappato da sotto al naso.
«Caffè a domicilio.» una voce arriva davanti a sé e, di conseguenza, una fumante tazzina in plastica gli viene posta davanti agli occhi.
«Lei, pupilla dell'ecologia, me sta davvero offrendo una bevanda in un bicchiere che è frutto della polimerizzazione di legami di molecole di carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto?» la sbeffeggia, poi sorride «grazie.» conclude poi, quando l'altra avvicina l'oggetto tirato in causa.
«Non pensavo fossi un chimico.» incrocia le braccia al petto.
«Infatti me fa schifo, ma ahimè mio fratello sta facendo medicina e, quando vivevamo assieme, aveva da dare tre esami de sta robaccia.» si stringe nelle spalle «comunque -me dispiace pe' prima, pure se non c'entro niente, me rendo conto che Vanessa parla 'n po' troppo.» rotea gli occhi e prende un sorso di caffè.
«Non ci penso proprio alle sue parole,» anche se hanno fatto male «perché so calibrare l'importanza delle cose sentendo chi le dice, comunque grazie .. sì, insomma, sei intervenuto di tua spontanea volontà e .. ho ottenuto le mie scuse.» si stringe nel giubbotto e, controllata l'ora, si allontana verso la propria auto, avviandosi verso di essa.
«Inès.» che cazzo fai Jacopo, la sua coscienza lo rimbecca per l'atto azzardato «una cosa, aspetta.» scende, buttando il bicchiere nel cestino, seguito dal mozzicone della sigaretta, così la raggiunge «a te vanno bene le foto?» lo chiede in maniera spontanea perché nella discussione era stata recisa la parte più importante: chiedere alla diretta interessata cosa ne pensasse dato che, il soggetto, era lei e non chi si era preso la briga di dibattere su delle forme poste davanti ad uno sfondo.
Lei, per un attimo, si blocca e, voltandosi nella sua direzione, annuisce «vanno bene, sì, sono semplici foto preimpostate: non raccontano la verità, ma solo quello che vi serve per il lavoro, - non vuole dare la soddisfazione, a nessuno, di essere stata un po' affondata da quel commento - quindi vanno bene, spero abbiate una buona valutazione.» si affretta poi ad aprire il bagagliaio, per accertarsi di avere tutto il necessario per la lezione che stava andando a fare.
«Fai anche equitazione?» alza il sopracciglio «Io me stanco co' gli allenamenti de nuoto, facessi anche altro morirei.»
«Già, ma non lo considero uno sport, - richiude la portiera posteriore - è la mia valvola di sfogo.» frase che muore sotto l'acuta voce di Vanessa che, affacciata alla porta d'uscita, fulmina la scena con i propri occhi e «Jacopo se hai finito de fare comunella c'è da pulire e poi andare a lezione.» ricorda, con un pizzico d'acidità di troppo.
«Se, se, mo arrivo.» annette un gesto di mano che, cortesemente, le chiede di rientrare non l'avesse mai fatto, date le conseguenze che, quello, avrebbe portato da lì a poche ore.
«Meglio se vai, - Inès torna seria - meglio non farla incazzare, mi sembra un po' troppo irascibile. Ciao!» sorride lievemente ed entra nel posto del guidatore.
«Meglio se vado, - sussurra tra sé e sé - ciao ..» ma lei non lo sente perché i finestrini sono chiusi e, in pochi attimi, la macchina parte, lasciandosi alle spalle frasi di troppo, persone sgradite e uno Jacopo Balestra con una nuova sensazione nello stomaco, ma questo, lui, ancora non può saperlo.
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Nemesi | Jacopo
FanfictionAvere una nemesi significa avere un nemico superlativo, (quasi) imbattibile e esclusivo. Personificazione della giustizia, in quanto garante di misura e di equilibrio e come tale divinizzata nell'antichità classica; modernamente intesa come fatale p...