8. Fifty-nine seconds

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Prima di iniziare, volevo scusarmi per l'attesa e per il capitolo lungo, che è uscito dalla quale.

Volevo anche precisare che il lungo tempo che ci ho impiegato è anche datato dalla revisione che sto facendo nei i capitoli scorsi. Ho modificato principalmente la intro e la trama, e ho anche sostituito in tutti i capitoli le virgolette al posto dei trattini.

Vi consiglio vivamente di tornare indietro per farvi un'idea, ma del resto la storia in sé non è modificata, se non per alcuni dettagli.

Vi lascio al capitolo.




A N D E R S O N

POV


Finito allenamento, mi buttai a capofitto sotto il getto caldo e ristoratore della doccia.

Le goccioline mi trapassarono la carnagione come perle di avorio. Rotolando su una scia umida e infossata dei muscoli scolpiti dell'addome e delle spalle.

Il piacere di quella sensazione che portava ad ammorbidirmi i nervi, mi annebbiò la mente

Nonostante questo, la sensazione appagante non riuscì, come a solito, a soddisfare pienamente la spossatezza dei miei tendini.

Sentivo le voci attenuiate dei miei compagni, al di là della cabina, ma le parole non giungevano direttamente nel mio cervello.
Captavo solo brandelli di frasi che non mi preoccupavo a far coalizzare.

Solitamente i loro discorsi non mi interessavano, e in quel giorno ancora meno.

Ero immerso, da più di una settimana, in uno stato di astrazione dal mondo circostante.
E non riuscivo a sbloccarmi.

Ero focalizzato in maniera ossessiva ai miei pensieri ventiquattr'ore su ventiquattro, tanto che ogni volta i miei amici dovevano interpellarmi per riscuotermi.

Avevo bisogno di concentrarmi su qualcosa che non centrasse né con Ibbie, né Syd e né con il mio nucleo familiare.

«Holder! Ti vuoi muovere a fare la doccia? C'è ancora metà della squadra che sta aspettando»

Guardai la stretta fessura tra la lastra di metallo e pavimento, scorgendo dei piedi nudi che battevano con impazienza.

Per questo ero tra i primi a farla: io non avrei avuto la stessa pazienza di aspettare e dopo dieci minuti avrei buttato giù lo sportello, senza neanche chiedere.

Mi beai di quei ultimi minuti sotto il getto d'acqua con la consapevolezza di star portando il mio compagno al limite dell'esasperazione.

Mi asciugai con calma, cingendomi l'asciugamano ai fianchi e gli lasciai il posto.

La nostra scuola non era riuscita ad organizzare bene i giorni di allenamento dei vari corsi, di conseguenza finivano tutti allo stesso orario e gli spogliatoi si intasavano di giocatori di basket, cricket, football, nuoto e via andando.

Xander, tutto vestito e profumato, stava aspettando i miei comodi sulla panchina.

Non avevo idea di come facesse ad essere così veloce, ma da tempo non mi ero nemmeno posto più il problema.

Slivers of HopeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora