28. Let me down slowly

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Questo capitolo è dedicato a chiunque non riesce a elaborare il dolore.

Non siete sbagliati. Non siete "anormali"

Datevi tempo

















Datevi tempo

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⚠️⚠️

Questo capitolo contiene elementi che potrebbero urtare la vostra sensibilità, ci tengo a precisare che non approvo nessuno di questi comportamenti ma che servono solo a diffondere consapevolezza.

Se sapete di non riuscire a reggerli, saltate i flashback

















R A C H E L

POV






10 anni prima, Minneapolis.








Saltai le scale a due gradini alla volta. Le mie pantofole rosa sbattevano silenziose contro il pavimento lucido di marmo, nonostante il mio passo pesante e frettoloso.

I gradini di casa mia erano 37.
Ogni volta che scendevo le scale li contavo.
Era ormai diventata un'abitudine che non riuscivo a scrollarmi.

Dalla cucina giungevano le voci appena sussurrate dei miei genitori.

Mi fermai al trentunesimo gradino con il cuore che mi batteva al mille.

Stanno litigando? Dimmi di no, ti prego.

Mi appiattii contro la parete del corridoio e ascoltai attentamente le loro voci e la mia espressione si contorse leggermente sentendo la tensione del loro tono.

«Non riusciamo più a trovare un punto di incontro con loro»

Il tono di mio padre era burbero, non aveva quel tocco dolce che assumeva di solito.

«Ti rendi conto Esme? Non possiamo neppure più avere un confronto che ci attaccano. Tuo fratello non fa altro che avanzare con contratti senza nemmeno più consultarci»

Mi sporsi per vederli meglio.

Papà si muoveva avanti e indietro. La camicia era sgualcita e i suoi capelli castani chiari sparati in aria quasi come se avesse preso la scossa.

Non che di solito avesse un aspetto così rigido e composto, però era in evidente difficoltà.

Così come mia madre, seduta sullo sgabello con la testa tra le mani mentre guardava in basso.

Slivers of HopeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora