Prologue

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Quattro bambini decisero di fare un gioco.

«Scriviamo il nostro segreto più grande su un biglietto e li mettiamo tutti insieme su un barattolo. Quando il più piccolo di noi compirà diciotto anni ci riuniremo e li leggeremmo tutti insieme. Poi indoviniamo chi ha scritto cosa»

Così strapparono un foglietto in quattro parti e ognuno di loro ci scrisse una frase senza che l'altro la vedesse.

E le unirono tutte insieme e le mescolarono.

Le lasciarono su un barattolo e lo sigillarono con un nastro, con incise le loro iniziali

Lo misero sopra una mensola accanto ad una finestra e tornarono a giocare.

Una notte una bambina urtò per sbaglio contro il mobile e il barattolo e tutto il suo contenuto si rovesciò sul pavimento.

Spaventata dal frastuono, agii senza pensare e genuinamente raccolse tutti i frammenti di vetro con le mani a coppa.

Le schegge le ferino innocentemente i polpastrelli e piccole gocce di sangue macchiarono i bigliettini.

Disperata, la bambina iniziò a singhiozzare.

Un adulto, sentendo dei singhiozzi implacabili, si svegliò e andò a controllare.

Vide la bambina accasciata sul pavimento con il viso stropicciato dal rimorso che stringeva i biglietti e le lame di vetro contro la sua morbida carne.

La bambina, a vedere la presenza del adulto, sobbalzò colta alla flagrante.

Il senso di colpevolezza riflesse sulle sue chiari iridi.

Allora l'adulto si inginocchiò e prese i palmi della bambina e la rassicurò.
Le tolse i cristallini dalle manine, per evitare ulteriori danni e la sollevò dalle ascelle, accomodandola sul ripiano della cucina.

Aprii uno sportello della cucina e prese il kit medico, e cominciò a curare le ferite della bambina.

La bambina continuava a piagnucolare, incolpa per aver distrutto il vasetto e aver rovinato il gioco.

L'adulto non la rimproverò, né perché si trovasse a vagabondare a tarda notte e né perché si fosse tagliata con il vetro.

Invece gli disse un'altra cosa.

«Lo sai perché le schegge feriscono?»

Lei tirò su con il naso e scosse la testa.

«Perché sono colme di speranza»

La bambina non capii.

«M-ma la s-speranza non dovrebbe fare male, è una cosa buona!»

L'adulto pulì delicatamente i graffietti togliendo i residui con del cotone.

«Lo è. Proprio perché riesci a percepirla e a ferirti, questa la rende buona»

«Una cosa b-buona non fa male»

«Non è del tutto vero. La speranza è una cosa che non puoi vedere e né sentire, infatti si dice che è astratta»

«Ma quando qualcosa si rompe o si frantuma in mille schegge tu riesci a sentirla, ferendoti con la sua punta. È lei che ti da la forza di rialzarti, guarendo e aggiustando»

La bambina guardava perplessa l'adulto, non capendo ingenuamente le sue parole.

Quest'ultimo le sorrise

«Non devi piangere per aver rotto il vasetto o rovinato il gioco, perché non è così, hai solo creato mille schegge di speranza»

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Slivers of HopeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora