treinta y cinco

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Pilar bussò piano alla porta della camera di Anita.
"Posso entrare?" domandò, dopo qualche attimo di silenzio. "Ti ho preparato un po' di the con lo zenzero, dovrebbe aiutarti a stare meglio."
"Sì sì, vieni pure" rispose la ragazza: scandiva le sillabe meglio che poteva, combattendo valorosamente contro le sue narici, entrambe completamente tappate, che le impedivano di esprimersi come suo solito. "Grazie mille."
"Mamma mia, ti sei buscata un raffreddore veramente terribile, ma com'è potuto accadere?" scosse la testa Pilar, appoggiando il vassoio e la tazza sul comodino sgombro.
"Non lo so" mentì la ragazza. "Ultimamente ci sono state solo delle belle giornate, c'era un sole così bello... e io non mi sono mica lasciata ingannare, mi sono sempre coperta bene..."
"Vabbè, io ti consiglio di ristabilirti in fretta, cara, perché non ti farò uscire da questa casa finché non starai almeno un po' meglio" affermò seriamente la donna.
"Certo" sorrise Anita. "Lo so anche io che bisogna stare tranquilli finché il peggio non è passato, però ecco, di solito in pochi giorni ci si trova fuori dalla fase più acuta."
"Mh, che linguaggio forbito" commentò divertita Pilar. "Che vuoi fare da grande? Il medico?"
"Ancora non lo so" rispose la ragazza abbassando lo sguardo. "Per ora cerco di guarire..."
Appena venne lasciata sola, Anita prese fra le mani la tazza bollente e, sospirando, si appoggiò pesantemente alla testiera del letto: com'era possibile che a causa di quei pochi minuti trascorsi nell'acqua gelata insieme a Pablo si fosse ridotta in quello stato? Era certa di essersi rivestita in fretta e che i suoi abiti fossero perfettamente asciutti... e poi il sole splendeva, non aveva mai smesso di splendere durante quella giornata.
Adesso, però, il principale problema sul quale concentrare tutta l'attenzione era un altro: il calciatore rispondeva ai messaggi a intermittenza. Dal momento in cui gli aveva riferito che non l'avrebbe potuto incontrare a causa di quel potente raffreddore, infatti, Pablo era divenuto assai freddo e distaccato e la ragazza non riusciva a capacitarsi di come le dolci parole che si erano scambiati pochi giorni prima, distesi sulla sabbia dorata di quella magica caletta, si fossero trasformate nei monosillabi che il calciatore le inviava a distanza di qualche ora l'uno dall'altro.
Decisamente inspiegabile, ma assolutamente fastidioso. Dentro di sé, Anita era furiosa, tuttavia era consapevole del fatto che tutta quella rabbia avrebbe semplicemente contribuito ad aggravare il suo stato di salute.
"Giuro che non mi farò più abbindolare da quel pagliaccio" pensò la ragazza, affibbiando a Pablo l'epiteto da lei ritenuto il più ingiurioso. "Già, è proprio un pagliaccio, ecco cos'è" ripeté decisa. "Solamente uno stupido, stupido pagliaccio. Non le puoi mica trattare così, le persone, genio, perché se ti comporti in questo modo spariranno in fretta! E se non ci credi, lo vedrai, anzi, te lo farò vedere io!..."
Un potente accesso di tosse interruppe i furiosi pensieri di Anita.

Todo lo que quiero - Pablo GaviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora