sesenta y dos

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Era il 14 febbraio, il giorno di San Valentino. Rinchiusa tra le quattro mura dell'aula scolastica, Anita ripensò per l'ennesima volta al gol che Pablo le aveva regalato dieci giorni prima, giusto poche ore dopo averle rivelato che desiderava la sua presenza allo stadio proprio per poterle dedicare una sua eventuale rete. Il calciatore non le era parso particolarmente convinto di poter centrare la porta esattamente quella sera; eppure, aveva lasciato passare solamente settanta minuti prima di decretare il due a zero e correre nella direzione della sua ragazza, per poi virare raggiungendo immancabilmente la curva degli irriducibili culers.
All'una in punto, suonò la campanella. Senza nemmeno salutare Lisa, Anita si precipitò in corridoio e poi corse a rotta di collo giù per le scale, attraversò l'atrio e superò i cancelli, nonostante non fossero stati ancora completamente aperti. Pablo la attendeva accovacciato su un muretto e non appena la vide le si avvicinò sorridendo.
"Hey neña, com'è andata stamattina?" le domandò.
"Mi sono abbastanza annoiata" rispose la ragazza. "Il tuo allenamento, invece?"
"Stancante, però abbiamo finito in anticipo perché, sai, anche Xavi aveva intenzione di portare fuori a pranzo la sua Nùria... Ma adesso basta parlare degli altri" cambiò bruscamente tono il calciatore. "Guarda: questa oggi sarà la nostra macchina."
Anita fece ondeggiare lo sguardo fin sulla Peugeot color senape parcheggiata accanto al marciapiede.
"Stai scherzando, vero?" chiese preoccupata. "Tu non hai la patente, e io nemmeno."
"Pedri mi ha insegnato quel tanto che basta per poter dire di saper guidare" si giustificò Pablo, salendo in auto e prendendo qualcosa dal cruscotto. "Su, sbrigati! Ora, dato che non devi assolutamente sapere dove stiamo andando, ti benderò gli occhi."
"Oh no" replicò la ragazza. "No, no, no! Io non mi fido affatto di te! Senza patente poi..."
"Calmati, sarà divertente" la zittì il calciatore, mettendo in moto.
Fortunatamente, Pablo non aveva mentito riguardo le sue capacità di autista; dopo circa mezz'ora fermò la macchina e avvertì l'incolume passeggera che era arrivato il momento di scendere. Lei, ancora cieca a causa della fascia che le cingeva il capo, si aggrappò docilmente al braccio del suo accompagnatore e lo seguì a passi piccoli e incerti, strascicando i piedi sulla morbida erba di un prato apparentemente impeccabile.
"Dove mi stai portando?" domandò ridendo.
"Ci siamo, adesso puoi guardare" esclamò Pablo, liberandole gli occhi dalla benda.
Anita rimase a bocca aperta.
"Come facevi a saperlo?!" gridò entusiasta, saltando al collo del ragazzo. "Come facevi a sapere che ho sempre desiderato volare in mongolfiera?"
"L'hai accennato, un giorno..." rispose orgoglioso il calciatore.
"Oh, sei veramente un tesoro" lo abbracciò di nuovo Anita. "Però io avrei anche fame..."
"Non ti preoccupare, tra poco pranzeremo a duecento metri di altezza e potrai anche scegliere il panorama che preferisci" affermò Pablo.
"Quanto devo aspettare per poter organizzare il nostro matrimonio?" gli chiese lei, commossa.
"In realtà credo che tu lo possa già fare" rise il calciatore, sollevandola di peso a mo' di sposa e depositandola all'interno del cesto della mongolfiera. "Adesso stai a guardare come ho imparato bene a guidarla."
"Oh, prima la macchina e poi pure questa... Pablo Martin Paez Gavira, non smetterai mai di sorprendermi."
"E tu non smetterai mai di essere la mia ragazza preferita, Anita Mireya Ramirez Montero."

Todo lo que quiero - Pablo GaviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora