veintiuno

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Erano già le sette meno un quarto quando Anita uscì dalla doccia, alquanto scocciata dall'intensa vibrazione prodotta dal suo telefono. La ragazza accese il display del cellulare con le dita ancora bagnate e visualizzò il promemoria che aveva impostato per quella sera: "Domenica 23 ottobre, al Camp Nou per le 19!!". Sì, era decisamente in ritardo.
Si asciugò i capelli più in fretta che poté, si vestì con un semplice paio di jeans e una maglietta dal collo alto e agguantò il suo zaino, nel quale aveva precedentemente riposto la felpa del Barça, con l'intenzione di indossarla strada facendo. Mentre scendeva le scale, si imbatté in Angel, appena rientrato, gli sorrise di striscio e corse di sotto, si infilò le scarpe e prima ancora di averle allacciate si ritrovò in giardino. Urlò un arrivederci a Pilar, la cui sagoma si stagliava in contrasto con le luci della cucina, e scappò via, rimproverandosi da sola per l'immenso ritardo che aveva collezionato.
Anita calcolò che per raggiungere lo stadio avrebbe impiegato quasi quaranta minuti e, udendo già i sette rintocchi provenienti dalla chiesa di San Vicente, decise di mettersi il cuore in pace: non sarebbe sicuramente giunta al Camp Nou per l'orario predefinito. Delusa e impaziente, aumentò il passo.
Dal suo ultimo incontro con Pablo Gavi erano passati solamente tre giorni, e già alla ragazza sembrava fossero trascorsi decenni; aveva una voglia pazzesca di parlare di nuovo con lui, di ascoltare le sue parole e di perdersi nei suoi occhi, nonostante quell'estate, a primo impatto, non le fossero parsi poi così speciali.
Lisa aveva affermato che non c'erano dubbi: secondo lei, e la sua opinione era stata irremovibile, Anita aveva destato un certo interesse nel calciatore, al punto da spingerlo a chiederle, anche se non così platealmente, una sorta di ulteriore appuntamento. Ecco, dunque, che la ragazza si dirigeva, colpendo di tanto in tanto con la punta dei piedi i sassi presenti a bordo strada, verso il luogo in cui avrebbe nuovamente incontrato Pablo Gavi.
Quando giunse nei pressi del Camp Nou, Anita trovò Lisa ad aspettarla, non lontana dalla solita porta di servizio. L'amica le fece cenno di sbrigarsi e, effettivamente, dando un'occhiata all'orologio non si poteva darle torto. Le due ragazze procedettero silenziose lungo i lindi corridoi che a poco a poco Anita stava imparando a riconoscere, finché non sbucarono, come da abitudine, sugli spalti ancora vuoti.
"Coraggio, dimmi" iniziò a discorrere amabilmente Lisa, accomodandosi su uno dei seggiolini blu elettrici dello stadio. "Che cosa dirai a Pablo?"
"Eh? A Pablo? Non saprei" rispose la ragazza confusa. "Dovevo prepararmi un bel discorso? Mi spiace, ma credevo avremmo parlato di ciò che ci sarebbe passato per la testa in quel momento..."
"Davvero non hai neanche pensato a cosa potrebbe chiederti?" si stupì l'amica.
"No..." confermò Anita. "Spero che andrà comunque tutto bene, però."
"Sarà così, ne sono certa" la rincuorò Lisa, veramente sorpresa che la sua compagna non avesse un piano.
Le due ragazze rimasero in silenzio finché il Camp Nou non si fu riempito di spettatori. Poco dopo cominciò anche la partita, ma né Anita né Lisa ci fecero caso, troppo impegnate a galleggiare nei propri pensieri e a comporre certi astrusi ragionamenti incompatibili con il gioioso clima di festa che si respirava all'interno dello stadio.

Todo lo que quiero - Pablo GaviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora