Per sempre

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Era mattina presto quando Natasha ricevette la telefonata. Non riceveva mai telefonate quando era in missione, a meno che non si trattasse di un'emergenza. E per emergenza, intendeva questioni di vita o di morte o Wanda. Sua moglie era una delle uniche eccezioni.

"Nat! Natasha!" Nat scattò in piedi al suono del suo nome. "Cosa?!" rispose alla bionda stanca sulla soglia di casa. "È Steve" Yelena sbadigliò, porgendo il telefono alla rossa infastidita.

"È meglio che sia una buona notizia, Rodgers" "Natasha, devi tornare a casa" disse lui facendola ridere. "Steve, siamo nel mezzo della missione. E sono le 5 del mattino!" "Natasha, è Wanda". Nat si tese al suo nome e Yelena se ne accorse subito.

"Che succede?" chiese cercando di rimanere calma "Nat, ci vediamo nel luogo che ti ho inviato. Devo andare. Sbrigati". Senza aggiungere altro, riattaccò il telefono, lasciando Nat nel panico. "Tasha, cosa sta succedendo?" chiese Yelena con cautela, osservando le espressioni facciali di Nat. "Dobbiamo andare. Subito!" gridò la rossa mentre si affrettava a mettere tutte le sue cose nella sacca.

"Nat. Nat. Natasha!" Yelena gridò facendo si che Nat si bloccasse e la guardasse. "Rallenta. Ok. Che succede?"  "Qualcosa non va, Lena. Me lo sento. È Wanda" Yelena si avvicinò lentamente, prendendo le borse dalle mani di Nat. Ma prima che Nat potesse iniziare a discutere, la bionda parlò. "Vai a mettere in moto la macchina". Senza esitare Nat corse fuori dall'albergo, verso il parcheggio, seguita dalla sorella.

Mentre Yelena saliva finalmente in auto, il telefono di Nat squillò. Lo prese rapidamente e inserì le coordinate che Steve le aveva inviato nel navigatore. A quel punto la situazione peggiorò. "Lena?"  "Sì?"  "Perché stiamo andando in ospedale?" Nat domandò, con una punta di tristezza nella voce. Yelena sarebbe andata nel panico con la sorella, ma sapeva che qualcuno doveva essere lì per lei, nel caso fosse successo il peggio. Insomma, era l'unica a conoscere il segreto della coppia, a dimostrazione di quanto si fidassero e si affidassero a lei. "Parti, ora".

Dopo un paio d'ore, le sorelle varcarono di corsa le porte dell'ospedale. Steve le riconobbe subito, ma loro non gli prestarono attenzione. Si affrettarono invece a cercare la stanza di Wanda. "Sto cercando Wanda Romanova" disse rapidamente Nat mentre Yelena riprendeva fiato. "Ah sì, la signora Romanova. Stanza 37. Secondo piano". Entrambe le ragazze ringraziarono, per poi correre via di nuovo. "Natasha. No, aspetta!" Steve gridò, ma era troppo tardi. Le porte dell'ascensore si erano ormai chiuse.

Nat corse lungo il corridoio, scrutando ogni numero su ogni porta prima di vedere quello sulla porta di sua moglie. Quando si avvicinò, osservò i medici uscire dalla stanza. "Ehi! Ehi, dottore. Mia moglie è lì dentri. Va tutto bene?" chiese, raggiungendoli "Mi dispiace signora Romanova. Abbiamo fatto tutto il possibile. Per entrambi".

Nat si gelò a quelle parole. Doveva essere qualche scherzo di pessimo gusto. Stavano sicuramente mentendo, vero? Sua moglie stava bene quando se n'era andata. Non c'era niente che non andasse. Ora, ora era tutto finito. L'unica persona che l'amava incondizionatamente se n'era andata. Colei che sarebbe invecchiata con lei e con cui avrebbe avuto una famiglia. Colei che avrebbe protetto. Se n'era andata. Per sempre.

Nat non credeva a quello che dicevano. No, finché non l'avesse visto con i suoi occhi. Oltrepassò i medici e spalancò la porta. In quel momento tutto diventò reale. Sua moglie giaceva lì, immobile. Gli occhi spenti e le labbra scolorite. Nat non poté fare a meno di liberare le emozioni trattenute.

Urlò così forte che era sicura che tutti l'avessero sentita. Crollò sulle ginocchia, mentre le lacrime si riversavano sul suo viso. I singhiozzi e le urla continuavano a uscire dalla sua bocca, senza curarsi di chi li avrebbe sentiti. Tentò di stringere Wanda, ma un paio di braccia forti la trattennero. Cominciarono a trascinarla fuori dalla stanza. "No! Lasciami stare con lei! Lasciami andare!" gridò con rabbia, mentre cercava di liberarsi dalla presa..

"Nat, fermati. Non dovresti vederla così. Non ti fa bene" disse Steve lasciandola andare e bloccando la porta. "Fammi entrare!" gli urlò in faccia mentre lo colpiva ripetutamente sul petto. Lui però non la fermò. Sapeva che era quello di cui aveva bisogno. Questo fu il giorno che spezzò definitivamente il cuore di Natasha Romanoff.


[due anni dopo]

Tutti erano nella torre. E per tutti intendo proprio tutti. Clint e sua moglie, gli Avengers e persino Nick e Maria. Yelena aveva deciso di unirsi agli Avengers, principalmente per tenere d'occhio Nat. Oggi era la festa di benvenuto per il loro nuovo membro, Carol Danvers. Fury la conosceva da tempo e così decisero di farla entrare nel team a tutti gli effetti. Tutto stava andando per il meglio, fino a quando non arrivò l'intruso.

Erano tutti in piedi nella sala principale quando Nat notò qualcosa in lontananza. Invece di fare quello che avrebbe fatto normalmente, prese una decisione d'impulso. Senza esitare, spinse Maria fuori dalla traiettoria e sentì il proiettile trapassarle lo stomaco. Prima che chiunque altro potesse reagire allo sparo, il tiratore scappò via.

Lei barcollò all'indietro, urtando il divano e cadendoci sopra. Erano tutti in stato di shock per quello che era appena successo. Clint si precipitò da lei e cominciò a fare pressione sulla ferita. Ma lei non voleva. Iniziò a spingerlo via con tutta la forza che le era rimasta, ma lui non si muoveva. " Togliti" gridò a bassa voce. "No. Nat. No. Stai perdendo troppo sangue e voglio fare il possibile per aiutarti" rispose lui facendo più pressione. "HO DETTO TOGLITI!" urlò lei con pura rabbia. Non era mai stata così arrabbiata prima. Così lui lasciò lentamente la presa e tornò da sua moglie piangendo in silenzio.

"Nat dobbiamo aiutarti. Di questo passo morirai" disse gentilmente Tony, avvicinandosi a lei a piccoli passi. "Non avvicinarti!" gridò la rossa e lui fece un passo indietro. "Ti stai dissanguando!" Steve gridò, ma lei non lo ascoltò. Non le importava. Si voltò poi verso Yelena che si stava asciugando alcune lacrime. Ma non erano di tristezza. Erano per la realizzazione di ciò che Nat voleva.

"Lena" Nat chiamò, tendendo la mano che la sorella prese istintivamente. "Va tutto bene. Torna dalla tua famiglia. Ti sta aspettando" "Lena, la rivedrò. Oggi finalmente la rivedrò" disse Nat sorridendo incontrollabilmente, facendo piangere Yelena ancora di più. "Le saresti piaciuta, Lena. Ne sono certa". "Salutale da parte mia, Nat... Ora puoi riposare". E con ciò, se ne andò.


Immediatamente Nat aprì gli occhi, solo per essere abbagliata dalla luce. "Dove sono?" Pensò tra sé e sé. "Bentornata a casa, amore mio". Nat si voltò di scatto al sentire la sua voce. Era lì in piedi con il più grande sorriso stampato sul viso. "Wanda..." Nat sussurrò asciugandosi qualche lacrima. E poi arrivò lei. "Mamma!" gridò, facendo cadere Nat a terra. "Oh, mia dolce bambina" disse Nat, saltando in piedi e facendo volteggiare la bambina.

"Ti presento tua figlia, Lena Romanova" disse Wanda avvicinandosi al duo. "L'hai chiamata come Yelena?" chiese Nat sorridendo "Certo che l'ho fatto. È molto importante. Per entrambe. Ora andiamo a casa" disse Wanda mettendo un braccio intorno alla vita di Nat e tirandola a sé per un rapido bacio.

E così si concluse la storia di Nat. Con sua moglie al suo fianco e sua figlia tra le braccia, tornando a casa. Ora nulla poteva più separarle. Erano insieme. Per sempre.

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