7. Magica

343 35 34
                                    

«Vi conoscete?» domandò la preside Gutierrez, facendo rimbalzare il suo sguardo attento ed astuto prima su Romeo e, successivamente, su Julio.

«Sì», rispose Julio mentre, contemporaneamente, Romeo esclamava: «No!»

Adéla Gutierrez inarcò un sopracciglio sottile e continuò a perforare entrambi con quel suo sguardo penetrante, quel suo sguardo da "sono la regina indiscussa di questo castello, non osate prendermi per i fondelli o vi farò dare venti frustate per la vostra insolenza dai miei sottoposti".

Julio, durante tutti i suoi anni da liceale, aveva trascorso molto tempo in quella presidenza, a conversare con la preside Gutierrez, o meglio, ad ascoltare la preside mentre gli dispensava i suoi consigli non richiesti sulla vita nemmeno fossero caramelle alla menta e senza zucchero - perché la vita era amara, soprattutto quella d'adulto -, annuendo ripetutamente per farla contenta e senza emettere una singola parola che fosse andata contro la sua ramanzina e i suoi consigli, che non si era nemmeno messo in tasca per poterli mettere in pratica da grande perché non gli erano mai interessanti.

Giocare a pallavolo con i rotoli di carta igienica, circuendo altri alunni per costringerli a giocare con lui, ripresentarsi in aula quasi un'ora dopo aver richiesto di andare in bagno per un'urgenza intestinale inesistente, oppure, stendersi sulla cattedra ad occhi chiusi e con un rosario preso in prestito dalla docente di religione per poter interpretare al meglio la sua morte dopo aver saputo di aver preso l'ennesima insufficienza in matematica, che si era andata ad aggiungere alla sua lunga collezione di voti pessimi in quella materia scientifica, non lo rendeva di certo un alunno modello, un alunno che poteva essere preso come punto di riferimento da altri alunni più fragili.

Julio aveva sempre saputo che la preside, quando l'aveva conosciuto la prima volta in seguito ad una piccola ed innocente rissa, aveva scritto una sentenza ben precisa su di lui: Julio era destinato a diventare un futuro buono a nulla, che una volta uscito dal liceo sarebbe diventato, molto probabilmente, un delinquente o un senzatetto e non un papabile presidente del Parlamento Europeo o un Greta Thunberg della sua generazione.

Ma Julio era stato cresciuto in un determinato modo da Belen Ortiz, in un modo poco ortodosso e, molto probabilmente, sbagliato per molti ma giusto per lui e che avrebbe allarmato tutti gli assistenti sociali che praticavano a Madrid perché, purtroppo, esistevano troppi pregiudizi e gente che si divertiva a puntare il dito, ad affermare a gran voce che "quella cosa non si può fare perché è sbagliata".

Belen aveva cresciuto Julio da sola e, nonostante non sarebbe mai stata la madre dell'anno, non lo aveva fatto diventare né un delinquente né un senzatetto e nemmeno un buono a nulla. E lo stesso valeva per Pilar, che, tra l'altro, era più intelligente di suo fratello maggiore e di sua madre messi insieme.

Vabbè, in questo caso non è che ci serva un particolare sforzo da parte di un qualsiasi quoziente intellettivo nella media.

Per quel motivo, non riusciva a comprendere come mai sua sorella si trovasse seduta in presidenza, accanto a quell'Adrian che Julio conosceva molto bene e che prima o poi avrebbe preso a calci nel culo, accanto al loro professore che, ironia delle ironie della sorte, era Romeo: quel tipetto tutto nervoso e gesticolante, il quale non faceva altro che finirgli tra i piedi per poi insultarlo in napoletano.

O, forse, era Julio che in qualche modo e inconsapevolmente stava manovrando i fili per finire sempre con quell'uomo vicino. Insomma, Julio avrebbe potuto ignorarlo sulla metro, evitando di tamponarlo come un vero stalker in possesso di una spilletta dorata con su scritto stalker dell'anno, come avrebbe potuto evitare di stuzzicarlo anche quella mattina al bar.

Romeo&Julio Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora