22. Abuelita

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Julio non era riuscito a dirglielo, lì, sulla terrazza del Círculo. Le parole gli si erano attorcigliate attorno alla lingua, ma sapeva dentro di sé di aver avuto davanti due delle cose che amava di più: Madrid, la sua città, e Romeo, il suo sarcastico uomo italiano.

Aveva capito dal suo sguardo adombrato che Romeo doveva esserci rimasto male quando Julio non aveva ricambiato le sua dichiarazione, eppure, nonostante il suo essere coglione, sperava di riuscire a farglielo capire con i gesti fin quando quelle parole non avessero deciso di staccarglisi dalla lingua.

Aveva sempre detto di amare la sua città, ma non aveva mai detto a nessuno di essere innamorato di lui.

Julio era sempre stato un ragazzo fisico, aveva sempre preferito il sesso all'amore. Non sapeva nemmeno cosa fosse o come si dimostrasse l'amore ad un possibile compagno, forse perché non ci aveva mai pensato o, semplicemente, non aveva mai incontrato nessuno che lo intrigasse, innervosisse e facesse ridere come un certo Romeo.

Amava sua madre, come amava sua sorella, ma l'innamoramento era una cosa diversa.

Poi aveva conosciuto un napoletano e non ci aveva capito più niente. Non che fosse normalmente un tipo sveglio. Era Pilar quella sveglia tra i fratelli, lo sapevano tutti.

Julio aveva saltellato per anni di fiore in fiore, aveva assaggiato molti tipi di pollini ed incontrato fiori di ogni tipo, ma non c'era mai stato il fiore giusto che gli avesse fatto pensare: "Wow, che polline".

Ecco, Romeo era il suo polline preferito e scoprire di essere innamorato, facendosi quell'assurdo viaggio mentale, non lo aveva nemmeno sconvolto più di tanto.

Che metafora del cazzo, Julio pensò poi tra sé e sé, mentre mordeva una spalla nuda di Romeo. Udì il suo lunghissimo gemito mentre lo faceva ricadere sul letto del suo appartamento.

Julio gli prese le mani e gliele bloccò sopra al capo mentre si metteva a cavalcioni sul corpo sottile e per nulla atletico di Romeo.

Aveva una costellazione di nei sulle spalle e sul ventre che aveva già baciato più volte. Stava per rifarlo.

Fece scorrere lentamente le dita lungo le sue braccia mentre gli lasciava un bacio proprio sulla tempia, poi sulla mascella, poi strofinò le labbra su entrambe le clavicole. Le loro erezioni nel mentre erano umide e perfettamente allineate una accanto l'altra.

«Mantieni le mani ferme sopra la testa, oh Romeo Romeo. Devo fare una cosa», gli mormorò, le labbra appiccicate al suo orecchio.

Romeo rabbrividì e Julio sorrise perché adorava avere quell'effetto su di lui dopo tutta la fatica che aveva fatto per riuscire ad avvicinarglisi. In fin dei conti, un po' egocentrico ci era sul serio.

«Porca vacca», mugugnò Romeo in italiano.

Quando Julio era assuefatto dal sesso, soprattutto dall'odore che emanavano due corpi eccitati, era ancora meno sveglio del normale, però, nonostante tutta quella nuvola di lussuria che gli appannava quel poco di raziocinio che possedeva, sentire parlare Romeo in italiano mentre era sotto di lui gli faceva schizzare l'eccitazione sempre più in alto.

Nonostante non capisse quasi un cazzo di quello che pronunciava e nonostante sapesse che spesso quello che diceva erano per lo più insulti indirizzati a lui.

L'amore era davvero strano.

Un giorno hai solo voglia di impollinare un po', mentre il giorno dopo sei addirittura contento se il ragazzo che ti piace ti insulti nella sua lingua.

¡Madre de Dios, encontré a mi Romeo! ¡Ay, y yo soy Julieta!

Gli venne da ridere.

Romeo buttò fuori uno sbuffò d'aria e la sua pelle si ricoprì di brividi. «Idiota, perché stai ridendo, invece di continuare ad usare quella lingua e quelle labbra su di me?»

Romeo&Julio Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora