19. Bidet

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«Romeo, cosa ci fai nascosto qui dietro?»

Romeo alzò il suo sguardo afflitto e disgustato dalla macchia sul pavimento che stava scrutando da un tempo indefinito, era abbastanza sicuro che quella macchia fosse un qualche genere di liquido corporeo che avrebbe dovuto rimanere all'interno dell'organismo del suo proprietario.

Posò i suoi occhi castani su quell'esemplare di spagnolo, mangiatore di proteine a tradimento, che era entrato in modo più che caotico a far parte di quella nuova fase della sua vita.

Era tutto sudato. I capelli neri fuoriuscivano da sotto il capellino messo al rovescio insieme a goccioline di sudore; aveva una bevanda energetica in una mano e la canottiera appiccicata al torace.

Romeo strizzò gli occhi e sbatté il capo contro il muro alle sue spalle. E quant'è frisc'.

Dopo aver fatto credere ad Emma e Cesare che avrebbe iniziato la sua scheda di allenamento con una corsa blanda sul tapis roulant, aveva atteso il momento giusto, quando entrambi i suoi amici erano concentrati nei loro rispettivi allenamenti, aveva, dunque, abbandonato il tapis roulant con nonchalance ed era andato a nascondersi vicino agli spogliatoi, evitando di farsi adocchiare da quei due sadici di Emma e Cesare. Ci mancava solo che lo avessero obbligato a fare l'ellittica. Roba da pazzi squilibrati.

Romeo aveva già informato Emma che non avrebbe versato nemmeno un euro per la palestra a cui lei lo aveva iscritto con l'inganno e che l'abbonamento che gli aveva fatto contro la sua volontà lo avrebbe pagato di tasca sua, che Romeo avesse iniziato a frequentare la palestra o meno.

Ma Julio lo aveva trovato ed in quel momento torreggiava su di lui, splendido, lucido di sudore e sprigionante di feromoni, quei feromoni che mandavano in tilt il gracile corpo di Romeo.

«Evito che Emma e Cesare decidano di premeditare il mio omicidio», rispose l'archeologo, posandosi un dito sul naso, ricordandosi troppo tardi di non portare gli occhiali, ma le lenti a contatto.

Quella sera si sarebbe dovuto ricordare di non addormentarsi con quegli affari negli occhi altrimenti  l'indomani si sarebbero tramutati in carta vetrata.

Julio sbuffò una mezza risata e roteò gli occhi al cielo. Romeo non si alzò, preferendo rimanere accucciato nel suo angoletto sicuro a cui ormai era affezionato. Si era affezionato anche a quella macchia di disgustoso liquido corporeo.

«Ho una sessione di crossfit tra cinque minuti, dopodiché ho terminato per oggi. Il tempo di una doccia e poi potremmo andare a mangiarci qualcosa. Cosa ne pensi?» gli propose Julio, accovacciandosi sulle ginocchia, i polpacci muscolosi che si contraevano, davanti a Romeo.

Allungò una mano verso di lui e gli scostò il ciuffo dalla fronte, Julio compiva spesso quel gesto e a Romeo piaceva fin troppo.

«Crossfit», ripeté Romeo. «L'ho sentito spesso nominare da Emma e sembra proprio qualcosa che non vorrò mai fare nella vita», rispose, arricciando naso e labbra.

Julio sghignazzò. Romeo non ne capì il motivo, lui era serio, non voleva risultare comico.

«Ti va una tortillas?» gli chiese Julio, lo guardava e sorrideva. Romeo lo guardava e gli veniva voglia di scartarlo come un Ferrero Rocher.

Poi si morse una guancia ed inghiottì a fatica la risposta che stava per dargli. Ovvero: "Sì, mi va proprio 'na frittata 'e patane". Inghiottì quella risposta solo per due motivi: primo, Romeo stava cercando di compiere un lavoro su sé stesso che, dopo molto sudore e fatica, lo avrebbe portato ad essere meno polemico nella vita quotidiana; il secondo motivo centrava con la storia, la sua più grande passione dopo il casatiello.

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