Romeo era caduto in un leggero stato comatoso dopo la veloce carezza che Julio gli aveva fatto, scostandogli i capelli dal viso. Ma quelle sensazioni di stravolgimento nel suo stomaco furono molto fugaci perché Julio aveva una capacità più unica che rara di far saltare ogni singolo nervo scoperto di Romeo.
«Mh... spero che tu abbia detto "sì, Julio, ci vengo a cena con te". Perché lo sai che non la capisco questa strana lingua che parli».
L'archeologo strabuzzò gli occhi, non capendo bene se era più agitato o incazzato.
«Mi stai prendendo in giro?» quasi sbraitò, facendo sentire al massimo la sua cadenza napoletana anche se stava continuando a parlare in spagnolo.
Julio incrociò le braccia al petto, facendo notare agli occhi di Romeo fin troppi muscoli deliziosi e che non dovevano essere così appetibili perché quel Julio era uno stronzo.
«Sul fatto che non capisco la strana lingua che parli?» chiese, sfacciato e saccente, inarcando un sopracciglio nero perfettamente all'insù. «Pensavo che su questo non ci fossero dubbi. È incomprensibile».
«No, sull'invito... su questo», asserì Romeo, muovendo spasmodicamente le mani tra di loro.
«Se anche lo stessi facendo, di certo non te lo confesserei così. Potrai scoprirlo solo accettando il mio invito», rispose Julio, arricciando le labbra in quel suo classico sorrisetto da "tanto mi dirai di sì perché sono splendido e splendente", che ormai Romeo conosceva fin troppo bene dato che gli faceva salire proprio la voglia di prenderlo a calci.
«Tu... Tu...» iniziò a balbettare, urtandosi sempre di più contro Julio e contro sé stesso perché quel ragazzo l'aveva colto di sorpresa e lo odiava.
Odiava che l'avesse colto di sorpresa, non odiava lui anche se era antipatico come la sabbia che a mare finiva in punti dove l'accesso doveva esserle vietato. Romeo non credeva di essere geneticamente capace di provare odio anche se molte persone nel suo passato da adolescente preso di mira avrebbero dovuto meritarselo.
Julio sorrise smagliante. «Eh, io sono io. Incredibile, vero? Non ci avresti mai giurato».
Romeo alzò il capo verso il cielo. «Sei sfiancante, esasperante e fastidioso».
«Uh, sono aggettivi belli pensanti. Non ne hai nessuno che sia un po' più carino? Del tipo... bellissimo?»
Romeo ritornò a guardarlo e disse: «No», secco, anche se bellissimo ci era sul serio. Ma quel dettaglio sarebbe dovuto rimanere solo nella sua testa. Anche se poteva dirgli che quel sorrisetto era da vero stronzo, nonostante tutto, lo trovava davvero affascinante.
Lo aveva ascoltato di nascosto conversare con sua sorella Pilar fuori dalla presidenza, nascondendosi poco discretamente dietro una colonna, e aveva trovato quella conversazione adorabile e anticonvenzionale allo stesso tempo. Per quanto Pilar avesse voluto provare a fingere di non sopportare la presenza di suo fratello, Romeo ero riuscito a leggere dietro ai suoi occhiali tutto il sollievo che quella ragazzina aveva provato avendolo vicino.
Romeo con sua sorella Carlotta non aveva mai avuto quel rapporto, loro si stavano antipatici a vicenda sul serio.
«Perché?» domandò Julio.
Romeo si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni, i palmi avevano iniziato a sudargli più per il nervosismo che per il caldo afoso di quella mattinata di inizio settembre. Caldo e Julio erano un mix letale per l'archeologo.
Era quasi tentato di prendere il cellulare ed iniziare a digitare il numero di emergenza spagnolo. A breve gli sarebbe servita un'ambulanza, lo sapeva.
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Romeo&Julio
ChickLitRomeo è un archeologo trentaquattrenne con la passione per la storia di Pompei, il Vesuvio e... la musica neomelodica. Per non rimanere troppo attaccato alla sua famiglia e alla sua città, Napoli, decide di dare una "svolta" alla sua vita da pensio...