20. Gracias, profe

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Romeo uscì dal liceo madrileno con pochissima voglia di andarsi ad infilare nell'angusta metropolitana, la cui aria odorava fin troppo spesso di sudore, cipolle e di altri disgustosi fluidi corporei.

Aveva bisogno, però, di una doccia e di levarsi quella camicia pezzata di sudore. Grazie al cielo, non puzzava come la frittata di cipolle di sua madre, ma avvertiva ancora un leggero sentore di deodorante. Era settembre inoltrato, ma a Madrid l'autunno non voleva proprio arrivare, continuava a fare caldo e c'era un tasso di umidità pari a quello di una foresta peruviana durante la stagione delle piogge.

«Maronn 'ro Carmine, se jett 'o sang», mormorò Romeo in napoletano e a bassa voce, staccandosi la camicia dal petto.

Mentre continuava a spiccicarsi la camicia dal corpo, borbottando imprecazioni come un vecchio signore settantenne davanti a dei cantieri incompiuti, con la coda dell'occhio notò una famigliare coda di cavallo castana che fluttuava velocemente nell'aria umida.

Romeo si aggiustò gli occhiali e vide perfettamente Pilar correre verso Adrian, il quale stava camminando con le cuffie nelle orecchie e le mani nelle tasche dei jeans larghi mentre scrutava il resto del genere umano che si muoveva attorno a lui proprio come Romeo fissava chi metteva il ketchup sulla pasta o come sua nonna Maria aveva osservato Carlotta, sorella di Romeo e sua nipote, quando, dopo un viaggio studio di sei mesi negli Stati Uniti, tornata in Italia aveva iniziato ad inserire una parola inglese ogni tre parole italiane. Nonna Maria, dopo una settimana passata ad ascoltare la nuova dialettica di sua nipote, gli aveva urlato: «Carlò, tu si' nata a Napule, non in America, parla buon' o statt' zitt'».

Un applauso di gruppo per nonna Maria, per favore. La nonna era l'unico essere umano in grado di zittire quella sapientona di Carlotta Luongo.

Romeo si sistemò la tracolla da lavoro e, mimetizzandosi con il resto del genere umano che circolava attorno a lui, rimase ad osservare i due adolescenti perché... perché semplicemente voleva sapere.

Adrian si girò, osservò Pilar dalla testa ai piedi; Pilar tentava di non rimpicciolirsi sotto lo sguardo del ragazzo, poi gli indicò un orecchio ed Adrian sbuffò, si tolse una cuffia e disse qualcosa; anche Pilar disse qualcosa e Romeo pensò a quanto sarebbe stato fantastico avere il super udito.

Adrian, dopo qualche attimo passato in silenzio, trascorso a fissare Pilar, fece un brusco cenno affermativo con il capo, si rimise la cuffia a posto, le diede le spalle e si diresse a lunghe falcate verso il bar del fratello.

Romeo vide Pilar buttare fuori un lungo respiro, come se durante tutta quella breve chiacchierata avesse trattenuto il fiato, per poi infilarsi anche lei le auricolari nelle orecchie ed incamminarsi verso la fermata della metro.

L'archeologo, professore ad interim, decise di raggiungere anche lui il bar di Carlos perché, se ne avesse avuto l'occasione, avrebbe proprio detto due parole a quel bulletto di Adrian.

Forse, avrebbe dovuto farsi i fatti propri... ma era un italiano medio, meridionale al 100% in determinati casi, quindi, semplicemente, non si sarebbe fatto gli affari suoi.

Sicuramente, Pilar doveva avergli parlato del lavoro di gruppo assegnato alla classe da Romeo e lui avrebbe mantenuto fede alla sua promessa di tenerle Julio lontano dai piedi.

Così, ignorando le ascelle pezzate e i capelli increspati dall'umidità e dallo schifo di giornata trascorsa, attraversò la strada e, dopo un breve tragitto, entrò nel piccolo bar di proprietà di Carlos per trovarsi davanti Cesare.

A Romeo venne istintivo alzare gli occhi al cielo perché quel ragazzo, in qualche modo, era sempre in mezzo ai piedi.

«Te dije que no soy interesado en salir contigo» "Ti ho detto che non sono interessato ad uscire con te", stava dicendo Carlos mentre asciugava nervosamente dei bicchieri.

Romeo&Julio Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora