23. Nel blu dipinto di blu

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«Cosa sta succedendo, qui?»

Sua sorella minore continuava a stritolarsi le dita delle mani, fino a sbiancarsi le nocche, mentre, con le gote decisamente troppo arrossate, lanciava occhiate sospette verso quello che era sempre stato il suo più grande nemico, la sua spina nel fianco. L'evento che era successo ad inizio anno scolastico, quando Julio era stato costretto ad incontrarsi nuovamente con la sua amata ex preside, ne era stata solo una piccola testimonianza.

«Beh...» iniziò a balbettare Pilar. Adrian emise l'ennesimo sbuffo scocciato. «Oggi avrò anche un chitarrista... finalmente. Non avrò solo la tua voce ed il ritmo del cajon suonato da te», spiegò, la sua voce era insicura e veloce. Sua sorella aveva timore per la sua reazione.

Julio odiava quando sua sorella aveva timore di lui. Non succedeva quasi mai e quando succedeva lui finiva per sentirsi in colpa. Voleva solo proteggere sua sorella e spesso tendeva ad interpretare, oltre al suo ruolo di fratello maggiore, anche quello di un padre. Il padre che nessuno dei fratelli Ortiz aveva avuto.

Riportò gli occhi sul fratello minore e disastrato di Carlos, lo guardò. Lo guardò come non lo aveva mai guardato. Julio poteva dire di aver visto nascere Adrian e pochi anni dopo la sua nascita erano iniziati ad arrivare i primi problemi nella sua famiglia, quei problemi che avevano spinto il suo migliore amico a diventare adulto troppo in fretta e a rinunciare a molti dei suoi sogni.

Adrian non aveva colpe. Tutta quella corazza da bullo idiota se l'era costruita attorno solo per proteggersi e Julio non era nemmeno così stupido, come spesso doveva passare.

Alzò gli occhi al cielo e spalancò la porta. «Entrate prima che cambi idea», non l'avrebbe mai cambiata, ma doveva continuare ancora un po' con quella farsa su lui che non era a conoscenza dei loro incontri quando era impegnato con la palestra o quando Romeo cercava di distrarlo in tutti i modi.

«Adrian, aiutami a spostare il divano per fare spazio e fai finta che quello seduto su di esso non sia il tuo professore di storia ma, semplicemente, il mio ragazzo. Pilar, recupera il cajon», Julio diede gli ordini.

Pilar schizzò dentro casa con Paz che le saltellava dietro, scodinzolando; Romeo sorrise a Pilar e si alzò dal divano per permettere a Julio ed Adrian di accantonarlo vicino il bancone della cucina così da creare più spazio per permettere a Pilar di esibirsi.

Adrian alzò gli occhi al cielo. «Come se me ne fregasse qualcosa di chi ti trombi, Julio». Ragazzino impertinente.

Julio gli diede uno scappellotto dietro la testa. «Smettila, prima che ti prenda a calci. Quello è il tuo cazzo di professore».

Nonostante il colpo contro la nuca, al quale ne sarebbe molto presto seguito un secondo ed un terzo, Adrian sogghignò. «Ma se mi hai detto di fingere che non lo sia».

«Chiudi quella bocca e spingi questo dannato divano. Sappi che tu, mia sorella ed il mio ragazzo professore non siete così furtivi come credete. So benissimo che vi incontrate qui sopra per quel famoso progetto di storia», rivelò.

Adrian ebbe la decenza di sgranare appena gli occhi, distolse velocemente lo sguardo da quello di Julio e ritornò e nascondere gli occhi sotto la visiera del suo cappellino mentre aiutava Julio a spostare il divano.

Quando Julio si raddrizzò e si girò, trovò Pilar e Romeo, immobili e bianchi, l'uno accanto all'altra. Julio sogghignò ed incrociò le braccia al petto. «Non sono stupido».

«Non l'ho mai pensato», si affrettò a dire Romeo. Poi storse le labbra in una smorfia. «Cioè, all'inizio un po' l'ho pensato, ma poi ho cambiato idea».

Julio sbuffò una mezza risata. «Beh, meno male». Si avvicinò a lui e gli afferrò il mento con una mano. «Non nascondermi più nulla», gli mormorò contro le labbra prima di scoccare un bacio su di esse. Romeo aveva le pupille dilatate, i suoi occhi castano-dorati divennero ancora più belli. Julio adorava quando riusciva ad ammutolire il suo ragazzo chiacchierone.

Romeo&Julio Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora