𝟏𝟏.

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𝐈𝐕𝐑𝐄𝐒𝐒𝐄
© 𝗅𝖺𝗉𝗂𝗅𝗅𝗐𝗌

san's pov

La ragazza del tre gli sarebbe certamente stata più utile di lui: non si opponeva, era un'ottima esca, e il suo distretto era una garanzia. Chiunque aveva visto la quantità di bombe carta e altri congegni che era riuscita a fabbricare — ancora meglio, disinnescare —nell'arena di prova. Se i favoriti avrebbero deciso di salvare uno dei due, dicerto non sarebbe stato lui.

Gli artefici del suo destino sembravano ignari del panico che trasparì sul suo viso apparentemente dormiente, tanto che già stavano pregustando il divertimento della giornata successiva.

Quando finalmente tutti si furono coricati, San attese ancora qualche secondo, poi si costrinse ad aprire gli occhi. Non c'era nessuno di guardia, come previsto: più della metà dei tributi era morta, ormai, e il loro era l'unico gruppo ancora numeroso. I favoriti non avevano nulla di cui temere, perciò riuscivano a godersi un sonno profondo persino in quel luogo spettrale.

Ancora una volta, si fece la stessa identica domanda. Voleva morire?
Dopo quello che aveva passato nei giorni precedenti, voleva morire?
In un modo così umiliante, voleva morire?
Dopo essere arrivato fin lì, voleva morire?

In risposta, i suoi muscoli si sollevarono in posizione seduta.
Una lampadina brillò della potenza di un faro nella sua mente.

Con la massima precauzione, consapevole di non avere dei passi di velluto, proseguì a tentoni nella flebile luce lunare. Allontanandosi dal falò il riflesso del corpo celeste sopra di lui era l'unica cosa a cui poteva affidarsi, mentre le tenebre inghiottivano la sua figura. Una condizione così vulnerabile che chiunque avrebbe potuto coglierlo di sorpresa.

Si costrinse a pensare lucidamente, nonostante la stanchezza. Non aveva una torcia con sè, perciò assottigliò gli occhi e si avvicinò lentamente ad uno dei cespugli intorno a lui, a pochi metri dall'accampamento. Se i suoi calcoli non erano sbagliati, il giorno precedente in quei dintorni aveva visto qualcosa che sapeva gli sarebbe stato utile in futuro. Anche se la vista non gli era d'aiuto, un forte odore pungente travolse le sue narici. Davanti a lui c'erano due boccioli di veratro bianco.

Conosciuto anche come veratrum, era una delle prime piante su cui venivano messi in guardia gli studenti del suo distretto: una minima quantità delle sue radici poteva provocare sintomi che andavano dall'alterazione cardiaca alle vertigini e, nel peggiore dei casi, al collasso immediato.

Ne raccolse due steli intatti — meglio abbondare, per essere sicuri — e in silenzio tornò all'accampamento. Raggiunse il luogo in cui era stesa Yunhee e, da dietro le sue spalle, si chinò e adagiò il Veratrum a qualche centimetro dal suo viso. Dopo essersi risollevato diede un'ultima occhiata, verificando che fosse abbastanza vicino. Poi, come se niente fosse, tornò a dormire.

ll profumo era quasi inodore, eppure a lunga esposizione l'effetto poteva essere letale.Un'intera notte sarebbe dovuta bastare.

Nel migliore dei casi, la mattina seguente l'avrebbero trovata inerme. Al contrario, per San sarebbe stata la fine. Yunhee non doveva svegliarsi.

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Il sole si stava levando all'orizzonte. Gli occhi di San si spalancarono d'istinto, reduci della tensione che lo accompagnava dalla sera prima. Si voltò verso Yunhee. Era stesa nella stessa posizione in cui l'aveva lasciata. Da quella distanza non era facile capire se il suo petto si stesse muovendo o meno, tuttavia non avrebbe certo potuto alzarsi e andare a verificarlo da sè se non voleva destare sospetti. Così richiuse gli occhi e attese che qualcun'altro lo facesse al posto suo.

₊ ⊹ rend the dollDove le storie prendono vita. Scoprilo ora