𝐄𝐏𝐈𝐋𝐎𝐆𝐔𝐄

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𝐂𝐇𝐄𝐕𝐄𝐔𝐗 𝐑𝐎𝐔𝐗
© 𝗅𝖺𝗉𝗂𝗅𝗅𝗐𝗌

(𝘁𝗿𝗲 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗶 𝗱𝗼𝗽𝗼 𝗹'𝗮𝗿𝗲𝗻𝗮)

Tutta Capitol esultava. Qualcuno lo guardava storto. Qualcuno urlava come la sua vittoria fosse scontata, come se il podio sul quale torreggiava fosse sinonimo di fortuna. Non provava più alcun senso di superiorità. Non si sentiva un paladino, come credeva. Più uno zimbello pubblico.

Qualcuno gli chiese di Namra. Qualcuno gli chiese di lui. Tutte quelle domande gli scivolavano addosso come acqua, mentre a testa alta guardava davanti a sé.

La prima cosa che suo padre gli aveva insegnato era che gli uomini non potevano piangere. Eppure in quel momento faticava a tenere le lacrime dentro di sè. Gli occhi bruciavano, il viso ardeva di rabbia. Senza abbassare lo sguardo si accorse di avere i pugni stretti ai fianchi.


(𝗾𝘂𝗮𝘁𝘁𝗿𝗼 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗶 𝗱𝗼𝗽𝗼 𝗹'𝗮𝗿𝗲𝗻𝗮)

Anche il distretto sembrava pullulare di festeggiamenti. Il sindaco gli porse un mazzo di fiori. «Non sarà niente per te, caro, e tutte le tue ricchezze. Ma accetta le mie congratulazioni.»

Anche sua figlia sembrava riservargli fin troppe attenzioni, con una mano poggiata sul suo braccio e un sorriso compiaciuto.

«La tua famiglia non vedrà l'ora di rivederti.»

Eppure non provava felicità. Il vuoto dentro di sè continuava a ricordargli che la sua famiglia non sarebbe mai stata al completo. Si portò una mano al petto, sentendo il peso di un cuore trasformato in pietra, come nelle favole che leggeva da bambino.

Cos'era la gloria, quando anche in mezzo ad una folla venerante si sentiva piccolo, debole, insulso? Nell'arena non si era mai sentito solo.


(𝗰𝗶𝗻𝗾𝘂𝗲 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗶 𝗱𝗼𝗽𝗼 𝗹'𝗮𝗿𝗲𝗻𝗮)

Nonostante l'abitudine ai riflettori, quella luce fredda puntata dritta sul viso lo infastidiva. Sembrava di parlare con la macchina davanti a lui anziché con il pubblico.

«Oggi abbiamo qui il nostro paladino. Immagino che le ragazze facessero la fila per lui anche prima, ma oggi le signore sembrano in estasi!», l'uomo davanti a lui scoppiò in una risata fragorosa, mentre dal pubblico si levavano gridolini compiaciuti.

I due presentatori che l'avevano intervistato il primo giorno erano seduti – anzi, accasciati –  comodamente nelle poltrone di fronte a lui. Lo trattavano come un amico di vecchia data appena tornato da un viaggio. Dopo quelli che parvero minuti interminabili nei quali venne ripercorso ogni dettaglio della sua avventura – o almeno così la definirono loro – non aveva più nulla da dire.

«La tua stilista ha fatto davvero un bel lavoro.» lo complimentarono facendo cenno alla sua acconciatura. In realtà aveva i capelli tirati completamente indietro, ad eccezione di qualche ciocca che gli ricadeva sulla fronte. Non riusciva nemmeno a prendersi dei complimenti che solo qualche mese prima l'avrebbero mandato al settimo cielo.

«Veri e propri riflessi di fuoco.» annuì l'altro.
«Sono naturali?»
«Certo che no!» rise il compagno, «Non le conosci le nuove mode dei giovani!»
Non si preoccupò nemmeno di ribattere. Era sicuro che allungando una mano avrebbe avuto abbastanza forza di volontà per strangolarli entrambi.

«Figliolo, illuminaci. So che c'è una domanda che chiunque si sta chiedendo là dietro.»
«C'è mai stato qualcosa tra te e Ye Won?»

L'ironia della situazione lo fece quasi scoppiare in una risata isterica. Odiava come erano soliti considerare quei giochi. Odiava che si concentrassero sullo spettacolo e non su tutto il resto, anche se, d'altronde, era ciò che l'aveva portato alla vittoria. Odiava che stesse parlando di una ragazza morta in quel modo. Ma odiava che ignorassero tutto il resto. Odiava che ignorassero lui. Lui doveva essere ricordato. Non avrebbe permesso il contrario.

Rimase in silenzio.

«Dev'essere difficile. Ti comprendiamo tutti, qui.», l'uomo a destra gli posò una mano sul ginocchio. «Non è vero, signori?»

Un grido di assenso si protrasse per il pubblico, come se si trattasse di uno stadio.

No, non comprendete niente.

Era certo che l'uomo contasse sulle sue capacità di manipolare l'audience. Di tirare fuori qualche battuta, satira o freddura che sia, per concludere in bellezza. Qualcuno, gli anni passati, aveva tirato fuori una poesia su due piedi. Gli ci volle un po' per capire che non avrebbe ottenuto ulteriori risposte da lui, e fu allora che si decise a congedarlo.

Areya gli rivolse un sorriso compassionevole da lontano.
Ti capisco. Hai fatto il tuo dovere. Puoi scendere da lì adesso.

«Fateci sentire un applauso per Choi San, vincitore degli 89esimi Hunger Games!»

NOW I HAVE TO REMEMBER YOU
FOR LONGER THAN I HAVE KNOWN YOU.

NOW I HAVE TO REMEMBER YOU FOR LONGER THAN I HAVE KNOWN YOU

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m. speaks !
𓆝 𓆟 𓆞 𓆝 𓆟
e con questo si chiude per davvero la mia rtd,
  (con le lacrime agli occhi per aver perso il mio personaggio preferito, e voi direte allora perché l'hai ucciso, e io vi dirò che doveva andare così)
per quanto san si ritenga solo, a differenza degli altri ha qualcuno da cui deve tornare. wooyoung ha perso tutto, l'ha capito e l'ha lasciato andare.

credo scapperò prima che possiate uccidermi, ma questa é la legge degli hunger games 😀 per quanto faccia male (tanto)

CI TENGO A DIRE CHE MANCANO DUE GIORNI ALLA BALLATA DELL'USIGNOLO E DEL SERPENTE

il libro è assurdo, la collins non si smentisce mai e ho perso tutti i capelli aspettando un nuovo film 🙏🏻 ora che sta davvero per succedere non mi sembra reale
GIURO

addio vi voglio bene, alla prossima!!
(astoria avrà qualche sorpresina😜)

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 20 ⏰

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