𝟐𝟒.

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𝐓𝐄𝐌𝐏𝐒 𝐏𝐎𝐔𝐑 𝐋'𝐄́𝐏𝐑𝐄𝐔𝐕𝐄 𝐃𝐄 𝐅𝐎𝐑𝐂𝐄
© 𝗅𝖺𝗉𝗂𝗅𝗅𝗐𝗌

wooyoung's pov

Durante gli anni in accademia Wooyoung aveva spesso fantasticato sul giorno della resa dei conti. Quello in cui avrebbe messo piede sulla pedana e sarebbe entrato finalmente nell'arena. Aveva trascorso giorni, mesi, anni di allenamento, rigide norme e insegnanti senza pietà, solo per comprendere che tutto ciò era stato inutile.

Al distretto si insegnava ad essere forti. Ad affilare una lama per renderla letale quanto un artiglio, a colpire un nervo ad occhi chiusi, a costruire trappole adatte ad ogni bioma. Ma nessuno gli aveva mai mostrato come controllare la mente. Come domare quel turbine che l'arena sapeva crearti dentro. Il dolore di perdere qualcuno per cui avresti dato la vita, che lacerava la pelle come una ferita impossibile da rimarginare.

La verità era semplice: a nessuno all'accademia sarebbe importato di lui nel momento in cui sarebbe rimasto solo, travolto e sepolto dall'uragano. L'avevano privato del suo nome, definendolo in ogni intervista il diamante di stagione. Inizialmente quel nominativo l'aveva fatto sentire importante, aveva riempito il suo ego. Col tempo, però, aveva cominciato a desiderare di poter tornare Wooyoung.

Come i precedenti vincitori e sconfitti del suo distretto, anche lui sarebbe stato un qualsiasi vincitore o sconfitto. Un premio o una delusione per la sua gente, questo era ciò in cui l'arena l'aveva trasformato dal momento in cui era salito su quella fantomatica pedana. Niente di più.

Ma a San sì. A San importava. Lui non l'aveva lasciato solo. Si era accovacciato, gli aveva teso la mano e l'aveva tirato fuori da lì. Per lui non era vincitore o sconfitto. Era tutto ciò che voleva essere: Wooyoung.

Non appena la luce dell'alba si fece spazio tra le piccole aperture del soffitto della grotta, il rosso scosse la testa, scacciando i pensieri. Improvvisamente diventò cosciente della situazione e si chiese da quanto tempo fosse sveglio a fissare il vuoto, facendosi ancora più confuso accorgendosi che, francamente, non ne aveva idea. Voltandosi di lato vide San stropicciarsi gli occhi accanto a lui, così si spostò leggermente per appoggiare la fronte alla sua. I suoi capelli biondi sapevano di muschio fresco.

Una volta in piedi i due storsero il naso non appena si accorsero che, dopo l'abbuffata della sera prima, non era rimasto nemmeno un osso di selvaggina per la colazione. Il biondo si propose di uscire per cacciare qualcosa, ma si ricredette subito rendendosi conto che non ne avevano bisogno, poichè a distanza di poche ore sarebbe finita. Così, dopo aver concordato sul lasciare nella grotta tutto ciò che li avrebbe rallentati, il rosso strinse i coltelli alla propria cintura e San si mise lo zaino in spalla.

«Il loro accampamento era a nord. Ma qualcosa mi dice che, dopo la morte di Treech, si sia spostata dalla parte opposta.»
Wooyoung annuì. San ragionava sempre mettendosi nei panni del nemico; forse così era sopravvissuto a tutte quelle settimane tra le grinfie del suo gruppo, i favoriti. Immedesimandosi nella mente degli altri, e nella sua.

Fu solo dopo un paio d'ore di cammino che, forse stremati dal sole cocente, forse illusi dalle allucinazioni della sete, i due udirono dei suoni indistinti nella radura che stavano per raggiungere. Convinto del fatto che due persone non potevano avere la stessa allucinazione nello stesso momento, Wooyoung si gettò dietro al cespuglio più vicino e tirò San con sè.

Quest'ultimo sollevò la testa da terra stordito, mormorando un ce n'era bisogno? a denti stretti, mentre cercava di togliersi la terra dal viso in silenzio. Wooyoung lo fece per lui, e con lo sguardo tornarono entrambi concentrati sulla distesa poco più in là.

Si immobilizzarono sul posto non appena un tonfo sordo rimbombò per tutta la foresta. Stormi di uccelli si levarono dai rami, e il cielo si coprì di nubi scure. Un colpo di cannone.

Fu San il primo a sollevarsi. In silenzio percorse i pochi passi che li separavano da quel suono mentre il rosso gli copriva le spalle, poi, con un cenno, fece alzare anche lui.

Steso a terra, il suo corpo senza vita aveva ancora degli spasmi che San definì come familiari.
Le dita della sua mano erano tinte di rosso porpora, poco lontante da un sacchetto di iuta.

«Quello.. era tuo.» Wooyoung lo sfiorò col pollice.
«Sì.»

Il rosso sollevò lo sguardo, mentre i tasselli del mosaico si univano dopo l'altro.
La trappola che San aveva seminato tempo prima non era mai stata un fallimento come lui aveva detto. E quella non era la prima persona che San aveva ucciso con le sue bacche. Ma che importanza aveva ora? Qualcosa nel suo sguardo gli diceva che, chiunque fosse stata la prima vittima, se ne pentiva amaramente.

I due rimasero in silenzio per un momento indefinito. Come di routine, la sua mente stava già viaggiando alla massima velocità: andarsene via dal corpo per lasciare che venisse prelevato, tornare all'accampamento, controllare le trappole, assicurarsi che le ragazze stessero bene. Ma le ragazze non c'erano più, e quella non faceva parte delle loro solite perlustrazioni. Era l'ultima.

I loro occhi si incrociarono come spade. A casa dovevano essere milioni gli spettatori che, incollati agli schermi, stavano mangiando con gli occhi quel momento. Probabilmente molti di loro pregavano che non finisse mai: i cittadini di Capitol, risucchiati come ingenui dall'intrattenimento della loro storia d'amore, e quelli dei distretti, che sapevano che dopo quell'edizione dei giochi ce ne sarebbe stata un'altra, poi un'altra ancora e ancora.

Nessuno osava dire una parola. Come di riflesso alla loro perplessità, anche la foresta sembrava essersi improvvisamente taciuta. San aveva i pugni stretti, ma l'altro non si avvicinò per prendergli la mano e rassicurarlo. Continuava a guardare in alto, aspettando la rettifica dello stratega: ci sarebbero stati due vincitori. Perché, sì, credeva con tutto sé stesso che quello era ciò che sarebbe successo di lì a poco.

Eppure trascorsero i secondi. Poi minuti. Forse addirittura un'ora – aveva perso la cognizione del tempo lì dentro. Nessuna voce, nessun raggio luminoso che indicava che la regia avesse la minima intenzione di cambiare idea.

Li avevano lasciati lì, l'uno davanti all'altro, ed il diamante comprese che il sipario del loro spettacolo non si sarebbe chiuso da solo.

Un raggio di sole illuminò la lama splendente nella sua mano sinistra, come un invito a rispettare ciò che aveva promesso sin dall'inizio. Erano rimasti solo due tributi in vita nell'ottantanovesima edizione degli Hunger Games. Choi San e Jung Wooyoung.

La guerra, l'amore e la pace si facevano in due. Ma il sipario chi l'avrebbe chiuso?

m. speaks !
𓆝 𓆟 𓆞 𓆝 𓆟
la fine di un'era 😭

le mie storie vivono di finali aperti, ma stavolta mi sembra più giusto un sondaggio: volete davvero un altro capitolo?

₊ ⊹ rend the dollDove le storie prendono vita. Scoprilo ora