𝟏𝟗.

120 15 24
                                    


𝐓𝐄𝐑𝐑𝐄 𝐀𝐌𝐄̀𝐑𝐄
© 𝗅𝖺𝗉𝗂𝗅𝗅𝗐𝗌

san's pov

Il gruppo si era riappacificato, se così si poteva dire. A dire il vero, non c'era mai stata una disputa se non nella mente di San. Forse sarebbe stato più corretto dire che stava iniziando a fare pace con sè stesso, con l'idea che non doveva esserci una ragione per ogni cosa: la sua era una mente pragmatica, sempre all'erta per eventuali minacce. L'arena, in tutta la sua insensata imprevedibilità, era pura distruzione per quelli come lui.

Sotto consiglio del diamante, prima che la radura venisse illuminata dalle luci dell'alba, i favoriti avevano lasciato delle trappole nella zona circostante la cornucopia. Lui aveva trascorso la sera prima a cercare cespugli di bacche velenose – qualsiasi fosse il genere presente nell'arena, dovevano esserci – mentre Wooyoung e Ye Won avevano strappato i suoi sacchi di iuta per simulare una caduta accidentale nel fango. Namra, ancora troppo debole per sollevarsi e lavorare, li aveva tenuti d'occhio finchè il sonno non aveva avuto la meglio su di lei.

Dopo aver raccolto una quantità sufficiente di frutti, li avevano rilegati nei sacchi e San li aveva dispersi nella radura, facendo attenzione a schiacciarne a terra un paio con i propri stivali per rendere la simulazione più credibile. Un tributo di qualche basso distretto, a corto di sponsor, che raccoglie bacche per sopravvivere. I favoriti svoltano l'angolo e lui inizia a correre all'impazzata, facendo cadere le sue appetitose provviste nel mentre, pronte per essere rubate dal prossimo passante. Il ragazzo annuì, soddisfatto dalla sua messa in scena. Lo spettro della fame avrebbe reso cieche anche le menti più aguzze.

⋆⋆⋆

In quel luogo non esistevano orologi, eppure il ragazzo avrebbe scommesso che fossero passate almeno tre ore dal momento in cui si era arrampicato in cima all'albero, sul quale si stava quasi per addormentare, rischiando di finire rovinosamente a terra. Riusciva quasi a sentire pelle del suo viso sfrigolare sotto ad un'esposizione così prolungata ai raggi solari – sempre che non si trattasse di una delle tante allucinazioni che la stanchezza si divertiva a giocargli.

Proprio quando, stremato e arrostito come uno spiedo domenicale, stava iniziando a credere che non avrebbe funzionato, San udì un lieve colpo di tosse e scattò sull'attenti. Si alzò con cautela, scese a terra servendosi della fune dei favoriti e ripercorse il letto del fiume, mentre quel rumore si intensificava, avvicinandosi ad un soffocamento vero e proprio. Aveva forse fatto centro col suo stratagemma? Uno dei due tributi dell'undici? O forse la ragazza dell'otto, che non aveva ancora visto nemmeno una volta, lì? Chiunque fosse, doveva essere sul punto di morte.

A passi distinti, senza far rumore, il ragazzo proseguì finchè la scena non si fece nitida davanti ai suoi occhi: una sagoma si stava accasciando a terra, fino a crollare con un tonfo sordo. Persino a quella distanza era riconoscibile il colore luminoso, quasi di un altro mondo, delle bacche strette tra le dita dello sconosciuto.

Fece ancora qualche passo in avanti, finchè non fu costretto a fermarsi. Costretto dalla sua mente, dai suoi polmoni che avevano rifiutato di incanalare l'aria per un paio di attimi, dal cuore che aveva saltato un battito di troppo, risultando in un capogiro. Si appoggiò alla quercia accanto a lui, riprendendo aria ed equilibrio.

Se quel vago, lontano istinto di sopravvivenza l'aveva paralizzato per un attimo, ora stava correndo senza sosta, incurante dei muscoli rigidi dopo ore senza movimento e del rumore degli stivali sui rami seccati dal sole.

«Yeosang!»

Accartocciato, il sacco di iuta giaceva accanto al suo fianco sinistro. Le labbra erano bagnate da quello spaventoso color rossastro. San non sapeva se temesse di più sapere se fosse sangue o residuo di quei frutti. Ma non c'era spazio per le domande, la risposta era chiara davanti ai suoi occhi.

₊ ⊹ rend the dollDove le storie prendono vita. Scoprilo ora