𝟏𝟔.

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𝐔𝐍 𝐀𝐈𝐑 𝐃𝐄 𝐑𝐈𝐄𝐍
© 𝗅𝖺𝗉𝗂𝗅𝗅𝗐𝗌

san's pov

San si sentiva attraversato dai brividi come fulmini schiantatosi sulla steppa, scuotendolo da testa a piedi.

Namra, intanto, aveva assunto un tono ancora più incalzante, convinta della sua idea.
«Andiamo. Volevamo spettacolo, no? Cosa c'è di meglio di questo

San lo sapeva: era la moda dei ricchi, ormai. Mentre nei distretti bisognava tenerselo per sé come un segreto professionale, a Capitol le relazioni dello stesso sesso erano diventate una consuetudine da sfoggiare come una nuova capigliatura. Lui non avrebbe voluto essere il burattino che seguiva le masse, ignorando il chiaro insulto ai propri valori.

Ma Namra aveva ragione. Un favorito e un tributo del sette. Un duello all'ultimo sangue, e poi, l'amore. Una novità con la n maiuscola, così inconcepibile che sembrava un eufemismo. Gli sponsor, gli aiuti, le acclamazioni. Sarebbero arrivati a valanghe.

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Alla fine, di fatti, aveva ceduto. Tutti avevano concordato, però, che non poteva succedere tutto d'improvviso, altrimenti la situazione avrebbe sollevato più sospetti che adorazioni.

Namra e il ragazzo stavano salendo il piccolo sentiero che portava in cima alla collina che sovrastava la cornucopia, così da avere una visione d'insieme più chiara. Gli altri erano rimasti a terra, come sempre, a controllare i dintorni. Il biondo iniziava percepire il loro nervosismo nella monotonia delle ultime giornate. Far alterare ancor di più il rosso non era certo nei suoi piani, specialmente con una messa in scena che avrebbe potuto scartare come un'idea da quattro soldi.

«Dobbiamo parlarne con Wooyoung, prima.» disse, tornando al discorso di poc'anzi.
«Già fatto.» lo canzonò la ragazza con una risata.
San si trattenne dallo strabuzzare gli occhi davanti alla semplicità con cui affrontava quella conversazione.
«Ha accettato?»
«Perchè non dovrebbe?» Namra rise ancora, legandosi i lisci capelli neri prima di iniziare ad arrampicarsi sul tronco di una pianta piena di frutti rossastri. Nemmeno San, cresciuto nelle foreste, sarebbe riuscito ad identificarli: erano artificiali, creati per l'arena. Ciò significava che avrebbero potuto essere miracolosi oppure mortali, senza vie di mezzo.

«Sei molto più bello dei ragazzi che portava a casa al distretto.» la ragazza continuò a spettegolare con nonchalance dalla cima dell'albero, tagliando un paio di rami con il coltello da caccia. «Avevano i capelli come fuliggine! I tuoi sono biondi come il sole, invece.»

Come il fratello, Namra riservava belle parole per chiunque, così esperta nell'arte di conquistarsi il pubblico che le veniva naturale in qualsiasi relazione umana. Non si curò minimamente dei suoi complimenti, perchè la sua mente si era fermata alla prima frase.

Non appena la vide scendere scosse la testa allontanando quei pensieri e si avvicinò all'albero. Allungò una mano e la aiutò a saltare a terra. Sul suo volto c'era un sorriso soddisfatto, mentre tra le mani teneva due frutti grandi tanto quanto le loro teste.

«Credi siano commestibili?»
San ricordò cercò di fingersi al suo livello d'esperienza.
«Non lo so. Il colore sembra troppo acceso, però. Al campo di prova hanno detto di evitare frutti del genere.»
La ragazza lo guardò sconcertata. «Mi hai fatto fare tutta questa fatica per niente? Ti piace farmi perdere tempo, non è così?» Gli tirò un colpo sulla spalla; dal suo broncio, tuttavia, si leggeva una nota d'ironia. Dal momento in cui lui aveva smesso di diffidare dei favoriti, integrandosi tra loro, anche lei aveva rimosso la sua armatura d'argento. Non era più la tacita ombra del fratello, ma una mente che ragionava secondo le sue regole e senza paura di dimostrarlo.
«Li porteremo a Ye Won, allora. Ci mostrerà lei i loro effetti collaterali.»

L'altro inarcò un sopracciglio davanti a quella battuta. Era vero, allora, che quella ragazza non andava a genio nemmeno alla più socievole del gruppo.

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Come primo giorno di spettacolo, a San sarebbe bastata una parola per definirlo: imbarazzante. Secondo Wooyoung avrebbero dovuto camminare più vicini, secondo lui più lontani. Secondo Namra sarebbe stato più credibile lanciarsi qualche occhiata, ma per Ye Won il pubblico l'avrebbe interpretata come odio anzichè interesse. Insomma, sembrava avessero convocato quattro registi diversi per lo stesso cortometraggio.

Alla fine i due si erano limitati a passare il pomeriggio insieme. «Senza messe in scena il pubblico ci crederà», aveva detto il rosso. Ma, come ci si poteva aspettare da due tributi con origini opposte, non fu una passeggiata trovare un argomento in comune.

San sapeva già parecchio della famiglia dell'altro, come del resto tutta Panem, tuttavia restò ad ascoltare quando lui proseguì con i dettagli. Wooyoung e Namra, i due figli modello, e due genitori conosciuti in tutto il distretto. Suo padre aveva vinto la 65esima edizione, perciò il rosso aveva goduto degli insegnamenti di una specie di secondo mentore per tutta la vita. L'aveva iscritto ad un'accademia due anni prima, con l'obiettivo di prepararlo per il luogo in cui si trovavano in quel momento. Non sembrava aver avuto scelta, ma non diede nemmeno l'idea di essersi pentito del percorso che avevano designato per lui. Namra l'aveva raggiunto l'anno seguente, dimostrandosi da subito abile come il resto di loro.

Man mano che parlava, nella sua mente si designava un quadro che non aveva niente a che vedere con la sua, di famiglia. Quando l'altro lo incalzò a dire la sua, infatti, inzialmente la sua reazione fu titubante. Un attimo dopo, però, si ricordò che le persone a cui teneva lo stavano guardando da casa, con occhi impegnati a conservare le speranze dentro di loro sin dal primo giorno. Che figlio sarebbe stato a rinnegare la propria madre? E quale fratello avrebbe mai vietato al minore il suo momento di fama, davanti a tutta la nazione?

Così, gli raccontò tutto. Della morte del padre, omettendone, chiaramente, la causa, poichè non sarebbe stato astuto insultare pubblicamente il regime spiegando come fosse stato ucciso dal suo stesso lavoro, come centinaia di altri suoi compagni; così, le particelle nocive che gli avevano causato l'alterazione polmonare che l'aveva stroncato sul posto si trasformarono in un incidente di percorso per il favorito e quei dieci milioni di spettatori. Passò alla madre, così bella, così forte, così determinata a non permettere che la mancanza della figura paterna intaccasse il loro futuro. Al suo Jakie, il piccolo genio. Di come avrebbe voluto uscire di lì e concedergli la possibilità di proseguire i suoi studi e mostrare le sue capacità a tutta Panem, sorpassando gli ostacoli che chiunque nasceva in un distretto come il suo si portava involontariamente appresso come un peso sulla testa.

San scelse con accuratezza le parole da usare. Quel discorso avrebbe dovuto sciogliere cuori, commuovere menti, mitigare sguardi, la fuorì. Era tutto parte del loro spettacolo, no?

Credeva che Wooyoung si sarebbe distratto dopo il primo minuto, o che, nel migliore dei casi, avrebbe fatto finta di essere interessato alle sue parole. Si trovò sorpreso nel notare la sua genuina attenzione nei suoi confronti. Non solo l'aveva ascoltato dal primo all'ultimo secondo, ma si era anche proposto di dare delle soluzioni alla sua situazione. Gli aveva parlato delle opportunità che Jakie avrebbe potuto cogliere, una volta raggiunta la maggior età, che gli avrebbero permesso di diventare uno dei futuri tecnici dei primi distretti – o, chissà, della capitale – indipendentemente dalla sua provenienza.

Nell'elencare quelle possibilità, San aveva realizzato come non lo stesse facendo per gli sponsor, bensì per essere d'aiuto. Anche senza lo sguardo puntato ad una telecamera, stava parlando al pubblico. A Jakie e a tutti i ragazzini come lui, a cui mancavano i privilegi che San credeva uno come lui non avrebbe mai considerato.

Arduo sia da ammettere che da realizzare, ma, in quel luogo infernale dove ognuno agiva guidato dal proprio egoismo, sentirsi ascoltato era ciò di cui aveva più bisogno.

₊ ⊹ rend the dollDove le storie prendono vita. Scoprilo ora