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La paura non la si poteva descrivere in alcun modo. Tentavi di ignorare ciò che sentivi, cercavi di mettere da parte le goccioline di sudore che ricadevano sulla fronte, ricordandoti l'ansia, e il battito cardiaco che rallentava, ricordandoti che avevi pocchissime probabilità di andare avanti come se nulla fosse successo.

Durante il tragitto da casa in ospedale, Can aveva tenuto la mano di Sanem stretta nella sua, persino quando cambiava marcia. Non pensava minimamente di poterla lasciare, di non farsi sentire. Sperava però che in qualche modo lei potesse avvertire la sua presenza e aprire gli occhi, poiché vederla ridotta in quello stato, incosciente, con delle gocce di sangue che ricadevano sulla fronte, provocava un dolore indescrivibile.

«QUALCUNO MI AIUTI. PORTATE UNA BARELLA» Urlò, richiamando l'attenzione di ogni singolo dottore. Can cercò di resistere e di non scoppiare, ma veniva difficile e incredibilmente complicato.

«Cos'è successo?» Chiese un infermiera, mentre la posavano lentamente sulla barella.

«Il fidanzato l'ha fatta cadere per le scale»

«Da quanto non si riprende?»

«Una quindicina di minuti» Quindici minuti dove lui si era sentito sprofondare nell'abisso. Quindici minuti dove Sanem non aveva aperto gli occhi, ed era rimasta dolorante. La rinchiusero in una camera, accorgendosi subito dopo di Can che l'aveva seguita.

«Non può entrare, mi dispiace»

«La prego. Ci tengo a vedere come sta»

«La potrà vedere appena si riprende. Mi dispiace, aspetti fuori, sono ordini»

E così fece. Aspettò minuti interminabili che poi si trasformarono in ore. Polen e la signora Huma avevano raggiunto Can, raccontando ciò che poi era successo quando lui aveva portato via Sanem.

«Ha detto che ti avrebbe ucciso Can»

«Quando vuole, io sono qui. Spero che Yigit lo abbia denunciato, perché lui è l'unico presente che ci ha raccontato la versione dei fatti»

«Non lo farà Can» Mormorò Polen.

«Ha paura» Aggiunse poi sua mamma.

«Paura di cosa? A causa di quel bastardo, Sanem è rinchiusa in una stanza d'ospedale ed è senza suo figlio da chissà quanto tempo»

«Lo so... Dobbiamo risolverla noi, Can» Parlò la donna.

«Come?»

«Abbiamo pensato di denunciarlo noi»

«Non abbiamo testimoni mamma, e credo che Yigit non prenderà le nostre parti, se ha paura di Kemal»

«Ma lei non può vivere questa vita Can»

«Sanem non vivrà più questa vita, e che sia chiaro. Kemal non andrà dietro le sbarre fino a quando non ci dirà dove si trova suo figlio»

«Can... Sicuro di riuscire a risolvere questa situazione? Non vorrei che iniziassi una guerra che non puoi vincere»

«Polen a me non interessa di quello che Kemal può farmi, a me interessa che non faccia del male a Sanem e che le ridia indietro suo figlio. È orribile sai? Vedere una mamma che non può stare a contatto con suo figlio»

«Lo posso immaginare» Poco dopo, i tre vennero chiamati dall'infermeria, che aveva visitato Sanem. Can specialmente, provava un malessere indescrivibile.

«È stabile. Le abbiamo fatto una flebo per sedarla, tamponato la ferita e controllato se ci fosse qualcosa fuori posto. Per stanotte può rimanere qui e restare sotto osservazione, è stata colpita la testa ed è fondamentale tenerla sotto controllo. Se tutto andrà bene, domani può uscire»

𝑁𝑜𝑛 𝐴𝑣𝑒𝑟𝑒 𝑃𝑎𝑢𝑟𝑎.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora