20.

872 79 12
                                    

La pioggia batteva insistentemente contro i vetri, procurando un suono altamente rilassante, secondo Sanem. Aveva da sempre, una forte ossessione per i periodi invernali, o autunalli. Adorava guardare come la pioggia si scontrava per terra, o come il vento le scostava i capelli dal viso. Mentre Can era il suo opposto, e ciò non aveva stupito nessuno dei due, poiché entrambi erano convinto che quel detto, fosse vero.

Gli opposti si attraggono.

Difatti non c'era nulla di sbagliato nell'avere preferenze diverse l'une dalle altre, bisognava soltanto accettarlo, e di problemi, loro due, non ne avevano.

«Can siamo arrivati, sta tranquillo» Sanem cercava, in ogni modo che lei conosceva, a calmare quel battito impazzito del cuore di Can, che correva come un cavallo in corsa. Le loro mani erano state vicini per tutta la durata del viaggio, ma nessuno dei due aveva aperto bocca per parlare di argomenti che non avevano troppa importanza.

Can parcheggiò, e Sanem aspettò che la macchina fosse spenta completamente prima di uscire. I due non avevano nessun ombrello, quindi c'era una grossa possibilità che Can e Sanem, si bagnassero sotto l'acqua.

«Sai vero che possiamo ammalarci se stiamo sotto la pioggia?» Aveva detto poi Sanem, cercando di smozzare la tensione che c'era, per l'ansia, e per la paura.

«Non accadrà, siamo forti noi» Sorrise, prima di aprire la portiera e iniziare a correre contro l'ingresso dell'ospedale, seguito da Sanem, che cercava di raggiungerlo, in tutti i modi.

«Sei una lumaca» Aveva parlato Can, ridendo appena.

«Sei tu che vai troppo veloce» Successivamente aveva urlato Sanem, per farsi sentire. Dopo qualche secondo, arrivarono davanti all'ingresso, e velocemente, riuscirono a scambiarsi uno sguardo pieno di emozioni contrastanti.

«Can»

«Eh»

«Abbiamo scherzato fino ad ora. Ma tu lo sai che andrà tutto per il meglio?» La sua voce era un mormorio. Entrambi erano all'interno dell'ascensore, completamente da soli, e Sanem ne aveva approfittato.

«Lo spero»

«Ci devi credere, perché...» Sanem non terminò di parlare, perché le porte dell'ascensore si aprirono e il discorso venne quindi, interrotto. Ignorò, dirigendosi poi verso la sala d'attesa, dove il papà di Can attendeva notizie, in contemporanea a Burcu.

«Ci sono notizie?» Si percepiva quanto Can avesse il terrore di perdere la donna che più lo amava. Era colei che l'aveva assistito durante la chemioterapia, era l'unica che aiutasse Can quando era moralmente giù, ed era l'unica che aveva fatto capire a Can, quanto stesse sbagliando con Sanem.

«No, figliolo, non ce ne sono. La stanno controllando»

«Burcu ma com'è successo?» Si rivolse poi a lei.

«Quando tu l'hai chiamata, io ero in cucina a preparare del tè. Quando l'ho raggiunta, era completamente stesa a terra, priva di sensi... Ho chiamato l'ambulanza che subito se l'è portata qui»

«È colpa mia»

«Can cosa dici? La colpa non è di nessuno» Tentò ti rispondere Burcu, ma con scarsi risultati. Aziz restò fermo a guardare, non sapendo come comportarsi con suo figlio.

«È colpa mia»

«Can, ti prego» Aveva detto poi Sanem, cercando un contatto diretto con lui. All'istante, i due si abbracciarono, e Can scoppiò in un pianto disperato fra le braccia della donna che amava più di qualsiasi altra cosa.

Non credeva di poterlo dire, ma era un sogno potersi confidare con lei, abbracciandola nello stesso momento. Dopo averglielo impedito per anni, Sanem era, nonostante tutto, al suo fianco, e non lo mollava.

𝑁𝑜𝑛 𝐴𝑣𝑒𝑟𝑒 𝑃𝑎𝑢𝑟𝑎.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora