6. lies

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ero sulla via di casa. avevo deciso di lasciare scuola prima. non mi andava di rimanere lì sapendo di essere stato sospeso.

il preside ne era al corrente?

ovvio che no. ma onestamente non faceva molta differenza, dato che mi aspettavano due lunghe settimane, che avrei passato ovunque ma sicuramente non a casa.

mentre camminavo, pensavo.

pensavo a come avrebbe fatto hyunjin senza di me.

hyunjin era il tipico "tutto muscoli niente cervello". è brutto da dire, ma è così. era un bel ragazzo: cazzo se lo era, ed era anche simpatico. ma il suo QI non superava quello di uno topo (morto).

poi pensai a jisung. quel ragazzo era strano, ma mi incuriosiva. poi era relativamente carino. ho sempre saputo di essere bisessuale, dagli anni delle medie.

ma lui faceva scattare qualcosa in me che definirei "decisamente gay", ma allora ero ancora troppo immaturo e cieco per accorgermene.

^^

arrivato davanti la porta di casa, misi per terra la scatola con le mie cose dentro. presi le chiavi di casa e aprii la porta.

dentro c'era un silenzio tombale, segno che entrambi i miei genitori erano a lavoro.

ripresi lo scatolone e andai in camera mia al piano di sopra.

la camera era piuttosto disordinata, ma non mi andava di pulirla.

posai lo scatolone sul primo spazio libero trovato su quella che doveva essere una scrivania, ma ormai era diventata un armadio, probabilmente di vestiti più sporchi che puliti.

misi le mani in tasca per cercare il pacchetto di sigarette che avevo fottuto al bidello mentre mi portava dal preside.

ma mentre cercavo, mi imbattei nuovamente nel bigliettino di jisung.

«se solo sapessi dove abita..» mormorai tra me e me.

mi sedetti sul letto, un po' triste. sarei voluto andare a casa sua per...

per...

ora che ci penso non c'era un vero e proprio motivo per cui dovessi andare a casa sua. volevo solo vederlo e sapere che stava bene.

sbuffai. prima o poi, in un modo o nell'altro, avrei scoperto dove abita.

^^

mi svegliai sentendo il rumore di una porta sbattere. mio padre era rientrato.

dopo quella conversazione nella mia testa con me stesso, in stile psicopatico dei film americani, mi accasciai sul letto e mi addormentai.

mi alzai e mi strofinai gli occhi. neanche il tempo di mettere a fuoco la vista, che mio padre entrò in camera mia, sbattendo la porta con la sua solita delicatezza da gorilla.

alzai la testa per guardarlo «cosa vuoi?»

«dov'è tua madre?» aggrottai la fronte.

«non è di sotto?» chiesi ovvio.

«no, altrimenti non sarei venuto qui a chiederti dove fosse» alzò la voce.

«forse sta dormendo» ipotizzai, ma sembrava essere ancora più incazzato di prima.

«ho già controllato e non è in nessun angolo della casa. giuro che se la scopro con un altro saranno guai seri!» sbraitò uscendo dalla porta e sbattendola.

iniziai ad insospettirmi. solitamente mia madre arrivava ancora prima che io tornassi da scuola, ma in quel momento non era in casa.

che io sapessi, non aveva amiche o altri conoscenti al di fuori dei suoi colleghi di lavoro.

the one that got away (minsung) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora