7. it's not my fault

230 17 14
                                    

«perché stai mentendo?» forse ero stato troppo diretto, me ne accorsi perché jisung mi guardò male.

«non sto mentendo» la sua voce era ferma, cioè si stava innervosendo.

«beh..» non sapevo che dire. non mi aspettavo che avrebbe risposto in quel modo.

«dovresti imparare a farti i cazzi tuoi» era arrabbiato, ma nonostante tutto, volevo sapere perché stesse mentendo.

«ti ho fatto una domanda» non mollavo. volevo sapere a tutti i costi perché jisung mi stesse mentendo.

chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. «non sto mentendo minho, e anche se fosse non sono cazzi tuoi»

rimasi stupito.

non mi sarei mai aspettato che han jisung, colui che sembrava un bambino spaventato dal mondo, potesse mai rispondermi in quel modo.

sospirai.

«d'accordo, ti lascio stare» lo squadrai dall'alto al basso.

in quel momento stava indossando una felpa il triplo più grande di lui, con un cappello e il cappuccio alzato.

sotto aveva un paio di pantaloncini grigi che arrivavano poco sopra il ginocchio, il tutto contornato da un paio di converse e dei calzini che superavano l'altezza delle scarpe.

aveva le mani nella tasca della felpa, come se avesse freddo.
era vestito come la prima volta che ci siamo visti.

io in confronto, ero vestito come se fossimo in piena estate: una camicia leggermente aperta sul davanti e dei pantaloncini della stessa lunghezza di quelli di jisung.

pian piano, in quei giorni, il freddo era sempre meno e io ho sempre tollerato il freddo abbastanza bene.

ma non era di certo il periodo dei pantaloncini e camicie semi-aperte.

jisung in volto aveva un'espressione arrabbiata e le guance gonfie. in quel momento avrei tanto voluto stringergliele.

mi avvicinai a lui e in quel momento mi accorsi di essere un po' più alto di lui.

alzò un po' lo sguardo per guardarmi meglio.

«vieni con me» dissi d'istinto.

il suo sguardo passò da arrabbiato a confuso.

«come scusa?»

non dissi nulla. lo presi per il polso e iniziai a camminare, con in sottofondo le varie proteste e insulti di jisung.

«lasciami stare! che cazzo ti è venuto in mente!?» la mia stretta era più forte della sua, probabilmente dovuta dal fatto che mi allenassi.

aumentai il passo iniziando a correre. non sapevo dove stavo andando, volevo solo stare con jisung, ma di certo non potevo dire "ehi jisung ti va di stare con me perché per qualche motivo ne ho bisogno?".

«minho lasciami!» ma appena finì di dire ciò, mi fermai. ero arrivato in un punto dove non sapevo più dov'ero.

«dove siamo?» chiese jisung con il fiatone.

non sapevo cosa rispondere, per il semplice fatto che nemmeno io sapevo dov'eravamo.

«non lo so» dissi guardando difronte a me.

mi girai verso jisung, che aveva una faccia sconvolta.

«cosa vuol dire che non lo sai?!» urlò.

«che non lo so, sei sordo per caso?» mentre io ero piuttosto tranquillo.

the one that got away (minsung) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora