rimasi sul divano a rimuginare su quello accaduto qualche ora prima. chi erano quei tipi? e cosa volevano da jisung?
ma soprattutto, cosa c'entrava changbin? sapevo che jisung non gli andasse molto a genio, e che la cosa fosse ricambiata. e poi, chi era l'altro tipo?
aveva detto di chiamarsi chan, ma non conoscevo nessuno con quel nome. almeno, fino a quel giorno.
dovevo parlare con jisung per chiarirmi questi buchi che avevo in testa, ma non potevo andare in quel momento, altrimenti mio padre mi avrebbe ucciso per non essere a casa.
così dovetti aspettare fino alla sera, rinchiuso in camera. iniziai a pensare che forse mia madre avesse fatto bene a lasciare casa, anche se ero arrabbiato con lei per non avermi detto nulla.
ma probabilmente sapeva che l'avrei seguita o l'avrei fermata. potete biasimarmi del resto? tua madre decide di andarsene di casa e tu l'unica cosa che puoi fare è rimanere inerme e guardarla andar via.
nel mio caso è stato un po' più complicato. lei se ne è andata senza che nessuno sapesse nulla e senza dire niente.
forse ha fatto la scelta più giusta, e lasciarsi il passato alle spalle. lasciare me.
forse ha pensato che, dato che avevo diciotto anni, avrei potuto cavarmela da solo. ma non era affatto così.
avevo ancora bisogno di qualcuno che mi aiutasse e mi dicesse che andava tutto bene. avevo bisogno di una spalla su cui contare, anche se ancora per poco tempo.
ero arrabbiato, ma più che altro deluso. non sapevo dove fosse e molto probabilmente non lo avrei mai saputo, ma forse era meglio così.
ero davanti alla finestra a fumare, quando il cielo iniziò a scurirsi man mano che i minuti passavano. decisi che forse era arrivato il momento di uscire.
andai di sotto, ignorando completamente mio padre. uscii e iniziai a camminare verso la stessa direzione di ogni sera.
forse era stupido vedersi solo di sera, ma dall'altra parte era anche più intrigante, e aumentava la mia voglia di vederlo.
sorrisi mentre camminavo, e pensai al sorriso di jisung. era davvero bello, specialmente quando sorrideva. ultimamente sorridevo spesso, ed era solo per merito suo.
non era ancora del tutto buio, ma uno splendido tramonto si era fatto spazio in cielo. pensai che sarebbe stato bello portare jisung a vederlo.
arrivai sotto casa sua, e mi precipitai verso il campanello. suonai, e dopo qualche secondo sua madre aprì la porta.
«salve, jisung è in casa?» chiesi gentilmente. volevo si facesse un'idea giusta di me, e non quello che tutti pensavano.
«non è in casa, anzi è uscito poco fa» la guardai stranito. aveva detto che ci saremmo visti.
sua madre notò la mia espressione, quindi continuò.
«se può interessarti, ha detto che sarebbe andato a casa di felix, il suo migliore amico, insieme ad un altro suo amico. felix abita alla fine di questa strada»
conoscevo felix, tutti lo conoscevano a scuola. era un ragazzo australiano con le lentiggini che si era trasferito l'anno prima. era famoso per il suo fascino che ha conquistato chiunque a scuola.
«la ringrazio!» lei mi guardò con un sorrisetto, e prima di rientrare in casa, mi fece l'occhiolino. presi a camminare verso la direzione indicata.
corsi per un po', fino ad arrivare ad una casa, l'ultima della strada. lessi il citofono, dove c'era scritto il nome di felix e quelli di coloro pensai fossero i genitori.
«lee...» lessi tra me e me.
«abbiamo lo stesso cognome» lo realizzai solo in quel momento. andai verso la porta e suonai il campanello.
aspettai per qualche secondo, finché non sentii qualcuno dire "vai ad aprire tu". c'erano risate che provenivano da quella casa, e sembravano esserci più di due persone.
abbassai la testa verso le mie scarpe, e ad un tratto la porta si aprì di scatto. sollevai la testa, trovandomi la figura di un ragazzo davanti.
era alto, capelli scuri e un sorriso stampato sul volto, che quando mi vide svanì.
«chi sei?» mi chiese. non ebbi il tempo di rispondere che qualcun altro arrivò.«chi è, jeongin?» era felix, che mi guardò con sguardo curioso.
«lee... minho?» annuii, abbassando lo sguardo. dopo poco, una terza figura arrivò, mettendosi affianco agli altri due.
«chi-» era jisung. non fece in tempo a finire di parlare, che mi saltò addosso abbracciandomi.
«che ci fai qui?» chiese, mentre era ancora stretto a me.notai gli sguardi ci fusi degli altri due ragazzi.
«come fai a sapere dove abito?!» urlò felix.«beh ecco-» non riuscii a finire perché questa volta fu jisung a parlare.
«come facevi a sapere che ero qui?»
presi un respiro profondo, squadrando tutti e tre i ragazzi.
«la madre di jisung mi ha detto che lui era qui, e mi ha anche detto dove abiti» dissi l'ultima parte guardando felix.
«e cosa vuoi da jisung?» chiese l'altro ragazzo, che era rimasto in silenzio per tutto il tempo.
«volevo vederlo» dissi semplicemente.
mi guardarono ancora più straniti di prima.
«oh giusto, tu devi essere il suo ragazzo» continuò felix.
spalancai gli occhi, girandomi verso jisung. lui abbassò la testa, facendo un sorriso imbarazzto.
«oh si, e non è nemmeno la prima volta che ci parla di te» continuò il ragazzo di nome jeongin.
«ok basta! minho, andiamo?» li fermò jisung. io annuii, capendo il suo imbarazzo. i suoi amici fecero alcuni versi di disappunto, non volendo che jisung se ne andasse via.
«devi andare per forza?» chiese felix. jisung annuì.
«mi dispiace, magari domani?» i ragazzi annuirono, salutando jisung.
ci allontanammo dai due, che ormai erano rientrati in casa, prendedogli la mano.
«come mai così presto?» chiese jisung. presi un respiro prima di parlare.
«dovevo parlarti di una cosa successa oggi» si fermò di scatto, stringendomi ancora di più la mano.
«cos'è successo?» il suo sguardo era preoccupato, lo si leggeva benissimo. scossi la testa e sorrisi, come se stessi per dargli una delle più stupide notizie.
«sono venuti due tipi a casa mia oggi. mi hanno chiesto di te, uno era changbin e l'altro-»
«chan» continuò lui al posto mio.
lo guardai scioccato.
«quindi li conosci?» non rispose, teneva lo sguardo lontano dai miei occhi inquisitori.
«cosa ti hanno detto?» continuò.
«prima hanno insistito dicendo che tu abitassi in casa mia, ma poi quando si sono accorti che non era così se ne sono andati»
sospirò voltando la testa dietro di lui.
«devo andare a casa» disse ciò, e lasciò la mia mano. si allontanò verso casa sua.
«jisung! dove cazzo stai andando?!» gli urali contro, iniziando ad inseguirlo. gli afferrai il braccio, costringendolo a fermarsi.
«che succede?! mi spieghi perché te ne stai andando?!» mi guardò con un'espressione vuota sul volto.
«devo andare minho, non preoccuparti» si allontanò. non provai nemmeno più a fermarlo, semplicemente guardai la sua figura allontanarsi verso casa sua.
ora le mie domande erano di più di quante fossero la mattina stessa. perché jisung si stava comportando in quel modo?
volevo saperlo ma allo stesso tempo non volevo risultare invadente.
rilasciai un sospiro di sconforto, andandomene anche io chissà dove.
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the one that got away (minsung)
Jugendliteratur"used to steal your parents' liquor and climb to the roof, talk about our future like we had a clue never planned that one day, I'd be losing you" dove minho, un ragazzo di 18 anni con problemi in famiglia e di droga, incontra uno strano ragazzo si...