14. I like you, I do

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era sera.
quasi metà del pomeriggio lo passai parlando e scherzando con seungmin. cambiai idea nei suoi confronti. inizia a capire perché hyunjin si era innamorato di lui.

se ne andò quando mio padre tornò a casa, inventandosi una scusa.

in quel momento mi trovavo nel mio letto nel buio più totale. solo la luce della luna che proveniva dalla finestra aperta.
poco prima avevo preso una qualche pastiglia di non ricordo cosa.

non fece molto effetto, difatti era come se fossi sobrio, solo con più stanchezza del solito.

jisung.

stavo pensando a lui in quel momento. quel ragazzino era l'unica cosa che girava nel mio cervello.

volevo vederlo, più di ogni altra cosa. erano giorni che non ci vedevamo e iniziavo a sentirne la mancanza.

decisi di alzarmi.
guardai l'orario sull'orologio attaccato al mio polso.

22:35.

mi alzai dal letto andando verso il mio armadio. presi una felpa e me la misi.

misi le scarpe e scesi dalle scale. in salotto c'era mio padre che guardava la televisione. si girò verso di me.

«dove vai?»
«da nessuna parte che ti interessi» e così uscii da quella casa.

mi diressi a passo spedito verso casa di jisung. volevo abbracciarlo. mi era mancato in quei giorni.

poi però, mi bloccai, ricordandomi quello che era successo l'ultima volta che ci siamo visti.

i suoi tagli sul braccio.
se li era procurati da solo, poco ma sicuro.

mi arrabbiai un po' per questo. non volevo che si facesse del male, anche se quei segni sembravano essere piuttosto vecchi.

ero quasi arrivato a casa sua.
in lontananza vidi la luce della sua stanza era accesa.

quella volta però, non mi arrampicai. il vetro della finestra era abbassato, così iniziai a lanciare dei sassolini.

dopo due minuti buoni, ecco che finalmente jisung si affacciò, e per poco non rischiai di colpirlo con una pietra.

ci mise un po' a capire chi fossi. «minho?» urlò, ma non troppo forte. annuii.

«che cazzo ci fai qui?»
«posso salire prima?» jisung sospirò, per poi rientrare dentro ed abbassare la finestra.

poco dopo sentii la porta di casa aprirsi, con jisung fuori che si teneva le braccia per via del freddo.

non disse nulla, e stessa cosa feci io. salimmo le scale fino alla sua stanza. quando chiusi la porta, jisung si scaraventò contro di me.

prima mi abbracciò, poi iniziò a tirare una serie di pugni sul mio petto. «perché devi essere così» un pugno. «dove cazzo sei stato per cinque fottuti giorni» un altro ancora.
«non sparire mai più così hai capito?»

stava per tirarne un altro ma lo bloccai dai polsi. i pugni non mi fecero nulla, era anche piuttosto carino quando era arrabbiato.

«stai calmo. se mi dai qualche minuto ti spiego tutto» e così feci. gli raccontai della morte di hyunjin, anche se mi ci volle un po' per via delle lacrime che minacciavano di uscire, e dell'incontro con seungmin.

«tu come stai?» gli chiesi poi. lui alzó la testa, che aveva tenuto abbassata tutto il tempo.

«io? bene» gli sorrisi.
«allora, che ci fai qui?» chiese. «volevo vederti» mi sembrò di vedere un leggere sorriso sul suo volto.

the one that got away (minsung) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora