20. who are you?

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il giorno dopo mi svegliai, sentendo del vuoto al mio fianco. aprii gli occhi, notando che jisung non fosse accanto a me.

sbattei le palpebre un paio di volte, prima di alzarmi con la schiena, mettendomi seduto. mi guardai un po' in giro per la stanza.

era sempre la stessa, non era cambiato nulla in qualche giorno. eppure, era cose trovassi sempre cose nuove. foto nuove.

girai la testa al comodino di fianco a me. notai un bigliettino attaccato su un bicchiere.

"buongiorno minho :)
io sono a scuola, se è questo che ti stai chiedendo :(
se hai fame puoi chiedere a mia madre, a meno che non sia già a lavoro. ci vediamo sta sera ♡"

il cuore alla fine della frase mi fece sorridere. era carino anche quando scriveva, e poi voleva vedermi, di nuovo.

stavamo insieme, ma dovevo ancora abituarmici. era strana l'idea di avere qualcuno al mio fianco, su cui avrei potuto contare sempre. qualcuno capace di tirarmi su il morale anche solo sorridendo.

ripensai al sorriso di jisung, e questo mi fece sorridere ancora di più. mi appoggiai un'altra volta con la testa sul letto, guardando il soffitto... sorridendo.

era bello anche nei miei pensieri, anche se dal vivo lo era di più.

mi alzai dal letto, mettendomi in piedi. cercai la mia maglia in giro per la stanza, trovandola poi affianco al letto.

scesi al piano di sotto, andando verso la cucina. non c'era nessuno, quindi sua madre era a lavoro. non sapevo come comportarmi, non essendo quella casa mia.

non avevo particolarmente fame, volevo solo bere qualcosa.

presi un bicchiere con dell'acqua, bevendolo tutto in un sorso come se non bevessi da giorni.

la mia attenzione ricadde sul frigorifero pieno di magneti. ce n'erano di ogni tipo, ma la maggior parte erano... foto.

anche lì, tante foto. sembrava quasi un'ossessione quelle delle fotografie. una cosa che non riuscivo a capire.

aveva un non so che di inquietante. anche in quelle foto c'erano jisung insieme a quella che sembrava sua madre ed un altro ragazzo.

il ragazzo era lo stesso delle foto in camera di jisung. era come se cercassero di non dimenticarsi del suo volto.

lo osservai meglio. assomigliava molto a jisung. che fosse stato un suo parente? molto probabile data la somiglianza.

distolsi lo sguardo da lì, mettendo a tacere i miei pensieri e le mie curiosità. iniziai a pensare di essere di troppo in quella casa, anche se non c'era nessuno.

uscii da lì, andando verso casa mia, sperando che mio padre non ci fosse.

aprii la porta di casa, e senza guardarmi intorno salii al piano di sopra, spedito verso camera mia.

mi buttai sul letto, pensando alla sera prima insieme a jisung. sembrava passato così tanto tempo, eppure erano passate poche ore.

ero felice, o almeno era quello che mi costringevo a credere. in realtà lo ero solo quando stavo insieme a lui. tutti i problemi sparivano ed ero finalmente in pace con me stesso.

mi alzai, andando ad affacciarmi alla finestra. presi una sigaretta e la portai alla bocca, accendendola.

feci qualche tiro, guardandomi in po' intorno. osservai per l'ennesima volta il quartiere dove ero cresciuto e dove avevo abitato per quasi tutta la mia vita.

avevo quasi finito la sigaretta, quando vidi due ragazzi avvicinarsi verso casa mia. non sapevo chi fossero, o almeno, non li avevo riconosciuti.

subito dopo, sentii suonare il campanello. mi diressi al piano di sotto, andando ad aprire la porta.

davanti a me trovai quei due ragazzi. uno alto quanto me, mentre l'altro era un po' più basso. riconobbi soltanto il più basso. era seo changbin.

non sapevo molto su di lui, soltanto che era uno che si cacciava spesso nei guai, e poi, aveva picchiato jisung senza un motivo, quindi avevo le mie ragioni per odiarlo.

l'altro invece, non lo conoscevo. entrambi erano ben fisicati e mi misero un po' di paura.

«salve, cosa posso fare per voi?» chiesi cercando di sembrare calmo. il più alto si schiarì la voce, iniziando a parlare.

«per caso han jisung è in casa?» aveva un tono di voce rilassato e sorrideva anche. lo guardai stranito.

«mi spiace, penso abbiate sbagliato casa» sforzai un sorriso, chiudendo la porta, o almeno ci provai.

il tipo che aveva parlato poco prima mise un piede in mezzo alla fessura della porta, così da bloccarla.

«mi spiace insistere ma... è in casa?» insisteva il ragazzo di cui non sapevo il nome.

«posso sapere come ti chiami?» gli chiesi.

sospirò, sforzando un sorriso.

«mi chiamo chan. ora, ritornando a jisung-» lo bloccai prima che potesse finire.

«si ecco... non vive qui, mi spiace»

i due si guardarono, scambiandosi sguardi confusi.

«ne sei sicuro?» lo guardai.

«stai scherzando? abito qui. lo saprei se un estraneo vivesse in casa mia»

«eppure non sembra molto un estraneo per te» continuò changbin. il cuore mi si fermò. come facevano a saperlo?

«di-di che cosa state parlando?» iniziai ad agitarmi, ma cercai di non darlo a vedere. il ragazzo di nome chan sospirò, abbassando la testa.

«lascia stare, si sarà sbagliato. ora ce ne andiamo, scusa per il disturbo» detto ciò si allontanarono.

potei giurare di aver sentito changbin dire "perché cazzo hai dovuto dirgli il tuo nome?" ma erano troppo lontani per dirlo con certezza.

richiusi la porta, tornando in salotto e sedendomi sul divano.

«sta sera dovrai spiegarmi molte cose han jisung» dissi tra me e me, accendendo la tv.

the one that got away (minsung) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora