8. don't go yet

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avete presente quel momento in cui vi svegliate e ringraziate dio perché vi siete svegliati?
beh, io no.
sono ateo e odio la mia vita.

anche il quel momento la odiai, tanto. mi svegliai con un mal di testa allucinante, ma questa non era la cosa peggiore.

sentivo tutto intorno a me duro come una roccia, come se mi fossi addormentato sul pavimento.

era esattamente quello che era successo.
mi alzai piano per via di un mal di schiena atroce. mi guardai intorno ma notai qualcosa di strano sotto di me.

erba.
ero su un fottuto prato, e in più si congelava. guardai intorno confuso chiedendomi come cazzo ci fossi finito su un prato.

poi guardai affianco a me e, mettendo a fuoco la vista, vidi jisung steso su un lato, con la faccia rivolta verso di me, che dormiva beato.

sorrisi a quella vista.
mi ricordai della sera prima.
io e jisung ci eravamo baciati, e non un bacio qualsiasi, ma un vero e proprio limone.

probabilmente lui non avrebbe ricordato nulla: non aveva mai bevuto e non reggeva l'alcool.
ahimè io l'alcool lo reggevo piuttosto bene, date le innumerevoli volte passate a bere con hyunjin e la nostra comitiva.

vidi jisung muoversi leggermente, facendo una faccia infastidita, segno che anche lui era scomodo.

aprì gli occhi e sobbalzò quando mi vide fissarlo come un maniaco. si mise seduto e si toccò la schiena.

«ahia che male» quasi urlò.
«perché sono qui? per di più con te» lo disse come se ne fosse schifato.

«vuoi proprio saperlo?» all'inizio esitò, ma poi annuì.
«ieri sera ci siamo ubriacati e abbiamo finito per limonare»

lo dissi in modo così veloce e diretto che a jisung ci volle qualche secondo per capire.

dopo pochi secondi, spalancò gli occhi e si alzò di scatto.
ma per colpa di quel movimento brusco, si mise una mano sulla fronte.

«ahia cazzo!» stavolta urlò, facendo girare quei pochi passanti che c'erano a quell'ora.

si risedette per terra incrociando le gambe, tenendo sempre la mano in fronte.

«stai scherzando vero?» non mi guardò. aveva la testa bassa e gli occhi chiusi.
mormorai un "no" che a stento io riuscii a sentire.

il mal di testa stava prendendo il sopravvento anche su di me, offuscandomi la vista.

«non posso crederci, ho baciato un maschio. cosa diranno di me ora i miei amici? e la mia famiglia?» disse jisung nervoso. il suo mal di testa sembrava essere passato in secondo piano.

«non hai ucciso nessuno jisung, e poi eri ubriaco, ti capiranno» cercai di rassicurarlo.

«no tu non capisci. se si viene a sapere, io sono morto» non capivo il perché di tutta questa agitazione.

«suvvia jisung, sei esagerato» non lo avessi mai detto.
alzò la testa di scatto e mi guardò con sguardo omicida dritto negli occhi.

«non capirai mai» si alzò in piedi e iniziò a camminare, ma dopo pochi passi si fermò girandonsi.

«dove cazzo siamo?» chiese.
alzai le spalle. non sapevo dove ci trovassimo, ma sapevo come ci eravamo arrivati.

mi avvicinai a jisung prendendogli la mano.
«ti piacciono tanto le mie mani eh?» chiese.

«si, sono morbide. comunque, non so dove siamo, ma possiamo chiedere a qualcuno se ci riporta a casa»

jisung arrossì per il complimento sulle mani, ma si ricompose subito dopo.
«e a chi dovremmo chiedere scusa?»

the one that got away (minsung) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora