POV di Ester
Non riesco a dormire.
Sospiro. Mi rigiro nel letto.
Non mi piace ammeterlo, ma l'arrivo di Liam mi ha turbata.
Speravo di ricominciare daccapo a Savannah, cominciavo a contemplare l'idea di portare qui anche Luke, una volta trovato, dopo essermi ripresa un minimo dalla ferita alla gamba. Invece continuavano a raggiungermi dei brandelli della mia vecchia vita. Una vita alla quale non avevo nessuna voglia di tornare.
Mi rimetto supina, sospiro.
Decisamente non riuscirò a chiudere occhio.
Immagino di non avere di meglio da fare.
"ripensa a questo quando ti starai annoiando." Infilo una mano tra le mie gambe, cerco di ricordare quel che mi ha detto Caleb in una delle nostre-
Non pensare a lui!
Penserò a lui solo per questa volta, ignorando chi è e cosa ha fatto.
Ricordo Caleb che mi afferra il polso, guidando le mie dita dentro di me.
Comincio a muoverle.
"dimmi che hai bisogno di sentirmi dentro di te almeno quanto ne ho bisogno io." Ricordo.
" senti come sei... umida e...perfetta." Ansimo. "Pensa a me." Comincio a ruotare i fianchi, ripensando a come mi aveva spinta contro il muro, entrando piano dentro di me per poi-
Sento un tonfo.
Alzo di scatto la testa e ritraggo la mano, temendo che possa trattarsi di Felisha o di...oddio Phil!
Mi copro immediatamente con il lenzuolo.
Ma non può essere Phil. Perché Phil non entrerebbe dalla finestra, e a giudicare dal modo in cui l'estraneo si stringe le ginocchia al petto, rannicchiato a terra poco distante dalla finestra, è evidente che è entrato da lì.
Lancio una rapida occhiata alla porta dall'altro lato della stanza.
Chiusa.
Afferro una delle stampelle che tengo vicino al letto.
- "Ester." Mugugna il figuro rannicchiato a terra.
Riconosco immediatamente la voce, semplicemente perché è la stessa che stavo immaginando prima che lui entrasse.
- "Caleb, che cazzo ci fai nella mia stanza?!" Dalla mia vice si capisce chiaramente che sono affannata. Non saprei se a causa della paura nel sentire qualcuno entrare...o di quello che stavo facendo prima.
Caleb si mette faticosamente a sedere, poi si appoggia al muro con una risata che suona più come una tosse roca.
- "è il primo posto in cui mi è venuto in mente di venire." Dice.
Ha la voce assonnata, leggermente rauca.
- "sei ubriaco?!" Esclamo, scivolando giù dal letto, trascinandomi fino a lui. "Che cazzo ti salta in mente?! Non puoi venire-"
Mi muoiono le parole in gola quando noto che la sua camicia bianca è macchiata di rosso sul fianco destro.
Caleb trova il mio stupore divertente. Mi passa una mano macchiata di rosso tra i riccioli.
- "ti preoccupi per me?"
- "no, per il muro che stai sporcando." Mento. "Levati questo straccio."
- "hai ragione." Mormora. "Sono ubriaco marcio."
Impreco tra i denti e do uno strattone alla camicia. Tutti i bottoni saltano in aria e la camicia scivola via facilmente.
Caleb mi infila una mano tra i capelli e mi prende la nuca, tirandosi su, verso di me.
- "bastava chiedere." Dice, avvicinando i nostri visi.
- "caleb!" Gli poso una mano sul torace e lui si ritrae, soffiando tra i denti.
- "ahia." Mormora.
Striscio verso le stampelle e zompetto nel bagno, per bagnare un asciugamano, sapendo che non potrò usarlo come dovrei, perché se l'asciugamano si dovesse macchiare, il sangue potrebbe non lavarsi via come si deve.
Lancio un altra sfilza di imprecazioni e uso l'asciugamano come una spugna, raccogliendovi quanta più acqua possibile, prima di afferrare l'intero rotolo di cartigenica.
Quando torno nella stanza Caleb è ancora a terra, immobile. Mi butto in ginocchio accando a lui e gli strizzo addosso l'asciugamano.
L'acqua lava via parte del sangue, ma la ferita è molto profonda.
Non so se il suo comportamento demenziale dipenda dall'alcol o dalla quantità di sangue che ha perso.
- "che cosa ti è successo?" Mormoro.
- "sono caduto su un coltello da burro." Ride Caleb, accarezzandomi i capelli.
Gli scosto la mano con uno schiaffo.
- "non sto scherzando." Dico, raccogliendo della carta igenica e premendogliela sul fianco per assorbire acqua e sangue.
- "sono andato ad una festa." Caleb sussulta e strizza gli occhi tutte le volte che la carta entra in contatto con la sua pelle. Forse è un bene che abbia bevuto tanto: non voglio immaginare il dolore che sentirebbe altrimenti.
- "mi ha invitato quella caramella della biondina che lavora nel tuo locale." Spingo un po' più forte sulla ferita. "Ah! Lo sapevo che eri un po' gelosa."
- "sta zitto." Ringhio.
- "non preoccuparti." Fa scorrere la mano sul mio braccio. "va bene gelosa, gelosa mi piace." Si ferma sul polso e me lo stringe.
- "non mi spiego che c'entri la caramella con la tua ferita." Dico, deglutendo.
- "oh, giusto." Sorride Caleb. "Non so per quale motivo quella caramella abbia invitato anche quel cascamorto di Liam." Fa una smorfia. "Forse ho bevuto troppo...ma l'ho menato."
Spalanco gli occhi.
- "è stato lui?"
No. Non è da Liam, non è possibile...
- "No." Mugugna Caleb, chiudendo gli occhi. "Lui ha cercato di aiutarmi." La fine della frase si perde in uno sbadiglio. "È stato qualcun'altro."
- "chi?" Chiedo, trepidante.
Caleb apre un occhio.
- "non me lo ricordo."
- "ti ammazzo-"
Caleb fa un verso molto simile ad un gemito e mi scosta la mano.
- "novellina, fa piano!"
Mi accorgo solo adesso che sto spingendo sulla ferita da dieci minuti.
Lascio cadere a terra la carta bagnata e do uno schiaffetto a Caleb, un po' per tenerlo sveglio, un po' per vendicarmi di come ha parlato di quella caramella.
- "caleb, ascoltami bene." Dico con voce ferma. "Con cosa sei stato accoltellato?"
- "non lo soo!" Lagna lui.
Lancio un altro paio di parolacce.
- "Stai sveglio!"
Riprendo le stampelle e torno in bagno, rovistando gli armadietti alla ricerca del disinfettante. Afferro anche un asciugamano e torno in camera, dove Caleb sembra essersi addormentato a terra.
Lo prendo per le spalle e lo scuoto.
- "no! Non dormire, resta con me, d'accordo?"
- "io ci sto provando!" Protesta Caleb con voce impastata. "Se tu che mi respingi sempre!"
Devo aver sentito male.
- "Tu resta sveglio...Ti racconto una storia va bene?"
Lui annuisce appena.
- " ora farà male, ma tu non puoi urlare, quindi mordi questo." Gli infilo l'asciugamano in bocca.
Sospiro e svito il tappo della boccetta di disinfettante.
- "c'era una volta, una principessa." Comincio a versare del disinfettante sulla ferita e Caleb mi afferra la mano libera. Gliela stringo di rimando. "Questa principessa viveva in un grande castello, che era in realtà una gabbia d'oro." Verso ancora, asciugo le gocce con della carta. "Un giorno, la principessa divenne amica con una ragazza che lavorava nel castello, le due erano come sorelle, finché la principessa non divenne amica di uno stalliere del palazzo." Lascio cadere più liquido questa volta, un gemito strozzato scappa dalla gola di Caleb. Accosto la sua mano al mio viso e la sfioro con le labbra. "La ragazza era gelosa del nuovo amico della principessa." Caleb continua a stringermi la mano, i muscoli contratti. Avvicino le sue nocche alle mie labbra, e ci passo sopra la lingua, nella speranza di distrarlo. Sembra funzionare, caleb sposta la mano sulla mia nuca e comincia a giocherellare con i miei capelli. "Ed un bel giorno, la ragazza consegnò la principessa alla governante." Verso altro disinfettante sulla ferita, la mano di Caleb si chiude sui miei capelli, tirandomeli. Mi mordo la lingua. "La principessa non pensava che la sua governante le avrebbe davvero fatto del male, soprattutto perché...beh, la governante era un uomo adulto e lei solo una ragazzina. Ma si sbagliava." Mi sporgo verso caleb e poso le labbra sulla sua fronte, poi svuoto tutto il contenuto della bottiglia sulla sua ferita e lo stringo a me, allacciandogli le braccia intorno al collo.
Caleb mi stringe forte a sé, come se fossi l'unica cosa in grado di tenerlo a galla in questo momento.
- "Prima di quel giorno la principessa non era mai stata picchiata...tranne qualche schiaffo, ma quelli non contavano, ormai a malapena le facevano effetto." Sento le lacrime di Caleb sgorgargli dagli occhi e cadermi sulla spalla, mentre il disinfettante gli sfrigola sulla ferita. Nasconde il volto nell'incavo del mio collo. "Quel giorno, la sua governante appese la principessa e la usò come generalmente si usa un sacco da boxe." Sento gli occhi pizzicare. Non avevo mai raccontato questa storia a qualcuno, non l'avevo mai detta ad alta voce, ed avrei preferito non doverlo fare mai. "Poi..." mi schiarisco la gola. "Poi le ruppe le dita della mano sinistra, così che i suoi...compiti principeschi, le sarebbero risultati impossibili, e...costrinse la ragazza a guardare mentre picchiava la sua amica." Sbatto gli occhi per scacciare le lacrime ma una mi scende dagli occhi e rotola fino a cadere sulla spalla di caleb. "Da quel momento la loro amicizia finì, la principessa uscì dignitosamente dall'ufficio della governante, prima di crollare in braccio al suo amico stalliere, lasciando che le lacrime sgorgassero solo quando il suo amico stalliere la prese e rimase la notte con lei per consolarla." Mi fermo per respirare, la voce rotta. Mi schiarisco la gola e per ritrovare un contegno.
- "va meglio?" Chiedo.
Caleb scosta il viso da me per guardarmi negli occhi. Si toglie l'asciugamano di bocca e anuisce.
Mi scosto.
- "bene." Mi tolgo la maglietta nuova, che ho comprato con il mio primo salario oggi stesso, e la strappo, utilizzandola come benda per fasciargli la ferita.
Quando torno a guardarlo negli occhi Caleb mi sta ancora guardando in faccia, il viso illuminato dalla luce della luna.
Non cerco di stringermi le braccia al petto o nascondere il fatto che mi ritrovo quasi nuda, lo guardo di rimando e basta.
Caleb allunga una mano verso di me, e me la passa sul viso, asciugando la traccia lasciata dalla lacrima sulla mia guancia.
La stessa traccia scintillante che copre anche le sue guance. Questa ferità ha fatto male ad entrambi, più di quanto non fosse necessario.
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All the lines she crosses 2- till death do us part
Romantik"Non amare, non temere, segui gli ordini." Dopo sedici anni passati confinata su una Barca popolata da agenti segreti, Ester Barbossa è finalmente riuscita a scappare. Solo che non poteva andare tutto liscio, dico bene? Chi avrebbe mai detto che un'...