Capitolo tredicesimo

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POV di Ester
Quando esco dal bar è quasi buio fuori.
Liam se n'è andato. Gli ho chiesto io di farlo.
- "ti vengo a prendere domani. Alle dieci e mezza." Ha detto, abbottonandosi la camicia.
Ho annuito, aiutandolo a chiudere i bottoni, quasi in modo automatico.
- "non...non è strano tra di noi, giusto?" Ha chiesto poi. "Siamo apposto?"
Mi sono messa a ridere.
- "abbiamo scopato su un tavolo, Liam. Non è una proposta di matrimonio."
Mi aveva lasciata con un ultimo sorriso prima di infilare la porta della cucina e lasciare il negozio.
Io invece sono rimasta qualche minuto seduta sul bancone di metallo.
Forse anche più di qualche minuto.
Zompetto per le strade della città.
In condizioni normali, chiamerei Felisha per farmi trasportare in sedia a rotelle, ma in questo momento devo riflettere. Anche se mi sento le gambe molli e le braccia stanche.
Liam è bravo. Cazzo, è molto bravo. Il problema è che per tutto il tempo ero...distratta.
- "hai dei preservativi dietro?" Ho chiesto affiatata, dopo che Liam mi aveva distesa sul ripiano di metallo.
Mi ha offerto un sorriso.
- "mi sorprende che non ne abbia tu." Aveva detto, sfilandosene uno dalla tasca dei pantaloni con un movimento fluido.
Mi sono messa a sedere e gliel'ho strappato dalle mani, cominciando poi ad armeggiare con i bottoni dei suoi pantaloni. La camicia era già a terra.
- "sei sicura di volerlo fare?" Mi aveva chiesto lui. "Sei scossa, forse-"
- "Liam." L'ho interrotto, riuscendo finalmente a liberare il bottone ed abbassando la cerniera. "Non rompere le palle."
Stavo per mettere una mano tra di noi, ma un ricordo mi è balenato in mente: la sega fatta a caleb solo qualche mese fa.
Avevo ritratto la mano e incollato la bocca a quella di Liam. Lui mi aveva fatto scorrere le mani sulle cosce, portando con sé il vestito, fino alla pancia. Mi ha spinta nuovamente con la schiena verso il tavolo, cominciando a seminarmi baci sulla clavicola mentre mi sfilava le mutande, le dita mi sfioravano la pelle. E io non potevo pensare ad altro che ai polpastrelli di caleb fare lo stesso solo la notte prima.
E anche quando Liam era entrato dentro di me, la mia mente era volata all'ultima volta che dentro di me era stato Caleb.
Una parte di me si sente stupida per questo, ma l'altra è soddisfatta. Soddisfatta di poter dire di essere stata con due ragazzi diversi e non solo con un bugiardo che, tanto per la cronaca, è probabilmente stato con molto più di due ragazze.
Sono a pochi isolati da casa, quando sento una voce incazzata giungermi alle spalle.
- "Ester?!"
Mi impietrisco, solo per un attimo. Quando ricomincio a zompettare è troppo tardi: una mano mi prende il braccio e mi tira indietro.
Perdo l'equilibrio e cerco di appoggiarmi alla gamba ferita, che non regge il peso e facendomi cadere rovinosamente a terra.
Sorprendentemente però, non è stato doloroso.
Alzo gli occhi verso l'autore di questo misfatto.
- "ma tutto apposto?!" Strepito.
Caleb incrocia il mio sguardo. È piuttosto incazzato. Non vedo proprio il motivo. Insomma, sì, potrei avergli spezzato il cuore, ma non ha fatto lo stesso con me?
Si accovaccia vicino a me.
- "perché non hai aspettato che Wren ti venisse a prendere?"
Faccio una risata.
- "perché mai dovrei?"
- "per la tua sicurezza."
- "se la mia sicurezza è così importante per te perché non mi accompagni tu anziché incaricare il tuo assistente leccaculo?"
Lo sguardo di Caleb slitta a destra.
- "avevo da fare." Borbotta.
- "sei qui adesso, no?"
Quando torna a guardarmi negli occhi sappiamo entrambi che ho ragione: non aveva assolutamente nulla da fare, mi sta semplicemente evitando.
Mi punta un dito contro.
- "non giustifica quello che hai fatto."
- "oddio!" Esclamo. "Smettila di comportarti come mio padre ti prego. Sono in grado di difendermi."
Caleb sorride.
- "infatti non sei appena caduta a terra davanti a me."
Gli tiro uno schiaffo.
Caleb volta la testa dall'altra parte per l'impatto.
Faccio per colpirlo di nuovo ma mi afferra il polso.
- "vai a casa." Mormora.
Scoppio a ridere.
- "posso andare da sola, padre?"
- "dio!" Esclama Caleb. "Sei così...così-"
Si blocca. Lo sguardo puntato sul mio collo, stringe gli occhi. "Cosa ti sei fatta lì...?" Chiede, allungando il braccio.
Faccio per schiaffarmi la mano sul collo prima che possa rendersene conto, ma mi tiene ancora tra le mani il polso. Troppo tardi.
Passa l'indice sull'impronta rossa che la bocca di Liam mi ha lasciato sul collo.
Spalanca gli occhi.
Un succhiotto.
- "non ci posso credere." Ringhia.
Ok, ora ne sono sicura. È arrabbiato.
Mi passa una mano sotto le ginocchia, una dietro la schiena e mi solleva rapidamente da terra.
- "Caleb, che stai facendo? Le stampelle!" Esclamo, indicando le stampelle abbandonate a terra.
- "stanno bene dove stanno." Ringhia lui.
- "fammi scendere." Non risponde. Continua a camminare. "Caleb?"
Svolta un angolo e ci ritroviamo in un vicolo. Finalmente si ferma.
Resta un attimo in silenzio. Poi mi lascia andare. Resto in piedi, appoggiandomi solo contro il muro alle mie spalle.
Caleb non guarda verso di me. È di profilo, lo sguardo fisso avanti.
- "quel succhiotto." Dice finalmente. "Non è mio."
Non posso fare a meno di ridere.
Tutta questa scena per...questo?
- "no." Dico sorridendo. "Non è tuo. Posso andare a casa adesso? Sai vorrei proprio farmi una doc-"
- "che cos'è questo, un gioco per te?" Esclama Caleb, voltandosi.
A ben guardarlo, ha dei cerchi sotto gli occhi che prima non c'erano. Forse non è guarito bene, forse la ferita si è infettata, forse-
- "di che stai parlando?" Chiedo.
- "ti comporti come se nulla tra di noi fosse reale." Tira un pugno distratto al muro vicino alla mia testa . "Cazzo! Chi te lo ha fatto?"
- "cazzi miei."
Caleb si passa una mano davanti agli occhi.
- "Ester." Suona come un avvertimento.
- "no, Caleb, non hai il diritto di proprietà sulle mie tette!"
Caleb stringe la mascella.
- "lo so, cazzo, lo so." Gli scappa una risata. Fa scorrere lo sguardo dai miei occhi fino all'orlo del vestito. Si ferma sulla cicatrice che mi attraversa la gamba destra e con esso si ferma anche la sua risata.
È l'opposto della reazione che ha avuto Wren questa mattina. Negli occhi di caleb la mia cicatrice non sembra una forza, sembra una debolezza, qualcosa che mi rende fragile, qualcosa che potrebbe segnarmi a vita.
Ed è esattamente ciò di cui io ho più paura.
- "e piantala di guardarmi così." Sputo. "È solo una cicatrice."
- "solo una cicatrice." Ripete lui amareggiato, distogliendo lo sguardo.
- "sì, hai qualche problema con la mia cicatrice?!" Sbotto.
Caleb si avvicina pericolosamente a me.
- "se ho un problema con la tua cicatrice?" Dice piano. "Non ho solo un problema, io odio la tua cicatrice."
Sgrano gli occhi. È una pugnalata,
- "La odio, la detesto, non ne sopporto la vista." Continua Caleb. Posa le mani sul muro, poco sopra la mia testa. All'improvviso sembra esausto. "Perché ogni volta che la guardo mi ricorda che ho fallito, che ho fallito il mio compito ma soprattutto che ho fallito te."
Apro la bocca, ma non so cosa dire.
Una parte di me vorrebbe ricominciare a prenderlo a schiaffi per quello che ha detto. L'altra abbracciarlo abbastanza forte perché decidesse di togliersi dalle spalle i suoi segreti e condividerli con me.
Caleb stacca una mano dal muro e passa i polpastrelli sulle mie labbra dischiuse, trascinando giù il labbro inferiore, scoprendo il mio tatuaggio. Tiene gli occhi fissi sulle mie labbra.
- "C'è una parte di me che sperava davvero che avessi perso la memoria." Riporta lo sguardo nei miei occhi. "magari ti saresti dimenticata di odiarmi."

All the lines she crosses 2- till death do us partDove le storie prendono vita. Scoprilo ora