Capitolo trentaduesimo, parte due

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POV di Ester
Mi lascio cadere su una sedia. Invito Luke a fare lo stesso di fronte a me.
- "dobbiamo smetterla di incontrarci in circostanze segretezza, Red, o qualcuno potrebbe prenderci per agenti segreti."
Faccio un sorriso.
- "stai zitto."
Luke si sporge verso di me e mi scompiglia i capelli.
- "che ti è successo, Red?"
Sollevo la gamba sinistra e la poggio sul tavolo. La luce giallognola della cucina si riflette sul cerchio di metallo che mi stringe la caviglia.
Luke lancia un occhiata confusa alla mia gamba, incerto.
Gli prendo la mano e la poggio sulla mia caviglia. Luke stringe le dita sul cerchio di metallo, risale verso la tibia.
- "Ester-" sussurra.
Prima che me ne renda conto scoppio a piangere. Luke scatta in piedi e mi solleva dalla sedia, stringendomi in un abbraccio.
- "non-so.." mi passo una mano sul viso per asciugare le lacrime. "non so perché piango."
Luke mi stringe più forte.
- "non devi vergognarti piccola."
- "zitto."
Continua a tenermi stretta finché non mi calmo. Poi mi districo dal suo abbraccio e poggio i piedi a terra.
Mi schiarisco la gola.
- "ad ogni modo, abbiamo cose più urgenti a cui pensare." apro un cassetto e tiro fuori un paio di fascicoli stropicciati e rovinati. L'inchiostro è sbavato in diversi punti e la carta è rovinata dall'acqua, ma le informazioni importanti sono ancora leggibili. Li lancio sul tavolo.
Luke si sporge in avanti.
- "cosa sono?"
- "i fascicoli con i quali sono partita a cercarti." Luke li prende in mano. "il primo sono le informazioni sulla missione per la quale sei partito. L'altra su un uomo sparito nella stessa regione, il padre di Caleb che, a quanto pare in quello stesso periodo lavorava per l'Agenzia. Io penso sia morto ma-"
- "Ester." mi interrompe Luke. Ha lo sguardo fisso sul fascicolo che tratta della missione per la quale è partito.
- "che c'è?" chiedo, avvicinandomi a lui.
- "questo fascicolo è falsato. Ti avrebbe diretto nella direzione opposta a noi."
-" che cosa?" mi siedo sulle sue gambe e gli strappo il fascicolo dalle mani.
- "queste non sono tutte le informazioni che la barca aveva a disposizione su questo caso, e soprattutto non sono vere. Se lo fossero avresti saputo che i "diamanti" sono in verità spie infiltrate che lavorano per l'Agenzia e i "mercenari" sono un iniziativa indipendente di soldati locali che combattono questi diamanti ma della quale la barca vuole sbarazzarsi."
Sento il mio battito cardiaco pulsarmi nelle orecchie.
- "saresti finita dritta nel covo dei diamanti." prosegue Luke. "Piccola, qualcuno sapeva che stavi cercando questo fascicolo e l'ha sabotato così da farti uccidere."

POV di Caleb
Mi lascio cadere sul divano mentre sento Marti sbattersi la porta alle spalle.
Chiudo gli occhi.
Sento dei passi avvicinarsi. Sollevo le palpebre.
È Ester. Mi sembra lievemente sconvolta.
- "tutto bene novellina?" chiedo.
- "penso sia ora di parlare di Marti." mormora lei.
Sospiro.
- "lo so che quello che marti mi ha detto poco fa potrebbe averti dato un idea sbagliata ma te lo giuro, io non promuovo la piromania."
Ester aggrotta le sopracciglia.
- "caleb, ma di che parli?"
Apro e chiudo la bocca. Poi chiudo gli occhi e le afferro il polso, tirandola verso di me. Ester perde l'equilibrio e cade seduta sulle mie gambe.
- "che caz-"
Le poggio l'indice sulle labbra.
- "non agitarti novellina, sono disposto a rispondere a tutte le tue domande, ma preferisco farlo col tuo culo sulle mie gambe piuttosto che con te che mi fissi scettica e incazzata."
Mi guadagno un pugno sulla spalla destra.
- "Appunto" dico.
- "ho visto una foto in cui stavate insieme." mi ignora Ester. "come l'hai conosciuta?"
Lascio scivolare le mani sulla sua vita, sorridendo.
- "sei gelosa?"
- "no, sono solo curiosa."
Faccio risalire la mano sulla sua spina dorsale e la poso sulla sua nuca, provocandole un brivido. Sorrido.
- "sei molto gelosa."
- "come l'hai conosciuta?"insiste Ester.
- "è arrivata all'Agenzia quando eravamo più giovani. Ci siamo messi insieme dopo quasi un mese e siamo durati finché lei non è stata promossa e io no."
- "cosa puoi dirmi di lei?"
- "vuoi sapere cosa mi piaceva di lei?" chiedo sorridendo.
- "lo sapevo che sarebbe stato inutile chiedere a te." sbotta Ester, alzandosi.
merda.
Mi alzo a mia volta.
- "hai ragione novellina, scusa." Le prendo il braccio e la tiro indietro con troppo slancio, ricado sul divano e sbatto sullo schienale, mentre Ester cade sul il mio petto. Il suo viso è ad appena un centimetro di distanza dal mio. I suoi occhi scivolano sulle mie labbra, poi risalgono ai miei occhi. Apre i palmi sul mio petto. Io mi avvicino leggremente a lei, sfioro le sue labbra con le mie e Ester abbassa le palpebre. Le sfioro di nuovo le labbra. Sono morbide e calde sulle mie.
- "quando è arrivata Marti era una bambina instabile." sussurro. Ester apre gli occhi, le pupille hanno rimpiazzato quasi tutto l'azzurro. "io ero un ragazzo arrabbiato e spaventato, ma lei lo era molto più di me." continuo. "abbiamo legato subito perché eravamo gli unici che potessero capire quello che avevamo passato, solo noi capivamo come ci si sentiva e perché non riuscivamo a stare con qualcuno."
Prendo la mano di Ester e la sposto sul mio cuore, coprendola con la mia mano.
- "Caleb, cosa mi stai dicendo?" mormora lei.
Faccio un sorriso mesto.
- "mia madre mi metteva le mani addosso, te l'ho detto."
Ester spalanca gli occhi, solo ora sembra capire il peso delle mie parole.
Abbassa gli occhi su di me, guarda il mio corpo, guarda me.
- "io credevo-"
Le scosto una ciocca di capelli dagli occhi e le sollevo il mento.
- "guardami." mormoro. "io non ho più paura adesso."
- "tu non- io non ti ho mai toccato è...è per questo?"
Faccio scivolare la mani sui suoi fianchi.
- "è il motivo per il quale non ho mai lasciato che altre mi toccassero."
Vedo Ester avvampare appena. Le prendo le mani e le dirigo verso i miei fianchi.
- "tu sentiti libera di provare."
Ester stringe le labbra.
- "che cosa ti è successo?"
Incrocio il suo sguardo, è incerto, quasi...timido.
- "lei mi ha sempre disprezzato, ogni scusa era buona: le avevo fatto perdere mesi di lavoro per la gravidanza, le avevo deformato il corpo con il parto, non ero esattamente come mi voleva..." accarezzo la guancia di Ester. "si è sempre sfogata prendendomi a schiaffi, poi mio padre ha iniziato a tradirla e lei..." chiudo la bocca, improvvisamente non riesco più a parlare.
All'improvviso le mani di Ester risalgono alla mia nuca e lei mi stringe in un abbraccio. Mi pizzicano gli occhi, nascondo il viso nei suoi capelli, sorpreso dall'affetto che mi sta finalmente dimostrando.
- "caleb non sei obbligato a dirmelo." mormora lei.
- "no, ma voglio farlo." Mi scosto per guardarla negli occhi. "sai che ti odiavo, prima di conoscerti."
Ester accenna un sorrisetto divertito ma le poso l'indice sulle labbra prima che possa dire qualsiasi cosa. "ti odiavo perché cercavi sempre un modo nuovo per far incazzare tuo padre e la cosa mi faceva dare di matto. Poi ti ho vista uscire ferita dallo studio di Hannes ed ero indeciso se sentirmi male per te o odiarti ancora di più perché pensavo che essere picchiato a sangue sarebbe stato mille volte meglio che essere molestato dalla propria madre."
Vedo gli occhi di Ester riempirsi di lacrime insieme ai miei.
- "Caleb-" mormora.
- "ma non è cosi." la interrompo. "mi sbagliavo, più tempo passavo con te più mi piacevi e più ti invidiavo, perché tu sei stata molto più forte di quanto io non abbia mai saputo essere, perché sapevi cosa ti aspettava dietro quella porta, e ciò nonostante tenevi la testa alta e facevi casino per protesta, a volte pensavo che tu andassi letteralmente a cercare i problemi solo per poter scappare più veloce da essi." Ester accenna un sorriso. "entravi in quella stanza senza sapere per certo se ne saresti uscita o meno, senza sapere se tuo padre ne era al corrente e lasciava correre o se ne era ignaro, ma sapendo che non aveva importanza perché se anche ne fosse stato all'oscuro tu non avresti mai potuto dirglielo, perché lui non avrebbe mai potuto capire. Ti sei tenuta le ossa rotte senza mai essere spaventata. Io non sono riuscito ad entrare in intimità per molto tempo dopo mia madre, tu entravi in risse e ti fiondavi in sala di allenamento un minuto dopo essere stata picchiata da quello che avrebbe dovuto essere il tuo supervisore, una figura da cui prendere esempio, non di cui avere paura."
- "avevo paura caleb, ed ero arrabbiata, lo sono ancora. troppo, sempre. A volte ho paura che non finisca mai."
- "ma non ti ha mai fermato." Avvicino il viso al suo e poggio le labbra sul suo orecchio. "io ti ammiro, Ester Barbossa. Ti ammiro talmente tanto che a volte mi chiedo perché resti con me che sono così spezzato."

All the lines she crosses 2- till death do us partDove le storie prendono vita. Scoprilo ora