Capitolo ventesimo

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POV di Fehl
Sento un dolore ronzante alla testa prima ancora di aprire gli occhi.
- "porca troia." Mormoro, svegliandomi del tutto.
La luce che si riversa dalle finestre è tropo forte e mi ferisce gli occhi...bhè, l'occhio. Non aiuta con il mio dolore alla testa.
Sono distesa sul divano del soggiorno, Elena è seduta su una sedia di fronte a me.
- "dov'è?" Mi limito a mormorare con voce assonnata.
Elena apre la mano in silenzio, scoprendo una biglia di vetro, il mio occhio.
Lo afferro immediatamente e ci sputo sopra prima di rimetterlo al suo posto.
- "grazie." Mi alzo per andarmene ma Elena mi afferra il polso e con un pugno ben assestato dietro il ginocchio mi risbatte sul divano senza nemmeno alzarsi.
Non e il tipo di cose che una ragazza normale dovrebbe saper fare.
Ma non sono io ad avere il diritto di essere sospettosa, ed Elena lo mette bene in chiaro:
- "quando pensavi di dirmi che ti manca un occhio?" Chiede con tono quasi pacato.
- "non mi sembrava una cosa rilevante."
Lei ride, sprezzante.
- "El, la tua gamba sinistra non funziona, un occhio di vetro in confronto non è niente." mi giustifico.
- "proprio perché sono invalida anche io avresti dovuto dirmelo!" Sbotta lei.. chiude un attimo gli occhi nel tentativo di ricomporsi. "Com'è successo?"
- "se ti dicessi la verità non mi crederesti."
Elena stringe la mascella, sembrerebbe quasi che voglia strozzarmi da un momento all'altro.
- "dimmela e vedremo."
Roteo gli occhi.
- "ho fatto una cosa cattiva ad un....uomo e nel tentativo di fermarmi lui mi ha cavato l'occhio." Mimo un esplosione con le mani e sorrido. "Contenta?"
- "cosa gli hai fatto?" Chiede Elena sospettosa.
Mi mordo il labbro.
Tanto non mi crederebbe comunque.
- "ho cercato di...." Mi mordo la lingua. "Di...cazzo! Ho cercato di rapire suo fratello, va bene?"
Elena non fa una piega, stringe appena le labbra.
- "perché?"
- "ero indebitata."
- "perché?" Mi ignora lei.
- "te l'ho detto, ero-"
Scuote la testa.
- "perché?" Scandisce piano le parole. Stringo gli occhi.
- "da come me lo chiedi sembrerebbe che tu conosca già la risposta."
Elena serra la mascella.
- "voglio sentirtelo dire. Se è vero devi dirmelo tu, non Wren, non una stupidissima foto d'infanzia. Tu e nessun'altro!"
Sbianco.
Quale foto.
Solo in quel momento capisco cosa si aspetta che le risponda: si aspetta la verità. La vera verità. Verità della quale è in qualche modo venuta a conoscenza.
Faccio scivolare una mano nella tasca dei pantaloni.
Le foto che vi avevo messo sono sparite.
Elena segue la mia mano con lo sguardo, poi la riporta sui miei occhi.
- "l'ho fatto perché lavoravo per un agenzia criminale." Dico piano.
Posso vedere qualcosa incrinarsi nello sguardo di Elena, come se l'avessi pugnalata e poi fossi rimasta a guardare mentre sanguinava. E non è forse esattamente quello che sto facendo?
- "lavori ancora per loro?" Chiede Elena. Apro la bocca per rispondere ma lei mi spinge un coltello da cucina sotto il mento prima che io possa replicare. "E non provare a mentirmi!" Esclama.
Dal suo tono ferito e dal dolore nei suoi occhi capisco. Capisco che mi ha creduta veramente quando l'ho chiamata sorella, quando sono andata a dormire in camera sua perché avevo bisogno di una spalla, quando l'ho trascinata via da un palazzo pieno di militari, ha creduto davvero in noi. E all'improvviso mi rendo conto che ci ho creduto anche io.
- "no."
Elena deglutisce, abbassa il coltello. Lo stringe finché le sue nocche non diventano bianche, poi lo lancia avanti e questo si conficca nel divano, a pochi centimetri dalla mia gamba.
- "sei proprio una bastarda." Mormora, alzandosi con foga mentre raccoglie rapidamente delle stampelle da terra.
Salto in piedi.
- "aspetta!"
Afferro una delle sue stampelle e la tiro via, obbligandola a fermarsi.
Si volta verso di me con lo sguardo in fiamme.
- "Fottiti Felisha! Vaffanculo a te e alla tua agenzia, vaffanculo a me per essermi fidata!" Riprende la stampella con uno strattone.
- "El, ti prego, tu non capisci, posso spiegare-"
- "no non puoi." Cerco di prenderle il braccio ma lei si scansa. "Stammi lontana o ti ammazzo."
Sento un pizzicorio salirmi agli occhi, ho un improvviso senso di vuoto assoluto nel petto che non sentivo dal giorno in cui mia madre mi ha abbandonata in una periferia desolata, e poi ancora in un agenzia militare spietata.
- "Elena, ti prego! Elena!" Le corro dietro, ma lei non si ferma, nemmeno stessi chiamando un altra persona, nemmeno quello non fosse neppure il suo nome.
"Stammi lontana o ti ammazzo."
Crollo in ginocchio. Non ho fatto in tempo a chiudere le emozioni prima che scoppiassero.

POV di Luke
Mi avvicino ad un cameriere con i capelli biondo sporco laccati all'indietro e gli chiedo un tavolo per due.
Ho vissuto fuori dalla barca per diversi anni, da piccolo, ma un ristorante in mezzo ad un parco grazioso come questo non l'ho mai visto.
È assurdo come una cosa semplice come un pranzo con la mia migliore amica possa farmi sentire così vivo, eppure eccomi qua.
Starle lontano, anche se solo per poche ore, mi fa salire l'ansia, soprattutto con quella gamba ferita che si ritrov-
Sento una forte fitta alla testa.
Chiudo gli occhi, mi massaggio le tempie.
- "...gnore, signore, tutto bene?"
Apro gli occhi, il cameriere laccato mi sta guardando preoccupato. Le sue parole mi rimbombano in testa un paio di volte prima di arrivare al mio cervello.
- "si sl..solo un giramnto di testa." Mormoro, mangiandomi le parole.
- è sicuro di stare bene? È molto pallido..."
- "si... sì devo slo..." faccio respiri profondi, cominciano a risultarmi pesanti, sibilanti.
Mi sbottono rapidamente la camicia, non so se il cameriere mi stia aiutando, forse sì, forse no... la apro e mi lancio uno sguardo annebbiato sul petto.
Ho una chiazza gonfia sul pettorale destro. È attraversata da un'incisione profonda che ha da poco ripreso a sanguinare.
- "merda."
E cado addosso al cameriere, perdendo conoscenza.

All the lines she crosses 2- till death do us partDove le storie prendono vita. Scoprilo ora