Capitolo decimo

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POV di Ester
Mi sveglio mezza nuda e con le gambe intorpidite.
O meglio, la gamba destra è intorpidita. La sinistra ha perso quasi tutta la sensibilità.
Afferro la sveglia e la zittisco. L'impulso di lanciarla contro il muro come facevo sulla barca per dare fastidio a mio padre è fortissimo, ma mi trattengo.
Mio padre.
A proposito di questo.
Non posso per nessuna ragione, assolutamente, mai, in nessun modo tornare su quella barca. E l'arrivo di Liam, per quanto rivederlo mi abbia scaldato il cuore, complica tutto.
Devo parlargli per trovate il modo di metterlo dalla mia parte, così che mi aiuti a trovare Luke e non mi tradisca, per nessun motivo.
E perché parlare con un amico che mi conosce come Ester Barbossa è quello di cui ho più bisogno adesso, specialmente dopo quello che è successo ieri con Caleb. Cazzo. Una cosa del genere non sarebbe mai dovuta accadere, non dopo quello che mi ha fatto! Poco importa se era ferito. E incredibilmente bello.
Ripenso alle sue parole:
"va bene gelosa, gelosa mi piace."
"Resta con me"
"Ci sto provando! Sei tu che mi respingi sempre!"
Ripenso a come mi ha guardata dopo che gli ho raccontato di Hannes, come se volesse sentirmi parlare per tutto il giorno del mio dolore, poi strapparmelo via e tenerselo dentro, così che io non potessi soffrire più.
Ripenso al modo in cui io l'ho guardato quando l'ho visto ferito.
Debole.
Ripenso a come mi ha asciugato le lacrime dopo il mio racconto.
Stupida.
Stupida, esatto. È proprio quello che sono. Ma ormai è fatto, tanto vale andare avanti.
Ripenso al suo sguardo assolutamente ferito quando l'ho cacciato.
Una parte di me ha sofferto allo stesso modo, ma in fin dei conti, se c'è una cosa che ho imparato sulla barca è questa: se uno ti ferisce, tu feriscilo più forte.



POV di Wren
Dopo aver colto Felisha sul fatto speravo seriamente che decidesse di sotterrare l'ascia di guerra e venisse a sancire l'armistizio nel mio letto.
Ma mi sbagliavo.
Quindi sono rimasto sveglio fino alle due di notte per niente.
Inizialmente mi ero preoccupato notando la mancanza di Caleb al mio ritorno a casa, ma a detta del ragazzo biondo, Liam, era sgattagliolato in camera della protetta. La stessa protetta che sto aspettando da venti minuti sul portico della casa di Phil.
Sbuffo.
Odio le persone che fanno ritardo.
Finalmente la porta si apre e la ragazza esce fuori.
Ha i ricci corvini un po' arruffati e porta dei pantaloncini grigi che le sottolineano perfettamente le curve e lasciano in bella vista la cicatrice rossa che le attraversa la gamba in modo irregolare.
Certo non sarebbe male sotterrare la sua di ascia di guerra. Spero che Caleb sia riuscito a farlo.
Faccio un sorriso quasi convincente e cammino verso di lei con aria raggiante.
Rotea gli occhi non appena si accorge della mia presenza.
- "e tu che vuoi ora?" Esclama esasperata.
- "buon giorno anche a te, fiorellino." Abbasso lo sguardo. "Bei pantaloni."
- "non copriò la cicatrice, se è quello che stai per chiedermi." Dice, superandomi, zompettando con le stampelle.
- "affatto." Rispondo affiancandola. "Mi piace la tua cicatrice. Ti dà un senso di potenza, la trovo bella." Tiro fuori un pacchetto di sigarette  dalla tasca dei jeans. "E anche vagamente eccitante."
- "che schifo."
- "ho detto vagamente." Le porgo il pacchetto.
La vedo sfiorarlo con uno sguardo implorante, ma poi rimette gli occhi sulla strada, impassibile.
- "no, grazie."
Chiudo il pacchetto e lo rimetto al suo posto.
Mi guarda scettica, siamo vicini al bar in cui lavora ormai.
- "tu non ne prendi?" Chiede.
- "al contrario di quanto pensi, mia cara, io sono un gentiluomo, non fumerei mai davanti ad una ragazza in astinenza e infortunata."
Lei scoppia a ridere per la prima volta da quando l'ho vista, e probabilmente per la prima volta dall'inizio della giornata.
- "che gentiluomo!" Esclama, sarcastica.
Faccio spallucce.
- "felice di averti fatta ridere."
Arriviamo davanti al bar ma la trattengo per un braccio.
Lei mi guarda con fare interrogativo, tutto il peso spostato avanti, appoggiata sulle stampelle.
- "il biondo, Liam. Lo conosci?"
Scuote la testa.
Mi trattengo dal roteare gli occhi.
- "Ester lo conosce?"
Lei mi fa un sorriso talmente tranquillo da sembrare sinceramente convinto.
- "non so di cosa tu stia parlando."
Sorrido a mia volta.
- "vedo che hai seguito il mio consiglio, non ti stai fidando."
- "non mi servono consigli per questo."
Le lascio andare il braccio e mi sporgo verso di lei.
- "lascia comunque che te ne dia un altro: non amare, non temere, segui gli ordini. Non importa quanto tu sia stata amica con quel ragazzo, la sua fedeltà andrà sempre alla barca, e finirà col cedere e venderti a loro."
Lei socchiude gli occhi.
- "e sentiamo, perché con te dovrebbe essere diverso?"
Faccio un sorriso.
- "forse non vengo dalla barca."
Lei stringe gli occhi, più sospettosa di prima.
- "ci siamo già incontrati?"
- "ne dubito."
- "però parli come uno della barca." Constata lei.
- "te ne accorgi solo se ci sei abituato." Rispondo io.
La vedo stringere gli occhi, come ripensando ad una memoria sepolta. Poi sgrana gli occhi e pianta lo sguardo nel mio, sul viso un espressione molto simile alla paura: sorpresa.
E allora so che ha capito. Ha capito chi sono.
O almeno, chi lei crede che io sia.
Mi raddrizzo con un sorriso.
- "buon lavoro, ragazza della lavata di testa."

All the lines she crosses 2- till death do us partDove le storie prendono vita. Scoprilo ora