Capitolo diciottesimo

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POV di Liam
La nuova ragazza raccattata da Ester e Felisha fa come per entrare in casa, ma io mi appoggio allo stipite della porta con un braccio in modo casuale, bloccandole l'entrata.
Lei alza lentamente lo sguardo su di me.
- "ti posso aiutare?" Chiede.
- "ci siamo già visti?" La ignoro io. La domanda è cordiale, ma i miei occhi suggeriscono tutt'altro.
L'ho riconosciuta appena l'ho vista: i capelli sono diversi e l'espressione anche, ma ne sono certo, questa ragazza si chiama Marti ed era sulla barca quando me ne sono andato.
Era una persona piuttosto discreta e molto ordinaria, difficile da notare... un'ottima strategia, glielo riconosco. Con ogni probabilità non l'avrei riconosciuta neanche io, e se non fosse per la sua bellezza leggermente al di fuori dell'ordinario probabilmente non l'avrei mai nemmeno notata.
- "non direi." Risponde semplicemente lei. "A meno che tu non lavori per un agenzia criminale senza scrupoli, in quel caso sì." Sorride e tira fuori una pistola decisamente grande da chissà dove. "Ma in quel caso dovrei ammazzarti."
Mi costringo a sorridere.
- "non c'è pericolo. In effetti lavoro per un famoso commissariato di polizia. Sei sicura di non essere mai stata lì?"
Lei scuote la testa, rinfoderando la pistola. La teneva sotto la giacca di pelle nera.
- "in questo caso, va bene, Marti." Mi scosto per lasciarla passare, alzando le mani. "Entra."
Lei mi lancia un occhiataccia ed entra, fa tre passi, poi si gira su sé stessa puntandomi addosso un dito con fare accusatorio.
- "come sai il mio nome?"
- "siamo stati insieme in barca." Rispondo.
Lei incrocia le braccia e socchiude gli occhi. Poi sorride melliflua, come se avesse tutta la situazione sotto controllo.
- "no, non è vero." Si volta. "Io non so nuotare."
E prima che io possa aggiungere qualcosa sparisce dentro una camera e mi sbatte la porta in faccia.

POV di Felisha
Apro gli occhi. I raggi solari filtrano attraverso le persiane rotte della mia camera. Sbuffo, mi ero dimenticata quanto fosse scomodo vivere in una specie di capanna.
Ieri sera ho rinunciato a lavarmi dopo il primo commento di Wren.
- "ti sei rotolata nella terra, principessa?" Mi ha chiesto ridendo, appoggiato allo stipite della porta del bagno.
- "chiudi quella fogna." Ho sputato di rimando, superandolo ed entrando nella mia vecchia camera per sbattermi la porta alle spalle.
Wren non deve sapere che ho fatto irruzione in uno dei covi dell'agenzia. Per nessun motivo. Se lo sapesse, potrebbe tradirmi. Non c'è da fidarsi.
Mi alzo dal letto e mi guardo intorno.
Le pareti sono ancora di un azzurro scolorito, le avevo dipinte in preda ad un folle amore per il design quando avevo sette anni. Ci sono ancora le foto inchiodate al muro e la scrivania nera è ancora coperta di libri e quaderni stracciati. Delle penne e dei soprammobili non c'è più traccia, qualcuno deve averli rubati nel mio lungo periodo di assenza. Poco importa alla fine: la metà delle cose le avevo rubate a mia volta, non erano davvero mie.
Ho una piccola stretta al cuore, mentre stacco da muro le fotografie di me, alta un metro e trenta al massimo, che tenevo stretti a me Caleb e Wren davanti ad una gelateria in una giornata di sole. Mia madre ci aveva strappati via a questa casa tanto velocemente che non c'era stato tempo per portare via alcunché.
Lo ricordo perfettamente. Avevo otto anni, stavo dormendo. Era mezzanotte passata, non vedevo i miei genitori da più di un anno ormai, quando qualcuno era entrato di folata in camera mia e mi aveva buttata giù dal letto.
Mi ero messa ad urlare, pensando che si trattasse di un ladro, o di qualcuno con cui mio fratello o Wren o addirittura io potevamo aver attaccato briga durante i turni di lavoro e che ora veniva a regolare la cosa.
Ma non era un ladro. Era mia madre. Mi aveva tirato su per un braccio e trascinata fuori dalla stanza. Avevo capito che si trattava di lei grazie al lampo di capelli biondi che mi era passato davanti agli occhi.
- "corri alla macchina, Felisha." Mi aveva sussurrato. Aveva una voce modbida e leggera, flautata. Non le si addiceva per niente.
- "devo salutare nonnina." avevo mormorato.
- "non c'è tempo, tesoro, corri."
Così ero corsa fuori dalla casa e dentro la macchina che ci aspettava fuori.
Stacco un'altra foto dal muro. Sono io, sui sei anni, in braccio ad una vecchia signora con un vestito a fiore ed i capelli bianchi. Non era davvero mia nonna, solo la persona che ci aveva accuditi. Non ero riuscita a salutarla, in effetti.
Sospiro, stacco l'ultima foto appesa questa è più recente, devo averla attaccata appena arrivata a savannah. Qui siamo tutti un po' più cresciuti e della nonnina non c'è traccia,  infilo le foto nella tasca dei pantaloni, poi esco dalla porta.
Liam e la ragazza che ci ha salvate ieri si stanno scambiando sguardi omicidi, lei sembra goderci molto.
Li supero ed esco dalla porta principale. Raccolgo rapidamente i capelli in una coda alta.
- "Wren!" Chiamo, vedendo il ragazzo appoggiato ad una moto, parcheggiata davanti ad un negozio con la porta sbarrata poco lontano da me. "Dammi un passaggio da Phil-"mi interrompo.
Non è appoggiato ad una moto qualunque. È appoggiato ad una ducati rosa fuxia 1199 dalla carrozzeria leggermente danneggiata. La mia moto. L'ho rubata a undici anni, era il mio primo furto significativo, ma-
- "non è possibile." Mormoro. Eppure è proprio lei, manca lo specchietto destro. Metto una mano sul freno. "L'avevo lasciata a New York..."
Wren fa spallucce.
- "e ora è qui."
Ritraggo immediatamente la mano.
- "se è un regalo dell'Agenzia non la voglio."
Wren si stacca dalla moto e mi si mette davanti, poi mi afferra una mano e se la posa sul petto.
- "è un regalo da parte mia, in realtà."
Faccio un sorriso divertito.
- "e tu vuoi farmi credere di essere riuscito a farla arrivare qui per conto tuo...come?"
Wren sorride.
- "immagino tu sappia che fino a poco tempo fa lavoravo a New York-"
- "per l'Agenzia."
- "esatto. Quando ho trovato questa moto l'ho venduta, poi legalmente ricomprata, dichiarata, e quando sono venuto qui l'ho portata con me insieme ai miei effetti personali...anche se ci ho messo un po' a farmela spedire."
Scoppio a ridere.
- "non ci credo."
Wren sposta la mia mano che teneva premuta sul suo petto e la posa sul manubrio.
- "puoi dartelo da sola il passaggio, principessa."
Lo afferro per il colletto della maglietta e gli stampo un bacio sulla guancia, poi salto in sella senza pensarci due volte e metto in moto.
Mi accorgo solo a metà strada di non avere nemmeno il casco, dovrò comprarlo.
Parcheggio maldestramente sotto casa di Daniel e corro verso il portico.
- "El! El!" Spalanco la porta. "Non puoi capire cosa mi ha regalato Wren-"
Elena è al centro del salone, e sta singhiozzando tra le braccia di un ragazzo alto e moro, occhi nocciola, che sta piangendo insieme a lei, come se fossero amici d'infanzia ritrovati dopo tempo immemore.
All'improvviso mi sento di troppo. Faccio un passo indietro, tentando di essere il più silenziosa possibile...
Qualcuno mi sbatte qualcosa di estremamente duro dietro la testa.
Barcollo avanti, l'ultima cosa che vedo prima di stramazzare a terra è il mio occhio sinistro che schizza fuori dall'orbita e rotola a terra.
Maledetto occhio di vetro.

All the lines she crosses 2- till death do us partDove le storie prendono vita. Scoprilo ora