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LEONOR

L'aria fredda di Rodmane mi colpisce con la forza di uno schiaffo. Avevo quasi dimenticato che questa potesse avere un odore diverso da quello di zucchero e miele. Il profumo dei fiori che costeggiano il giardino mi riempie le narici mentre l'erba bagnata inumidisce i miei piedi e l'orlo della camicia da notte.

Sorretta da Gareth faccio un passo, le forze mi abbandonando. Il portale si richiude alle mie spalle emettendo un filo sottile di fumo che scintilla chiaro e le montagne innevate riprendono il loro giusto posto nel paesaggio. Inspiro sentendo i polmoni bruciare nonostante i brividi che mi attanagliano, ed è allora che la presa di Gareth svanisce.

Scappa, come se si fosse scottato, come se all'improvviso fossi io il mostro e lui non potesse sopportarne la vista. Oltrepassa tutti, persino Joy, a cui non restituisce nemmeno un'occhiata. Non gli importa di vederlo finalmente libero dalla maledizione?

   «Nor sei... una strega?» Titubante, forse un pizzico impaurita, Petunia allunga le mani nella mia direzione. Mi circonda, riscalda le mie braccia con le sue e... mi guarda con un'espressione compassionevolmente preoccupata.

   Non la reggo. Non reggo la sua preoccupazione né la sua compassione.

   Strappo via le sue cure e mi divincolo dall'abbraccio.

   «Aspetta, dobbiamo parlarne.» Trevor dovrebbe premurarsi di Cassian: è ferito, disteso sulla schiena tiene al petto un braccio pieno di tagli e lacerazioni. Trevor dovrebbe correre da suo fratello, invece cerca di bloccarmi.

   Schivo il suo palmo e con la mano ferita gli strappo dal fianco un pugnale. «Non c'è niente di cui parlare.» Sono una strega, questo è quanto. Lui intreccia le gambe per seguire i miei movimenti e si risistema gli occhiali sul naso, una forcina gli cala sul viso e i suoi riccioli la seguono.

   Mentre supero Cassian, anche Joy sembra volermi fermare. «Leonor...» Gli punto la lama al volto e lui solleva le mani in segno di resa. Sa che senza la maledizione ogni ferita potrebbe rivelarsi letale. Lo sa anche Mynthae perché mi ringhia contro rialzandosi sulle zampe malferme.

   «Lasciatemi, devo seguirlo.» La mia voce trema, sembra quasi li supplichi, uno ad uno.

   «Nor!» Trevor mi richiama quando mi allontano a grandi falcate, come la più ingrata delle persone lo ignoro perché ho paura che l'ombra di Gareth mi sfugga. Saltello come posso e faccio presa con l'interno del gomito per issarmi sul davanzale e scivolare dentro al palazzo. La fasciatura di Petunia è ormai da sostituire, tutta la stoffa è insanguinata e dubito che la ferita si stia cicatrizzando a dovere.

   Il dolore pulsa, devo cambiare impugnatura.

   «Gareth!» grido, il pugnale scintilla nell'altra mano. L'ombra di Gareth si rimpicciolisce in un punto imprecisato del corridoio. «Aspetta, devo parlarti.»

   Aumento il passo e riesco a vederlo meglio. La maledizione ha presa su di lui per metà: deforma in continuazione la sua sagoma come se volesse riappropriarsi delle redini e Gareth non glielo permettesse. La sua schiena è ricurva, si sta abbassando e raddrizzando mentre le braccia perdono il pelo, ma le sue dita mantengono i lunghi artigli.

   «Gareth, fermati!» Lui fa di testa sua. Prosegue, il piede destro pronto a svoltare a destra. Lancio quindi il pugnale sottratto a Trevor, la mia mira non è perfetta ma è abbastanza da sortire l'effetto desiderato. Gli passa davanti agli occhi costringendolo a reclinare il capo.

   Si ferma sul posto, di colpo e... sogghigna. La luce bluastra che passa dalle finestre mi permette di vedere l'angolo della sua bocca all'insù. Perché la cosa non mi sorprende?

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⏰ Ultimo aggiornamento: 4 days ago ⏰

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