Rosa mi spinse con calma verso il materasso, tenendomi ferma con le spalle contro di esso. Nello stesso tempo si distese sul mio corpo, la sua mano tra le mie gambe la tolse quasi subito e la portò velocemente più su sul mio viso, al lato opposto rispetto a dov'era l'altra. Si avvicinò di più a me ed eliminò completamente la distanza che separava i nostri visi, le nostre bocche soprattutto. Mi baciò subito, senza alcuna calma. Sentii la sua lingua e i suoi denti assaporare e mordere la mia bocca, le sue labbra succhiavano forti le mie mentre le sue mani erano ferme ai lati del mio viso. Il suo corpo era ben piantato sul mio, la sentivo muoversi con calma, strusciarsi piano sul mio corpo. Avevo voglia di toccarla, di sentire la sua pelle calda sotto le mie mani, provai a muovermi ma l'unica cosa che potei fare fu ricambiare ogni suo bacio. Non appena sfiorai la pelle del suo viso, pronta a scivolare giù sul suo corpo, le sue mani si staccarono dal mio viso, presero le mie mani e le fermarono con forza sopra la mia testa contro il materasso.
«Ferma, ragazzina.» sussurrò lei con un sorriso.
«Non volevi che ti mostrassi come si fa?» le chiesi ingenuamente.
«E tu pensi davvero che io abbia bisogno del libretto delle istruzioni?» ribatté lei bagnandosi le labbra.
«Beh no, però...» risposi io, ma lei mi interruppe.
«Rilassati, respira ora che puoi.» continuò lei in tono basso e dannatamente eccitante. «So benissimo come funziona il sesso...» aggiunse facendomi sentire una sua mano che scendeva lenta lungo tutto il mio busto.
Arrivò con calma sul mio ventre, avendo le braccia in aria la maglia si tirò su da sola e la sentii meglio quando prima con due dita, e poi con tutta la mano, si insinuò sotto il pantalone del mio pigiama e contemporaneamente sotto agli slip. La sua mano si spostava con movimenti lenti ma decisi, la sentii subito tra le mie gambe che si bagnava e automaticamente faceva bagnare di più me.
«So come funziona il corpo di una donna, e so anche che non sono tutti uguali.» continuò lei premendo più forti le sue dita tra le mie labbra, ero così bagnata che non sentivo nessun attrito.
Il mio cuore era ormai a mille, il mio respiro era già pesante, ero pronta a venire da un momento all'altro, ma non era quello il piano di Rosa.
«Potrei fermarmi qui tranquillamente, potrei tenere la mia mano tra le tue gambe per tutto il tempo, potrei farti venire una, due, tante volte...» sussurrò tenendo le sue labbra vicinissima alle mie e facendomi sentire le sue dita più su, sul mio clitoride che si muovevano con fare più veloce. «Ma voglio assaporare ogni punto del tuo corpo prima.» aggiunse fermando le sue dita non appena mi lasciai sfuggire un gemito.
In quel momento la vidi sorridere, fu un sorriso soddisfatto, provocatorio, che mi fece intuire che non voleva darmi ciò che volevo. Lentamente sfilò la sua mano dalle mie gambe, la vidi abbassare un secondo lo sguardo dal mio viso, e quando lo riportò su mi fece l'occhiolino. Io non capivo cosa avesse in mente ma pochi istanti dopo lo sentii, sentii la sua mano al lato sinistro del mio collo, sentii due sue dita girare lente su un punto preciso della mia pelle. Erano bagnate, quelle dita erano bagnate di me, dei miei umori. Io avevo ancora il fiato corto, lo sguardo di Rosa fisso verso di me, e il battito che faticava a rallentare. Lei si bagnò le labbra per un istante, poi spostò con calma il suo viso dal mio e la sentii leccare e mordere il mio collo, proprio lì dove mosse le sue dita. La sentii fare una certa pressione con la bocca, la mano che teneva le mie la sentii stringere più forte mentre il suo corpo premette ugualmente contro il mio. Io socchiusi gli occhi per un istante, mi godetti le sue labbra e il suo corpo contro di me. Era stupenda, eccitante e tanto stronza, anche se solo in quel momento mi ricordai di quel piccolo particolare. Con calma si staccò da me, dal mio collo, io avevo di nuovo lo sguardo sul suo viso mentre lei stava valutando la condizione della mia pelle.
«Ti rimarrà un bel segno.» commentò lei alzando lo sguardo verso il mio. «Certo, non sarà uguale a quello che ho fatto a Giulia, ma potrebbe essere ugualmente carino.» aggiunse facendomi l'occhiolino.
Il suo era un gesto di sfida, non sapevo bene il perchè o quale fosse il suo scopo, ma io ci cascai in pieno. Feci tanta pressione contro il suo corpo, ribaltai in un attimo la situazione e me la ritrovai sotto di me.
«Oh quindi cos'è che vorresti fare ora?» mi chiese con fare divertito.
Il mio piano mi sembrava ovvio, avevo voglia di lei, voglia di sentirla mia. Ma in quel momento si stava controllando troppo, era più divertita che eccitata, e io volevo ribaltare la situazione. Lei a differenza mia aveva già il busto scoperto, io avevo una maglietta addosso e il pantalone di un pigiama, lei aveva solo il pantalone e il suo reggiseno rosso. Quel colore le donava molto, il rosso era perfetto sul suo corpo, ma ero sicura che stesse meglio senza. Riuscii a liberare le mie mani dalla sua stretta, in quel momento le tenevo entrambe sui suoi fianchi, ma lentamente le feci scivolare giù. Presi il bordo dei suoi pantaloni e con calma glielo sfilai. Scivolai contemporaneamente giù dal letto, mi misi in piedi davanti a lei e ammirai per qualche istante il suo corpo mezzo nudo disteso davanti a me. Ci guardavamo entrambe, il suo respiro era ancora calmo, ma non lo sarebbe stato per molto. Piegò la sua gamba sinistra, poggiò il suo piede sul letto e con l'indice della mano destra mi fece segno di raggiungerla. Io non me lo feci ripetere due volte, tornai sul letto, inizialmente sulle ginocchia. Rimasi seduta tra le sue gambe per un po', pochi secondi, con la mano destra accarezzavo l'esterno della sua gamba sinistra mentre con le labbra le lasciavo languidi baci sulla parte interna di quella stessa gamba. Non appena superai la sua coscia e vidi quel tessuto rosso tra le sue gambe, tirai su il mio sguardo sul suo viso. Il suo sguardo era parzialmente cambiato, non era più divertita, era eccitata. Con Giulia ci andai con calma, ma Rosa non voleva quello, a lei non piaceva andarci piano. Così non mi fermai, continuai a baciare la sua pelle facendo il giro sul tessuto dei suoi slip. Quando arrivai sulla parte superiore degli slip la vidi perdere per un istante il controllo del suo respiro, a lei tutti quei giri non piacevano, ma io volevo che fosse diretta.
«Ragazzina, vieni qui.» sussurrò lei facendomi segno di salire sul suo corpo.
Io non lo feci subito, aspettai un po', pensavo fosse una trappola, e in un certo senso lo era. Non appena mi distesi sul suo corpo, lei ribaltò di nuovo la situazione. Mi riportò sotto di sé e tornò a bloccare le mie mani con le sue, sempre sopra la mia testa.
«Che cazzo...» sussurrai.
«Non mi piace perdere tempo, ragazzina.» commentò lei lasciando una mia mano ma riprendendola poco dopo con l'altra.
«Si chiamano preliminari.» le spiegai tenendo lo sguardo fisso sui suoi occhi.
«Oh ma davvero?» domandò lei portando il suo viso vicinissimo al mio. «Spiegami un po', che senso ha baciarsi in ogni punto, sfiorarsi la pelle a vicenda, quando poi entrambe sappiamo di voler arrivare qui?» aggiunse facendomi sentire di nuovo quella sua mano tra le mie gambe.
Per tutto il tempo del suo discorso, di quelle sue domande, sentii la sua mano scivolare lenta lungo il mio busto. Avevo ancora la maglietta addosso e ciò che sentii fu impercettibile, ma quando scivolò tra le mie gambe la sentii bene. Quando smise di parlare si bagnò le labbra, sentì il mio respiro fermarsi un istante e lei sorrise. La sua mano si muoveva lentamente, avanti e indietro, toccò ogni punto della mia intimità e senza alcun preavviso portò prima uno e poi un secondo dito dentro di me. Lei non smise per un attimo di sorridere, era un sorriso sfrontato, stronzo e piuttosto soddisfatto.
«Allora, pensi ancora di volerci andare piano?» mi chiese con fare divertito.
Io mi adattavo facilmente ad ogni situazione e persona che avevo davanti. Magari all'inizio non mi sentivo molto a mio agio, però mi bastavano pochi minuti per capire la situazione e adeguarmi. In generale non ero un tipo che ci andava giù pesante, soprattutto parlando di sesso, con Giulia mi trovai bene perché lei era più simile a me, ma Rosa era diversa da entrambe. Rosa era in un certo senso più aggressiva, ma io riuscii ad adeguarmi facilmente anche a lei. Tenni il mio sguardo fisso su di lei, le sue dita erano ancora dentro di me ma non si muovevano, voleva lasciarmi la possibilità di parlare con calma, ma io non avevo nulla da dirle. Riuscii a fare una leggera pressione col mio corpo contro il suo, quel letto ne avrebbe visti tanti di ribaltamenti quella notte, e riportai Rosa sotto di me. Le mie mani non furono più bloccate da lei e così potei muovermi come volevo. Mi sfilai subito la maglia, la lasciai cadere accanto a me, poco oltre il letto, e velocemente mi tolsi anche il reggiseno. Lo sguardo di Rosa cambiò gradualmente, quando mi tolsi anche il reggiseno non sorrideva più. Provò a muovere le sue dita, quelle che aveva dentro di me, ma io portai una mano giù sul suo polso e la bloccai. Lei mi guardò con fare confuso, non capiva cosa stavo facendo, ma non la feci attendere troppo. Iniziai a muovere con calma il mio bacino, su e giù, sentivo ogni millimetro delle sue dita dentro di me e mi piaceva. Mi piaceva soprattutto l'effetto che faceva a lei quel mio movimento. Si tirò su velocemente con la schiena, io ero inginocchiata sulle sue gambe, e lei si mise subito faccia a faccia con me.
«Sei stupenda...» sussurrò in tono decisamente eccitato.
La sua mano libera la sentii sul mio seno destro, lo strinse forte e torturò tra le dita il mio capezzolo. Restammo a guardarci per pochi secondi, i nostri sguardi non avevano bisogno di dirsi nulla, in quel momento si capirono al volo. Quello tra me e lei non era un darsi sollievo a vicenda per pensare ad altro, come successe tra me e Giulia, quello tra me e Rosa era una voglia di divertirsi pura e semplice. Non ci furono molti gesti dolci, anzi probabilmente non ce ne furono affatto, e a me andava bene così. Avevo sognato per anni quel momento, il momento in cui io e Rosa ci saremmo ritrovate a letto insieme. Nella mia testa era un po' diverso rispetto a come fu in realtà, avevo in testa molti più baci, ma lei preferì i morsi. Mi morse di continuo, il mio seno, il mio collo, ogni parte della mia pelle fu morsa dalla sua bocca. Ma non faceva male, per niente, quella notte Rosa mi fece solo tanto bene. Continuai in quel modo fino a quando non venni, mi mossi io sulla sua mano piuttosto che far muovere lei. Ma Rosa non rimase comunque ferma. Lei aveva il mio seno a sua completa disposizione, la sentii farci di tutto. Lo leccò, lo morse, lo succhiò facendomi impazzire. Mi lasciò un paio di succhiotti anche lì, sul mio seno, lasciare il segno era ciò che le piaceva di più. Quando venni sulla sua mano incrociai il suo sguardo. Lei si stava bagnando le labbra, io stavo riprendendo fiato, ma non mi importava respirare bene. Quella notte ci fermammo poche volte per riprendere fiato, non avevamo alcuna intenzione di bloccare quella voglia che avevamo dell'altra, che cresceva dopo ogni orgasmo. Ce ne furono un bel po' quella notte. Fare sesso con Rosa significava andare avanti fino a quando non si rimaneva completamente senza forze, non si sceglieva di fermarsi, si era costretti.
«Cazzo...» sussurrai respirando a fatica non appena ci fermammo.
Eravamo distese l'una accanto all'altra, entrambe senza fiato, entrambe accaldate e sudate. Nemmeno con la mia ex feci mai nulla di simile, con Rosa andai avanti per ore, ogni volta che ci fermavamo non era mai davvero l'ultima, un po' come quella volta.
«Non pensavo che saresti riuscita a tenere il passo.» commentò Rosa voltandosi verso di me solo col viso, il resto del corpo era disteso a pancia in su.
«Tesoro, io faccio sesso con le donne da molto prima di te, quindi sono allenata.» ribattei col suo stesso tono.
Mi voltai verso di lei non appena conclusi la mia frase ma rimasi incantata dalla sua bellezza non appena la vidi. Addosso avevamo solo un lenzuolo piuttosto sottile, quel letto era ormai distrutto, un cuscino era a terra, l'altro era alzato e poggiato contro la testiera del letto, la coperta superiore invece era a terra. Lì sul letto rimasero solo le lenzuola. Entrambe non eravamo completamente coperte, solo alcuni punti del corpo lo erano. Lei aveva solo il ventre coperto, e una piccola parte inferiore del suo seno, ma i capezzoli erano ben visibili e le sue gambe erano completamente scoperte. Il mio corpo era decisamente più coperto, dal seno fino a metà coscia. Avevo avuto Rosa davanti per tutto il tempo, una notte intera, conoscevo ogni centimetro del suo corpo alla perfezione. Sulla schiena, sulla parte destra all'altezza delle spalle, aveva tatuato il muso di un gatto nero. Sul polso destro aveva una piccola cicatrice di appena due centimetri, non sapevo cosa fosse ma sembrava vecchia. Lei a differenza di Giulia non aveva piercing, ma aveva tatuaggi. Quel gatto dietro la spalla non era l'unico, ne aveva anche altri, in tutto ne avevo contati 10. Ma in quel momento non pensai a nessuno di quelli, mi soffermai sul suo viso, sul suo sguardo soddisfatto e sul suo sorrisetto. C'era poco da fare, le persone stronze attiravano sempre l'attenzione del mio stupido cuore.
«Com'è che mi hai chiamata?» mi chiese lei avvicinandosi lentamente a me e scoprendo di conseguenza di più il suo seno.
Il mio sguardo cadde per un istante proprio lì, sul suo petto, ma non ebbi il tempo di dire nulla poiché lei mi raggiunse subito. Non eravamo molto distanti, pochi centimetri. Lei si fermò solo quando il suo seno toccò il mio braccio sinistro, ma non si fermò nemmeno subito perché lo sentii premere contro di me.
«Sai, c'è una cosa che ho sempre voluto provare ma non ne ho mai avuto l'occasione.» mi disse allungando una sua mano verso di me e poggiandola sul mio ventre.
«Di cosa si tratta?» le chiesi parzialmente confusa.
In parte ero intrigata dal suo modo di fare, e in quel momento avevo ormai perso la testa per concederle qualsiasi cosa. Lei non mi rispose, non mi spiegò nulla, e anzi continuò ad avanzare nonostante ormai non ci fosse più spazio libero. Con quella mano tirò su il lenzuolo, ma non lo fece troppo, quel tanto che bastava per insinuarsi tra me e quel tessuto. Si distese sopra di me con calma, il suo petto contro il mio, le sue gambe che lentamente sfioravano le mie e il suo sguardo che velocemente divenne più intenso.
«Ti va di avere una relazione con me?» mi chiese confondendomi non poco le idee.
«Cosa? Che diavolo stai dicendo?» domandai decisamente sorpresa.
«Calma, ragazzina.» sussurrò con un sorriso. «Non ti sto chiedendo di diventare la mia ragazza, voglio che ci sia solo sesso.»
«Continuo a non seguirti.» ribattei ancora tanto confusa.
«D'accordo, mettiamola così.» commentò lei facendo scivolare lentamente una sua mano lungo un mio fianco, fino ad arrivare tra le mie gambe. «Mi piace ciò che abbiamo fatto nelle ultime ore e non voglio smettere una volta tornate a casa.» mi spiegò.
«Perché?» le chiesi ingenuamente, avrei potuto farmi gli affari miei, dirle che per me era perfetto così, e invece no, dovevo infierire.
«Negli ultimi anni ho avuto a che fare solo con uomini, e con nessuno di loro è stato tanto intenso, tantomeno così duraturo.» rispose lei piegando una sua gamba tra le mie e strusciandosi piano contro la mia pelle.
La sentivo bagnata, calda, era eccitata nonostante il suo tono sembrasse tranquillo.
«Tra l'altro non mi sento così sicura, così brava, e ci sono delle cose che vorrei sperimentare.» aggiunse premendo di più la sua intimità contro la mia coscia, e in quel caso la vidi socchiudere gli occhi per un istante.
«Quindi vuoi che sia a tua completa disposizione per fare pratica?» le chiesi cercando di tenere un tono calmo, ma lei addosso mandava al diavolo ogni mia funzione cerebrale.
«Precisamente, vedo che mi capisci.» commentò con un sorriso.
«Più o meno, mi manca qualche dettaglio ma direi di aver capito cosa intendi.» ribattei col fiato pesante.
«E quindi? Qual è la tua risposta? Mh?» mi chiese facendomi bagnare di nuovo, quella sua mano tra le mie gambe stava lavorando bene, e sentirla strusciarsi su di me mi faceva perdere ancora di più il controllo dei miei pensieri. «Ti va di aiutarmi a fare un po' di esperienza?»
La sua tattica era buona, aveva messo al tappeto la mia volontà, i miei ormoni in quel momento erano più rumorosi. In quel momento non vedevo alcun motivo per cui avrei dovuto dirle di no, a mente lucida ne avrei trovati un paio buoni ma in quel momento non me ne veniva in mente nessuno.
«E io cosa ci guadagno?» le chiesi con fare ironico.
«Perché, fare sesso con me non ti basta?» replicò stringendo forte quella sua mano tra le mie gambe, facendomi ansimare.
«Mi basta, certo che mi basta, ma io potrei fare lo stesso?» domandai mordendomi leggermente le labbra.
«In che senso? A te non serve mica fare pratica?» mi chiese in tono confuso.
«No, magari no, ma metti caso che abbia voglia di fare sesso e non avessi nessuno con cui farlo...» ipotizzai con fare provocatorio, ormai avevamo oltrepassato qualsiasi limite e chiederle quella cosa non mi spaventava.
«Beh in quel caso potrai chiamarmi, o venire direttamente a casa mia a trovarmi.» commentò lei lentamente.
«Davvero?» chiesi piuttosto sorpresa, pensavo quasi che mi mandasse a quel paese.
«Certo, ragazzina, magari riesco a soddisfare la tua voglia e a diventare persino brava.» rispose lei.
«Quella lo sei già.» replicai abbastanza sicura.
«Lusingata che lo pensi, ma avrei ancora quella cosa da voler provare...» ribatté lei con calma.
«Beh io sono qui, puoi provare tutto quello che vuoi.» dissi io col suo stesso tono.
«Quanto siamo gentili...» sussurrò lei prima di passare velocemente la sua lingua al centro delle mie labbra.
Quel suo gesto mi fece capire in anticipo cosa aveva in mente. Con calma la sentii tirarsi leggermente su con le braccia, si staccò dal mio corpo ma lentamente scese giù. La sua lingua fu l'unica cosa a toccarmi, scivolò tra i miei seni, lungo il mio ventre e si fermò non appena arrivò al mio pube. In quel momento incrociammo gli sguardi, io tolsi quel lenzuolo di mezzo, buttandolo a terra insieme alle altre coperte, e lei mi sorrise. Quell'incrocio di sguardi durò poco, poco meno di trenta secondi, poi lei abbassò il suo sguardo e si avvinghiò con la bocca tra le mie gambe. Nemmeno in quel momento ci andò piano, anche in quel momento fu intensa. Sentivo la sua lingua e le sue labbra muoversi forti, il suo viso era premuto lì tra le mie gambe, non aveva alcuna voglia di staccarsi e io non avevo alcuna voglia di lasciarla andare via. Il respiro mi mancò quasi subito, iniziai subito a gemere, e lei mi fece venire di nuovo. In quel momento ricominciammo a fare sesso, tornarono i morsi, si aggiunsero anche i graffi, la pelle in fiamme... Rosa non aveva bisogno di fare esperienza. Forse avevamo una certa affinità, forse i nostri corpi si capivano al volo, fatto sta che per me non aveva bisogno di imparare nulla, sapeva già tutto. E quella cosa mi sembrò strana. Diceva di non aver mai fatto sesso con una donna, che le aveva sfiorato solo il pensiero qualche volta, ma era così brava che mi venne spontaneo chiederle come fosse possibile. Nemmeno io la mia prima volta fui tanto brava, tanto sicura di me, lei era completamente diversa.
«Ho il mio corpo davanti tutto il giorno.» mi rispose con un sorriso. «So cosa mi piace, so cosa mi fa venire all'istante e cosa detesto, quindi con te non ho fatto altro che fare ciò che faccio con me stessa.» mi spiegò.
Eravamo di nuovo distese l'una accanto all'altra, io ero su un fianco rivolta verso di lei, Rosa invece era distesa a pancia in su con il viso rivolto verso di me. Mi sorrise per tutto il tempo, e io mi lasciai quasi rapire dal suo sguardo. Che mi piaceva era ormai evidente, lo aveva intuito persino Giulia, l'unico problema per me era capire fino a che punto mi piacesse. A volte avevo semplicemente voglia di fare sesso con lei, in quel modo, il più intensamente possibile, altre volte invece avevo semplicemente voglia di baciarla, piano però, dolcemente. Altre volte ancora, più di tutte, avevo voglia di discutere con lei, di dirgliene quattro, soprattutto quando mi prendeva in giro. Era un rapporto complicato il nostro, e mettendo di mezzo il sesso non migliorò affatto.
«Adesso ci conviene provare a dormire, ragazzina. Abbiamo il treno alle 10:00, e se tutto va bene riusciremo ad essere a casa prima di cena.» continuò Rosa poco dopo.
In un altro contesto mi sarei tirata su, avrei preso perlomeno un lenzuolo e avrei coperto entrambe, ma in quel caso non lo feci. Insieme a me c'era Rosa, e lei non amava particolarmente le cose dolci. Cioè aveva apprezzato le mie storie, che erano prevalentemente tutte storie romantiche, ma tra me e lei la dolcezza era una cosa da evitare per non rendere la situazione ancora più strana.
«Oh d'accordo, buonanotte allora.» dissi con fare leggermente imbarazzato.
Ero distante dal suo corpo di almeno cinque centimetri, forse anche dieci, e con la lucidità che tornò nella mia mente non riuscii a pensare a cosa dire o come comportarmi. Lei invece sembrò piuttosto tranquilla. La vidi tirarsi su con calma, poi scese dal letto e completamente nuda si avvicinò al mio lato. Io la seguii con lo sguardo, mi voltai anche col corpo verso di lei cercando di capire cosa avesse in mente, ma lo capii solo quando si mosse. Prese una coperta dal pavimento, quella più pesante, e la distese alla buona sul letto (e di conseguenza anche addosso a me). Poi salì dal mio lato, in cui c'era abbastanza spazio per una persona, e si infilò sotto le coperte vicinissima a me. Io sentii il mio viso accaldarsi di colpo, da quei 10 centimetri passammo a 1, e io non ero preparata. Mi feci leggermente più indietro, non molto, quel poco che bastava per tornare a riprendere fiato.
«Cosa c'è, ragazzina? Perché ti allontani?» mi chiese lei con un sorrisetto divertito.
«Volevo lasciarti un po' di spazio, sei praticamente vicina al bordo del letto.» le dissi cercando una scusa al volo, scusa che non era del tutto falsa.
Lei era davvero tanto vicina al bordo del letto, alle mie spalle c'era un sacco di spazio, ma a lei non sembrava importare.
«Oh, quanto sei dolce.» sussurrò in tono provocatorio. «Ma magari io non voglio tutto questo spazio, magari io voglio starti così vicino.» aggiunse avvicinandosi di nuovo a me ed eliminando la distanza che creai.
«B-beh per me non c'è nessun problema, puoi anche stare qui.» le dissi cercando di avere un tono sicuro, ma ovviamente facevo pena. «Mi sono allontanata solo per quello, solo per non farti stare sul bordo.»
«Bene, d'accordo, allora rilassati e riposati. Ci attende un altro bel viaggio domani.» ribatté lei sfiorandomi il viso con due sue dita e portando giù l'unico cuscino che era rimasto sul letto.
Io non sapevo cosa fare, guardarla in faccia mi rendeva nervosa, mi agitava, abbassare lo sguardo era ugualmente da evitare perché avevo il suo seno giusto sotto agli occhi e non potevamo davvero continuare a fare sesso per tutta la notte, né tantomeno provocarci. Mi sarei potuta girare, avrei potuto darle le spalle, ma in quel caso le sarebbe sembrato che avessi qualcosa da nascondere, e così rimasi ferma lì su un fianco, faccia a faccia con lei. Entrambe avevamo la testa poggiata su quel cuscino, i nostri corpi non si toccavano per poco, i nostri seni si sfioravano quasi però, mentre i nostri sguardi si studiarono per qualche minuto. Lei continuava a sorridere, sembrava le piacesse molto rendermi nervosa.
«Cosa c'è, ragazzina?» mi chiese lei all'improvviso.
«Niente...» dissi piuttosto imbarazzata.
«Allora perché mi guardi?» continuò con fare divertito.
«Perché tu guardi me.» risposi io semplicemente.
«Oh ma io lo faccio perché anche tu guardi me.» concordò lei in tono ironico.
«E così non ne usciremo mai, lo sai, si?» domandai col suo stesso tono, di tanto in tanto mi divertivo a stare con lei, a scambiarci frasi sceme.
«Si, lo so.» ribatté lei con un sorriso particolarmente dolce, e ciò che disse dopo mi spiazzò alla grande. «D'accordo...» sospirò lei come se si preparasse a dire qualcosa di troppo difficile. «Non riesco a distogliere lo sguardo dai tuoi occhi, sono troppo belli.» mi confessò con fare piuttosto serio, non sembrava per niente ironica.
Io, appunto, rimasi spiazzata dalla sua frase e da quel tono che sembrava estremamente dolce. In parte mi sembrava anche imbarazzata, non l'avevo mai vista in quel modo.
«Mi stai prendendo in giro, vero?» le chiesi un po' confusa.
«Cosa? Perché lo pensi?» domandò lei senza capire.
«Perché ogni frase che esce dalla tua bocca, rivolta a me, spesso è una battuta.» le spiegai seriamente.
«Non tutto.» ribatté lei in tono quasi offeso.
«Ok, non tutto, ma buona parte si.» continuai abbozzando un sorriso.
«Va bene, lo ammetto, il più delle volte ti provoco. Ma non posso farci niente, è il mio modo di flirtare.» mi confessò lei con un sorriso più convinto del mio.
«È il tuo modo di... Cioè mi stai dicendo che sono anni che ci provi con me?» le chiesi ricordando che il nostro rapporto era in quel modo da sempre.
«Più o meno, si. Insomma quando avevi una ragazza restavo a distanza, facevo delle battute ma solo perché mi piaceva il tuo modo di reagire, mi piaceva vederti imbarazzata.» mi spiegò lei in tono divertito.
«Te sei stronza però.» ribattei ricambiando quel suo tono.
«Si, un pochino si, lo ammetto.» commentò con un sorriso. «Ma i tuoi occhi mi piacciono comunque tanto, sono molto dolci.» aggiunse con fare decisamente più innocente, sembrava quasi una persona normale.
«Beh ti ringrazio...» dissi ricambiando il suo sorriso. «Adesso però...» aggiunsi trattenendo uno sbadiglio. «Ci conviene provare a dormire sul serio.»
«Non posso darti torto, ragazzina.» concordò lei sfiorando piano una mia guancia.
Quel suo tocco lo trovai strano anche prima che si tirasse su per prendere la coperta, lo trovai strano perché era un gesto dolce, delicato. Credevo che quel lato lei non lo avesse affatto, ma forse a modo nostro, in diverse quantità, avevamo tutto dentro. Lei poteva essere dolce, così come Giulia poteva essere stronza. Entrambe erano l'opposto dell'altra, una era tanto gentile e dolce, l'altra era cinica e stronza. E io ero pazza perché mi piacevano entrambe. I miei gusti non avevano una logica, mi piaceva ciò che mi piaceva, punto. Poteva piacermi la persona più dolce del mondo e allo stesso tempo anche quella più stronza, non avevo gusti precisi come altri, nemmeno l'aspetto fisico mi colpiva particolarmente. Magari ero spinta verso chi aveva i capelli scuri, piuttosto che chiari, ma avevo avuto anche partner biondi, quindi non mi lasciavo frenare da quei piccoli dettagli. Alla fine io e Rosa ci addormentammo, i nostri sguardi giocarono per altri pochi minuti, ma poi Rosa si arrese e chiuse i suoi. Io rimasi a guardare il suo viso per un altro po', non molto tempo, poi tirai più su la coperta oltre le sue spalle e chiusi anche i miei occhi. Mi addormentai quasi subito, ero letteralmente esausta, fare sesso non era solo stupendo ma era anche stancante, e farlo prima di dormire mi permetteva di addormentarmi prima e dormire meglio. Quella notte dormii divinamente, non mi svegliai nemmeno una volta, tranne quella mattina a causa della sveglia che mise Rosa. La mise alle 09:00, la mise perché credeva che senza non ci saremmo svegliate, e in un certo senso aveva ragione. Eravamo esauste entrambe, e io non avevo alcuna voglia di alzarmi dal tepore di quel letto. Mi svegliai però, mi svegliai sentendo quel suono fastidioso, aprii gli occhi e mi ritrovai davanti Rosa ancora addormentata. Era bella, tanto, ma anche lei sentì il suo cellulare e gradualmente iniziò a svegliarsi. Aprì lentamente gli occhi, mi vide, e rimase a guardarmi per qualche secondo.
«Ma ciao, ragazzina, hai dormito bene?» mi chiese con un sorriso.
«Abbastanza...» dissi. «Se non fosse per questo rumore infernale.»
«Eh lo so, ma qualcosa doveva pur svegliarci.» ribatté lei in tono ironico. «Ti dispiace se passo, così lo stacco?» mi chiese facendomi segno alle mie spalle.
Io non capivo cosa intendesse con "passo", non capivo dove volesse passare, ma annuii semplicemente e senza aggiungere altro lei si spostò passando sul mio corpo. Non mi toccò molto, mi sfiorò semplicemente, sentii il suo seno sfiorarmi, le sue gambe e anche una sua mano sul ventre, ma probabilmente solo il tocco della sua mano fu volontario. Mi sentii leggermente in imbarazzo ma non appena si spostò mi voltai verso di lei. Rosa raggiunse quasi subito il suo cellulare, che era sul comodino opposto a quello dove ero io, e staccò finalmente quell'orrendo suono.
«Libertà!» esclamai voltandomi e sdraiandomi a pancia in su.
«Non direi, dobbiamo comunque alzarci.» ribatté lei voltandosi verso di me.
«Nooo, non voglio.» commentai portandomi la coperta sopra la testa e nascondendomi lì sotto come facevo quando da piccola non volevo andare a scuola.
Purtroppo le mie lamentele e la mia mimetizzazione non funzionarono mai, e non lo fece nemmeno in quel momento.
«Dobbiamo tornare a casa, bimba.» continuò Rosa in tono provocatorio. «Non vuoi tornare dalla tua gattina?» mi chiese.
Ruby mi mancava sempre tanto quando andavo fuori per qualche giorno, anche in quei giorni mi mancò la mia piccola palla di pelo, ma non avevo proprio le forze per tirarmi su e prepararmi.
«Si che voglio tornarci...» dissi senza mettere la testa fuori dalle coperte, era una conversazione un po' strana fatta in quel modo. «Ma non ce la faccio, sono stanca.» aggiunsi in tono lamentoso.
Non vidi Rosa per tutto il tempo, cioè non vidi il suo viso, il resto del suo corpo era lì sotto le coperte insieme a me, piuttosto distante, ma il sonno che provavo era tanto da non farmi guardare lei in modo perverso. La vidi avvicinarsi però, con calma, senza fretta, e quando fu abbastanza vicina tirò su le coperte e si mise faccia a faccia con me.
«Bimba...» sussurrò con un tono che era metà dolce e metà provocatorio, ormai nemmeno lei sapeva più come controllare la sua dolcezza con me. «Dobbiamo andare, potrai dormire in treno.»
«Non sarà altrettanto comodo.» dissi trattenendo l'imbarazzo che provavo.
«Lo so, ma appena ti alzerai dal letto ti sentirai più sveglia, il passo più difficile da fare è tirarti su adesso. Dopo sarà più facile.» commentò lei.
Io non sapevo dove avesse preso tutta quella sicurezza sul discorso "sonno", io l'unica cosa su cui ero sicura era che alzarsi dal letto era la cosa più difficile da fare, ma il resto non mi sembrò poi così facile. Dopo qualche minuto ci tirammo su entrambe, ci vestimmo e Rosa provò a rendere decente quel letto ormai completamente disfatto. Non appena scendemmo giù e uscimmo dall'hotel, entrammo subito in un taxi che ci stava aspettando, che Rosa chiamò poco prima di vestirsi, e nel giro di pochi minuti ci ritrovammo alla stazione ad aspettare il treno. Io ero stanchissima, avevo degli occhiali da sole addosso, e se non li avessi avuti avrei fatto spaventare tutti. Mi sentivo peggio di uno zombie, ero stremata, volevo solo dormire. Rosa sembrava abituata a dormire così poco, probabilmente dormimmo 4 ore, non di più. Quando arrivò il treno seguii lei tra i vari vagoni, io mi sarei volentieri accasciata a terra per far pena a qualcuno, ma Rosa insistette e dopo aver oltrepassato due vagoni riuscimmo a trovare un paio di posti liberi vicini. Durante il viaggio di ritorno ci demmo il cambio, lei era quella sveglia e io morivo di sonno. Non appena ci sedemmo mi poggiai con la testa sulla sua spalla, non ci feci molto caso, avevo davvero troppo sonno, e ancora senza accorgermene mi addormentai. Dormii per oltre due ore prima di svegliarmi di colpo.
«Cosa c'è? Hai fatto un brutto sogno?» mi chiese Rosa con fare divertito.
«N-no... Mi sono addormentata?» le chiesi un po' confusa.
«Direi proprio di si.» rispose lei prendendomi in giro.
«Oh, scusami.» ribattei un po' imbarazzata.
«Perché ti scusi? Eri stanca, stanotte hai avuto tanto da fare.» commentò con un sorriso.
«Lo so...» dissi ricambiando quel suo sorriso. «Ma sono stata per tutto il tempo con la testa sulla tua spalla, ti farà male.» aggiunsi leggermente dispiaciuta.
«Per niente.» ribatté lei con fare dolce. «Se vuoi puoi poggiarti ancora un altro po'.» disse sfiorandomi piano il viso con una mano.
Io all'inizio ero abbastanza imbarazzata, ma il suo modo di fare mi convinse e tornai con la testa sulla sua spalla. Non mi addormentai però, rimasi semplicemente lì a riposare la testa. Lei riprese il mio libro e lo lesse per buona parte del viaggio di ritorno, ci andò abbastanza con calma. Quando arrivammo finalmente alla stazione della nostra città erano quasi le 19:00, non avevamo alcun taxi da prendere ma ci aspettava Giulia nella sua auto.
«Ehi, è andato bene il viaggio?» ci chiese lei non appena la raggiungemmo.
«Diciamo di si, dai.» dissi io.
«E il firmacopie? C'erano tante persone?» continuò Giulia che voleva più dettagli.
«Più dell'ultima volta, ha fatto anche più foto del solito, quindi sui social ci sarà sicuramente più pubblicità.» commentò Rosa, e in un certo senso aveva ragione.
Durante il viaggio in cui Giulia ci accompagnò a casa, prima portò me e poi Rosa, quest'ultima le spiegò tutto ciò che successe e ciò che facemmo. Cioè, non proprio tutto, non le disse del nostro "accordo" né del sesso che facemmo. Quando io salii su in casa trovai Ruby che mi venne subito in contro, miagolò un sacco quel giorno e non mi lasciò nemmeno un secondo, mi seguì ovunque e quella sera dormì nel letto con me. Evidentemente le ero mancata molto, ma conosceva Giulia e dissi a lei di andare a controllarla, di darle del cibo e ciò che le serviva, quindi non stette poi tanto male in quei giorni. La sera del mio ritorno a casa si fecero sentire anche le mie amiche, dissero di voler uscire per un aperitivo e poi a mangiare una pizza. Non ci vedevamo da un po' e mi chiesero di andare con loro, io però ero distrutta e chiesi a loro di rimandare al giorno successivo, cosa che per fortuna andò bene a tutte. Quella sera mangiai qualcosa al volo e mi buttai a letto, seguita appunto da Ruby che mi fece le fusa per tutta la notte. La sera successiva invece dovetti appunto uscire, ma per tutta la giornata rimasi a casa con quella dolce gattina, e quando uscii lo feci con la mia moto. Raggiunsi quasi subito il locale in cui decidemmo di fare l'aperitivo, era un bar della zona, distante un paio di chilometri da casa mia. Le ragazze non erano ancora arrivate, non tutte almeno, la metà era lì. Le mie amiche erano in 4, quelle che trovai lì ad aspettare ad un tavolino davanti al locale erano in 2. Si chiamavano Serena e Claudia, erano le più grandi del gruppo, 32 e 33 anni, erano anche tra le più puntuali. Il più delle volte si presentavano in anticipo. Nonostante fossero più grandi di me erano leggermente più basse, Serena portava gli occhiali, amava i cani e chissà perché detestava i gatti, infatti a casa mia venne raramente. Claudia era una grande tifosa dell'Inter, e il più delle volte si perdeva in discorsi e discussioni sul calcio con Roberta, un'altra nostra amica che invece tifava per il Napoli. Quando c'erano delle partite non si vedevano mai in giro, ma era quasi scontato che le vedessero insieme. Roberta era la più piccola, aveva 29 anni, a fine anno ne avrebbe compiuti 30 e lei arrivò poco dopo di me.
«Ciao ragazze.» ci salutò lei sedendosi ad una sedia libera accanto a me. «Andrea, la tua moto è stupenda, quand'è che mi farai fare un giro?» mi chiese voltandosi prima verso di me e poi verso la mia moto che avevo parcheggiato giusto di fronte al bar.
«Tua madre dice che hai il terrore delle moto, non posso farti salire e rischiare di morire perché tu ti fai prendere dal panico.» dissi con fare ironico.
«Non è vero, sai com'è mia madre, vuole solo tenermi al sicuro.» replicò lei.
Io e Roberta ci conoscevamo da più di 15 anni, avevamo affrontato l'adolescenza insieme, avevamo frequentato lo stesso liceo ed entrambe conoscevamo i genitori dell'altra. Con Serena e Claudia invece ci conoscemmo poco dopo il liceo, in un lavoretto estivo che facemmo insieme io e Roberta. Lei voleva solo pagarsi l'università, io invece continuai per qualche anno solo perché la compagnia mi piaceva, e non disdegnavo affatto vedere ragazzi e ragazze in costume. L'ultima ragazza, invece, quella costantemente in ritardo, si chiamava Sandra. Aveva la mia stessa età, di un mese più piccola, e le piacevano molto le scarpe e gli abiti eleganti, infatti quella sera ci raggiunse con un vestitino floreale lungo poco sopra alle ginocchia e delle scarpe col tacco.
«Sandra, ma come sei bella.» la salutò Claudia in tono di scherno, quelle due erano gli opposti e si punzecchiavano sempre tanto.
«Oh grazie, anche tu sei molto elegante con quella felpa addosso.» ribatté Sandra sorridendo.
«Lo so.» ribatté Claudia ma nessuna delle due poté continuare oltre poiché insieme a Sandra arrivò anche Matteo, il ragazzo che lavorava al pub americano in cui io, Giulia e Rosa andammo a cena una settimana prima.
«Ciao, ragazze.» ci salutò lui un po' imbarazzato.
Di solito le nostre uscite non prevedevano i fidanzati o le fidanzate, capitava qualche sera ma quel giorno non ci mettemmo d'accordo in quel modo. Matteo non era il fidanzato di nessuno, tantomeno di Sandra, anche se lei ci sperava. Non sapevo come la vedeva lui, non sapevo se le interessava la nostra amica, ma gli piaceva la nostra compagnia e quando non lavorava si univa spesso a noi. Non gli dispiaceva essere l'unico maschio in mezzo a 5 femmine, e a detta sua non si annoiava nemmeno perché i nostri discorsi spaziavano sempre. Avevamo tanti interessi diversi, tante passioni, ma almeno una volta a settimana provavamo a vederci tutte quante per valutare come andavano le nostre vite. Claudia aveva un fidanzato, milanista purtroppo per lei, ma ci stava così tanto bene insieme che decisero di sposarsi. Non avevano ancora deciso una data, ma Sandra era entusiasta. Non vedeva l'ora di poter sfoggiare uno o più abiti eleganti davanti a delle persone, insomma sapevamo già che avrebbe provato a mettere in ombra la sposa. Anche Roberta aveva un ragazzo, ma entrambi vivevano ancora con i genitori e di sposarsi non c'era nemmeno l'idea, pensavano alla convivenza ma il lavoro di Roberta non era stabile e non guadagnava nemmeno abbastanza. Serena era quella che stava meglio di tutte, lasciò la casa dei genitori dopo il liceo, andò a Roma per studiare e tornò a casa per lavoro e anche per stare con la sua ragazza. Si chiamava Cinzia, aveva la stessa età di Serena e come me e Roberta loro due si conobbero al liceo. Si piacquero subito, ebbero un po' di problemi a causa dei genitori di entrambe, ma riuscirono a superare ogni ostacolo e in quel momento stavano ancora insieme. Convivevano da circa 10 anni e avevano 3 magnifici cani. Insomma, ognuna di noi aveva la propria vita, ma eravamo piuttosto unite. Ogni volta che ci vedevamo ridevamo un sacco, ci prendevamo in giro a vicenda per varie situazioni, ma ci sostenemmo sempre a vicenda. Infatti loro seppero delle mie storie molto prima dell'uscita dei libri, per loro il mio non fu mai un sogno assurdo, come invece lo era per la mia famiglia, né tantomeno pensavano che ciò che scrivevo fosse una porcheria assurda. Volevo bene a ognuna di loro, e probabilmente da sola non sarei riuscita a sostenere il mio sogno. Fu anche grazie a loro che non pensavo più molto a Sara, la mia ex, ma quella sera la vidi di nuovo e nessuna di loro riuscì a distrarmi. La vidi quando ci spostammo in una pizzeria, lei era già seduta ad un tavolino in fondo al locale, lontano dall'entrata, e quando noi entrammo non ci vide ma io lo feci quasi subito. I miei occhi erano ancora abituati a mettere a fuoco subito la sua figura anche in mezzo ad un centinaio di estranei. In quel caso le persone erano di meno, ma io la notai comunque. Feci finta di niente, o perlomeno ci provai, ma durante la nostra cena fui più silenziosa e distratta del solito.
«Andre'...» mi chiamò Roberta all'improvviso. «Si può sapere cosa stai guardando?» aggiunse voltando lo sguardo in avanti, proprio verso Sara.
«No, Andrea, ti prego.» disse Claudia vedendo Sara prima delle altre.
«Non sto facendo nulla.» dissi io.
«Il problema non è ciò che stai facendo, ma quello che stai pensando.» ribatté lei.
«No no, il problema è anche ciò che sta facendo.» replicò Serena. «Ha praticamente ancora metà pizza nel piatto, e sappiamo tutte che di solito lei è quella che finisce prima di tutte.»
«Lasciatemi perdere.» contestai abbassando lo sguardo sul mio piatto.
«Lo faremo solo se ci dirai che l'hai dimenticata.» commentò Sandra.
«Non so nemmeno di chi state parlando.» dissi tirando su il mio sguardo su di lei e facendole un sorriso sarcastico.
Poi però il mio sguardo si spostò di nuovo, tornò al tavolo dove era Sara e la vidi accarezzare l'avambraccio della ragazza che aveva di fronte. Quella ragazza l'avevo già vista, non ricordavo dove ma il suo viso mi era familiare. Quel tocco però mi fece bloccare all'istante. Ricordavo quando eravamo a cena e lo faceva a me, ricordavo che mi rilassava un sacco, che mi faceva sentire che anche se eravamo in mezzo a tante persone lei vedeva solo me. Probabilmente quella ragazza si sentiva nel mio stesso modo. Non vidi il viso di Sara, mi diede le spalle per tutto il tempo, ma quella ragazza sorrise costantemente. La sua felicità mi faceva rabbia, la odiavo, e quella rabbia mi fece tirare su dal mio tavolo e muovermi verso di loro. Le ragazze mi dissero di tornare indietro, di non fare cazzate, ma io ovviamente non le ascoltai. Mi fermai solo quando arrivai accanto al loro tavolo, in mezzo a entrambe.
«Salve...» dissi cercando di tenere un tono calmo.
Non appena Sara mi vide, e incrociò il mio sguardo, la sua mano si fermò. Lo vidi con la coda dell'occhio, e si spostò quasi subito dal suo braccio. All'inizio era allegra anche lei, poi mi vide e il suo viso si rabbuiò.
«Oh salve, siamo pronte per ordinare.» mi disse la sua amica, probabilmente scambiandomi per una cameriera.
«Non sono qui per portarvi nulla, ma se vuoi, due pizze posso comunque dartele.» commentai in tono decisamente provocatorio.
«Andrea, ti prego.» disse Sara con calma.
«Andrea? La tua ex?» domandò quella ragazza abbassando lo sguardo su Sara.
«Si, sono la sua ex, e tu saresti?» ribattei in tono nervoso.
«Sonia, la sua ragazza.» rispose lei con fare piuttosto sicuro voltandosi di nuovo verso di me.
«Oh ma è fantastico, davvero.» dissi cercando di far ripartire quel mio stramaledetto cuore, ma ormai si era fermato.
«Calmati, ok?» commentò Sara verso di me.
«Io sono calmissima, tesoro.» replicai con un sorriso nervoso.
«Ok, vieni con me.» continuò lei tirandosi su e prendendomi per un braccio.
Velocemente mi trascinò fuori dal locale sotto lo sguardo delle mie amiche e della sua apparentemente nuova fidanzata.
«Che cosa vuoi, Andrea?» mi chiese lei lasciandomi non appena uscimmo fuori.
«Io? Nulla, volevo solo conoscere la tua ragazza, non posso farlo?» commentai con fare nervoso.
«Perché devi comportarti così? Mi sembrava che ci fossimo lasciate di comune accordo, in maniera pacifica.» ribatté lei piuttosto confusa.
«E quindi? Pensi che non mi faccia ancora male?» le chiesi nervosamente. «Tu come staresti se mi vedessi in atteggiamenti intimi con un'altra persona?» aggiunsi velocemente.
«Io sarei felice per te.» rispose lei in tono parzialmente sincero, ma a me faceva rabbia.
«Ma vaffanculo.» dissi trattenendo una risata nervosa.
«Sono seria.» contestò lei.
«Quindi non ti darebbe fastidio nemmeno un pochino?» continuai.
«Ci siamo lasciate mesi fa, Andrea...» provò a giustificarsi lei, ma a me non interessava.
«Appunto, "mesi" fa, non "anni". E tu hai già trovato qualcuno con cui sostituirmi.» replicai con quel tono nervoso.
«Non è così, io e Sonia siamo solo amiche.» ribatté lei.
«Non prendermi per stupida, sai benissimo che non lo sono.» contestai velocemente.
«D'accordo, ma ci stiamo frequentando da poche settimane.» mi spiegò lei con un sospiro.
«Ma vi conoscevate già, no?» le chiesi cercando di capire dove l'avevo già vista.
«Si, è una mia collega.» disse Sara cercando di tenere un tono calmo, ma anche lei era piuttosto nervosa.
«Oh ma è fantastico!» commentai.
«Stai calma, per piacere.» continuò lei provando a farmi calmare, ma non le riuscì per niente.
«Come posso stare calma in una situazione simile? Tu sei a cena con un'altra, una ragazza che non sono io... Ti piace?» continuai cercando di avere più spiegazioni possibili.
«Non voglio affrontare questo discorso con te.» si lamentò lei.
«Perché no? Tanto cosa ti frega di cosa provo io? Puoi dirmi quello che vuoi, anche che la ami, tanto io non sentirò alcun dolore.» replicai presa dal nervosismo, purtroppo non potevo sul serio non stare male.
«Non ti dirò mai nulla di simile, sai che non voglio farti stare male.» continuò lei in tono lento.
«Te l'ho appena detto, non puoi farmi male, io non sento più nulla.» dissi in tono più nervoso.
«Se non senti nulla allora cosa vuoi da me?» domandò lei con un tono ugualmente nervoso.
«Voglio che tu sia sincera, ti piace quella ragazza?» le chiesi continuando a farmi altro male.
«Si...» mi confessò alla fine colpendo dritto al centro del mio petto.
«Ti piace più di quanto ti piacevo io?» continuai velocemente.
Avevo un nodo alla gola che in generale non mi avrebbe permesso di parlare, ma in quel caso avevo bisogno di avere risposte, avevo bisogno di farmi ancora tanto male.
«Non posso paragonarvi, con te avevo tutto un altro rapporto.» disse lei sviando di nuovo una mia domanda, era brava in quello.
«Migliore o peggiore?» domandai subito dopo.
«Andrea, smettila, ti prego.» mi supplicò quasi.
«D'accordo, spero che sarai felice con lei.» dissi con calma facendo un passo indietro, poi mi voltai e mi avviai lentamente verso la mia moto, non avevo alcuna voglia di tornare nella pizzeria.
«Andrea, aspetta...» disse lei prendendomi per un braccio e fermandomi di nuovo.
Io mi voltai con calma, dopo un respiro profondo, mi mancava il fiato, quella situazione mi faceva male anche se dicevo il contrario. Il suo sguardo era dispiaciuto, i suoi occhi erano lucidi, le facevo probabilmente pena, e io odiavo tutto ciò. Lei provò a parlare, a dirmi altro, ma io fui più veloce. Mi allungai verso il suo viso e la baciai sulla bocca, le sue labbra si schiusero per un istante, ma dopo altri pochi secondi fece un passo indietro e si staccò.
«Non puoi fare così però.» mi disse in tono triste.
«Addio, Sara.» ribattei prima di allontanarmi di nuovo da lei.
Mi avvicinai quasi subito alla mia moto, presi il mio casco, lo infilai nel braccio destro e salii su in sella. Sara mi venne dietro, mi disse di scendere, di tornare dentro al locale, ma io non l'ascoltai. Misi in moto, mi voltai per un'ultima volta verso di lei e poi partii velocemente allontanandomi da lì.
«Non fare cazzate.» fu l'ultima cosa che mi disse Sara.
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Di notte.
RomanceAndrea è una ragazza di 30 anni, fisicamente ne dimostra 20, alcuni non la prendono sul serio a causa del suo viso pulito e anche il suo lavoro ne risente. Lei è una scrittrice, scrive romanzi d'amore ispirandosi alla sua vita. È piuttosto sicura di...