Salve! Si, lo so, ci ho messo un secolo per scrivere un singolo capitolo ma meglio tardi che mai, no? 🥺 ... Comunque questa è anche la fine della storia. Non volevo lasciare questa storia a metà ma nemmeno prolungarla inutilmente come fanno con le serie tv, quindi eccovi il finale. Scusate per l'attesa, spero vi piaccia. 🧡
*********Le loro parole, i loro sguardi e i loro baci mi rassicurarono subito. Io ero felice, tanto felice. Quel peso che avevo sul petto svanì all'istante, solo dopo averne parlato con loro. Sapevo che per togliermi ogni dubbio o ansia sulla nostra storia avrei dovuto parlarne con loro, solo che a volte era complicato. Era difficile esprimere le proprie emozioni, ancora di più era difficile esprimere le proprie paure. Nelle mie relazioni passate avevo sempre provato a non esporre troppo quella parte di me, quella spaventata, volevo essere forte per l'altra persona, ma con loro due mi accorsi che non dovevo farlo. Giulia era la persona più dolce e pura che conobbi in vita mia, aveva un modo di fare che era paragonabile solo ai bambini, ma non era infantile. Faceva le cose perché le sentiva sul serio, diceva ciò che pensava in tono più innocente possibile, non era in grado di fare volontariamente del male a qualcuno. Era più grande di me ma io la vedevo come una bimba dolce da difendere dal mondo intero. Rosa era diversa invece, lei era più forte di Giulia ma allo stesso tempo più fragile. Rosa non si spaventava subito, ma in determinate situazioni fingeva di essere forte per non mostrarsi debole, quel suo tratto era molto simile al mio. Avevamo tanti aspetti che ci accomunavano, e quella più importante era che ci amavamo. Non riuscivo ancora a credere di aver sentito quelle parole uscire dalle loro bocche. I loro gesti erano più che evidenti, esprimevano a pieno ciò che provavano, ma la certezza nella mia testa non ci fu mai fino a quel momento. Rosa e Giulia erano distese ai miei lati, io non sapevo chi guardare tra le due, ma dopo poco furono loro a decidere per me. La prima mi prese delicatamente il viso tra le mani e si avvicinò a me, mi baciò dolcemente le labbra mentre le sue dita sfioravano i lati del mio collo. Giulia era lì, altrettanto vicina, la sentivo. Sentivo una sua mano soprattutto. Era lenta sul mio corpo, partì dal mio addome e si fermò all'interno della mia coscia destra. In quel momento sembrava che si fossero invertiti i ruoli, Rosa sembrava quella dolce e Giulia quella provocante, ma non mi dispiaceva, anzi mi piaceva anche in quel modo. Di Giulia sentii anche le sue labbra, erano sul mio collo, forti e decise. Sentivo il mio collo andare in fiamme sotto le sue labbra, sentivo anche la sua lingua sulla mia pelle, insieme al suo piercing. La sua mano salì rapidamente più su, dalla mia coscia fino al centro delle mie gambe. Eravamo ancora tutte vestite e io sentivo fin troppo caldo. Ero bloccata in mezzo a quelle due, dalle loro labbra. I nostri respiri erano piuttosto pesanti e io avevo ormai già perso il controllo della mia mente. Sentendo Giulia al mio fianco, sentendo la sua bocca e quella sua mano, morsi istintivamente il labbro inferiore di Rosa e lei si tirò indietro piuttosto sorpresa.
«Oh... S-scusami...» dissi decisamente imbarazzata.
Si fermò anche Giulia sentendo che la situazione era cambiata, ma non lo era poi così tanto. Rosa mi guardò negli occhi per qualche secondo senza dire nulla, si passò la lingua sul labbro inferiore e lentamente portò una sua mano tra i suoi capelli.
«M-mi dispiace, io...» provai a dire, ma lei sorrise.
Era un sorriso ironico, bello, che mi confuse ma mi tolse subito il dubbio di aver rovinato le cose. Non avevo rovinato proprio nulla. La sua mano si spostò subito dai suoi capelli alla sua maglia, e insieme all'altra se la sfilò. Rimase con il reggiseno addosso e il busto scoperto, la sua pelle morbida colpì subito il mio sguardo e fu quando abbassai i miei occhi che lei tornò a baciarmi. Fu un bacio breve, che concluse con un morso, probabilmente per ricambiare il mio.
«Spero che tu sappia come usare questa bocca, piccola...» mi provocò lei in tono basso facendo scivolare adagio il suo pollice lungo le mie labbra. «E che quel morso non sia stato solo un gesto casuale.» aggiunse con quel suo sorrisetto ironico.
Era solo una sfida, un'ennesima provocazione di Rosa, ma era così bella che non potevo non coglierla al volo. Prima che pensasse anche lontanamente di spostare quel suo dito dalle mie labbra, io lo morsi. Morsi solo la punta del suo dito e non lo feci nemmeno così forte, quel poco che bastava per farle capire che accettavo la sua provocazione e che ero pronta a farle capire che non c'erano problemi. Avevamo fatto sesso molte volte negli ultimi mesi, aveva già constatato le mie doti in quel campo, ma non mi dispiaceva darle altre prove. Lentamente le lasciai andare quel dito, ricambiai il suo sorriso e velocemente ribaltai la situazione senza darle il tempo di capire cosa stesse succedendo. Portai lei con le spalle contro il materasso, sotto di me. Era sorpresa, sorrise comunque e non si mosse. Voleva che le mostrassi ciò che sapevo fare, e io avevo una voglia matta di accontentarla. Ero seduta a cavalcioni sul suo busto, e velocemente mi piegai con la schiena per avvicinarmi di più a lei. La baciai subito, sulle labbra, sentendo la sua bocca ricambiare ogni mio movimento. Fu un bacio piuttosto intenso, che conclusi di nuovo con un morso. Quando mi staccai le sorrisi, ma non mi fermai lì. Tornai giù con la bocca su di lei, scivolai lungo il suo collo lasciandole languidi baci e morsi intensi. Con le mani feci lo stesso percorso ma sulla sua schiena, partii dalla sua nuca fino ad arrivare all'attaccatura del reggiseno che slacciai non appena lo sentii sotto la pelle. Il suo respiro lo sentii leggermente più pesante, ma lo divenne molto di più quando mi concentrai sul suo seno. Lo baciai e lo morsi senza esitazione, godendomi i suoi gemiti lievemente controllati.
«Cazzo...» sussurrò Rosa.
Io alzai il mio sguardo su di lei e incrociai subito il suo sguardo. Mi stava guardando. Era eccitata, accaldata, e io non vedevo l'ora di far esplodere tutta la sua eccitazione. Mancava qualcosa però, anzi, qualcuno. Lentamente mi voltai verso Giulia, che era al nostro fianco a guardarci con uno sguardo sognante. Lei non era gelosa di ciò che stavamo facendo, non se la prese perché in quei pochi minuti la lasciammo in disparte, anzi... Lei non aspettava altro che il momento in cui si sarebbe unita a noi, e il momento era arrivato. Mi allungai verso di lei, feci scivolare una mia mano lungo una sua guancia e baciai le sue labbra con calma. La dolcezza che usai con lei non c'entrava nulla con ciò che stavo facendo a Rosa, ma il bello di stare con loro era anche quello. Si poteva passare tranquillamente dalla dolcezza più pura alla provocazione più estrema, e fu quello che facemmo subito dopo.
«Unisciti a noi, piccola.» le sussurrai accarezzandole piano il viso.
Lei mi sorrise, si sfilò la maglia lasciandola cadere sul pavimento alle sue spalle, e tornò a baciarmi, ma il suo bacio fu più intenso. Si staccò poco dopo, continuava a sorridermi, continuava ad essere tanto dolce. Per un secondo abbassò lo sguardo dal mio viso, lo portò su Rosa che era giù in mezzo a noi e poi tornò a guardare me. Io capii subito cosa aveva in testa, non avevamo bisogno di molte parole. Lentamente tornai giù sul corpo di Rosa, lasciando a Giulia un po' di spazio, ed entrambe ci concentrammo sul seno di Rosa. Quest'ultima sorrise non appena tornammo su di lei, e il suo respiro tornò pesante, anche più di prima. Io e Giulia non ci fermammo lì però, le nostre bocche erano sul suo seno ma le nostre mani erano troppo libere. Senza che decidessimo nulla portammo entrambe una nostra mano lungo il suo busto, al centro del suo addome, e fu quando arrivammo ai suoi pantaloni che ci accorgemmo di aver avuto la stessa idea. Le nostre mani si toccarono, ed entrambe ci fermammo per voltarci verso l'altra. L'intesa che avevamo mi spiazzava ogni volta. Subito tornammo a baciarci, in quel momento con più foga.
«Cazzo, ragazze...» sussurrò Rosa senza toglierci gli occhi di dosso.
Io e Giulia non ci staccammo subito, ma non ci dimenticammo nemmeno di cosa stavamo facendo. Le nostre mani continuarono a muoversi, lo fecero all'unisono. Sbottonammo i jeans di Rosa e lentamente portammo le nostre mani giù sotto i suoi slip. Rosa era bagnata, tanto, e non fu difficile farle perdere il controllo del suo respiro, ma Giulia mi spiazzò di nuovo. Credevo che avremmo fatto venire Rosa insieme, ma lei aveva altri piani. La sua mano si sfilò dalle gambe di Rosa senza che me ne accorgessi, ero così concentrata su entrambe che non mi accorsi di nient'altro, fino a quando Giulia non fece la sua mossa però. Quella sua mano la fece scivolare lentamente sotto i miei pantaloni e contemporaneamente sotto i miei slip. Non appena sentii la sua mano tra le mie gambe mi bloccai per un istante. La mia mano e il mio respiro si fermarono all'unisono, mi staccai dalle labbra di Giulia senza allontanarmi troppo dal suo viso e incrociai il suo sguardo. Lei mi sorrise, fu un sorriso provocatorio, e mi fece anche l'occhiolino. Rosa si tirò leggermente su col busto, si tenne su con un braccio dietro la schiena, il palmo della mano premuto contro il materasso, e il suo viso a scrutare i nostri.
«Ragazze...» disse lentamente. «Siete stupende.» aggiunse non appena ci voltammo verso di lei.
Io le sorrisi, avevo ancora una mano tra le sue gambe e la sua frase mi sembrava troppo dolce per la situazione attuale, ma per Giulia non fu lo stesso. Lei tornò a muoversi, tornò a muovere la sua mano tra le mie gambe facendomi poi sentire le sue dita forti dentro di me. Mi morsi le labbra e soffocai un gemito mentre tornai a guardare Giulia.
«Non puoi lasciare le cose a metà.» si giustificò lei con un sorrisetto beffardo.
Tutto sommato aveva ragione, ma non era quello il punto. Tornai a muovermi anche io, tornai a muovere la mia mano tra le gambe di Rosa allo stesso modo di come stava facendo Giulia con me, e non appena ci fermammo io e Rosa ci concentrammo su Giulia. Fare sesso con una persona era eccitante, divertente, ma non sempre c'era altro. Farlo con due persone, invece, fare l'amore con due persone che amavi era del tutto diverso. La passione che c'era si trasformava spesso in altro, si alternavano momenti di dolcezza ad altri più intensi, andavamo quasi a sforare nel porno, ma nulla di ciò che facemmo quella notte o nelle successive ci sembrò esagerato. La parte che mi piaceva di più, del fare sesso con la persona che amavo, era il dopo. Amavo l'intreccio di corpi nudi nel letto o chissà dove, amavo l'atmosfera che si respirava e i gemiti che riempivano la stanza, ma ancora di più amavo riprendere fiato accanto alla persona che amavo, "le persone" in quel caso. Giulia era quella più stanca, più senza fiato di tutte. Dopo ciò che fece ci concentrammo per un bel po' di tempo solo su di lei.
«Ragazze...» sussurrai mentre ero ferma, immobile, con lo sguardo rivolto verso il soffitto.
Giulia e Rosa erano accanto a me, in quel momento quella al centro era Rosa, io ero alla sua destra mentre Giulia al lato opposto. Il letto era un completo disastro, le coperte erano sul pavimento tutt'attorno al letto, i cuscini chissà come erano arrivati alla porta, e sotto di noi c'era rimasto solo il coprimaterasso. Io avevo una mano sotto la testa, nella mente mi risuonavano ancora i gemiti di quelle due pazze che avevo accanto, sul viso avevo un sorriso ebete che non riuscivo a controllare. Ero felice, dannatamente felice.
«Cosa c'è?» mi chiese Rosa, e solo in quel momento riportai il mio sguardo giù verso di loro.
Giulia aveva ancora le guance arrossate, ci eravamo fermate da qualche minuto ma il suo respiro non era ancora tornato del tutto regolare. Rosa era tranquilla invece, il suo respiro era normale, solo il suo collo era un po' arrossato (colpa mia che la morsi con un po' troppa foga).
«Andrea, che cos'hai?» mi chiese Giulia lievemente preoccupata.
Rosa allungò una sua mano verso il mio viso, con il pollice asciugò una lacrima che a stento sentii scivolare lungo la mia guancia, ma loro la videro e si preoccuparono.
«Qualcosa non va?» continuò Rosa piuttosto confusa, provò a togliere la sua mano dal mio viso ma io portai la mia sulla sua e la tenni ferma lì.
Mi strusciai piano, lentamente, con la guancia sul palmo caldo della sua mano e per un istante chiusi anche gli occhi. Amavo quel contatto con loro, amavo la dolcezza che avevano con me.
«Non c'è nulla che non vada.» dissi guardando entrambe. «I-io vi amo un sacco...» aggiunsi col tono che mi tremò leggermente.
Ero decisamente più brava ad esprimere le mie emozioni attraverso i personaggi delle mie storie piuttosto che dal vivo a qualcuno a cui tenevo. Seppur mi sentissi a mio agio con loro non riuscivo ancora a lasciarmi andare del tutto, né tantomeno riuscivo a sentirmi tranquilla quando ero felice, soprattutto in quel momento. Giulia e Rosa mi sorrisero, mi lasciarono distendere in mezzo a loro e tra i loro baci e le loro carezze mi addormentai. La paura fu un'emozione che mi accompagnò spesso nel corso della mia vita, anche dopo aver conosciuto loro due, anche dopo quella notte. Ogni volta che la mia vita sembrava tranquilla, ogni volta che mi sentivo felice, nella mia testa scattava qualcosa. Avevo paura, paura che finisse tutto troppo presto, paura che potessi rovinare tutto. Lo feci nelle mie relazioni passate, lo feci per alcune storie che scrissi, in un modo o nell'altro riuscivo sempre a rovinare tutto. Ero troppo critica con me stessa, me lo ripeteva sempre Giulia, lei che invece credeva sempre in me e nella buona fede che avevo nel fare le cose. Giulia fu la mia ancora di salvezza in un momento in cui tutto sembrava andare male, senza di lei probabilmente non avrei pubblicato nessuna delle mie storie, probabilmente non avrei fatto il lavoro che reputavo il più bello in assoluto. Ma, cosa più importante, senza Giulia non avrei mai conosciuto Rosa. Quest'ultima era la persona più complicata che avessi mai incontrato, fin dal primo momento non seppi come prenderla, ma aveva solo bisogno di tempo per sciogliersi. Lei dava fiducia a chi non ne aveva, il suo lavoro era complicato, e non sempre riusciva a far uscire dei capolavori, ma non la sentii mai rimpiangere una decisione presa. Era ferma sulle proprie scelte, era testarda, e non ammetteva mai nemmeno di aver bisogno di aiuto. Quando la vidi la prima volta pensai che fosse una donna forte, piuttosto rigida, difficile da far sciogliere, ma mi sbagliavo. Rosa era semplicemente molto selettiva, dosava con cura i toni e le parole. Non la vidi mai dolce con nessuno, prima che iniziassimo quella relazione a tre almeno. Lei aveva tanto amore da dare, e negli anni successivi ne diede molto a me e a Giulia. Ma non fu mai così dolce con noi come lo fu con Mattia, la nostra piccola peste. Una coppia di due persone aveva già i propri problemi, a causa delle diverse visioni della vita e di ciò che si voleva per sé, a tre era anche peggio. Io, Rosa e Giulia però eravamo sempre state sulla stessa lunghezza d'onda in quasi tutti gli argomenti trattati, tranne quello sulla famiglia. Giulia si era sempre vista in coppia con qualcuno a condividere una casa, un'auto e tanti bambini. A lei piacevano, le piaceva essere circondata da bambini e ogni volta che ne incontravamo uno per strada si fermava ad osservarlo sperando che il genitore di turno le desse la benedizione per poter avere un qualche tipo di contatto con lui. Rosa invece era l'opposto. Si sentiva a disagio in mezzo a tanti bambini, in verità si sentiva a disagio anche semplicemente davanti ad un singolo bambino che la guardava da lontano in mezzo ad una folla enorme di persone. Non sapeva come comportarsi. Vedeva attorno a sé degli adulti che facevano vocine sceme, versi strani e che perdevano la loro "dignità" davanti ad esseri minuscoli e inquietanti, così li definiva. Inquietanti... Per alcune persone gli esseri "inquietanti" erano mostri, persone strane o spaventose che si vedevano nei film o in giro di notte, non dei bambini. Ma lei era così, ed era bella anche con quel suo lato. Io invece... Beh io non avevo mai ragionato molto sulla questione. Non amavo alla follia i bambini, ma nemmeno mi facevano paura. Nel mio futuro mi vedi spesso da sola con Ruby, e magari con un altro gatto, ma ai bambini non ci avevo mai pensato. Come arrivò Mattia allora? Lei arrivò dopo lunghi e interminabili discorsi fatti sull'argomento durati un paio di anni. Io, Giulia e Rosa avevamo ormai una relazione stabile, nonostante le famiglie mie e di Rosa non ci vedessero di buon occhio. Conobbi i fratelli di Rosa, e loro invece furono felicissimi di conoscerci. Giulia convinse me a fare il grande passo, era così entusiasta all'idea di metter su una famiglia con noi che mi contagiò. Prima di conoscere lei non ci avevo mai riflettuto molto, era sempre stato un pensiero che lasciavo ad altri, persino nelle mie storie non se ne vedevano molti di bambini, ma l'idea di avere un piccolo esserino simile a Giulia o a Rosa che correva per casa mi piaceva. Mi piaceva l'idea di poter raccontare a qualcuno le mie storie, anzi mi piaceva l'idea di creare delle storie proprio per quel qualcuno, e magari farlo insieme. Rosa desistette un po' all'idea di avere un bambino, ma gli unici punti contro erano per cose che la spaventavano, cose che avrebbe dovuto affrontare un nostro eventuale figlio. Il mondo in cui stavamo non era così bello, più andavamo avanti e più sembrava che andassimo indietro. Capivo le sue paure, le comprendevo a pieno perché erano anche le mie, e anche quelle di Giulia, come quelle di qualsiasi persona che pensava a mettere al mondo un altro essere umano.
«E se un giorno venisse da noi a dirci che un bambino le ha fatto del male?» ci chiese un giorno, uno solito in cui ci perdemmo a chiacchierare sull'argomento.
«Risolveremo tutto con i genitori.» rispose Giulia ingenuamente.
«E se i genitori sono delle teste di cazzo?» continuò Rosa e io sorrisi, perché in quell'istante la pensavo come lei.
«Valuteremo la situazione e troveremo una soluzione in quel momento, parlarne adesso mi sembra esagerato.» ribatté Giulia, e in quel caso aveva ragione lei.
«Non la vedo così, dobbiamo pensare ora a queste cose, altrimenti dopo ci sentiremo spiazzate.» replicò Rosa in tono palesemente nervoso, ogni volta che si apriva l'argomento si agitava subito.
«Rosa, calmati.» le dissi allungando una mia mano verso la sua e stringendola. «Capisco le tue paure, le ho anche io. Non sembra ma le ha anche Giulia.» commentai facendole un piccolo sorriso. «Queste cose non dovrai affrontarle da sola però, ci saremo noi con te, affronteremo tutto insieme.» aggiunsi allungandomi verso il suo viso e stampandole un bacio sulle labbra. «Non dobbiamo deciderlo oggi, abbiamo ancora tanto tempo, quindi stai tranquilla.» conclusi.
Rosa sembrò rilassarsi dopo le mie parole, quel giorno non aprimmo più l'argomento e la lasciammo tranquilla. Giorni dopo, però, fu proprio lei a riaprire l'argomento.
«Oggi è successa una cosa...» ci disse una sera mentre stavamo cenando.
Quando iniziammo la nostra relazione, pochi mesi dopo, decidemmo quasi subito di andare a vivere insieme. Ognuna di noi aveva una casa però, e alla fine la scelta ricadde su quella di Rosa che era più grande, e quel giorno eravamo appunto lì. Per tutto il giorno la vidi strana, come se dovesse appunto dirci qualcosa, ma non si buttò mai fino a quel momento. Toccò poco il suo piatto, io e Giulia ce ne accorgemmo e la spronammo a parlare, e così fece.
«Ricordate che vi avevo detto che avevo fatto un giro al centro commerciale?» ci chiese.
«Si.» rispondemmo io e Giulia all'unisono.
«Beh mi è capitata una cosa davanti e sono rimasta a guardarla per una mezz'oretta buona.» ci spiegò lei lentamente.
«Di cosa si tratta?» le chiese Giulia.
«Non saranno mica un altro paio di tacchi?!» ribattei io in tono ironico.
Rosa aveva una scarpiera piuttosto alta in cui aveva almeno una quindicina di paia di scarpe col tacco, fosse per lei li avrebbe usati anche al posto delle ciabatte.
«N-no, magari...» rispose lei abbozzando un piccolo sorriso. «Datemi un secondo.» aggiunse alzandosi velocemente in piedi e uscendo dalla cucina.
«Tu ci hai capito qualcosa?» chiesi a Giulia.
«No, ma è strana da tutto il giorno.» rispose lei, che era perplessa quanto me.
Pochi istanti dopo Rosa tornò da noi, aveva un sacchetto di plastica bianco in mano di un negozio che non conoscevo. Lei si sedette al suo posto e prese un respiro profondo.
«E allora?» le chiese Giulia con impazienza, e io quasi scoppiai a ridere.
«Dalle il tempo.» le dissi.
«Non ce la faccio, sono curiosa.» ribatté lei velocemente. «Cosa c'è in quel sacchetto?»
«Questo...» disse Rosa infilando una mano all'interno del sacchetto e cacciando fuori della stoffa gialla.
«Che cos'è?» continuò Giulia confusa quanto me.
Rosa le porse quel tessuto piegato e Giulia l'aprì subito. Quando capì il lato diritto lo prese con entrambe le mani e allungò le braccia tendendole davanti a sé per vedere meglio, ciò che ci trovammo davanti fu un pigiama intero, piccolo, di Pikachu. Aveva il cappuccio con le orecchie e il viso di quel Pokémon, le strisce dietro la schiena, la cerniera sul davanti e persino la coda.
«Che cosa significa?» chiesi a Rosa che aveva il viso particolarmente rosso.
«Non lo so...» rispose lei che non riusciva nemmeno a guardarci in faccia.
«Perché lo hai comprato?» le chiese Giulia abbassando le braccia e poggiando quel pigiama sulle proprie gambe.
«Non lo so...» ripeté Rosa con le guance ancora più rosse.
Non ci stava dicendo la verità, sapeva esattamente tutto quanto ma aveva paura di esporsi troppo.
«Rosa, che co...» provò a dirle Giulia, ma Rosa si allungò verso di lei, riprese con calma quel pigiama e lo guardò sorridendo.
«Non so cosa significa, non so perché l'ho preso, so solo che mi ha fatto riflettere.» ci spiegò lei lentamente. «Ho pensato che i bambini con questi pigiami sono davvero carini...» disse.
«Lo hai preso solo per questo? Vuoi regalarlo ad un bambino che incontri per strada?» le chiese Giulia abbozzando un piccolo sorriso.
«Voglio regalarlo ad un nostro bambino.» rispose Rosa alzando lo sguardo su di noi e mostrandoci i suoi occhi lucidi.
Lei era visibilmente emozionata, era spaventata da morire ma si costrinse a tenere su il suo sguardo. A quel punto anche Giulia perse la voce, non parlò più, e fui io a prendere in mano la situazione.
«Sei sicura?» le chiesi.
«Si, ci sto pensando da tutto il giorno e penso che sarebbe bello avere un piccolo "mostriciattolo" che gira per casa vestito da Pikachu.» commentò lei col suo solito tono ironico che usava per togliersi dall'imbarazzo.
«D'accordo, ma sappi che puoi cambiare idea in qualsiasi momento.» continuai provando a tranquillizzarla.
«Non lo farò.» ribatté lei piuttosto sicura.
«Rosa...» provai a replicare, ma lei mi bloccò.
«Andrea, non cambierò idea.» disse fermamente, e fu davvero così.
Da quel giorno tutti i nostri pensieri andarono di pari passo, anche Rosa iniziò a pensare a come sarebbe stato avere un bambino in casa, in mezzo a noi, e l'idea non la spaventava più così tanto. Aveva ancora paura che potesse succedere qualsiasi cosa, ma l'emozione che provava immaginandosi di diventare madre era più forte di qualsiasi paura. Fu da quel giorno che ci mettemmo sul serio all'opera per capire come fare, i modi c'erano, non erano tantissimi ma valutavamo bene ogni ipotesi. Non parlammo a nessuno del nostro piccolo progetto, non volevamo che nessuno ci contagiasse con la propria negatività, perché avere una relazione a tre era un conto, ma infilarci dentro un bambino era un altro. Quando si parlava di bambini si faceva sempre attenzione a tenerli fuori da quegli argomenti, argomenti queer, come se fossero il male assoluto, e non sapevamo come avrebbero preso la notizia le nostre famiglie. Non ne parlammo nemmeno con la madre di Giulia, nonostante lei fosse stata sempre aperta di mente nelle decisioni di sua figlia, ma lei fu la prima a cui mostrammo la bambina pochi giorni dopo la nascita. La madre di Giulia sembrava interdetta sulla situazione, era felice per noi ma non era preparata, non come lo fu per il coming out di sua figlia. Non capì subito come facemmo, pensò fosse impossibile per due donne avere un figlio biologico, ancor peggio per tre, ma alla fine le spiegammo che non era poi così complicato se si sapeva dove andare. La mia famiglia lo scoprì per caso invece. Io e Rosa non avevamo intenzione di dire nulla alle nostre famiglie dati i loro pensieri, ma i miei genitori venivano ancora a trovarmi nonostante vivessi con Giulia e Rosa e così alla fine dovetti farmi forza e presentare a loro la nostra piccola creatura. Loro ovviamente non la presero bene per niente. A loro non piaceva già che vivessimo tutte e tre insieme, la nostra relazione li faceva vergognare ogni volta che qualcuno gli chiedeva di me, di conseguenza quella bambina era un'ennesima pugnalata, o almeno così la definì mia madre.
«Questa bambina non ha niente a che vedere con voi.» ribattei io nervosamente.
«Lo dici tu.» contestò mia madre. «Che cosa volete insegnarle? Come diavolo avete intenzione di crescerla?»
«Nel miglior modo possibile.» dissi in tono fermo, non avevo intenzione di darle ragione.
«Non è questo il modo, non con tre donne insieme.» continuò lei.
«Perché no?» le chiesi velocemente.
«Perché non è normale, non è naturale. Mi andava bene che avessi una donna, ma due sono troppe.» rispose lei guardandoci come se fossimo dei mostri.
«A me non frega niente di cosa ti va bene e cosa no, questa è la mia vita.» replicai.
«Adesso non è più solo la tua vita, ora c'è anche questa creatura innocente in mezzo, come potete pensare che sia normale fare una cosa simile?» continuò mia madre come se si sentisse sul serio dalla parte della ragione.
«Allo stesso modo in cui penso sia normale vivere senza vedere più i propri genitori.» commentai in tono nervoso.
«Che cosa stai dicendo?» chiese mio padre.
«Che non voglio più vedervi, dimenticatevi pure di me se dovete comportarvi così ogni volta.» gli spiegai lentamente.
«Noi cerchiamo solo di fare ciò che è meglio per te e per la bambina, è tua? Ha i tuoi occhi...» commentò mia madre guardandola.
Era tra le mie braccia, eravamo in cucina, in piedi. In quel momento però mi mossi, mi voltai verso Rosa che era quella più vicina a me, alla mia destra, le lasciai la piccola tra le braccia e tornai a voltarmi verso mia madre.
«È nostra, di tutte e tre, e se non lo capite non è un problema mio.» dissi con un sospiro, averli davanti mi sfiancava ogni volta. «Adesso vi pregherei di andarvene.» aggiunsi mostrandogli la porta, non avevo più alcuna voglia di ascoltarli.
All'inizio non si mossero, avevano ancora le loro ragioni da espormi, ma a me non interessavano. Chi decideva cosa era meglio per un bambino? Chi decideva che per crescere bene avevi bisogno di un padre e una madre? E perché con più genitori dello stesso sesso non poteva andare bene? Nella mia testa avevo tante domande e tanta rabbia, una rabbia tale che non mi permise di dormire. Quella notte non chiusi occhio e fu proprio quella rabbia che mi fece tornare a scrivere. Fino a quel momento, nei due anni precedenti, abbandonai quasi la scrittura. Scrissi storie brevi ma mai più dei romanzi, fino a quel momento almeno. Giulia e Rosa erano a letto da un po', dormivano già da un paio d'ore, ma io non ci riuscivo. Mi tirai su dal letto cercando di non fare rumore, più che altro per non svegliare Mattia, ma quando passai accanto alla sua culla la vidi sveglissima.
«Piccola, anche tu sveglia?» le chiesi inutilmente, aveva pochi mesi e non poteva rispondermi.
Mi guardava con i suoi occhioni e mi sorrideva, così decisi di portarla con me. L'avvolsi nella sua copertina e la tenni stretta a me. Mi inoltrai lungo il corridoio buio, entrai nel salotto e accesi una piccola lampada che avevamo tra la poltrona e il divano. Sulla prima mi sedetti, era lì che mi mettevo quando volevo scrivere. Il portatile era proprio lì vicino, sul tavolino, lo presi e cercai di mettermi in modo che non dessi fastidio alla piccola. Ruby era sul divano, lei ovviamente venne con me quando mi trasferii con Giulia da Rosa, ma quando nacque Mattia divenne particolarmente gelosa. Non si avvicinava mai quando avevo la piccola in braccio, e anche in quel momento rimase a distanza, si voltò persino dal lato opposto e tornò a dormire. La sua gelosia durò qualche mese, poi piano piano tornò ad avvicinarsi, si avvicinò anche alla piccola e alla fine non sembrò dispiacerle più tanto la sua presenza. La mia storia la iniziai quella notte, cavalcando le sensazioni che provai in quell'ultimo periodo, ma mi ci volle qualche anno prima di concluderla. Prima di proporla a Rosa, per farla pubblicare, volli concluderla del tutto. A nessuna delle due dissi nulla per anni, fu il mio piccolo segreto. Un giorno però le lasciai da sole con Mattia, mi inventai un casino scoppiato con la mia famiglia e non tornai prima di cinque ore, ovviamente una volta fuori casa le chiamai e le dissi la verità. Rimasi fuori tutto il pomeriggio sperando che quel tempo bastasse per farle leggere la mia storia, anzi, la nostra storia. Era scritta dal mio punto di vista, dal punto di vista del mio personaggio. Cambiai il lavoro, cambiai ovviamente i nomi e le cose che successero, la maggior parte almeno, alcune cose le inserii. Non erano bugie, era solo una storia ispirata alla mia, a quella che stavo vivendo. Quando tornai avevo il cuore in gola ma mi costrinsi ad entrare e affrontare la situazione. Non sapevo come avrebbero preso loro la situazione, non sapevo se l'avrebbero presa bene oppure no, le possibilità erano troppe e avevo paura che potesse dar fastidio a loro che parlassi di noi. Non appena entrai non sentii nulla, vuoto totale, silenzio. Due secondi dopo, appena chiusi la porta, sentii una vocina.
«Mamma, è tornata la mamma!» disse la piccola Mattia uscendo velocemente dalla mia camera da letto e venendomi in contro.
La chiamammo in quel modo principalmente a causa mia. Quando decidevo un nome per i miei personaggi lo facevo in modo accurato, ci pensavo molto, quel nome doveva suonarmi bene per un personaggio che avrei amato, e Mattia come nome mi era sempre piaciuto. Non lo usai mai però, lo tenni per me aspettando un momento speciale, e quello arrivò con la nascita della piccola. Mi piaceva perché era un nome neutro, andava bene sia per un maschio che per una femmina. Odiavo le categorizzazioni di genere e quello mi sembrava il modo migliore per far capire a mia figlia che poteva fare tutto ciò che voleva, che poteva piacerle qualsiasi cosa senza distinzioni di genere, insomma volevo che capisse fin da subito che era libera. Mattia quel giorno aveva addosso il suo pigiama di Pikachu. Quando Rosa lo comprò lei non era neanche nata, ma la taglia era perfetta per una bimba di 4-5 anni, e così lo tenemmo conservato fino a quando non crebbe. Io posai il mio casco sul mobiletto accanto alla porta, lasciai lì anche le chiavi e mi piegai sulle ginocchia in attesa che quella piccolina mi raggiungesse. Lo fece quasi subito, era veloce, e quando fu ad un metro di distanza fece un piccolo salto e mi piombò tra le braccia.
«Ehi piccola, come stai?» le chiesi stringendola forte a me e tirandomi su.
«Sto bene, le mamme mi stavano leggendo una storia.» rispose lei allentando un po' la presa sul mio collo.
«E adesso come fai? Non saprai il finale...» dissi con un tono lievemente ironico.
A lei piacevano molto le storie, le piaceva molto ciò che le raccontavo e spesso le lasciavo fare delle ipotesi sul continuo della storia. Ne parlavamo insieme durante il giorno, poiché gliele leggevo la sera prima di andare a letto, e lei sembrava avere un'ottima fantasia. L'unica pecca era la pazienza, voleva subito arrivare alla fine, voleva sapere come finivano. Di solito si raccontavano le storie ai bambini per farli addormentare, ma lei non dormiva mai se non sapeva il finale. Di conseguenza iniziai fin da subito a leggerle storie brevi la sera, e magari qualcosa di più lungo durante il giorno.
«Veramente il finale lo so.» ribatté lei piuttosto soddisfatta.
Eravamo in cucina, entrai lì tenendola ancora in braccio. Non volevo andare in camera da letto, sapevo che lì c'erano Rosa e Giulia alle prese con la mia storia e avevo paura di affrontarle.
«Cosa? Allora hanno finito di leggere?» le chiesi lasciandola sedere sul bordo del tavolo.
«Si, mamma Rosa ha finito poco fa di leggere.» mi spiegò la piccola.
«Oh capisco, sono state impegnate tutta la giornata davanti al pc allora?» le chiesi voltandomi per un attimo verso i mobili della cucina.
Era inverno inoltrato e Mattia aveva un mal di gola che la perseguitava da giorni, presi lo sciroppo che lasciai quel pomeriggio sul mobile e tornai a voltarmi verso di lei.
«Questo lo hai preso oggi?» le chiesi mostrandoglielo.
«No, siamo state tutto il tempo sotto le coperte, fuori faceva freddo.» rispose lei bevendo poco dopo lo sciroppo che le diedi.
«Eravate tutte troppo impegnate.» ribattei con un sorriso.
«La storia era bella.» mi disse lei. «Anche se a volte le mamme hanno pianto.»
«Pianto? Perché?» le chiesi cercando di capire in quale momento lo fecero, ma qualcuno rispose per lei.
«Perché scrivi troppo bene...» disse la voce di Rosa poco lontano da me.
All'inizio mi spaventai, non mi accorsi minimamente della loro presenza, ma quando poi alzai lo sguardo le vidi entrambe vicino alla porta.
«Quindi l'avete letta?» chiesi a entrambe con le guance leggermente arrossata.
«Si...» rispose Giulia entrando lentamente dentro al fianco di Rosa.
«E cosa ne pensate? Si può pubblicare?» continuai col cuore in gola.
«Si "deve" pubblicare.» mi corresse Rosa fermandosi accanto a me e poggiando una mano sulla testolina di Mattia. «La gente deve sapere che tutto questo è possibile, che essere felici e avere una famiglia è possibile anche per noi.» commentò lei, e aveva ragione.
Per me la vita non fu facile, né per me né per le persone come me. Fin da piccoli eravamo costretti a sopravvivere in un mondo che ci voleva in un determinato modo, e da grande quel mondo iniziava a starci stretto perché non eravamo mai abbastanza. Sapevo cosa significava essere bisessuale in un paese come il nostro. Negli anni quella cosa non si trasformò molto, venne accettata da più persone, ma da altrettanti era ancora reputata una perversione. Alcuni non ci lasciavano molto scampo, volevano proteggere i bambini da quelli come noi, ma non capivano che "quelli come noi" una volta erano stati bambini, e che quei bambini non avevano avuto influenze di alcun tipo per anni nonostante conoscessero bene i loro gusti sessuali. Durante i miei primi 30 anni di vita fui costretta a lottare per me, se una battaglia era troppo dura mi sarei anche potuta arrendere, tanto in gioco c'ero solo io. Ma in quel momento non potevo farlo, in quel momento c'era troppo in gioco. Mattia non era l'unica che dovevo proteggere, c'erano anche Giulia e Rosa. Con loro diventai più forte, più sicura di me, ma soprattutto più felice. Riuscii a creare una famiglia con loro, nemmeno credevo di volerla prima che le cose tra di noi si sviluppassero. Nemmeno credevo che avrei amato tanto quella bambina, ma loro mi aprirono gli occhi che fino a quel momento tenni chiusi. Avevo molto da perdere in quel momento, e non avevo alcuna intenzione di perderlo senza lottare. Giulia e Rosa erano perfette come madri, erano dolci abbastanza, ma quando c'era da essere dure tenevano il pugno di ferro. Perlomeno Giulia. Pensavo che tra le due fosse appunto Giulia quella che si lasciava convincere subito, e invece era Rosa che non riusciva a resistere al faccino dolce di Mattia. Quella piccoletta ormai aveva capito che le bastava fare il musetto triste, e Rosa crollava. Giulia era più autoritaria, pretendeva che i giochi fossero messi a posto prima di ogni pasto, mentre Rosa si lasciava convincere e metteva a posto al posto suo. Io ero come sempre una via di mezzo tra le due, se la questione era troppo importante allora cercavo di tenere il punto, altrimenti era inutile insistere. Pubblicai quel libro qualche mese dopo, ebbe più successo degli altri ma venne criticato altrettanto. A molti non piaceva ciò che scrivevo, a quelle stesse persone piaceva ancora meno che quella storia fosse in un certo senso reale, e che una persona "come me" avesse una figlia. Determinate critiche mi colpirono più di altre, dicevo che non mi importava ma non sempre era vero. Giulia e Rosa in quel caso furono più forti di me, loro non ascoltavano sul serio nulla di ciò che gli altri dicevano. Mi davano una forza assurda e fu merito loro se non mi lasciai abbattere da niente e nessuno. Nella vita, il trucco probabilmente era quello: circondarsi di persone che ti facevano stare bene, che ti supportavano in qualsiasi cosa, anche la più folle. Rosa e Giulia fecero questo per me, mi supportarono dall'inizio alla fine, e nonostante tutto ciò che succedeva nel mondo io non avevo paura, non più, perché con me c'erano loro.
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Di notte.
RomanceAndrea è una ragazza di 30 anni, fisicamente ne dimostra 20, alcuni non la prendono sul serio a causa del suo viso pulito e anche il suo lavoro ne risente. Lei è una scrittrice, scrive romanzi d'amore ispirandosi alla sua vita. È piuttosto sicura di...