Capitolo 12

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Giulia e Rosa mi guardarono piuttosto confuse, nessuna delle due sembrò capire il perché del mio gesto, né tantomeno cosa volessi ottenere. Rimasi col braccio in aria per qualche secondo prima di sentire quelle due parlare.
«Che cosa stai facendo?» mi chiese Giulia.
«Hai preso una botta in testa?» ribatté Rosa in tono ironico. «Sai che quel portatile è tuo, si?»
«Si che lo so, e tu sai che qui dentro ci sono tutte le mie storie, le mie idee e i miei racconti più o meno sviluppati?» replicai lentamente.
«Beh avrai fatto un backup, no?» commentò lei tranquillamente.
«Non sono il tipo, purtroppo...» dissi in tono serio tenendo lo sguardo fisso su Rosa, ma non era del tutto vero.
Ogni volta che completavo una storia, che aggiornavo un file con qualcosa che riguardava il mio lavoro, io salvavo quell'intera cartella in una chiavetta USB. La tenevo in un cassetto della mia scrivania, non lo avevo mai detto a nessuno, non era importante, ma in quel momento era importante che quelle due credessero che il mio lavoro era in pericolo a causa loro.
«Ok, Andrea, adesso calmati.» mi disse Rosa in tono lento.
«Io? Dovrei calmarmi io? Ma vi siete viste? Ci mancava poco che vi tiraste dietro qualcosa.» ribattei nervosamente.
«Non ci saremmo tirate dietro niente.» replicò Giulia in tono fin troppo convinto, infatti Rosa non era d'accordo.
«Parla per te, io ero pronta a tirarti il casco della sua moto in faccia.» commentò Rosa abbassando lo sguardo su di lei.
Fu una frase inutile, avrebbe potuto lasciar perdere, e invece dovette farlo. In parte lei era come me, non ce la faceva proprio a tacere, e a causa di quello tornarono a discutere.
«Tu sei proprio stronza.» si lamentò Giulia incrociando il suo sguardo.
«Meglio stronza che "miss perfezione".» replicò Rosa velocemente.
«Miss perfezione? Ma di che diavolo stai parlando?» le chiese Giulia decisamente confusa.
«Tu ti senti superiore a noi.» disse Rosa in tono nervoso.
«Cosa? No, non è vero.» continuò l'altra velocemente.
«E invece si. Pensi che io sia stronza perché dico la verità anche quando è scomoda per me o per altri, mentre tu resti nella tua illusoria perfezione pensando che sia meglio mentire per mantenere vivi i rapporti.» le spiegò Rosa. «Pensi anche che Andrea sia irresponsabile perché corre in moto quando non dovrebbe.»
«E pensi che mi senta superiore anche a lei?» le chiese Giulia.
«Certo che si, basta pensare al fatto che vuoi toglierle le chiavi della moto, la reputi una bambina.» rispose lei, e pensandoci bene non aveva tutti i torti.
«Non è vero, qui la bambina sei tu.» contestò Giulia con fare nervoso.
«Oh davvero?» continuò Rosa leggermente sarcastica, ma io ero stanca.
«Adesso basta!» esclamai in tono piuttosto alto per farmi sentire da entrambe.
Velocemente poggiai il portatile sulla scrivania, tanto quella cosa non funzionò per niente. Io detestavo urlare, non mi sentivo affatto a mio agio, ma odiavo quella situazione.
«Siete entrambe due cazzo di bambine. Avrei potuto spaccare il mio computer, perdere tutto il mio lavoro durato anni, e a nessuna delle due è fregato un cazzo.» dissi non appena si voltarono entrambe verso di me, sembravano preoccupate e anche un po' spaventate, in fondo non mi avevano mai sentito parlare con quel tono. «Speravo potessimo parlare da persone mature, speravo potessimo chiarire questo schifo di situazione, ma forse non fa per noi. Quindi basta.» aggiunsi facendo qualche passo verso la porta, mi fermai lì e l'aprii. «Volete andare via? Benissimo, andatevene.»
«Ma veramente, io...» provò a dire Rosa, ma io non volevo ascoltarla.
«Vattene.» dissi guardandola negli occhi.
«Andrea, ti prego...» commentò Giulia, ma non volevo sentire nemmeno lei.
«Andate via.» continuai in tono fermo e nervoso.
Entrambe volevano provare a dire qualcosa, ma per me avevano detto abbastanza. Ero stata così stupidamente bene con quelle due, che ora quella situazione mi faceva rabbia. Lentamente Rosa si mosse, Giulia lo fece poco dopo, entrambe uscirono fuori e una volta lì provarono di nuovo a dire la loro ma io non le ascoltai. Chiusi quella porta, gli sbattei letteralmente la porta in faccia e poi mi trascinai nella mia camera. Accesi la musica, le casse collegate, e provai a non pensare a nulla, ma quelle due non volevano uscire dalla mia testa. I miei pensieri erano più forti del volume della mia playlist, e quelle due facevano molto più rumore. Le odiavo, le odiavo entrambe. Perché dovevano comportarsi in quel modo? Perché non potevamo andare d'accordo come una settimana prima? Rimasi su quel letto per una buona mezz'ora, non riuscii a far sbollire la rabbia che provavo, quelle canzoni non mi aiutarono. Con calma mi tirai su, spensi la musica e decisi di cambiarmi e uscire un po'. Erano giorni che non uscivo, che non prendevo aria, e quella sera era il momento ideale per farlo. Andai prima a fare una doccia veloce però, non mi sentivo proprio in vena di uscire in quello stato. Mi asciugai altrettanto velocemente, persi solo un po' di tempo in più per i capelli, e quando finii mi vestii. Cercai qualcosa di pesante, misi la mia giacca che usavo quando andavo in moto, e dopo aver preso chiavi e casco uscii di casa. Le ragazze non erano più lì, davanti alla mia porta, probabilmente erano andate a scannarsi da un'altra parte, ma il mio pensiero non fu del tutto sbagliato. Non appena uscii fuori dal portone, vidi Rosa e Giulia vicino alla mia moto, Giulia c'era seduta letteralmente sopra.
«Cosa state facendo qui?» chiesi nervosamente a entrambe.
«Stavamo parlando.» rispose Rosa con più calma, in quel momento quella incazzata ero io.
«Beh spostatevi, devo prendere la mia moto.» dissi con quel tono duro.
«Dove devi andare?» mi chiese Giulia lentamente.
«Non sono affari vostri, togliti.» dissi portando il mio sguardo nervoso su di lei.
«Se devi fare un giro puoi venire con noi.» continuò lei tranquillamente.
«Con voi? E per quale motivo?» domandai senza capire cosa volessero ancora.
«Per parlare.» disse.
«Parlare? Siete state tutto il tempo a urlarvi dietro, quindi adesso perché dovrei voler venire con voi?» le chiesi velocemente.
«Lo sappiamo, e ci dispiace...» commentò Rosa cercando di calmarmi, ma non ce la fece.
«Vi dispiace? E sticazzi?» continuai quasi urlando.
«Andrea, per favore.» ribatté Rosa, ma io non ce la facevo più.
«No, avete rotto le palle. Ho vissuto per oltre vent'anni circondata da persone che urlavano, ascoltando le loro discussioni e sperando che quando avessi trovato una casa mia non avrei più dovuto sentire nessuno discutere in quel modo.» dissi in tono più calmo, ma ugualmente nervoso. «Adesso venite voi qui e vi permettete di fare questo casino? Ma andatevene a fanculo.» aggiunsi in tono meno calmo.
Vidi però che non si muovevano, che non avevano voglia di togliersi dalla mia moto, e così tornai indietro. Mi voltai e ritornai nel portone, poi di nuovo su verso il mio appartamento, ma non appena entrai non riuscii a chiudere la porta poiché c'erano le mani di Giulia e Rosa che mi fermarono.
«Si può sapere che diavolo volete ancora?» chiesi indietreggiando e lasciandole entrare.
«Vogliamo parlare.» rispose Rosa chiudendo la porta alle sue spalle.
«Si, ma farlo con calma.» specificò Giulia con fare titubante, lei era meno sicura di Rosa.
«Parlate tra di voi allora, io non ho più voglia di ascoltarvi.» commentai voltandomi e facendo un passo lontano da loro, ma non riuscii a farne altri.
Rosa mi prese un polso, mi fece voltare verso di sé e mi trascinò verso il divano.
«No, tu adesso ti siedi lì e ci ascolti.» mi disse spingendomi quasi.
«Siete delle rompicoglioni.» commentai sedendomi sul divano e tenendo lo sguardo su Rosa.
«Ti ringrazio, tesoro.» replicò lei con un sorriso ironico.
«Allora, si può sapere che diavolo volete ancora?» continuai subito, non avevo voglia di aspettare.
«Comincio io?» domandò Rosa voltandosi verso Giulia che si avvicinò cautamente a noi.
Annuì incrociando lo sguardo di Rosa e si sedette sul bordo del tavolino, mentre Rosa si sedette di fronte a lei ma sul divano poco distante da me.
«Noi abbiamo parlato.» iniziò lei lentamente. «Sappiamo che abbiamo esagerato, dovevamo parlarne più con calma, ma né da parte mia né da parte sua è una situazione facile.»
«E voi pensate che per me sia facile invece?» mi lamentai io.
«Beh tu scrivi storie, usi le parole ogni giorno, sai come dire una cosa che ti tieni dentro.» commentò lei, ma non poteva avere più torto di così.
«Non è vero, non sempre riesco ad esprimermi come vorrei. Parlare per altri, quindi scrivendo storie, è più facile, parlare per me no.» le spiegai cercando di calmare un po' quel nervosismo che provavo.
«Quindi hai qualcosa da dire anche tu?» ipotizzò lei con un sorriso più convinto.
«Si, ma preferisco ascoltare prima ciò che avete da dire voi, e poi forse parlerò io.» dissi.
«Furba la ragazzina... D'accordo, allora comincio io.» ribatté lei con calma, si bagnò le labbra per un istante e dopo un attimo di indecisione cominciò il suo discorso. «Non è vero che non ho mai fatto sesso con una ragazza.» commentò sorprendendo sia me che Giulia, anche se in parte, nei suoi modi lo sospettai.
«Hai avuto una ragazza?» le chiesi un po' confusa.
«"Avuto" no, facevamo solo sesso.» rispose lei, e nonostante dicesse che non le dispiacevano le semplici avventure di solo sesso, non sembrava esserne felice. «Eravamo giovani, avevamo 20 anni, eravamo amiche fin dall'asilo. In pratica siamo cresciute insieme.» ci spiegò Rosa. «Ci siamo ritrovate per caso a fare sesso, non lo abbiamo mai deciso, ma lei aveva un ragazzo. Eravamo migliori amiche e quindi mi confidava di tutto. Mi diceva che amava il suo ragazzo, che era dolcissimo, ma a letto non la stimolava per niente.» continuò lei. «Io allora, quasi per scherzo, le dissi che sotto quel punto di vista c'ero io. In pratica le proposi di soddisfarla lì dove il suo ragazzo era carente. All'inizio ridemmo, ci scherzammo su e quel giorno non successe nulla, ma pochi giorni dopo ci ritrovammo a letto insieme.» disse bagnandosi ancora le labbra, non sembrava essere un discorso facile. «Fu lei a farsi avanti, mi disse di aver litigato col fidanzato e ricominciò col discorso di fare sesso io e lei. Voleva provare com'era. All'inizio arrancammo un po', ma poi ci prendemmo la mano e andammo decisamente meglio. Lei il giorno dopo fece pace col fidanzato, ma mi disse di non voler smettere di fare sesso con me. Per un po' la tenni a distanza, le dissi che non me la sentivo di farlo, ma poi cedetti. Lei mi piaceva, piano piano i sentimenti che provavo per lei crebbero, e il sesso tra di noi aiutò solo lei e il suo fidanzato.» ci spiegò con calma, il suo tono era lento e nervoso, il suo sguardo spesso si abbassava dal mio viso. «Quella storia durò circa un anno, facemmo sesso quasi ogni giorno, spesso scappava via perché doveva vedere il suo ragazzo e io mi sentivo usata. Un giorno venne da me in lacrime, mi disse di essere incinta e che non voleva tenere il bambino. Pensava che quella storia l'avrebbe portata a sposarsi, e lei mi ripeteva spesso di voler lasciare il suo ragazzo, ma ovviamente non lo fece. Le proposi di lasciarlo finalmente, di stare con me, le confessai ciò che provavo e le dissi che l'avrei aiutata io per tutto. Lei mi rise quasi in faccia, mi disse che apprezzava tutto ma che non era lesbica e che al massimo avrebbe trovato un altro ragazzo.» continuò in tono più nervoso, sorrise anche, ma era un sorriso triste. «Quel giorno finì la nostra pseudo storia e anche la nostra amicizia. Io smisi di contattarla, mi allontanai e non provai mai più ad avere una relazione con qualcuno. Mi aggrappo al semplice sesso per questo, è più facile per me. Sono stata davvero male in quella situazione, ogni volta che provo qualcosa di più di una semplice attrazione fisica mi spavento e tento in tutti i modi di scappare via.» concluse lei con uno sguardo incerto, in quel momento si sentiva vulnerabile.
«Mi dispiace...» dissi io lentamente allungando una mia mano su una sua gamba. «Ma sono passati più di 15 anni, non hai trovato nessun altro che ti facesse stare bene?»
«No, te l'ho detto. Appena sento di provare amore verso qualcuno, mi allontano. È sempre stato più facile per me essere stronza piuttosto che dolce, ho sempre avuto paura di incontrare qualcuno come lei, almeno se ero stronza evitavo di affezionarmi o di far affezionare altri.»
«Mi dispiace.» commentò Giulia debolmente. «Mi dispiace di averti chiamato stronza.»
«Non fa niente, è ciò che sono.» ribatté Rosa voltandosi verso di lei e facendole un piccolo sorriso.
«Non è vero.» contestai io.
«Ah no?» domandò lei voltandosi di nuovo verso di me.
«No, non lo sei.» risposi in tono fermo. «O magari si, ma non del tutto. Tu sei un misto di tante cose, sei anche dolce ma lo nascondi dietro strati infiniti di sarcasmo.»
«Tu dici?» continuò lei con un sorriso imbarazzato.
«Si, è così, Rosa! Anche se fai battute, se fai la stronza, hai comunque un lato dolce.» dissi con fare decisamente sicuro.
«Piantala di dire stronzate, ragazzina.» ribatté lei allungando una sua mano e portandola completamente sul mio viso, mi spinse leggermente via, anche se non ero nemmeno tanto vicino a lei e subito dopo la tolse.
Era imbarazzata, era evidente, il suo viso era parzialmente rosso. Credevo che il suo lato dolce la mettesse in imbarazzo, dal suo racconto intuii che trattenne quel lato di sé sempre, e così non insistetti.
«Quindi per questo hai detto che ti sarebbe piaciuto rifarlo?» le chiese Giulia, anche lei era imbarazzata.
«Si, cioè per me era un modo per dirvi che ero stata bene, che con voi sto bene. Ma mi dispiace se ne ho approfittato, non mi sembravi così ubriaca.» si scusò Rosa, in quel momento non sembravano nemmeno loro.
«E in effetti non lo ero...» ribatté Giulia in tono titubante, in quel momento iniziò la sua confessione. «Ero probabilmente meno lucida di voi ma capivo cosa stava succedendo, in altre situazioni mi sarei tirata indietro, ma in quel momento non volevo farlo.»
«Perché?» le chiese Rosa.
«Perché mi interessava farlo con voi... Ho sempre avuto pensieri che provavo ad ignorare a causa della mia relazione, ma in quel momento non c'era nulla che mi spingesse a tirarmi indietro.» ci spiegò lei col viso piuttosto rosso.
«Allora perché hai fatto tutto quel casino?» domandai io piuttosto confusa.
«Perché non so come comportarmi, adesso cosa si fa?» ribatté lei in tono imbarazzato.
«In che senso? Possiamo tranquillamente andare avanti come sempre.» disse Rosa ingenuamente.
«No, Rosa, non possiamo.» contestai io.
«Perché no?» mi chiese lei.
«Perché non possiamo far finta di niente, soprattutto dopo questa settimana di silenzio assoluto.» le spiegai
«Mi vergognavo, ok?» disse Giulia. «Ho lasciato la mia ragazza da meno di un mese e in questo breve lasso di tempo mi sono ritrovata a fare sesso con te e poi con entrambe, mi sono sentita una stronza, una che non aspettava altro che la sua storia finisse.»
«Ma non è così, tu non sei così.» ribattei provando a farla calmare, sembrava sentirsi davvero tanto in colpa.
«Ah no? Allora perché mi è piaciuto tanto?» mi chiese con gli occhi piuttosto lucidi.
Rosa aveva ragione, Giulia mentiva spesso per mantenere vivi i rapporti, ma il più delle volte lo faceva perché aveva paura di poter offendere qualcuno. Ci andava cauta con le parole, rifletteva molto prima di parlare. A lei piaceva andare d'accordo con tutti e se stava male con qualcuno non lo diceva, lo teneva per sé fino a quando quella piccola goccia non diventava un mare immenso. Probabilmente sapeva già della sua ex ma non disse mai nulla fino a quando non ce la fece più.
«A questo posso rispondere io.» disse Rosa con un sorriso ironico.
«Se non hai cose serie da dire allora taci.» la bloccai subito io.
«No no, sono seria.» ribatté lei abbassando lo sguardo su di me, ma sorrideva ancora e io non ero sicurissima se fidarmi o meno.
«D'accordo, vai...» mi arresi alla fine, al massimo ci saremmo fatte due risate.
«Ti è piaciuto proprio per quello che hai detto prima, ci hai pensato tanto quando stavi con la tua ex, saresti stata una stronza se lo avessi fatto in quel momento ma non è stato così. Ti è piaciuto perché c'eravamo noi, perché siamo in un certo senso piuttosto legate, e non potete negare che abbiamo una certa affinità a letto.» commentò Rosa in tono prevalentemente serio, fu leggermente ironica solo alla fine.
«Penso tu abbia ragione.» disse Giulia in tono incerto.
«Hai temuto il peggio, eh?» chiese Rosa voltandosi verso di me.
«Decisamente.» risposi io con un sorriso, era bello sbagliarsi di tanto in tanto.
«Che malfidata che sei.» commentò lei prendendomi in giro.
«Quindi ora come stai? Ti senti ancora in colpa?» chiesi poco dopo a Giulia.
«N-no, cioè mi è piaciuto davvero tanto ma non sono il tipo che fa sesso occasionale, soprattutto non con persone che conosco e che rischio di vedere e sentire spesso.» ci spiegò lei con fare incerto.
«Secondo me tu ti fai troppi problemi, è stato solo sesso, non dovevi comportarti in modo diverso dal solito.» commentai io piuttosto seriamente.
«Lo pensi davvero?» domandò Giulia.
«Certo che si, non hai notato che io e Rosa eravamo tranquille?» continuai con un piccolo sorriso.
«Si, anche per questo mi sono sentita strana.» confessò lei piuttosto imbarazzata.
«Ascoltami, non dobbiamo fare nulla che non vogliamo tutte, e in qualsiasi caso evitiamo il vino.» dissi lentamente.
«Cosa? No, perché vuoi evitare il vino? Era buonissimo.» si lamentò Rosa.
«Non ci pensare proprio, ti ha dato alla testa fin dal primo assaggio.» contestai voltandomi verso di lei.
«Tu mi hai dato alla testa fin dal primo assaggio.» ribatté lei, e in un attimo tornò un silenzio imbarazzante tra di noi.
Il suo tono era parzialmente ironico, ma il suo sguardo era serio. Dopo la sua frase però il suo sguardo divenne più incerto, si imbarazzò di nuovo, e io volevo solo baciarla. Ne avevo una voglia assurda, ma non avevamo ancora concluso nulla.
«Tu sei tutta scema.» dissi con una risata fingendo di capire che era una battuta, e lei mi assecondò.
«Andiamo, non era male.» commentò con un sorriso ironico.
«Seh, certo...» ribattei io.
«Tu cosa avevi da dire?» mi chiese lei, anche per togliersi dall'imbarazzo.
«Beh che nemmeno io riesco ad esprimermi come vorrei, voi due mi siete sempre piaciute. Ho sempre pensato che Giulia fosse una bella ragazza, dolce, intelligente, e mi sarebbe piaciuto approfondire la conoscenza. Ma avevo una ragazza, amavo lei e trattenevo ogni più piccolo pensiero.» dissi. «Di te mi piaceva il tuo modo di fare.» continuai voltandomi verso Rosa. «Mi piaceva la tua sicurezza, il modo con cui risolvevi le situazioni difficili senza farti mettere i piedi in testa da nessuno. In un certo senso sentivo di voler essere te.»
«Volevi essere me?» mi chiese lei con un sorriso imbarazzato.
«Si, io mi faccio prendere dalla foga del momento e a volte non mi controllo, ciò che faccio istintivamente si rivela sempre essere una stronzata che mi fa più male che bene.» le spiegai ricordandomi di tutte le volte che presa dalla rabbia ero andata in moto per smaltire, o anche da piccola a piedi per strada, avevo rischiato spesso di farmi molto ma molto male.
«È istinto, non sempre va bene.» ribatté Giulia dolcemente, nonostante avesse spesso maledetto quel mio lato.
«Si, ma io sono un casino. A causa del mio istinto ho rovinato la mia storia con Sara e ora sto facendo lo stesso con voi.» dissi in tono nervoso, mi sentivo davvero un casino che rovinava qualsiasi cosa.
«Ascoltami Andrea... Tu non hai rovinato proprio nulla, né con Sara né tantomeno con noi. Ci sono storie che finisco, è normale, è un po' avvilente perché pensi a quale sia il senso di conoscere persone nuove, che ti fanno stare bene per un po' ma che dopo qualche tempo non senti più.» commentò Giulia allungando le sue mani verso le mie. «È brutto, lo capisco, ma prima o poi troverai qualcuno che resterà con te nonostante tutto. Nonostante le brutte giornate, nonostante gli scazzi e i problemi della vita.»
«Lo pensi davvero?» le chiesi con un sorriso appena accennato.
«Certo, sei una persona speciale e chiunque sarebbe fortunato a stare con te.» commentò lei, ma in quel momento nessuno pensava che lei fosse quel "qualcuno" del suo discorso.
Lei non stava parlando per sé, o almeno non mi sembrava, ma lo avrebbe fatto poco tempo dopo. Quelle due restarono con me per un po' di tempo, quasi tutta la serata, ordinammo anche una pizza e guardammo un film insieme continuando a chiacchierare. Ci lasciammo andare molto quella sera, probabilmente ci lasciammo andare molto di più in quel momento rispetto a una settimana prima quando andammo a letto insieme. Il sesso era diverso dalle parole, il sesso poteva essere pieno di bugie, di cose non dette. Le parole, ciò che dicemmo, il tono che usammo, furono piene di sincerità. Per una volta fummo dirette e sincere. Giulia disse di essersi tirata indietro a causa della sua ex, si erano lasciate da poco e si sentiva in colpa di non essere così triste, cosa che secondo me era giustificata se si pensava allo schifo che aveva fatto Maria. Rosa invece teneva a distanza i suoi sentimenti con del sarcasmo e del sesso perché anni prima era stata ferita dalla persona a cui teneva di più, di conseguenza credeva che fare sesso non intaccasse nulla a livello sentimentale, ma si sbagliava. E io, beh... Io confessai a entrambe di provare qualcosa per tutte e due, ignorarlo era inutile, ma in base a quello nessuna delle due disse nulla. Nessuna mi disse se ricambiava o meno, se dovevo tenere a freno ciò che sentivo oppure no, ma lo avrei fatto comunque. Quando la serata finì, o perlomeno quando loro decisero che era ora di andare, si tirarono su dal divano e si avviarono verso la porta. Io le accompagnai lì e le salutai. I giorni successivi sembrarono andare piuttosto bene, non ci sentimmo moltissimo ma ero più tranquilla. Rosa provò a smuovere le cose, a farci tornare ad essere ciò che eravamo prima invitandoci ad una sua partita di pallavolo. Era una bella giornata, si stava anche piuttosto bene, e proposi a Giulia di andare a prenderla io con la mia moto. Rosa era già al palazzetto poco fuori città, ci disse che lei sarebbe andata prima per prepararsi insieme alle sue compagne. E così io andai a prendere Giulia in moto. Non fu la prima volta che le facevo fare un giro sulla mia bestiolina, capitò altre volte, ma quella fu la prima in cui sentii qualcosa non appena mi cinse la vita con le sue braccia. Era costretta, doveva farlo per reggersi, ma io mi sentii perdere per un attimo il fiato. Mi piaceva, era ormai palese per me, ma dovevo trattenerlo.
«Ci sei?» le chiesi poggiando una mia mano sulle sue.
«Si, sono pronta.» disse lei, ma le sue mani le sentivo un po' fredde e così decisi di darle i miei guanti.
Quelli non li avevo ancora indossati, li tenevo poggiati sopra alla moto in attesa di una sua conferma, si sarebbe potuta tirare indietro da un momento all'altro ma sembrava davvero convinta. A lei le due ruote piacevano, ma aveva paura che potessi correre. Non sapeva però che dopo aver fatto spaventare tanto la mia ex mi ripromisi di non correre più tanto quando avevo qualcuno con me, quindi lei era al sicuro.
«Metti questi.» le dissi porgendole i guanti.
«Cosa? E tu?» mi chiese lei piuttosto confusa.
«Tranquilla, sono solo quattro chilometri e si sta bene.» commentai provando a convincerla.
In un certo senso si stava davvero bene, ma se si era a piedi e si andava piano. In moto, per come guidavo io, avrei sentito il vento infilarsi fin dentro le ossa. Ma non mi importava, volevo che tenesse lei i guanti. Dopo un attimo di esitazione accettò, mi ringraziò e li indossò. Non appena ritornò a stringersi a me, io partii. Andai piano, al massimo raggiungevo i 40km all'ora. Superavo agilmente il traffico, non dovevo farmi tutte le lunghe code di quella domenica pomeriggio, e riuscimmo ad arrivare a destinazione nel giro di una ventina di minuti. Avrei potuto metterci meno tempo ma mi piaceva sentire Giulia stretta a me, avevo addosso la mia solita giacca, ma la sua stretta la sentivo comunque molto bene.
«È stato un bel giretto.» commentò lei non appena scese giù.
Io misi il cavalletto, scesi dalla moto e mi tolsi il casco poggiandolo sul sellino. Quello di Giulia lo legai alla moto, ma il mio me lo portai dietro. Mi piaceva portare ovunque il mio casco, lo avevo pagato un sacco e ci tenevo allo stesso modo della mia moto. Anche lui era rosso e nero, con varie rifiniture di bianco attorno alla visiera. Non c'era spazio per lasciarlo all'interno della moto, né tantomeno mi andava di lasciarlo sopra o agganciarlo come l'altro. Avevo comprato una rete da attaccare alla moto apposta per il secondo casco, o per il mio quando mi serviva tenere le mani libere, ma in quel caso lasciai attaccato solo quello di Giulia. Portarmi dietro il casco mi fece fare spesso conversazione con altri motociclisti, o ragazze interessate alle moto. Ce l'avevo da poco e non potei mai sfruttare la moto per conquistare nessuno, avevo una ragazza e dopo non fu il mio primo pensiero, ma quel giorno il pensiero mi sfiorò.
«Tieni.» mi disse Giulia porgendomi i guanti. «Grazie, erano molto caldi.» aggiunse con un sorriso.
Io ricambiai quel sorriso, misi i guanti in tasca e mi avviai verso l'entrata del palazzetto con lei accanto. Lì dentro c'erano già un po' di persone, sia sedute su delle gradinate che in campo per il riscaldamento. Noi arrivammo lì un'oretta prima della partita, Rosa non si vedeva da nessuna parte, ma in fondo in campo c'era solo una squadra con una divisa arancione. Non era nulla di particolare, avevano una maglietta arancione e un pantaloncino bianco. Il pantaloncino però era piuttosto corto, di quelli che arrivavano a metà coscia. Giulia si mosse davanti a me in cerca di due posti liberi, e mentre lei guardava verso le gradinate, io guardavo quelle ragazze che si passavano il pallone, che provavano delle schiacciate o facevano semplicemente stretching. Quelle ragazze avevano quasi tutte più di 30 anni, alcune erano donne anche di 50 anni, e praticavano quello sport in modo amatoriale, per puro divertimento. Una di quelle donne stava facendo stretching lungo la linea laterale del campo, poco distante dalla rete. Lì stavo passando io, lei mi dava le spalle. Stava allungando le sue braccia verso la punta dei suoi piedi e per un istante mi persi a contemplare il suo sedere. Era perfettamente rotondo, sodo, forse fin troppo stretto in quel pantaloncino, ma io non disdegnavo la cosa. Quando feci altri due passi, senza distogliere lo sguardo da lei, incrociai anche il suo sguardo. A causa della posizione, la sua testa era rivolta all'ingiù, ma quando passai mi vide e per un istante mi sorrise. Poi si tirò su, si stiracchiò le spalle e si voltò col viso verso di me.
«Bel casco.» mi disse.
«Grazie.» risposi io che avrei voluto ribattere con "bel sedere" ma mi sembrava alquanto squallido, così non dissi altro.
«Immagino che tu abbia una moto, giusto? O sei una di quelle persone che fa tutta scena, mh?» mi chiese con fare provocatorio.
«La mia moto è proprio qui fuori, se vuoi te la faccio vedere.» risposi io facendole un sorriso.
«Federica, vieni qui.» disse qualcuno chiamandola dall'altro lato del campo.
«Magari più tardi, ora devo andare.» commentò lei lentamente. «Tu starai qui per tutta la durata della partita?»
«Direi di sì.» risposi io con calma.
«Allora non c'è problema, magari ci vediamo dopo.» disse facendomi un sorriso e allontanandosi da me.
Fece prima un paio di passi all'indietro lentamente, guardandomi in faccia, poi mi fece l'occhiolino, si voltò e si allontanò più velocemente. Io rimasi quasi rapita da quella donna, c'era poco da fare, le donne mature avevano un fascino diverso dalle altre. Non mi ero mai interessata molto a persone visibilmente più giovani di me, anche se magari capitò che qualcuno più giovane mi colpisse ma che visibilmente non lo sembrava, anagraficamente era tutta un'altra storia. Non tutti dimostravano la propria età, e quella donna a me sembrava che fosse oltre i 40.
«Andrea...» mi chiamò Giulia facendomi uscire dai miei pensieri.
Velocemente mi sbloccai, smisi di fissare quella donna che era ormai col suo gruppo e mi voltai verso le gradinate. Lì, sui primi gradini in alto, c'era Giulia che mi faceva segno con un braccio. Mi disse di raggiungerla e velocemente mi mossi.
«Ehi, cosa stavi facendo?» mi chiese non appena mi sedetti accanto a lei.
«Niente, stavo ammirando il campo.» dissi con un tono vago.
«Certo, "il campo"...» ripeté lei in tono ironico. «Ti ho visto parlare con una donna, chi era?»
«Non ne ho idea, mi ha chiesto se avessi una moto.» le spiegai lentamente.
«Voleva farsi un giro?» continuò con fare provocatorio.
«Non credo, pensava facessi solo scena col casco e la giacca addosso.» dissi con calma, ma lei sembrava infastidita.
«Quella vuole farsi un giro, te lo dico io... E non sulla moto.» commentò lei in tono aspro, non sembrava piacerle molto quella situazione.
«Tu ti fai troppi film.» ribattei io provando a smorzare la tensione, ma non funzionò molto.
«Certo...» replicò lei subito dopo.
Io non sapevo come rispondere, era ovvio che quella situazione le desse fastidio, ma non stavamo insieme. Pochi giorni prima avevamo risolto la situazione che ci vedeva divise a causa di ciò che successe a Torino, ma in un certo senso decidemmo di lasciare tutto come stava. Decidemmo di restare "amiche", di non fare più sesso e di parlare quando qualcosa non andava, ma purtroppo non facemmo così. Giulia era effettivamente infastidita da quella donna ma non lo disse, io lo notai ma non le dissi nulla, restammo entrambe in silenzio fino a quando Rosa e la sua squadra non entrarono in campo qualche minuto più tardi. Loro avevano una divisa quasi identica, cambiava solo il colore della maglietta che era azzurra. Rosa ci vide quasi subito, ci salutò con una mano, disse qualcosa ad una ragazza che era accanto a lei e ci raggiunse correndo.
«Ciao ragazze.» ci disse sedendosi ad un gradino più in basso rivolta verso di noi. «Siete qui da molto?»
«No no, cinque minuti forse.» risposi io tranquillamente, ma Giulia era ancora nervosa.
«Già, e Andrea ha già fatto conquiste.» commentò lei acidamente, come se fosse una brutta cosa.
«Ma che dici? Non è vero!» mi lamentai io col viso rosso.
«Ah si? E chi sarebbe la fortunata?» domandò Rosa in tono divertito.
In quel caso entrambe avevano un modo diverso di affrontare la gelosia, Rosa si metteva in mostra, fingeva distacco e disinteresse, approvando magari una determinata situazione. Giulia no, lei preferiva non parlare di quella cosa, faceva battute pungenti che facevano automaticamente capire il suo fastidio.
«Ma nessuno.» risposi io velocemente.
«Quella lì, la più alta di tutte le ragazze con la maglietta arancione.» continuò Giulia.
«Ah Federica, la conosco... Il marito lavora con me, lui controlla gli errori nei manoscritti.» commentò Rosa con calma.
«Beh puoi dirle allora che non è il caso di farsela con una come lei?» chiese Giulia sperando che almeno Rosa l'aiutasse, ma non andò così.
«No no, lei può fare tutto quello che vuole.» ribatté Rosa, e Giulia rimase un po' contrariata.
«Ma come? Hai detto che ha un marito.» si lamentò Giulia.
«Futuro ex, a breve divorzieranno.» commentò Rosa facendole l'occhiolino, le piaceva tanto provocarla.
«Perfetto, non potevi dirle qualcosa di peggiore.» replicò Giulia incrociando le braccia e mettendo il muso, non poteva essere più gelosa di così.
La trovai comunque adorabile però, sembrava una piccola e dolce bimba offesa.
«Perché? Sul serio ti interessa Federica?» mi chiese Rosa in tono confuso.
«N-no, cioè è una bella donna...» dissi in tono titubante, non sapevo bene cosa dire.
«Beh se è tutto qui allora perché non ti concentri su di me?» mi chiese sfiorandomi una guancia e facendomi automaticamente voltare il viso verso di lei.
Rosa mi sorrideva, il suo sguardo era profondo, quegli occhi verdi sembravano scuri, quasi marroni, e le sue labbra mi attiravano un casino. Il suo viso era a pochi centimetri dal mio, più distante del solito, ma comunque forte abbastanza da farmi distrarre da tutto il resto. Si bagnò le labbra con fare provocante, e quando capì di avermi in pugno sorrise, ci salutò e si allontanò da noi.
«Non puoi perderti su altre persone, Rosa è trecentomila volte più bella di tutti.» commentò Giulia.
Purtroppo aveva ragione, ma io avevo in mente altri termini per descrivere Rosa. Sexy, eccitante, intrigante... Era bella, si, ma in modo più intenso rispetto a una qualsiasi altra persona. Non era semplicemente bella, era una di quelle persone che ti facevano girare la testa appena ti passavano accanto. In quel completino si perdeva un po' la sua bellezza, ma compensavano il suo viso e il suo sorrisetto sfrontato. Quello lo vidi non appena raggiunse le sue compagne, si voltò per un attimo verso di noi, notò che la stavo ancora guardando e sorrise prima di tornare a voltarsi verso le altre. Era bella, troppo bella. Durante tutta la partita mi bloccai spesso a guardare Rosa, non sapevo bene come funzionasse la pallavolo, io mi dilettavo a giocare a basket o a calcio quando nel campetto sotto casa c'era qualcuno che conoscevo, ma la pallavolo non mi interessò mai molto.
«Tu lo sapevi che Rosa gioca a pallavolo?» chiesi a Giulia poco prima dell'inizio della partita.
«Si e no, cioè sapevo che le piaceva questo sport ma non che lo praticasse.» rispose lei con calma, non sembrava essere gelosa quando si parlava di Rosa.
«Beh mi sembra piuttosto interessante, avrebbe potuto dircelo prima.» commentai io piuttosto emozionata di vedere Rosa in movimento, fino a quel momento l'avevo vista sempre piuttosto rigida nel suo ruolo da editore, quella situazione era interessante.
«Così avresti avuto qualcosa da ammirare?» domandò Giulia in tono già più infastidito.
«Ammirare? Pensi che sia qui per guardare qualcosa che non sia Rosa giocare?» ribattei un po' confusa.
«Oh non lo so, prima hai guardato ben altro.» commentò lei in un finto tono innocente.
«Sei gelosa, per caso?» continuai con fare provocatorio, e lei arrossì subito.
«No, affatto!» rispose velocemente, ma non mi sembrava convinta.
Io sorrisi, scossi la testa e le portai un braccio attorno alle spalle per farla calmare. Non aveva nulla di cui preoccuparsi, il mio cervello stava ancora combattendo contro ciò che era successo giorni prima, anche se provavo a non darlo a vedere.
«Cazzo! Hai visto che legna ha dato Rosa?» chiesi a Giulia dopo un bel po' dall'inizio della partita.
Rosa aveva fatto una schiacciata verso la metà campo avversaria, si era librata in aria facilmente e con quella mossa segnò il punto decisivo per il secondo set.
«Da oggi in poi dovremo fare molta attenzione a ciò che diciamo a Rosa.» commentò lei in tono ironico, ma anche lei era sorpresa.
Giulia di pallavolo ne capiva più di me, e ogni volta che non capivo qualcosa mi bastava chiederlo a lei. Mi spiegò come funzionavano i punteggi, perché un punto era assegnato ad una squadra piuttosto che ad un'altra, mi spiegò anche i falli e con lei accanto riuscii a godermi meglio la partita. Fu piuttosto combattuta, la squadra di Rosa attaccava bene, soprattutto Rosa attaccava bene, con quelle schiacciate faceva tremare tutto il palazzetto, ma le avversarie non erano da meno. I set venivano vinti sempre con pochi punti di scarto, e alla fine finirono per giocare almeno 4 set, 3 dei quali vinti dalla squadra di Rosa. A fine partita le ragazze si congratularono tra di loro, in fondo era una competizione amichevole, non c'era nulla in palio, e le ragazze sembravano molto soddisfatte da entrambe le parti. Alcune persone scesero dalle gradinate per complimentarsi con le ragazze di entrambe le squadre, ma io e Giulia decidemmo di restare ai nostri posti. Il campo era pieno di persone e non ci andava di confonderci tra la folla, tra l'altro Rosa ci aveva detto che dopo la partita avrebbe fatto una doccia negli spogliatoi, quindi preferivamo aspettarla lì.
«Occhio, sta arrivando la tua ragazza.» mi disse Giulia all'improvviso.
«La mia ragazza?» domandai io voltandomi verso ciò che stava guardando lei alla mia destra.
Lì c'era Federica, la donna sposata, quasi vicina al divorzio, che si incamminava verso di noi con passo lento ma deciso.
«Chi ti dice che stia venendo qui?» le chiesi voltandomi verso di lei.
«Il suo sguardo, non ti toglie gli occhi di dosso.» commentò Giulia fin troppo convinta.
Io avrei voluto ribattere, avrei voluto dirle che nella nostra direzione c'erano almeno un'altra decina di persone, ma Rosa non me ne diede l'opportunità. Si avvicinò anche lei a noi, solo che lei fu più brava a non farsi vedere. Salì sui gradini liberi, mi prese il viso tra le mani e dopo avermi fatto voltare verso di sé mi baciò. Fu un breve bacio, nulla di tanto spinto, ma successe così all'improvviso che mi lasciò senza parole.
«Ti è piaciuta la partita?» mi chiese poco dopo con un tono basso e intrigante.
«S-si...» dissi cercando di metabolizzare ciò che era appena successo.
«Bene...» continuò lei con quello stesso tono, poi mi sorrise e si allontanò da me. «Ci vediamo tra una ventina di minuti, non scappate.» aggiunse indicandoci con un dito e facendo alcuni passi indietro.
Successivamente si voltò e insieme ad alcune compagne tornò negli spogliatoi.
«Cos'è successo?» chiesi voltandomi verso Giulia che sorrideva divertita.
«Beh Rosa ha fatto scappare la tua amichetta.» mi spiegò lei piuttosto soddisfatta.
«Cosa?» domandai io voltandomi verso destra e cercando quella donna con lo sguardo, ma non era da nessuna parte. «Ma perché? Potevo finalmente sfruttare la mia moto.» mi lamentai io, ma era una cosa meramente informativa, volevo solo scoprire quanto funzionasse la moto per rimorchiare qualcuno.
«Per fare cosa? Per conquistare le donne? Pensi che ti serva quella per farlo?» ribatté Giulia in tono confuso.
«Beh no, però è un buon punto di partenza. Loro vedono la moto, gli piace, chiedono di fare un giro e a quel punto scatta già il contatto fisico, perché su una moto non puoi non stringerti all'altra persona.» le spiegai io lentamente.
«Ah così è questo il tuo piano?» mi chiese con un sorriso ironico.
«Beh ecco...» provai a dire io, ma lei mi bloccò subito.
«Hai pensato la stessa cosa quando mi hai proposto di venire in moto con te?» commentò lei.
«Cosa? N-no, assolutamente. Volevo solo fare un giro in moto e dato che dovevamo comunque andare nello stesso posto ti ho chiesto di farlo insieme.» le spiegai con calma, ma lei sembrava leggermente offesa.
«Sicura?» continuò.
«Ti ho vista nuda per ben due volte, Giulia, abbiamo fatto sesso per ben due volte, che motivo avrei di chiederti di venire in moto con me solo per sentirti stretta al mio corpo?» le chiesi piuttosto confusa.
«Magari ti manca, magari vorresti risentirlo.» rispose lei in tono provocatorio.
«Senti, tra Rosa che mi bacia senza motivo né preavviso e te che prima fai la gelosa e poi mi provochi, non ci capisco più niente.» dissi tirandomi su e scendendo piano i gradini.
«Dove vai?» mi chiese lei.
«Vado a prendere un po' d'aria, vi aspetto fuori.» risposi senza voltarmi indietro.
Continuai a camminare, mi feci largo tra la folla di adulti, ragazzini e bambini, e finalmente uscii da lì. Mi avvicinai alla mia moto, mi ci sedetti sopra e cazzeggiai un po' sul cellulare aspettando che Rosa e Giulia uscissero fuori.
«Wow, è tua la moto?» mi chiese dopo una decina di minuti una piccola vocetta alla mia destra.
Inizialmente ero confusa, non avevo visto nessuno avvicinarsi, eppure avevo una visione periferica perfetta, ma non appena mi voltai capii perché non notai nessuno. Il proprietario di quella vocetta era un piccolo ragazzino, un bambino di circa 10 anni. Mi guardava dal basso verso l'alto con i suoi capelli scompigliati, le lentiggini sulle guance e due occhi che ricordavo di aver già visto.
«Certo che è mia.» risposi io ricambiando il suo sguardo, lui sembrava piuttosto eccitato all'idea di trovarsi davanti una moto.
«Posso farci un giro?» mi chiese subito.
«Hai la patente?» ribattei in tono serio.
«No che non ce l'ho, ho soltanto 9 anni.» rispose lui altrettanto seriamente.
«E allora non puoi fare nessun giro.» commentai io allargando le braccia, come a dire che non era colpa mia.
«Dai, ti prego!!» mi supplicò lui facendomi gli occhi dolci.
«Va bene, se vuoi posso farti salire su in sella.» dissi lentamente.
«Siii.» esultò lui facendo un paio di saltelli sul posto, e allora io sorrisi e scesi giù.
Gli portai le mani sotto alle ascelle e prendendolo di peso lo feci sedere sulla mia moto, lui era talmente piccolo che non arrivava nemmeno al manubrio, ci provò anche ma proprio non ci riusciva.
«Mi dispiace, ma se non arrivi al manubrio come pensi che possa farti fare un giro?» gli chiesi.
«Puoi guidare tu.» rispose lui subito dopo.
«Furbo il ragazzino... Ma tu sai che non posso portare un passeggero senza casco?» dissi lentamente.
«Ma tu ce l'hai il casco, ne hai anche uno dentro la rete.» ribatté lui facendomi capire che aveva già adocchiato tutto.
«Certo, ma è per adulti, a te servirebbe a poco.» gli spiegai con calma, ma lui era più insistente di me.
«Dai, facciamo solo un giro qui attorno.» continuò quel ragazzino.
«Va bene, va bene, ma facciamo solo un piccolo giro del palazzetto.» mi arresi io.
Allungai una mia gamba e mi sedetti dietro di lui, il casco me lo tenni attaccato al braccio, avrei potuto darlo al bambino ma preferii non farlo. Era troppo grande per lui, ci sarebbe stato così tanto spazio che si sarebbe mosso spesso, gli avrebbe dato fastidio e si sarebbe concentrato su quello piuttosto che a mantenere la posizione. Prima di mettere in moto gli dissi di tenersi bene e di non fare movimenti bruschi, dopodiché misi in moto e partii lentamente. Feci solo un giro attorno al palazzetto. Non era molto ampio, fuori c'era tutto lo spazio per correre anche ma con quel ragazzino non mi sembrava proprio il caso. Andai piuttosto piano e il bambino fu molto bravo, si tenne in equilibrio, lo sentivo anche tenersi con una mano al lato destro della mia giacca, ma non c'era realmente bisogno di farlo. La strada era ben asfaltata, la mia velocità era controllata, e almeno quando avevo qualcuno con me non mi distraevo facilmente. Non appena tornammo al punto di partenza, però, sentii una donna chiamare qualcuno.
«Oh cavolo!» disse il bambino non appena mi fermai.
«Che succede?» gli chiesi, ma lui non ebbe il tempo di spiegarmi nulla, quella donna si avvicinò subito a noi.
«Luca, che diavolo stai facendo lì sopra?» gli chiese lei piuttosto innervosita, anche se sembrava più spaventata che incazzata.
Io alzai il mio sguardo su di lei e notai che era Federica, la stessa donna con cui parlai all'interno del palazzetto, anche se in quel momento non aveva più la sua divisa addosso.
«Oh salve.» dissi con un sorriso.
«Ah, sei tu.» ribatté lei in tono più calmo, ma decisamente meno interessato di qualche ora prima.
«Mamma, abbiamo fatto un giro del palazzetto, è stato stupendo! Anche io voglio una moto.» commentò il ragazzino in tono decisamente entusiasta.
«Si, quando avrai 40 anni ne riparleremo.» replicò lei.
«Non pensavo avessi un figlio.» dissi provando a smorzare la tensione che sentivo tra me e quella donna.
«E io non pensavo che avessi una ragazza.» replicò lei alzando il suo sguardo su di me.
«Io non ho una ragazza, e tra l'altro tu non me lo hai chiesto.» contestai io.
«Nemmeno tu lo hai fatto, anche se non ce n'è stato bisogno. Ho visto quel bacio.» continuò lei leggermente infastidita.
«Quello non era nulla, solo uno stupido scherzo di un'amica.» le spiegai con fare ironico.
«Ah si? Quindi se ti invitassi a cena usciresti tranquillamente con me?» mi chiese lentamente.
In quel momento tornò tra di noi l'interesse che c'era poco prima dell'inizio della partita, ma io ero più bloccata. Avrei potuto facilmente dirle di si, accettare il suo invito, ma qualcosa mi bloccò, anzi qualcuno. Alle sue spalle, dove c'era l'entrata del palazzetto, stavano uscendo un po' di persone e lì in mezzo vidi Giulia e Rosa, fu per loro che rifiutai.
«Direi di no, non posso.» dissi lentamente leggendo la delusione nel suo sguardo.
«D'accordo.» disse semplicemente. «Andiamo, Luca.» aggiunse prendendo suo figlio in braccio e facendolo scendere giù dalla mia moto.
Subito dopo mi salutarono, il bambino più felicemente della madre e si allontanarono. Io spensi il motore solo in quel momento, mi portai una mano sul volto e pensai a quanto ero stupida. Avevo perso un'occasione per due persone che con me non volevano avere nulla di serio.
«Ehi, ragazzina, hai fatto conquiste?» mi chiese Rosa facendomi prendere un colpo.
Con quella mano sul volto non vidi nulla, di conseguenza non notai l'arrivo di Rosa e Giulia al mio fianco.
«Certo, ho conquistato un ragazzino.» risposi io in tono sarcastico. «Naaah, dai, ho solo fatto fare un giro al figlio di quella donna.» dissi in tono più serio.
«Oh, non sapevo che fossi un'amante dei bambini.» continuò lei con fare divertito.
«Non lo sono infatti, ma quel ragazzino voleva solo fare un giro in moto e io l'ho accontentato.» dissi semplicemente.
«Che brava ragazza che sei.» mi prese in giro lei.
«Sisi, certo. Piuttosto, ditemi... Cosa facciamo ora?» chiesi cercando di capire se avevano altri programmi.
«Io avrei una certa fame.» commentò Rosa portandosi una mano all'altezza dell'addome.
«Si, anche io.» concordò Giulia.
«Andiamo a cena allora?» domandai.
«Certo, avete preferenze per la cucina?» chiese Rosa.
«Sushi?» proposi io.
«Naaah, ho troppa fame e il sushi non mi riempie abbastanza.» si lamentò lei.
«Pizza?» commentò Giulia.
«L'ho già mangiata ieri sera.» ribatté Rosa.
«Va bene, ho capito. Facciamo che venite da me e vi cucino io qualcosa?» continuò Giulia con un sorriso appena abbozzato.
«Oh e tu saresti una chef?» domandò Rosa in tono ironico.
«Non proprio, ma mi piace cucinare e proprio ieri ho riempito il frigo, quindi se volete posso farvi qualcosa.» ci spiegò lei in tono più serio di Rosa.
«Per me va benissimo.» rispose quest'ultima.
«Anche per me.» accordai io.
«Vieni con me o preferisci andare in moto?» domandò Rosa a Giulia.
Io vidi quest'ultima piuttosto indecisa, sembrava non volesse deludere nessuna delle due, ma io non volevo che prendesse freddo decidendo di venire con me e così presi la decisione al posto suo.
«Vai in macchina con Rosa, la sera fa più freddo e non sei vestita abbastanza pesante per sopportare il vento che prendi in moto.» le dissi.
«Sei sicura? In fondo siamo venute insieme qui.» commentò lei.
«E ce ne andremo insieme, stai tranquilla. So dove abiti, arriverò lì prima di voi.» ribattei facendole l'occhiolino.
«Non ti azzardare a correre.» mi ammonì lei.
«Non decido io, è la mia bimba a farlo.» le dissi accarezzando piano la mia moto.
«Guarda che mi prendo le chiavi.» mi minacciò lei, ma ormai quella storia era vecchia.
«E tu pensi che non abbia una chiave di scorta in casa?» le chiesi in tono divertito.
«Lascia stare, hai perso purtroppo.» ribatté Rosa portandole un braccio attorno alle spalle.
«D'accordo, ci vediamo a casa, vai piano.» continuò Giulia in tono più serio.
«Si signora!» dissi facendole il saluto militare.
Lei mi guardò con fare sospetto, ma non rimase lì a guardarmi per altro tempo, si allontanò con Rosa poco dopo. Io allora misi in moto, mi infilai il casco e partii facendo attenzione a chi usciva dal parcheggio. Uscii in strada poco dopo aver visto l'auto di Rosa allontanarsi, le andai dietro e suonai il clacson fino a quando non le raggiunsi. Le salutai con due dita poggiate sulla parte alta del casco e senza aggiungere altro accelerai e corsi via lasciandole dietro. Giulia si sarebbe incazzata di brutto, ma sarebbe stato divertente. Dopo averle superate e lasciate indietro rallentai un po', la strada non era molto affollata ma le auto c'erano, c'era anche molta gente a piedi quella sera e così decisi di non fare cazzate. Tra l'altro non potevo essere fortunata ogni volta, e rischiavo più che altro di trovarmi dei vigili davanti, quindi preferii non correre rischi inutili. Mi avviai con calma verso casa di Giulia, e nonostante andassi più piano, arrivai comunque sotto casa sua una decina di minuti prima di loro.
«Oh finalmente siete arrivate, vi aspettavo da un po'.» commentai non appena arrivarono vicino al portone chiuso.
«Taci.» commentò Giulia cercando di tenermi il muso, ma non riusciva a non sorridere.
«Oh andiamo, ce l'hai con me?» le chiesi in tono ironico.
«Tu stasera non mangi.» si lamentò lei aprendo il portone ed entrando dentro.
«Un tantino antipatica, non credi?» ribattei andandole dietro all'interno del portone e poi nel suo appartamento.
Una volta arrivate lì ci togliemmo le giacche, io poggiai il mio casco sul suo divano, e tutte e tre ci avviammo nella cucina di Giulia. Quando entrammo lì lei si preparò per cucinare, mentre io e Rosa preparammo la tavola.
«Quindi sai cucinare?» le chiese Rosa sedendosi al tavolo e guardandola preparare il tutto.
«Certo, non ti fidi?» ribatté Giulia in tono sospettoso.
«Non lo so, ci conosciamo da tanto tempo eppure non mi hai mai invitato a cena a casa tua, siamo sempre andate fuori.» commentò lei.
«Se è per questo nemmeno noi sapevamo che tu giocavi a pallavolo.» replicò Giulia.
«Soprattutto che eri così brava a tirare sberle.» concordai sedendomi accanto a lei, a capotavola, mentre Giulia aveva il suo posto alla mia destra e di fronte a Rosa.
«Ti stai preoccupando?» mi chiese quest'ultima.
«Un tantino.» ribattei in tono ironico ma lei mi sorrise dolcemente e allungò una mano verso il mio viso.
Fu lenta, delicata, non sembrava nemmeno la sua mano.
«Tranquilla, non ho alcuna intenzione di alzare le mani su nessuna di voi due.» commentò lei con quel sorriso.
«Oh beh, e vorrei anche vedere! Ti sto persino preparando la cena.» replicò Giulia in tono ironico.
«Si, lo vedo.» rispose Rosa togliendo la mano dal mio viso e voltandosi verso di lei. «E cos'è che stai preparando? Gnocchi al sugo?»
«Eh no, gnocchi alla sorrentina.» commentò lei con un sorriso soddisfatto, sembrava andarne molto fiera.
La vedemmo tagliuzzare della mozzarella, grattuggiare del formaggio e preparare del sugo, mi proposi anche di aiutarla ma non mi fece toccare nulla. Ci volle circa mezz'ora per preparare il tutto, e quando finalmente sfornò quegli gnocchi ci accorgemmo che erano davvero buoni.
«Cavolo, se cucini così, io vengo a cena da te ogni sera.» commentò Rosa.
«Puoi farlo, non mi dispiacerebbe.» ribatté Giulia in tono piuttosto serio.
«Ah no?» domandò Rosa con un sorriso provocatorio.
«No, per niente.» disse facendole l'occhiolino. «A te piacciono?» aggiunse voltandosi verso di me che avevo già quasi finito.
«Si, sono molto buoni. Hai fatto tu anche gli gnocchi?» le chiesi ricordando che la vidi cacciarli fuori dal congelatore, in una bustina trasparente e non una di quelle da supermercato.
«Si, mi diverto a cucinare vari tipi di pasta, solo che essendo da sola esagero spesso nel dosaggio e ne faccio troppi. Quindi per convenienza congelo quello che rimane.» ci spiegò lei con un sorriso imbarazzato.
«Fai bene, almeno non butti nulla. E dove hai imparato?» le chiesi con calma.
«Mia nonna.» disse con un sorriso più triste. «Ho passato buona parte della mia vita con lei, i miei genitori hanno divorziato quando ero piccola e mia nonna è stata molto più presente rispetto a mio padre. Mia madre lavorava molto, quindi la vedevo solo la sera, e dato che ci eravamo trasferite da lei finivo per vederla cucinare ogni giorno.» ci spiegò Giulia lentamente. «Piuttosto che pensare ai compiti preferivo aiutare lei, mi divertivo molto ed è sempre stata paziente con me.» commentò con gli occhi lucidi.
Io allungai una mia mano verso la sua che teneva poggiata sul tavolo, la poggiai sopra e le accarezzai piano il dorso col pollice, sentivo che quel racconto non aveva un bel finale. Non ci disse però come finì, perlomeno non lì. Dopo cena ci sedemmo sul suo divano, il casco lo spostai e lo misi sul tavolino, ma lei sembrava ancora un po' giù.
«Ti va di parlarne?» le chiese Rosa che era seduta con una gamba incrociata sotto all'altra che invece era oltre il divano e toccava terra.
Lei era seduta dall'altro lato, tenendo le gambe quasi allo stesso modo, io ero proprio in mezzo a quelle due con le spalle contro lo schienale.
«Non c'è molto da dire, è morta due anni fa.» disse Giulia cercando di tenere lo sguardo alto, ma non ci rimase per molto.
Non appena lo abbassò, Rosa allungò una mano verso il suo viso, l'accarezzò piano e lentamente la tirò verso di sé sdraiandosi contemporaneamente su quel divano.
«Vieni giù, bimba.» commentò Rosa facendomi segno su un piccolo spazietto alla sua destra.
Io ero imbarazzata, probabilmente lo era anche Giulia, ma sentire Rosa tanto dolce non era una cosa da tutti i giorni e così ne approfittai. Mi distesi giù, stando sul mio fianco sinistro e mi misi faccia a faccia con Giulia.
«Come stai?» le chiesi notando i suoi occhi ancora più lucidi.
«Sto bene.» rispose lei con un tono non molto convinto, o perlomeno non convinse né me né Rosa.
«È normale non stare bene, Giulia.» le sussurrò Rosa stampandole un bacio sulla testa. «Ci siamo solo noi qui, non devi trattenerti, sei forte anche se di tanto in tanto piangi.» aggiunse in tono dolce.
Quella parte di lei mi piaceva un sacco, purtroppo non usciva fuori così spesso, lo faceva solo se sentiva che qualcuno aveva bisogno di lei, e in quel caso quel qualcuno era Giulia. Quest'ultima tirò su il suo sguardo su Rosa e la guardò per qualche istante abbastanza contrariata.
«Cosa c'è?» le chiese Rosa con un sorriso.
«Ti preferisco stronza.» rispose lei con quel tono trattenuto, si sentiva che aveva un nodo alla gola.
Stava quasi per cedere, e Rosa continuò. Le poggiò una mano sul viso, delicatamente, e già solo con quel gesto, una lacrima rigò il viso di Giulia. Ma Rosa non si fermò lì. Si allungò col collo e le stampò un bacio al centro della fronte.
«Si, anche io mi preferisco stronza.» commentò lei con un sorriso.
E dopo quello, Giulia non resse più molto. Si tirò giù di nuovo, affondò il viso nel petto di Rosa e iniziò a singhiozzare. Rosa non le disse più nulla, né cose dolci né stupide. Restammo in silenzio per un bel po', lasciammo sfogare Giulia senza dire nulla. Al massimo le sfioravamo il viso, i capelli o le mani, e in quei momenti le mie e quelle di Rosa si scontrarono spesso. Quando capitava incrociavamo anche gli sguardi. Il suo non era provocatorio, né divertito, era dolce. In quel momento vidi un lato di Rosa che non notai mai, era protettiva, tanto, e anche se provava a dire il contrario lei era dolce.

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Dai, non è poi così male Rosa, no? 🥺

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