Capitolo 22

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Dopo quella breve discussione, dopo aver consolato Giulia e averle promesso che ci saremmo dette sempre tutto, ci mettemmo comode sul suo divano. Eravamo sedute giusto al centro, con le gambe distese e le schiene poggiate contro lo schienale. Giulia era in mezzo a me e Rosa, ma pur non avendo quest'ultima vicino volevo farle sentire che c'ero, che la pensavo. Tenevo un braccio disteso lungo lo schienale, dietro le loro schiene, e la mia mano arrivò perfettamente dietro il collo di Rosa. Mi insinuai tra i suoi capelli e sfiorai la sua nuca. All'inizio la vidi irrigidirsi quasi, come se si fosse spaventata, poi però si calmò e si voltò verso di me. Io trattenni una risata, Giulia era parecchio concentrata sulla serie tv e non volevo disturbarla, ma la situazione mi fece divertire molto. Quando incrociai il suo sguardo le feci l'occhiolino, e lei mi mimò con le labbra un "io ti uccido" mentre sorrideva. Nemmeno dopo quella minaccia riuscii a vederla in malo modo, anche in quell'istante mi sembrò bellissima. Dopo qualche minuto, dopo qualche scambio di sguardi, lei prese la mia mano nella sua e mi stampò un bacio sul dorso. Fu una cosa che reputai dolcissima, mi incantai su di lei per un po' e probabilmente se ne accorse. A Rosa sembrava imbarazzare il suo lato dolce, non sembrava averci ancora fatto i conti, e così quel suo lato si tramutò velocemente in uno più malizioso. Si allungò col collo di poco oltre alla mia mano, mi fece ruotare il braccio e mi lasciò un piccolo morso sull'interno del polso. Per lei i morsi erano una dimostrazione di affetto, di piacere, e io non li disprezzavo per niente. Sorrisi quando lo fece, e lei ricambiò il mio sorriso quando si staccò dal mio polso. Stranamente eravamo a posto così, quello scazzo era passato in fretta. Parlare era l'unica soluzione, il silenzio ci avrebbe solo devastato di più. Qualcosa però interruppe il nostro gioco di sguardi, anzi qualcuno, Giulia. Ci fu qualcosa di strano, qualche sospiro di troppo. Noi smettemmo di guardarci, ci voltammo verso di lei e la mettemmo a fuoco. Lei si portò velocemente una mano sul viso, due dita asciugarono una sua lacrima, e io e Rosa ci guardammo un attimo piuttosto confuse.
«Ehi, piccola, che succede?» le chiesi.
«N-niente...» disse lei in tono tremante quasi, sembrava si stesse trattenendo.
«Niente? E allora perché piangi?» ribatté Rosa lasciando la mia mano e togliendole dei capelli dal viso.
«È questa serie tv, mi fa venire il magone...» ci spiegò lei lentamente.
«Cosa?» chiese Rosa piuttosto sorpresa. «Per la serie tv?» aggiunse voltandosi verso lo schermo luminoso poco distante da noi.
«S-si...» rispose lei asciugandosi il viso.
«Ma perché? Non è una serie drammatica.» continuò Rosa che in quanto a cose dolci per cui commuoversi lasciava molto a desiderare.
Aveva anche lei i suoi punti deboli, ma non li avevamo ancora scoperti.
«Lo so, ma la loro storia è molto dolce, loro sono molto dolci. Mi hanno preso un sacco.» le spiegò Giulia. «Lui ci prova a fare coming out ma è difficile.» continuò lei lasciando scivolare sul suo viso quelle lacrime, senza trattenerle più. «Perché si deve fare coming out? Dove sta scritto?» continuò voltandosi verso Rosa che non sapeva cosa risponderle.
«Non lo so, ma tu non ne sei uscita tanto male dal coming out con le persone che avevi attorno, no?» le chiese lei.
«Io no ma loro si!» disse col tono più dolce che aveva, rotto dal pianto però. «Mi dispiace per loro e per tutti quelli come loro, quelli che non hanno attorno persone come quelle che ho avuto io... Mi dispiace per quelli che hanno paura di mostrarsi come sono, quelli che si sentono quasi obbligati a dover dire ciò che sono fino a sentirsi male perché non ce la fanno.» continuò lei verso Rosa come a volerle spiegare il perché di tanta rabbia e frustrazione, come se pensasse che Rosa non provasse le sue stesse cose.
In un certo senso sia io che Giulia non sapevamo cosa provava Rosa in merito, lei non aveva mai fatto coming out con la sua famiglia. Già solo il fatto che volesse lavorare l'aveva fatta quasi odiare dai propri genitori, se si fosse anche dichiarata bisessuale avrebbe scatenato una guerra nella sua casa. Questa omissione da parte di Rosa, però, la portò a proseguire nella sua vita fingendo. La sua vita era una finzione, non si era mai goduta nulla al meglio. Magari durante i suoi anni aveva avuto altre cotte per delle donne, magari alcune ci avevano anche provato, non lo sapevo. Ciò che sapevo, però, era che lei non aveva mai avuto una relazione seria e quella scarsa esperienza la portava a comportarsi in quel modo, con cinismo quasi nei confronti delle relazioni altrui. Pensava fosse tutto semplice, le bastava evitare di discutere, evitare di esporsi troppo in pubblico, ma le relazioni non funzionavano in quel modo. Le relazioni erano molto più di ciò che credeva lei. Io credevo che le relazioni fossero piene di scelte, a volte prendevi quella giusta, a volte quella sbagliata, ma ciò che provavi ti faceva capire se era il caso di andare avanti o mollare tutto subito. Molti reputavano la fine di una relazione come una sconfitta, come una cosa negativa, ma io non lo credevo. In quei mesi capii che lasciar andare Sara era l'unica cosa che potessi fare. C'erano persone che parlavano del loro "grande amore" come di una singola cosa, una cosa che avveniva una volta nella vita, ma io non lo credevo possibile. Nel mondo c'erano infinite possibilità, troppe per fermarsi ad una sola. Una persona, nell'arco di tutta la sua vita, poteva avere tanti grandi amori, tutti diversi, o anche non averne nessuno. Perché l'amore per qualcuno avrebbe dovuto essere l'ispirazione di tutti? Non ne vedevo il motivo, e solo perché io volevo qualcosa non significava che avrebbe dovuto essere così anche per altri miliardi di persone.
Giulia era dolcissima, troppo pura per quel mondo in cui vivevamo, e io avevo il dovere di proteggerla. Velocemente mi tirai su con le braccia, ma non mi mossi troppo, mi spostai semplicemente sulle sue gambe. Mi sedetti a cavalcioni su di lei. Entrambe si voltarono quasi subito verso di me ma io mi concentrai solo su Giulia. Rosa le voleva bene ma era palesemente in difficoltà. Così io le poggiai le mie mani ai lati del suo viso, le asciugai le lacrime e mi allungai verso di lei per darle un bacio sulle labbra. Fu un bacio breve, lento, volevo solo che si calmasse.
«Shhh...» sussurrai incrociando poi il suo sguardo. «Capisco perfettamente ciò che provi. La rabbia, la frustrazione, la delusione per un paese ancora oggi piuttosto arretrato. Ma tu non devi preoccuparti.»
«Perché?» mi chiese lei con ancora tanta rabbia nel tono.
«Perché noi siamo più forti di così.» risposi io tranquillamente.
«Noi?» continuò lei con fare confuso.
«Sì, noi. Siamo una comunità, no?» le chiesi con un sorriso.
«Ehm sì, direi di sì...» disse in tono imbarazzato.
«Ecco, quindi non devi preoccuparti per chi oggi è spaventato dal coming out, domani non lo sarà più.» dissi accarezzandole piano il viso. «La paura è normale, ci rende umani, e sinceramente non credo che siamo costretti a fare coming out. Io non l'ho mai fatto.»
«Ah no?» mi domandò.
«No, un giorno sono arrivata a casa dei miei con una ragazza e l'ho presentata a loro esattamente come se fosse stato un maschio.» le spiegai sorridendo, non fu facile con i miei ma non volevo renderle troppo pesante quel discorso.
«E col resto della tua famiglia?» mi chiese lei sapendo che con loro era decisamente peggio.
«Beh in quel caso è stato un tantino più complicato. I miei genitori erano tranquilli, mia madre forse un po' meno ma accettò la situazione senza troppi drammi.» le spiegai. «Il resto della mia famiglia invece è un po' uno schifo, non mi piace molto stargli intorno e quando hanno saputo chi mi piaceva hanno iniziato subito a fare battutine e dire cazzate.»
«Ecco, lo sapevo...» commentò lei nervosamente.
«No, aspetta...» la interruppi subito. «Non sono tutti così, e soprattutto a me non importa. Le frasi, così come le cattiverie gratuite, ti colpiscono solo se provengono da qualcuno di cui ti importa. E a me non importa niente di loro.»
«Dici sul serio?» continuò con fare confuso, come se non mi credesse.
«Certo, a me importa solo di voi due.» confermai voltandomi per un istante verso di Rosa.
«Non è che lo dici solo perché siamo davanti?» ribatté quest'ultima in tono ironico.
«No, scema, lo dico perché è vero.» dissi facendole una smorfia. «E, a proposito di questo, mi ha fatto male anche che tu mi abbia presentato a tuo padre come una tua amica.»
«Cos'hai fatto?» le chiese Giulia piuttosto sorpresa.
«Oh andiamo, non ho fatto niente di male.» si difese Rosa, ma era in svantaggio.
«Niente di male? Hai detto che sono una tua amica, anzi no...» commentai pensandoci un po' su, la mia mente era piena di troppe nozioni e a volte perdevo colpi. «Non hai nemmeno detto che sono una tua amica, mi hai declassata a semplice "collega".» dissi. «"È una scrittrice...
«Sul serio?» continuò Giulia incredula.
«Oh andiamo, perché fate così? Non lo sei?» ribatté Rosa col viso completamente rosso.
«Si, ma non dovrei esserlo per te.» contestai io.
«Ah no? Non dovrei trattarti in modo professionale quando entri nella mia casa editrice?» continuò lei in tono più fermo, credeva che quello potesse salvarla.
«Non intendevo questo, è che dovrebbe venire dell'altro prima di questo.» replicai io.
«Tipo che cosa?» mi chiese con un sorriso confuso.
«Tipo quello che provi per me, no?» le chiesi notando il suo viso diventare velocemente più rosso.
I suoi sentimenti la rendevano così nervosa, aveva vissuto troppo tempo ignorandoli, e in quel momento esplosero tutti in un colpo a causa mia e di Giulia. Rosa era diversa da noi, lei aveva passato buona parte della sua vita a nascondersi, a fingere di non provare nulla se non una semplice attrazione fisica verso altri, ma in quel momento non poteva ignorare che ci fosse di più. Era palese anche per lei.
«Magari hai ragione...» commentò lei.
«Ho ragione in merito a cosa?» la spronai io.
«Al fatto che provo qualcosa per te.» ripeté lei senza scomporsi troppo, ma io volevo di più.
«E cos'è che provi?» continuai velocemente.
«Non puoi fare così però.» si lamentò lei.
«Cos'è che starei facendo?» le chiesi con un tono confuso.
«Lo sai benissimo.» ribatté lei duramente.
«Sto solo cercando di capire cosa provi per me, è così difficile?» le chiesi in tono nervoso.
«Per me si, ok?» replicò lei altrettanto nervosa.
«Ma perché? Di cos'hai paura?» domandai senza capire.
In fondo lì c'eravamo solo noi, non aveva motivo di preoccuparsi anche in quel momento, poteva lasciarsi andare.
«Di nulla. Perché, tu cosa provi per me?» commentò lei.
«Io?» le chiesi con fare titubante.
«Si, visto che pensi che sia così facile, dimmi cosa provi tu.» disse velocemente.
Probabilmente pensava che sarei rimasta in silenzio, che sarei stata in difficoltà com'era lei, ma si sbagliava.
«Beh io...» dissi pensandoci un po' su.
Sapevo come funzionavano le relazioni, a differenza di Rosa avevo avuto abbastanza esperienze da capire quando era il momento per lanciarsi del tutto ed essere diretti, ma in quel caso dovetti contenermi.
«Io provo tante emozioni diverse. Mi piaci, mi piaci un sacco, quando mi hai provocato le prime volte sentivo le farfalle nello stomaco. Mi si fermava il respiro ogni volta che tu eri tanto vicina a me, sentivo le palpitazioni a mille e avevo una paura fottuta che tu potessi accorgertene in qualche modo.» le spiegai lentamente notando il suo viso diventare gradualmente più rosso.
«Ah ok...» commentò lei visibilmente imbarazzata.
«Ok?!» le chiesi senza capire.
«Si, cioè... Stai parlando al passato.» disse come se volesse trovare una scusa al fatto che non avesse parole.
«Dammi una tua mano.» ribattei.
«Cosa? Perché?» mi chiese piuttosto imbarazzata.
«Dammela e basta.» continuai io allungando le mie braccia.
Lei fece lo stesso con una sua mano, poggiò il suo palmo sul mio e io portai la sua mano al centro del mio petto. Premetti forte la sua mano contro di me, avevo bisogno che sentisse che era ancora così, che mi faceva ancora quell'effetto. Lei era ancora piuttosto imbarazzata ma lentamente si allungò verso di me. I miei battiti aumentarono subito, a causa della sua vicinanza, e quando mi baciò sentii il mio respiro fermarsi. Mi faceva ancora quell'effetto, e lo avrebbe fatto ancora per molto molto tempo.
«Mi piaci anche tu.» sussurrò lei non appena si staccò dalle mie labbra. «Anche se non so come dirlo più dettagliatamente, i discorsi romantici non sono il mio forte.»
«Non serve che tu faccia alcun discorso romantico, mi importa solo sapere che ti piaccio.» ribattei con un sorriso.
«Mi piaci da morire.» replicò lei dolcemente.
«Oooh siete così carine.» commentò Giulia piuttosto entusiasta.
Tra me e Rosa era più difficile avere una conversazione simile, io e lei avevamo un carattere uguale, ed entrambe mettevamo sempre davanti l'orgoglio. Giulia no. Lei, sotto quel punto di vista, era più tranquilla, non sembrava avere nessun filtro che la portasse a tenersi qualcosa dentro. L'unica cosa che la bloccava era quando ciò che aveva da dire poteva far star male qualcuno, preferiva star male lei piuttosto che sbattere in faccia ad altri il suo malessere. Io e Rosa, su quello, eravamo diverse. Dicevamo anche cose che non pensavamo, se stavamo male, lei preferiva tacere. Non sapevo quale fosse l'opzione migliore, ma in quel momento non mi importava saperlo. Insieme a quelle due tornai a voltarmi verso la tv. La serie che stavamo guardando andò avanti senza di noi, e noi tornammo indietro per non perderci nessun dettaglio. A metà serata ci sdraiammo sotto una grossa coperta di pile, calda e morbida, e fu una brutta cosa per Giulia. Dopo circa mezz'ora si addormentò. Io e Rosa ce ne accorgemmo dopo qualche minuto, Rosa lo fece prima di me poiché Giulia si poggiò con la testa sulla sua spalla. Mi chiamò quasi subito, mi sussurrò di abbassare il volume, ma io spensi direttamente la tv.
«Perché l'hai spenta? Non volevi guardarla?» mi chiese in tono basso.
«Si, ma è più bello farlo quando siamo tutte e tre sveglie.» dissi mettendomi su un fianco e guardandole entrambe.
«È proprio carina, vero?» mi chiese tenendo lo sguardo sul viso di Giulia e accarezzandole piano una guancia.
«Si, davvero troppo.» concordai io.
Giulia ormai era k.o., ma io e Rosa non eravamo ancora stanche. Trascorremmo il resto della serata a passare il nostro sguardo sulle altre due, anche se la nostra attenzione era rivolta quasi del tutto a Giulia.
«Sai, la sera mi capita spesso di pensare a questa storia, alla nostra storia.» le confedsai all'improvviso.
«Ah si?» mi chiese lei alzando il suo sguardo su di me.
«Si, a te non capita mai?» le chiesi speranzosa.
«Mi capita praticamente ogni giorno.» disse facendomi un gran bel sorriso.
«E a cosa pensi?» continuai lentamente.
«Penso che mi piace stare con voi, che sono fortunata ad avervi incontrate...» mi spiegò lei ma io la bloccai.
«Lo pensavi anche oggi?» domandai staccando per un secondo il mio sguardo dal suo.
«Cosa vuoi dire?» mi chiese con fare confuso.
«Cos'hai pensato oggi di me? Sinceramente però.» le chiesi con un nodo che mi strinse leggermente la gola, avevo paura della sua risposta.
«Ho pensato che fossi una ragazzina.» rispose lei con un sorriso appena abbozzato.
Lei era così, tremendamente cinica e sincera.
«Ah si?» continuai debolmente.
«Si, dal mio punto di vista non avevo fatto nulla di male.» mi spiegò lei, e in effetti era così.
Lei non aveva fatto nulla di male, non mi aveva ignorata di proposito, non mi aveva proprio visto. Era normale non accorgersi degli altri quando si aveva altro per la testa, e lei doveva essere davvero molto concentrata.
«Ehi, va tutto bene?» mi chiese allungando una mano sotto al mio mento e facendomi alzare il viso verso il suo.
«S-si, tutto bene, ero sovrappensiero.» risposi io cercando di sorridere, ma mi sentivo una stupida.
«Capisco... Mi dispiace di non averti visto, ho una visione periferica pessima.» si scusò lei provando a smorzare un po' la tensione.
«Non fa nulla.» dissi lentamente.
«No, non è così, fa molto invece. Ma ti assicuro che non capiterà più!» commentò lei piuttosto convinta.
«Non devi promettermi nulla.» ribattei facendole un sorriso più convinto.
«Invece sì, ti prometto che starò più attenta.» continuò lei.
«Non è una cosa che puoi controllare, sei attenta se ti importa di qualcosa in particolare...» dissi lentamente.
«Quindi dici che non mi importa di te?» mi interruppe lei.
«Non lo so.» confessai.
«Come puoi non saperlo?» mi chiese lei in tono decisamente confuso.
«Non lo so, è così e basta, non so cosa pensare.» dissi abbassando lo sguardo dal suo viso.
«Perché non lo sai? A parte ciò che è successo oggi, ti ho dato motivi per dubitare di me?» continuò lei in un tono che avrebbe rischiato di svegliare Giulia, era davvero nervosa.
«N-no, cioè...» balbettai io nervosamente.
«Avanti, butta fuori tutti. A cosa stai pensando?» mi spronò lei cercando di abbassare il suo tono, ma sembrava ugualmente nervosa.
«Tuo padre...» dissi riportando lo sguardo sui suoi occhi.
«Mio padre?» mi chiese senza capire.
«Si, avresti potuto dirgli che eravamo amiche, e invece mi hai declassato a semplice collega. È stato brutto.» le spiegai, quella cosa mi aveva toccato davvero molto.
«Mi dispiace ma per me non eri nemmeno così "semplice", se tu non mi avessi bloccato avresti sentito me che gli dicevo che sei molto brava.» disse lei allungando una mano verso il mio viso. «Per me non sei come le altre scrittrici che sono passate da me, per me sei sempre stata diversa, hai sempre avuto qualcosa in più che mi intrigava.»
«Magari il genere di storie che scrivo?» la provocai io in totale imbarazzo.
«No, non è questo.» sorrise lei. «Anche altre persone hanno pubblicato con me storie di questo genere, ma non mi interessavano più di tanto.»
«Oh beh...» provai a rispondere ma non sapevo cosa dire.
«Ti ha dato davvero così fastidio che non abbia detto nulla a mio padre?» mi chiese lei sfiorando piano una mia guancia.
«Fastidio no, non direi. Ero solo un po' delusa, pensavo che semmai sarebbe successo mi avresti presentato in un altro modo.» le spiegai con calma.
«Capisco...» sussurrò lei lentamente togliendo poi la sua mano dal mio viso. «Purtroppo, come ti ho detto, mio padre non ha una mentalità così aperta. Non so nemmeno come si sia trovato davanti alla mia editoria.»
«Magari sta cambiando.» commentai io.
«Non so, non ci sentiamo molto ultimamente...» mi disse con fare quasi triste. «Quando sei andata via gli ho fatto fare un giro in tutta la casa editrice, sembrava fiero del mio lavoro, di dov'ero arrivata. Ad un certo punto mi guarda e mi fa "adesso ti manca solo metter su una famiglia, trovare un brav'uomo che ti voglia bene".» mi spiegò con un sorriso nervoso. «Avrei potuto dirgli in quel momento che non avevo bisogno di un uomo, che comunque avevo già chi mi voleva bene, ma non l'ho fatto. Gli ho semplicemente detto che trovare un brav'uomo di questi tempi è difficile, e lui ne ha subito approfittato.»
«In che senso?» le chiesi.
«Mi ha parlato di Nico, un mio vecchio amico d'infanzia. Mi ha detto che si è lasciato da un po' con una ragazza e che voleva che ci incontrassimo, anche se non ci vediamo da quando avevamo entrambi 12 anni.» mi spiegò lei.
«E tu cosa gli hai risposto?» continuai sperando che lo avesse mandato al diavolo.
«Ho provato a fargli capire che non era il caso, che non mi interessava nulla del genere al momento, ma lui ha insistito.» rispose lei.
«E quindi?» domandai velocemente.
«E quindi domani pomeriggio andrò a pranzo con i miei e Nico.» concluse lei.
«Cosa? Sul serio?» le chiesi mettendomi seduta e usando un tono non così basso.
«C-cosa sta succedendo?» chiese Giulia svegliandosi di scatto.
Io ero decisamente in imbarazzo, mi portai subito una mano davanti alla bocca ma ormai il danno lo avevo fatto. Nemmeno mi resi conto del mio tono tanto alto fino a quando lei non si svegliò. Quella situazione mi sorprese molto, immaginare Rosa con un potenziale fidanzato mi dava sui nervi, e purtroppo non riuscii a nascondere quel nervosismo ai loro occhi.
«Scusami Giulia...» le dissi col viso completamente rosso.
«Mi sono addormentata mentre guardavamo la tv?» domandò lei notando la tv spenta.
«Eh già.» rispose Rosa. «Eri così carina che abbiamo preferito non svegliarti, fino a quando Andrea non è esplosa di colpo.» continuò lei prendendomi in giro.
«E vorrei anche vedere, ti sembra una cosa normale?» le chiesi lasciandomi andare completamente, tanto ormai anche Giulia era sveglia.
«Non è niente di così esagerato.» continuò lei.
«Io non sono d'accordo.» replicai nervosamente.
«Si può sapere di cosa state parlando?» ci chiese Giulia stiracchiandosi leggermente.
«Rosa andrà a pranzo con il suo futuro fidanzato.» dissi io mentre anche loro si tirarono su e si misero sedute su quel divano.
«Cosa?» domandò Giulia.
«Perché devi essere tanto tragica?» ribatté Rosa.
«Hai letto le mie storie, io sono tanto tragica.» commentai io in tono lievemente ironico.
«Ok, magari sì, ma non succederà nulla.» contestò lei.
«Lo dici tu, la tua famiglia non sa nemmeno che ti piacciono le donne.» continuai io velocemente.
«E quindi? Non per questo accetterò qualunque cosa mi proporranno, sarà solo un pranzo.» ribatté Rosa con calma.
«Questo lo dici tu.» ripetei io in tono nervoso.
«Non ti fidi di me, per caso?» mi chiese Rosa con fare altrettanto nervoso.
«Non sto dicendo questo.» dissi provando a calmarmi.
«Scusate, potete spiegarmi cosa sta succedendo?» domandò Giulia piuttosto confusa.
«Ma niente. Mio padre mi ha invitato a pranzo domani e ha detto che ha invitato anche un mio vecchio amico d'infanzia.» le spiegò Rosa.
«Ah...» fu l'unica cosa che riuscì a dire Giulia.
«Dille anche perché lo ha fatto.» ribattei io.
«Quanto sei pesante, ragazzina...» commentò Rosa sbuffando leggermente. «Ha detto che per essere una persona completa devo avere qualcuno vicino che mi voglia bene, con cui metter su una famiglia.»
«E tu non gli hai detto che qualcuno del genere lo hai già?» le chiese Giulia.
«Ecco, brava.» commentai io.
«No, non l'ho fatto.» disse Rosa abbassando per un istante lo sguardo dal suo viso.
«Perché?» domandò Giulia senza capire.
«Perché altrimenti mi avrebbe chiesto chi foste, avrebbe voluto sapere tutto e non penso sia il caso.» disse Rosa riportando il suo sguardo dispiaciuto su Giulia.
«Perché? Non vuoi presentarci la tua famiglia?» continuò quest'ultima con fare piuttosto innocente.
«Ve l'ho detto. La mia famiglia non è come la vostra, non penso prenderebbe bene una relazione tra due donne, figuriamoci tra tre.» le spiegò Rosa.
«Quindi pensi che questa storia finirà prima o poi?» le chiesi io.
«Cosa? Perché dici questo?» domandò lei voltandosi velocemente verso di me.
«Perché se durerà dovrai parlare a loro di noi, no?» ribattei lentamente.
«Parli proprio tu che vuoi che sia io che Giulia veniamo al matrimonio di tua sorella, eppure non l'hai ancora chiamata, vero?» replicò lei fregandomi del tutto.
«Beh è diverso, lì ci sarà tutta la famiglia riunita.» provai a giustificarmi io.
«Al pranzo di domani sarà un po' lo stesso, tutto quello che dirò a mia madre lo saprà tutta la famiglia.» ribatté lei in tono fermo, e per qualche secondo sia io che Rosa rimanemmo in silenzio a guardarci senza dire nulla.
Giulia ci scrutò per un po' però, nemmeno lei sapeva bene come comportarsi, ma per lei quelle situazioni erano ingenuamente più semplici.
«Ho un'idea!» disse all'improvviso.
«Cosa? Che idea?» chiedemmo io e Rosa voltandoci subito verso di lei.
«Domani hai detto di avere il pranzo con i tuoi, giusto?» chiese alzando lo sguardo su Rosa.
«Si.» rispose lei.
«E tu non hai ancora parlato con tua sorella, vero?» continuò voltandosi verso di me.
«Dove vuoi arrivare, Giulia?» le chiesi in tono sospettoso.
«Da nessuna parte.» rispose lei con un sorriso. «Dico solo che domani potrebbe essere la giornata perfetta per parlare con le nostre famiglie.»
«Cosa intendi?» continuai io senza capire il suo discorso.
«Lei può bloccare sul nascere ogni tentativo dei suoi che vogliono accasarla con qualcuno, tu puoi parlare con tua sorella e vedere cosa ti dice, e io posso presentarvi a mia madre.» ci spiegò lei con un ampio sorriso sul viso.
«A tua madre?» chiese Rosa piuttosto sorpresa. «Vuoi farlo sul serio?»
«Certo, a lei non piaceva molto Maria, è stata quasi sollevata quando ci siamo lasciate.» rispose Giulia con calma.
«Oh beh è una donna intelligente.» commentò Rosa.
«Si. Ho condiviso tante cose con lei, praticamente ogni istante della mia vita. C'è sempre stata, mi ha sempre sostenuto e voglio presentarle voi due, le persone che mi rendono tanto felice.» replicò lei lentamente.
«Che bella che sei...» sussurrai ammirando il suo bel viso raggiante.
Sorrideva sempre quando parlava di sua madre, si sentiva dal suo tono che le voleva bene, si vedeva dal suo sguardo quanto ci teneva a lei. Da quando conoscevo Giulia non avevo ancora avuto l'occasione di conoscere sua madre, ma quale occasione migliore di quella? Nessuna, non c'erano. L'idea di Giulia non era male, era abbastanza folle, ma nessuna di noi aveva intenzione di chiudere quella storia e le nostre famiglie avrebbero saputo prima o poi cosa stava succedendo, quindi meglio saperlo direttamente da noi. Giulia si voltò verso di me poco dopo quel mio commento, arrossì vistosamente e mi sorrise.
«Non credi che lei potrebbe prendere male questa notizia?» le chiese Rosa.
«No.» rispose Giulia decisamente convinta. «Mia madre mi ha sempre ripetuto che qualsiasi cosa io faccia, lei sarà felice, l'importante è che la cosa in questione mi faccia stare bene.» commentò lei. «E io con voi sto benissimo.» aggiunse sorridendo.
Rosa avrebbe voluto ribattere, fare qualche battuta per smorzare l'imbarazzo che sentiva, glielo lessi sul viso. Si morse le labbra però, accennò un semplice sorriso e si allungò verso Giulia stampandole poi un bacio sulle labbra. La dolcezza di Giulia era così forte che riusciva persino a bloccare le stupidaggini di Rosa, e di solito nessuno riusciva a fermarla dal fare un commento anche stupido. Giulia però riusciva a fare quello ed altro, e quella sera riuscì a convincere sia me che Rosa a parlare con le nostre famiglie. Sapevamo tutte che quella storia non era solo un'avventura, nulla che si sarebbe affievolito nei successivi mesi, era qualcosa di importante, qualcosa di forte. Quella sera decidemmo cosa fare il giorno seguente. Giulia era quella più emozionata tra noi tre, Rosa invece sembrava quella più preoccupata. Io ero leggermente in ansia al pensiero di dover parlare con mia sorella, da quando ero andata via di casa l'avevo vista poche volte, se non a qualche festa con i parenti, e anche lì non ci parlammo molto. Non avevo alcuna voglia di parlare con lei, ma ero letteralmente costretta ad andare a quel suo stupido matrimonio e non volevo farlo da sola. Avevo già sforato di qualche giorno alla scadenza di quell'invito per portare qualcuno, o comunque per fargli sapere che avrei voluto portare qualcuno, ma quelle due affollavano così tanto la mia mente che il matrimonio di mia sorella mi era letteralmente sfuggito. Il giorno seguente chiamai Patrizia il mattino presto, poco dopo aver salutato Giulia e Rosa ed essere tornata a casa mia. Le chiesi se fosse a casa, perché volevo appunto parlarle di persona, e lei mi disse che in quel momento era in giro per delle commissioni e che nel pomeriggio sarebbe tornata a casa. Ci demmo appuntamento poco dopo le 13:00, orario in cui Rosa era sicuramente a tavola con i suoi e quel tipo. La sua espressione, quella mattina, era piuttosto cupa. Nonostante l'età sembrava ancora preoccuparle il parere dei suoi genitori, dovevano essere persone piuttosto dure se riuscivano a far perdere la voglia di scherzare a Rosa. Avrei voluto essere con lei quel pomeriggio, avrei voluto darle il mio appoggio, farle sentire che non aveva nulla di cui preoccuparsi ma non potevo. Ognuna di noi aveva una guerra da combattere, quel giorno. Tranne Giulia. Lei era così serena ed entusiasta all'idea che sembrava essere una bambina che andava al Luna Park piuttosto che a fare una conversazione seria con sua madre. Avrei tanto voluto avere quel rapporto anche io con la mia, così come sicuramente lo avrebbe voluto Rosa, ma la mia non era del tutto entusiasta di me. Ero sempre stata un terremoto nella loro vita, una preoccupazione costante, e nonostante avessero accettato la mia bisessualità non approvavano comunque le mie storie o il mio modo di fare. Mi esponevo troppo, ero troppo eccentrica o troppo poco femminile. Dipendeva molto dai casi. Ero tante cose insieme per loro, nessuna positiva. La mia famiglia era piuttosto numerosa e, a causa di quel dettaglio, mia madre non voleva che parlassero troppo. Erano in tanti, sparsi per la nostra città e anche per due vicine, senza contare alcuni parenti del Nord che vedevamo solo durante feste importanti. Di conseguenza conoscevano altrettante persone, e mia madre non voleva che queste chiacchierassero troppo. Come se il mondo non avesse altro da fare che sparlare dei fatti nostri. Quel pomeriggio, a casa di Patrizia, incontrai anche lei. A quanto pareva nostra madre era andata con lei per aiutarla con gli ultimi ritocchi del matrimonio, lei sembrava elettrizzata all'idea di vedere Patrizia sposarsi, probabilmente lo sarebbe stata anche per me se solo non fossi stata così anormale per lei. Nostra madre amava le feste, le celebrazioni dell'amore, un po' come Patrizia. E di conseguenza non osavo immaginare cosa stavano combinando. Non osavo nemmeno chiederlo, non avevo cercato nemmeno il nome del posto in cui si sarebbero sposati, non era per niente una cosa che mi interessava. Probabilmente avrei dovuto evitare direttamente di andare al suo matrimonio piuttosto che proporle di farmi portare due persone. Provai in quel modo, provai a chiederle se avessi potuto evitare in qualche modo di andare al matrimonio, ma mia madre corrugò subito il suo viso.
«Cos'hai detto?» mi chiese subito lei.
«Ho chiesto se posso evitare di venire al matrimonio.» ripetei con calma.
Eravamo tutte e tre sedute al tavolo da pranzo al centro della cucina, Patrizia e mia madre di fronte a me con un caffè davanti e io con un semplice bicchiere d'acqua. Mia madre sembrò confondersi ancora di più le idee perché mi guardò come se non capisse le mie parole. Mia sorella, invece, ebbe uno sguardo del tutto diverso. Lei sorrise persino, ma fu un sorriso nervoso, si passò una mano sul viso e lentamente si voltò verso nostra madre.
«Lo vedi? Vedi che avevo ragione io?» le chiese.
«Di cosa stai parlando?» domandai leggermente nervosa.
«Ma niente...» rispose nostra madre velocemente, ma quel suo tono lo conoscevo, era quello che usò sempre quando una delle due faceva qualcosa che infastidiva l'altra e lei provava a coprirci.
«Avevo detto alla mamma che era meglio non invitarti.» mi spiegò lei con un sorrisetto provocatorio.
«Oh beh, se è così allora va bene, siamo entrambe d'accordo.» ribattei io alzandomi in piedi pronta ad andare via.
Se lei non mi voleva allora non c'era motivo che restassi lì.
«No dai, aspetta.» disse nostra madre. «Tu devi venire.»
«Se lei non mi vuole non capisco perché dovrei farlo.» ribattei velocemente.
«Non è così...» contestò lei.
«Ah no?» chiesi voltandomi verso mia sorella, in fondo era lei che doveva darmi una conferma.
«Non voglio semplicemente che tu rovini le mie nozze.» rispose lei tranquillamente.
«E come potrei rovinarle?» le chiesi lentamente sedendomi di nuovo di fronte a lei.
«Attirando tutta l'attenzione su di te, per esempio.» commentò lei come se mi portassi dietro una manica di fotografi ovunque andassi.
«E in che modo lo farei?» ribattei cercando di contenere il mio nervosismo.
«Con le tue idee strampalate.» rispose lei con quel suo sorriso provocatorio.
«Le mie idee...» ripetei quasi sovrappensiero. «Di che stai parlando?»
«Come quando sei venuta in moto al compleanno della nonna.» mi spiegò lei.
«E come sarei dovuta venire?» le chiesi velocemente.
«In auto, sarei venuta a prenderti io o chiunque altro.» disse come se fosse ovvio.
«Dovrei chiedere un passaggio solo perché a voi non piacciono le moto?» continuai in tono nervoso, ormai non lo contenevo più.
«Non è questo, ma lo hai fatto solo per attirare l'attenzione su di te. Che motivo c'era di arrivare lì in quel modo e fare poi un cambio d'abito?» domandò Patrizia lentamente, ma non sapeva quanto era scomodo guidare una moto indossando un abito lungo.
«Sarebbe stato meglio se fossi rimasta in giacca e pantaloni?» le chiesi lievemente ironica.
«Probabilmente si.» disse lei con calma.
«Perché?» continuai.
«Perché così saresti parsa a tutti semplicemente per come sei e dopo un po' avrebbero smesso di darti retta.» commentò lei che non sapeva essere del tutto diretta.
«Non capisco dove vuoi andare a parare.» commentai sperando che si convincesse ad attaccarmi direttamente, ma non lo fece.
«Non è importante, lascia perdere. Non vuoi venire al mio matrimonio? Benissimo, allora non venire.» disse nervosamente.
«Sei tu che non mi ci vuoi.» replicai col suo stesso tono.
«Certo, se devi costantemente essere al centro dell'attenzione è ovvio che non ti ci voglia.» ribatté lei.
«Bene allora, è deciso.» commentai portando entrambe le mani sul tavolo, pronta ad alzarmi di nuovo, ma nostra madre ci interruppe di nuovo.
«No, aspettate. Non è deciso proprio niente. Tu verrai.» replicò lei.
«L'hai sentita, non mi vuole.» contestai io.
«Non è vero, è solo nervosa per il matrimonio.» la giustificò lei, ma sapevamo tutti che non era come diceva.
«Non è vero, io sono serena per il mio matrimonio, mi innervosisce questa conversazione.» ribatté Patrizia.
«Benissimo, possiamo anche chiuderla qui.» continuai io, ma nostra madre non aveva ancora capito.
«No, non possiamo. Tu devi venire, Andrea. Sei sua sorella, l'unica sorella che ha, devi essere presente al suo matrimonio.» commentò lei ma quel discorso non mi convinse, probabilmente nessuno mi avrebbe convinto.
Il legame di sangue era una cosa solo teorica, in pratica non contava nulla avere lo stesso sangue. Certo, durante le trasfusioni era un vantaggio avere qualcuno col tuo stesso sangue ma se non ci andavi d'accordo a cosa serviva? I parenti non si potevano scegliere, quello era un dato di fatto, e non si poteva costringere qualcuno ad amare la propria famiglia. L'amore era una cosa che veniva col tempo, pian piano, e io e mia sorella negli anni avevamo solo imparato ad odiarci e a volte ad ignorarci.
«Andiamo Andrea, vieni, puoi portare anche qualcuno con te.» continuò mia madre.
«Davvero?» chiesi abbassando lo sguardo su mia sorella.
«Se proprio non vuoi venire da sola...» ribatté lei con fare noncurante.
«Posso portare chi voglio?» chiesi io.
«Certo.» rispose mia madre.
«Cosa intendi?» mi chiese mia sorella con fare sospetto.
«Niente, è che non mi va di venire da sola.» dissi lentamente.
«E quindi? Chi vorresti portare?» domandò Patrizia con quello stesso tono.
«Non dirmi che si tratta di Dario, l'ex di tua cugina?» mi chiese mia madre facendomi capire che quei due si erano definitivamente lasciati.
«Cosa? No no, assolutamente.» risposi io all'istante.
«Oh grazie al cielo, stavo già iniziando a preoccuparmi.» commentò mia madre con fare sollevato.
«Già, Martina mi avrebbe ammazzata.» replicò mia sorella.
«Già...» concordai io con fare nervoso, ero arrivata al punto del motivo del mio arrivo lì e non sapevo come continuare. «Il numero di persone che posso portare è limitato a uno?»
«Certo che sì, quante persone vorresti portare?» mi chiese mia sorella con fare confuso.
«D-due.» dissi debolmente.
«Due? Non ti sembra di esagerare?» continuò lei piuttosto sorpresa.
«Andiamo, non te ne accorgerai nemmeno.» replicai io abbozzando un piccolo sorriso.
«E invece sì, se ne accorgeranno tutti.» replicò lei facendomi capire che era esattamente come nostra madre.
Lei non aveva paura di fare qualcosa di azzardato, aveva solo paura del giudizio degli altri.
«Andrea, non puoi fare come tutti gli altri e scegliere solo una persona?» mi chiese mia madre.
«Non posso.» risposi io in tono fermo, su quel punto non avrei accettato compromessi.
«Ma perché?» domandò lei.
«Te la fai con entrambe?» mi chiese Patrizia con un tono che mi fece innervosire solo di più.
La sua frase era stupida, il suo tono era superficiale, ciò che intendeva era superficiale. Mi faceva passare per una persona che aveva un rapporto frivolo con entrambe, che voleva portarle entrambe al matrimonio solo per evitare di far innervosire una delle due, ma non era così. Io tenevo molto a entrambe e le volevo appunto tutte e due al mio fianco in momenti importanti, e quel momento era uno di quelli.
«Non sono affari che ti riguardano.» dissi in tono nervoso.
«Vuoi portare due persone al mio matrimonio, sono eccome cose che mi riguardano, devo sapere che rapporto hanno con te.» replicò lei, e in effetti io ero andata lì solo per quello, quindi presi un respiro profondo e risposi.
«Stiamo insieme, ok?» commentai velocemente.
«Cosa? Tu con loro? E queste due lo sanno?» mi chiese lei con fare quasi divertito.
«Stiamo tutte e tre insieme.» le spiegai piuttosto nervosa.
«Andrea, ma cosa stai combinando?» mi chiese mia madre.
«Non sto combinando niente.» dissi voltandomi per un attimo verso di lei.
«Allora perché frequenti due persone contemporaneamente? Non lo sai che è sbagliato?» continuò lei senza capire.
«Ma no mamma, tu non hai capito.» commentò mia sorella prima che riuscissi a dire qualcosa. «Lei non "frequenta" due persone contemporaneamente come fanno chi è fidanzato e ha l'amante segreta.» le spiegò lei lentamente. «Ognuna di loro tre è a conoscenza dell'altra e a loro sta bene così.»
«Ecco si, grazie.» dissi io ingenuamente pensando che lei lo facesse per me, per aiutarmi con nostra madre, e invece lo fece solo per il suo divertimento.
«Andrea ha trovato delle persone perverse come lei.» commentò lei subito dopo.
«Che diavolo stai dicendo??» le chiesi ancora più nervosa.
«La verità, quali persone sane di mente accetterebbero una relazione simile?» ribatté lei sorridendo.
«Rimangiati subito tutto quanto.» contestai alzandomi velocemente in piedi e facendo cadere anche la sedia dietro di me.
«Perché? Tu conosci qualcuno nella tua stessa situazione?» domandò lei con quel sorrisetto divertito che mi dava solo di più sui nervi.
«Non c'è bisogno di conoscere qualcuno come me per sapere se una cosa è giusta oppure no.» ribattei io.
«E infatti questa non lo è.» continuò lei piuttosto convinta.
«Lo dici tu.» protestai velocemente.
«Lo dice chiunque, tu sei l'unica a vederla diversamente.» replicò lei.
«Sai che c'è? Fanculo, non sarei dovuta venire qui oggi.» dissi muovendomi subito verso la porta e uscendo dalla cucina con mia madre alle spalle.
«Andrea dai, fermati.» disse mia madre venendomi dietro nel piccolo corridoio della casa.
«No, me ne torno a casa, e state pure tranquille che non mi vedrete al matrimonio.» replicai arrivando alla porta di ingresso.
«Ma no, non dire così. Puoi portare chi vuoi, giusto Patrizia?» continuò mia madre voltandosi indietro verso Patrizia che era poco lontana da noi.
«Ma certo, sarà divertente.» commentò mia sorella in tono sarcastico, e a me saltarono letteralmente i nervi.
«Col cazzo che vi permetterò di divertirvi alle nostre spalle.» dissi aprendo la porta e uscendo subito dopo.
Avrei voluto dirgliene di più, avrei voluto urlarle in faccia tutto lo schifo che mi faceva provare, ma non lo feci. Uscii da casa sua, tornai alla mia moto e mi infilai nel traffico freddo di quel pomeriggio. Tornai a casa quasi subito, mia madre provò a chiamarmi al cellulare quando arrivai lì ma non le risposi. Mi tolsi le scarpe e la giacca, mi buttai a letto e affondai il viso nel cuscino. Ero completamente invasa dalla rabbia, la testa mi stava esplodendo, le mie mani davano pugni alla cieca contro il materasso e il mio cellulare continuava a squillare. Le prime tre volte fu mia madre, le staccai tutte e tre. La quarta volta però, dopo circa mezz'ora da quando ero arrivata a casa, mi chiamò Giulia. Lei non sapeva a che ora avessi l'appuntamento con mia sorella, non ci sentivamo da quando ci salutammo quella mattina, e pensava appunto che l'avessi vista poco dopo aver salutato loro, ma non era così.
«Ehi, com'è andata con tua sorella? Le hai parlato?» mi chiese subito non appena risposi alla telefonata.
«Le ho parlato, ma non è andata benissimo.» le dissi io cercando di avere un tono tranquillo.
«Come mai? Cos'è successo?» continuò lei quasi delusa.
«Non mi va di parlarne, Giulia.» commentai lentamente.
«Non è andata bene?» domandò.
«Non direi.» risposi io debolmente.
«E ora sei a casa?» continuò lei velocemente.
«Si.» riuscii solo a dire.
«Allora arrivo subito, aspettami lì.» commentò in fretta.
«No, Giulia, resta lì con tua madre.» le dissi subito, non avevo alcuna voglia di rovinare anche la sua giornata.
«Posso starci anche dopo, io ora scendo e vengo lì.» replicò lei piuttosto decisa.
«No dai...» provai a dirle ma lei non mi diede il tempo di parlare che subito staccò la telefonata, non voleva sentire obiezioni.
Quando capii che mi aveva staccato il telefono in faccia sorrisi, delle volte era così testarda, ma lo era in modo dolce. Ci mise una decina di minuti ad arrivare a casa mia, quando sentii il campanello capii subito chi fosse ma non avevo alcuna voglia di alzarmi dal letto, non avevo la forza. Lei suonò ininterrottamente una decina di volte, poi si fermò di colpo e dopo alcuni secondi sentii la porta di casa aprirsi e chiudersi subito dopo. Non capii subito come avesse fatto ad entrare, Ruby non era così agile da aprire la porta, e sicuramente non l'avrebbe aperta a qualcuno che faceva tanto casino.
«Oh sei qui.» disse la voce di Giulia poco distante da me.
Io mi voltai di scatto solo con la testa, portai il mio sguardo verso la porta e la trovai lì. Bella nel suo maglione blu a collo alto, sexy con quei jeans stretti e dolce con quei suoi occhi fissi su di me. Non rimase ferma a lungo, non appena incrociammo gli sguardi si mosse subito verso di me. Si avvicinò al mio letto, ci salì sopra e si distese accanto a me.
«Come sei entrata?» le chiesi.
«Ti sei dimenticata di queste?» ribatté lei mostrandomi un mazzo di chiavi in cui ce n'erano due blu, mie, che le diedi poco tempo prima.
«Mi sa di sì...» commentai io con un sorriso imbarazzato.
«Allora, vuoi dirmi cos'è successo?» mi chiese lei accarezzandomi dolcemente il viso.
Il tocco della sua mano era delicato, lento, mi fece in un attimo calmare i nervi ma non avevo ugualmente voglia di dirle qualcosa. Mi tirai su per un attimo con le braccia, mi spostai di pochissimo dal mio posto e tornai giù solo quando arrivai sopra al suo corpo. C'ero in obliquo, solo i nostri busti si scontravano, e il mio viso lo affondai nel suo petto. Avevo bisogno di stare tra le sue braccia, avevo bisogno della sua dolcezza per calmarmi, e lei mi accolse subito senza fare altre domande.

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