Capitolo 8 - Parole.

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"Non fare cazzate"... Certo, e come si faceva? Non sapevo cosa intendesse con quella frase, probabilmente non voleva che corressi troppo, che mettessi a rischio la mia vita, ma a me non importava. Odiavo quella sensazione, odiavo non sentirmi così importante per qualcuno, anzi no. Non pretendevo di essere importante per il mondo intero, ero egocentrica ma non fino a quel punto. Volevo solo essere importante per le persone che per me erano importanti, ma forse avrei dovuto semplicemente lasciar perdere Sara. Avrei dovuto pensare ad altro, concentrarmi su ciò che stava succedendo con Giulia e Rosa, avrei dovuto effettivamente pensare a loro, ma ingenuamente non pensavo fosse nulla di tanto importante. Le cose successero così in fretta che non ebbi il tempo di pensarci, soprattutto il sesso con Rosa e la scoperta di Sara con un'altra ragazza. Quell'ultima cosa riaprì dentro di me una ferita che pensavo fosse ormai chiusa. Sentimentalmente provavo ancora qualcosa per Sara, le volevo ancora bene, egoisticamente volevo ancora che fosse mia, ma sessualmente l'avevo già rimpiazzata. Andare a letto con qualcuno era più facile rispetto al lasciarsi andare in paroline e gesti dolci, la dolcezza era più intima, il sesso era impersonale. Lo si poteva fare con chiunque, ma non si poteva essere dolci con chiunque. Quando mi allontanai da Sara, sopra la mia moto, lo feci senza avere un piano specifico in mente. Non sapevo dove volevo andare, sapevo solo di voler andare lontano da lì. Quella sera andai veloce, tanto veloce, così tanto che non sentii nemmeno il vento che si scontrava col mio viso. Sentii i capelli volare, al vento, il casco lo lasciai appeso al mio braccio piuttosto che indossarlo. Lo feci senza pensarci, ogni volta che vedevo Sara il mio animo suicida si faceva vivo. Non era colpa sua, ero io che dopo la rottura mi ero immersa nel mio lavoro, nelle mie storie, e non mi ero presa il tempo per metabolizzare nulla. Non sapevo nemmeno se l'amavo ancora oppure no. Avevo la testa affollata di cazzate, di troppe cose che non avevo ancora metabolizzato. Non avevo realizzato nemmeno ciò che successe con Rosa, la sua proposta. Sul serio avrei potuto fare sesso con lei ogni volta che volevo? Non lo sapevo, non lo capivo. Avevo preso decisioni troppo affrettate, poco pensate, un po' come quel bacio dato a Sara prima di dirle addio. Che diavolo mi era passato per la mente?
«Cazzo...» sussurrai dando automaticamente gas e accelerando ancora di più.
Mentalmente non c'ero, nella mia testa stavano passando troppe immagini, troppe situazioni strane da cui mi ero lasciata sopraffare. Il vento mi scompigliava i capelli, ma per fortuna non mi colpivano il viso, non mi oscuravano la visuale, anche se in quel caso serviva a poco. Vidi ogni semaforo rosso che oltrepassai, non mi fermai mai, né rallentai. Svoltavo senza mettere alcuna freccia, giravo ad ogni angolo senza sapere dove stavo andando. Cioè... La mia mente non lo sapeva, un'altra parte di me, che fosse il mio cuore o il mio istinto sapeva benissimo dove stavo andando. E lo capii anche io non appena mi fermai. Conoscevo la zona, conoscevo quell'incrocio, conoscevo anche il palazzo in cui entrai. Il portone era praticamente sempre aperto, c'ero stata un bel po' di volte, ma mai a quell'ora. Non era così tardi, erano appena le 21:00, ma per presentarsi a casa di qualcuno senza preavviso magari lo era. Salii su per due rampe di scale, poi mi fermai davanti alla prima porta sulla destra e suonai il campanello senza pensarci troppo. La mia mente era affollata da troppi pensieri, pensare anche a quella cosa era troppo. Attesi per un po', poi suonai di nuovo, ero troppo impaziente. La porta si aprì qualche istante dopo la mia seconda suonata, e finalmente mi trovai davanti la persona di cui avevo bisogno per superare tutto quanto. Lei aveva i capelli un po' arruffati, addosso sembrava avesse solo una maglietta lunga e larga, non sapevo se avesse gli slip addosso ma non ci pensai troppo.
«Andrea, cosa ci...» provò a dire lei, ma io non le diedi il tempo di continuare.
Feci un paio di passi verso di lei, piuttosto velocemente, le portai le mani ai lati del viso e la baciai subito. Probabilmente nella mia testa avevo così tante cose che non capivo più nulla, ma non ero la sola. Inizialmente lei si lasciò andare a quel bacio passionale, sentii anche il suo piercing contro la mia lingua, ma poi fece un passo indietro e si staccò.
«Giulia...» la chiamò una voce femminile dal corridoio.
Io tenni il mio sguardo confuso su di lei, non capivo chi ci fosse lì con lei, non pensavo proprio che ci fosse qualcuno. Lentamente la persona in questione ci raggiunse, uscì dal corridoio e si fermò all'entrata del salotto, che poi era dove eravamo noi. Appena si oltrepassava l'ingresso ci si trovava automaticamente nel salotto di Giulia, piccolo, carino, e non troppo pretenzioso. La persona in questione era alta quanto me, poco più di Giulia, dai capelli corti e gli occhi scuri costantemente pronti a giudicarti. Era Maria, l'ex di Giulia.
«Andrea, cosa ci fai qui?» mi chiese lei avvicinandosi lentamente a noi.
«Potrei farti la stessa domanda.» ribattei con calma.
Ormai Giulia aveva visto quanto faceva schifo la sua ragazza, e non ero più intenzionata a trattenere lo sdegno che provavo per lei.
«Beh questa si può dire che sia anche casa mia.» replicò Maria spiazzandomi letteralmente.
«In che senso? Non vi eravate lasciate?» chiesi a Giulia, ma lei si vergognava talmente tanto che non mi guardò nemmeno in faccia.
«Le hai detto che ci eravamo lasciate?» domandò Maria abbassando il suo sguardo nervoso su di lei.
«Beh in un certo senso noi ci eravamo lasciate.» rispose Giulia con un filo di voce.
«Si, certo, ma non vedo che fretta c'era di dirglielo.» replicò la sua ex sempre più incazzata, sembrava stesse facendo una ramanzina ad una bambina, e a me non piaceva.
«Qual è il tuo problema?» le chiesi alzando il mio sguardo su di lei.
«Il mio problema sei tu, non mi va che tu sappia troppe cose che riguardano me e Giulia.» rispose lei piuttosto infastidita.
«L'unica cosa che sapevo era che vi eravate lasciate, tutto qui. Non mi ha detto il motivo né altro.» ribattei mentendo, ma lo feci solo per non mettere ancora più in difficoltà Giulia.
«Questo mi sembra già tanto. Tu non aspettavi altro, vero?» mi chiese in tono ancora più nervoso.
«Cosa?» ribattei senza capire la sua domanda.
«Non aspettavi altro che io e Giulia ci lasciassimo per poter venire qui quando e come volevi.» mi spiegò lei.
«Oh scusami, devo chiedere il tuo permesso per vedere Giulia?» domandai con un sorriso nervoso, quella situazione mi sembrava assurda.
«Si, fino a quando resterà con me si.» disse con quel suo solito tono da essere superiore.
«E allora direi che il tempo per i permessi sia finito.» replicai piuttosto sicura.
«Non credo proprio.» ribatté lei.
«Che stai dicendo?» le chiesi in tono confuso.
«Io e Giulia siamo tornate insieme.» rispose Maria poggiando un braccio attorno alle di Giulia.
«Che cazzo dici? Giulia, dimmi che non è vero.» la supplicai quasi, ma lei continuò a non guardarmi. «Giulia, ma sei impazzita??» aggiunsi velocemente.
«Cosa vorresti insinuare?» mi chiese Maria togliendo quel braccio da Giulia e facendo un passo verso di me.
«Che con te non sta bene.» dissi in tono nervoso.
«Ah no? E tu cosa ne sai?» continuò lei col mio stesso tono, ormai eravamo entrambe piuttosto incazzate.
«Ne so quanto basta.» dissi tenendo lo sguardo fisso sul suo viso.
«E con chi dovrebbe stare? Sentiamo... Con te?» mi chiese con fare divertito, come se non fosse possibile.
«Io e lei siamo amiche, ma se fosse la mia ragazza la tratterei centomila volte meglio di come faresti tu se avessi un cervello.» risposi io in tono più serio del suo.
«Ma chi ti credi di essere, ragazzina?» continuò lei mettendosi letteralmente faccia a faccia con me.
«Credo di essere qualcuno che tiene a Giulia molto più di quanto faccia tu.» dissi senza abbassare mai lo sguardo da lei, era una sfida anche quella.
«Un tantino presuntuosa, non credi?» ribatté con un sorrisetto nervoso. «Senti, perché non te ne vai? Non c'è posto qui per te.»
«Io non vado da nessuna parte, a meno che non sia Giulia a volere che vada via.» dissi lentamente.
«Oh ma lei vuole decisamente che tu vada via. Vero, amore?» domandò Maria facendo un passo indietro e abbassando lo sguardo su Giulia.
Quella parola, "amore", uscita fuori dalla bocca di Maria suonava così falso che mi diede il voltastomaco.
«No, voglio che vada via tu.» rispose Giulia, finalmente.
«Cosa?» chiese l'altra piuttosto confusa.
«Voglio che tu vada via, Maria, che lo faccia sul serio stavolta.» ripeté Giulia alzando finalmente lo sguardo sul viso di Maria.
«Che cazzo stai dicendo? Un attimo fa eri convinta del contrario.» ribatté la sua ex nervosamente.
«Beh ho cambiato idea.» disse Giulia in tono fermo.
«È colpa sua? È lei che ti mette in soggezione o vuoi semplicemente stare con lei?» continuò Maria col viso completamente rosso.
«Non è nulla di tutto ciò, tu sai perché non possiamo stare insieme, sai ciò che hai fatto ed è semplicemente per questo che non ti voglio qui.» rispose Giulia lentamente.
«Tu sei pazza, poco fa mi hai detto cose decisamente diverse.» commentò Maria con fare confuso.
«Anche tu mesi fa mi hai detto cose diverse mentre facevi esattamente il contrario.» replicò Giulia.
«Non è come dici, lo sai.» ribatté Maria prendendole violentemente il polso sinistro e tirandola verso di sé. «Mi spieghi cosa pensi di fare?» le chiese mettendosi faccia a faccia con lei.
«Innanzitutto ti direi di lasciarle il polso, poi se vuoi ti spiego io cosa ha intenzione di fare.» dissi facendo un passo verso di loro.
«Tu pensa agli affari tuoi.» ribatté Maria voltandosi solo col viso verso di me.
«Se tu metti le mani addosso ad una mia amica, allora sono affari miei.» replicai allungando una mia mano e poggiandola sul suo avambraccio. «Lasciala.» le dissi in tono minaccioso.
«Non mi fai paura.» disse a denti stretti.
«Non voglio farti paura, voglio solo che tu la lasci andare.» ribattei con tutta la calma del mondo.
Lei mi guardò con fare nervoso, dopo qualche istante lasciò andare il polso di Giulia e si concentrò completamente su di me. Si mise faccia a faccia con me e io non indietreggiai di un solo millimetro. Non sapevo cosa mi avesse spinto ad andare lì, quella sera, ma a quanto pareva non ero solo io ad aver bisogno di Giulia, anche lei aveva bisogno di me. Fu una strana coincidenza, ma ciò che successe con Sara mi diede il coraggio necessario per affrontare Maria, per tenerle testa fino alla fine.
«Fanculo, non ne vale la pena.» commentò lei voltandosi e passandomi accanto.
Poi andò oltre, alle mie spalle, uscì dall'appartamento di Giulia e sbatté forte la porta alle mie spalle.
«Cavolo, è più stronza di quanto ricordassi.» commentai voltandomi verso Giulia che non sembrava avere un bell'aspetto. «Ehi, che cos'hai?» le chiesi allungando una mia mano sotto al suo mento e facendole alzare lentamente il viso verso il mio.
Lei aveva gli occhi piuttosto lucidi, il viso era parzialmente rosso e sembrava si stesse trattenendo dal non piangere.
«Vieni qui.» sussurrai portando quella mia mano dietro la sua nuca e tirandola lentamente verso di me.
L'abbracciai subito, la lasciai poggiare col viso contro il mio petto e la strinsi forte.
«Mi dispiace.» disse lei stringendosi forte a me. «Ho fatto una cazzata.» aggiunse subito dopo.
Io mi lasciai scappare un sorriso, in quel momento mi sentivo molto più vicina a Giulia di quanto non fossi mai stata in altri momenti, quando c'era di mezzo l'amore eravamo tutti deboli.
«Tranquilla, non sei la sola.» commentai sfiorandole piano la nuca ma non lo feci per molto, lei si staccò quasi subito.
«Tu cos'hai fatto?» mi chiese con fare confuso.
A quanto pareva, per entrambe, i problemi dell'altra erano più importanti dei nostri.
«Ti va se ci sediamo un attimo?» le chiesi, non mi andava di parlare con lei restando in piedi, mi sembrava troppo frettoloso.
«Certo, vieni.» rispose lei prendendomi per mano e facendomi strada verso il suo divanetto a due posti.
Ci sedemmo entrambe al centro di quel divanetto, entrambe demmo un fianco allo schienale per guardarci bene in faccia, ma le mie gambe le lasciai giù, lei portò su le sue tenendole piegate all'indietro.
«Allora? Cos'hai combinato?» mi chiese subito lei.
«No no, non ho intenzione di dirti nulla se prima non dici tu a me da quanto va avanti questa follia con la tua ex.» ribattei io velocemente.
«Va avanti da qualche giorno, non ha mai smesso del tutto di farsi sentire, anche dopo che è passata a prendersi le sue cose.» mi spiegò lei col viso parzialmente rosso.
«E tu ci sei ricascata?» intuii.
«Si...» confessò lei abbassando lo sguardo. «È la persona con cui mi sono trovata più bene in assoluto, e ho seriamente paura di non trovare più nessuno con cui stare bene.»
«No, aspetta un attimo. Quindi mi stai dicendo che in 36 anni di vita, facciamo "negli ultimi 18 anni", Maria è la persona con cui sei stata più bene?» le chiesi con un sorriso confuso.
«Beh si.» disse piuttosto imbarazzata.
«Tu non stai bene eh, dovremmo rivedere il significato di alcune parole. Cosa intendi tu per "bene"?» continuai in tono ironico.
«Non prendermi in giro, so cosa significa. Ma all'inizio Maria non era così, era più dolce, più presente.» disse in tono piuttosto nervoso.
«E tu avevi meno corna.» mi lasciai scappare, e lei se la prese.
«Se vuoi metterla così allora non mi va di parlarti.» ribatté lei alzandosi velocemente in piedi, provò ad andarsene ma io mi allungai subito verso di lei e le presi una mano.
«No, scusami. Sono stata una stupida, mi dispiace.» le dissi con fare dispiaciuto, e lo ero davvero.
Forse avevo osato troppo, non erano affari miei quelli, ma odiavo il fatto che lei pensasse sul serio di esser stata bene con Maria. Da quando la conoscevo era sempre stata molto apprensiva, le stava sempre addosso, la controllava, non voleva che facesse determinate cose, e per me quello non significava stare bene. Non erano appunto affari miei, ma avrei fatto di tutto per farle capire cosa significava stare davvero bene.
«Si, lo sei stata.» ribatté lei voltandosi lentamente verso di me, poi incrociò il mio sguardo e mi sorrise. «Ma ti perdono.» aggiunse tornando a sedersi accanto a me.
«Grazie...» dissi con fare leggermente imbarazzato. «Tu sai perché faccio tutti questi discorsi, vero?»
«Perché ti piaccio?» mi chiese con un piccolo sorriso.
«Cosa? N-no, non è questo. Cioè almeno non nel senso che pensi tu.» dissi in tono titubante. «Io ci tengo a te, Giulia, sul serio. E mi fa incazzare il fatto che quella sia tornata qui pensando di poterti riavere come se nulla fosse.»
«Dici che non può farlo?» mi chiese in tono lievemente ironico.
«No, non può.» risposi io piuttosto sicura.
«E cosa glielo impedisce?» mi stava provocando, era ovvio, ma non mi importava.
«Io.» dissi in tono fermo.
«Tu?» mi chiese con un sorriso divertito.
«Si, adesso che so che ti gira di nuovo intorno sarò più presente.» risposi io con fare piuttosto sicuro.
«Cosa? Perché?» continuò lei piuttosto confusa.
«Perché non voglio che tu ci ricaschi, lo hai già fatto e se continui lei se ne approfitterà, continuerà a fare ciò che vuole perché sa che tu la perdonerai sempre.» le spiegai lentamente.
«Ti preoccupi per me?» mi chiese col viso parzialmente rosso.
«Lo trovi così strano?» ribattei sfiorandole piano una guancia.
«Un po' si, insomma...» disse con un sorriso imbarazzato. «Hai detto che siamo amiche.»
«E non è così?» ribattei ingenuamente.
«Quello che abbiamo fatto la settimana scorsa non era molto da "amiche".» replicò lei.
«Non per forza.» commentai in tono ironico.
«Hai capito cosa voglio dire.» mi ammonì lei.
«Si, d'accordo, ma io non ci vedo nulla di strano, né di brutto. È capitato, e a me non è dispiaciuto affatto.» continuai togliendo la mia mano dal suo viso e facendole un sorriso.
«Se è per questo, non è dispiaciuto nemmeno a me.» concordò lei tirandosi leggermente su e allungando le sue gambe sopra le mie.
Io poggiai quasi in automatico la mia mano destra sull'esterno della sua gamba sinistra, strinsi forte la sua coscia e tirai le sue gambe contro il mio addome.
«Sei comoda?» le chiesi con un sorriso.
«Si, abbastanza.» rispose lei ricambiando il mio sorriso. «Adesso però tocca a te, che cos'hai fatto?»
«Beh ecco, io...» commentai ma all'improvviso sentii il mio cellulare squillare e mi bloccai.
Lo tenevo nella tasca posteriore dei miei pantaloni e per prenderlo dovetti tirarmi leggermente su, Giulia provò a togliere le sue gambe dalle mie ma io le ripresi non appena recuperai il mio cellulare. Mi piaceva troppo sfiorare la sua pelle, mi dava un senso di pace assurdo, e non volevo in alcun modo che si spostasse.
«Scusami un attimo.» le dissi poco prima di rispondere al cellulare. «Pronto...»
«Oh finalmente rispondi.» mi disse la voce di Roberta, probabilmente quella non era la prima chiamata che mi fecero. «Si può sapere dove sei?»
«Sono tornata a casa, ero abbastanza nervosa.» dissi lentamente.
«Questo lo avevamo capito, però potevi avvisarci. Quando abbiamo visto Sara tornare dentro senza di te non abbiamo capito nulla, è stata lei a dirci che sei andata via.» mi spiegò lei piuttosto nervosa.
«Si, mi dispiace, è che proprio non ce la facevo. Sono stati mesi un po' così, e vederla con un'altra mi ha fatto scattare qualcosa dentro. Non mi è passata del tutto.» commentai. «Mi dispiace di avervi fatto preoccupare.»
«Figurati, eravamo più preoccupate se restavi in pizzeria a guardare Sara.» ribatté lei in tono ironico. «La prossima volta però avvisaci prima di scappare.»
«Va bene.» le dissi prima di salutarla e staccare la telefonata.
«Chi era?» mi chiese Giulia poco dopo.
«Roberta...» le dissi semplicemente sapendo che comunque conosceva tutte le mie amiche, anche se a Roberta la vide più spesso.
«Quindi cos'è successo? Mi sembra di capire che hai fatto preoccupare un po' di persone.» commentò lei con un sorriso ironico.
«Già...» concordai io iniziando a spiegarle tutto.
Le parlai di Sara, del fatto che la vidi in pizzeria con un'altra, e probabilmente in quel caso capì già buona parte di ciò che successe. Ma non le diedi il tempo di ipotizzare nulla poiché continuai il mio racconto e le spiegai ogni cosa che feci prima di andare a casa sua. Le parlai di quella breve discussione avvenuta prima all'interno del locale e poi fuori, e le confessai anche di averla baciata nonostante fosse ormai palese che mi avesse dimenticato. Lei per tutto il tempo rimase in attesa, pronta a dirmi la sua, ma dopo che le parlai di quel bacio sembrò perdere del tutto le parole.
«Ho fatto una cazzata, lo so, ma non ci capisco più nulla. Pensavo mi fosse passata.» conclusi un po' imbarazzata.
«Sono passati 6 mesi, non sono poi così tanti.» ribatté lei con un sorriso dolce.
«Lo so, ma probabilmente avrei dovuto evitare.» dissi lentamente. «Poi, quando sono andata via, sono subito venuta qui. Non so perché, ma eri l'unica persona che mi andava di vedere.»
«Che dolce che sei...» commentò lei con quel bel sorriso, ma non durò molto. «Però, aspetta... Come sei venuta fino a qui?» mi chiese in tono preoccupato.
«Beh in moto.» dissi ingenuamente.
«In moto?!» ripeté lei.
«Si, lo sai che non ho un'auto, come sarei dovuta venire?» domandai con fare ironico.
«Col pullman, in taxi, con una bici, anche a piedi. In qualsiasi modo tranne che in moto, tu sei pericolosa quando guidi da incazzata.» commentò lei parzialmente nervosa.
«Lo so, ma non potevo fare altrimenti.» dissi.
«Perché?» mi chiese, e io non la capii.
«Che vuoi dire?» ribattei lentamente.
«Perché non potevi fare altrimenti? Tu rischi sul serio di ammazzarti per cazzate simili, non te ne rendi conto?» mi chiese in tono più preoccupato.
«Tu sei troppo tragica.» dissi con un sorriso ironico.
«Ci siamo già passate, Andrea, lo sai. Ricordi come hai festeggiato il tuo trentesimo compleanno?» continuò lei, ma sapeva già la risposta.
«Si, mangiando quell'insipido brodino dell'ospedale.» risposi parzialmente imbarazzata.
«Appunto, ti è andata bene quella volta, ma se sfidi la sorte ti farai molto male.» ribatté in tono nervoso.
«Non mi importa.» dissi semplicemente.
«Cosa?» mi chiese lei piuttosto sorpresa.
«Non mi importa se mi farò male.» le spiegai con quella stessa calma, ma lei non lo era.
«Rimangiatelo.» mi disse con fare nervoso.
Tolse le sue gambe dalle mie, si mise sulle ginocchia e mi guardò fisso negli occhi.
«Perché?» le chiesi cercando di capire il suo scazzo.
«Rimangiatelo subito!» ripeté Giulia in tono più nervoso, tremava quasi.
«Va bene, va bene, stai calma però...» dissi allungando una mia mano sul suo viso, ma non appena la sfiorai lei la scacciò via.
«Io non sto calma, come posso farlo se so che tu vai fuori di testa ogni volta che vedi la tua ex e che rischi di fare un'incidente ogni volta che sei incazzata?» mi chiese velocemente, sembrava davvero preoccupata.
«Non è così, dai...» commentai io provando a farla calmare, ma era difficile.
«È così, invece, lo sai. Devi smetterla di vivere nel passato.» si lamentò lei.
«Io non vivo nel passato.» ribattei nervosamente, ma sapevo che aveva ragione.
«Invece si.» continuò lei piuttosto sicura delle sue parole.
«D'accordo, forse un pochino, ma come posso andare avanti se ho lei in testa? Non riesco a pensare che faccia ormai parte del mio passato.» le dissi in tono lento, quell'argomento mi faceva ancora male.
«Sei ancora innamorata di lei, è normale, lo sono anche io di Maria. L'amore purtroppo non svanisce all'improvviso non appena si chiude una storia, sarebbe tutto più facile se fosse così, ma purtroppo non lo è.» mi spiegò lei con calma. «L'unica cosa che possiamo fare noi è andare avanti, vivere meglio che possiamo, e magari più avanti ci sarà un'altra occasione per quell'amore passato, o magari no.» aggiunse. «Magari ci sarà qualcuno che ti farà dimenticare del tutto quella persona, ma non puoi precluderti qualsiasi cosa solo perché speri che lei prima o poi torni sui suoi passi.»
«Sai, non penso di poter ascoltare le tue parole.» dissi in tono ironico. «Insomma, sono tutti bei discorsi, hanno anche un senso, ma solo mezz'ora fa avevi in casa la tua ex.»
«Si, lo so, non sono molto attendibile, ma voglio rimediare.» commentò lei con un sorriso.
«Ah si?» le chiesi con un sorriso stampato in faccia, era adorabile quando provava ad uscirsene con bei discorsi.
«Si. Ti va di fare un patto con me?» mi chiese, e in quel momento ebbi un déjà vu, se mi avesse chiesto anche lei di fare sesso ogni volta che ne avevamo voglia le sarei scoppiata a ridere in faccia, era troppo assurdo.
«Cos'hai in mente?» le chiesi provando a tenere un tono serio.
«Ormai abbiamo capito che da sole siamo più deboli, ci lasciamo andare facilmente quando c'è la nostra ex in giro, ma mentre tu eri qui mi sentivo più forte.» mi spiegò lei parzialmente imbarazzata. «Quindi, ecco, e se ogni volta che vediamo la nostra ex ci scrivessimo io e te o parlassimo direttamente al cellulare?»
«Vuoi che diventi il tuo mental coach?» le chiesi in tono lievemente ironico, il suo piano non era malvagio.
«A me farebbe comodo, almeno eviteresti di farmi tornare con lei.» rispose lei con un sorriso.
«D'accordo, si può fare.» acconsentii io.
«E vuoi che io faccia lo stesso con te?» mi chiese.
«Probabilmente ne avrei bisogno, anche se oggi ero circondata dalle mie amiche eppure non ho ascoltato nessuna di loro.» risposi io debolmente.
«Beh io non sono come loro.» ribatté lei ammiccando.
«Oh lo so.» concordai io ridendo. «Allora va bene, d'accordo. La prossima volta che succederà una cosa simile ti scriverò prima di muovermi.» aggiunsi poco dopo.
«Bene, e hai mangiato?» mi chiese.
«Si, mezza pizza...» dissi sapendo che non era molto.
«Cavolo, è grave allora.» commentò lei prendendomi in giro.
«Non tanto, sto bene, non ho fame.» ribattei con un sorriso.
«D'accordo, e ti va se andiamo di là e proviamo a dormire un po'? Direi che ci serva un po' di riposo.» commentò lei subito dopo e mentre disse quelle parole si tirò su, si avvicinò di più a me e si sedette a cavalcioni sulle mie gambe.
«Vuoi che dorma qui con te?» le chiesi parzialmente confusa.
«Si, tanto abbiamo fatto di peggio, e non mi sento così sicura a restare da sola stanotte.» rispose lei sfiorandomi il collo con la punta delle dita.
«Hai paura che torni la tua ex o che sia tu a farla tornare?» continuai in tono ironico, ma le sue dita mi destabilizzavano abbastanza.
«Entrambe le cose.» mi disse con un sorriso imbarazzato.
«Va bene, d'accordo, allora andiamo.» ribattei portando le mie mani ai lati esterni delle sue cosce.
Le afferrai con forza, la tenni stretta a me e mi tirai su. Con calma mi allontanai da quel divano, oltrepassai il salotto e mi inoltrai lungo quel piccolo corridoio. Sapevo qual era la porta della sua camera da letto, ero già stata a casa sua, e così non le chiesi nulla. Le porte erano tutte socchiuse, nessuna era realmente chiusa, e quando arrivai alla seconda porta a destra quasi alla fine del corridoio, aprii di più la porta ed entrai tenendo ancora Giulia tra le braccia.
«Ricordi ancora dov'è la mia camera.» mi chiese lei piuttosto sorpresa.
«Beh magari ci sono entrata poche volte, ma non dimentico facilmente certi dettagli.» dissi continuando a muovermi.
«E a quali dettagli staresti pensando?» domandò lei con un sorriso provocatorio.
Ero ormai arrivata vicino al letto, ci salii su con le ginocchia, mi avvicinai al centro del materasso e la lasciai distendere lì. Poco sopra di noi, su un suo cuscino, c'era un reggiseno nero, e non credevo fosse di Maria.
«Al tuo lasciare i reggiseni in giro per tutta la camera.» le dissi prendendo quel reggiseno nero e mostrandoglielo.
Lei si imbarazzò quasi subito, ma non era il suo disordine a crearle imbarazzo, era altro.
«Scusami.» disse prendendolo dalle mie mani e allungandosi per poggiarlo sul comodino alla sua destra.
«Sei arrivata fino a quel punto con lei?» le chiesi togliendomi dal suo corpo e sdraiandomi accanto a lei.
«No, cioè c'ero quasi. Se tu non fossi arrivata probabilmente lo avremmo fatto.» mi confessò con lo sguardo basso.
«Perché? Perché hai continuato a lasciarti toccare da lei?» continuai nervosamente, ma era pressoché la gelosia a farmi parlare.
«Tu cosa avresti fatto al posto mio?» ribatté lei tirando su lo sguardo sul mio viso. «Se Sara venisse da te e ti dicesse che ti ama, ti baciasse e ti dicesse che ha voglia di fare l'amore con te, tu cosa faresti?» mi chiese.
«Beh io chiamerei te.» dissi in tono ironico.
«In quel caso non puoi chiamarmi, sarete solo tu e lei, faccia a faccia.» commentò lei lentamente.
«Ok, in quel caso sarebbe dura.» ribattei con un sorriso imbarazzato, nel suo caso probabilmente mi sarei lasciata andare al suo stesso modo.
«Appunto...» replicò lei in tono soddisfatto.
«Beh dobbiamo solo smaltire tutto questo amore che proviamo ancora per loro.» continuai io, come se fosse facile.
«E come si fa?» mi chiese con uno sguardo piuttosto dolce.
«Non ne ho idea, ma so che insieme ci riusciremo.» dissi con fare forse fin troppo convinto.
«Hai tanta fiducia in me.» ribatté lei col viso rosso.
«Se pensiamo a cosa stava succedendo poco fa ti direi che non ne ho affatto, ma hai solo bisogno di qualcuno che ti stia vicino.» le dissi accarezzandole piano il viso. «E quel qualcuno non è la tua ex.»
«Oh grazie.» commentò lei ridendo. «Mi starai vicino tu, quindi?» mi chiese. «Eri seria prima quando hai parlato con Maria?»
«A che proposito?» le chiesi sfiorandole la guancia con il pollice.
«Quando le hai detto che se fossi la tua ragazza mi tratteresti molto meglio.» rispose lei in tono titubante.
«Ovvio che sì, Giulia.» dissi con un sorriso, notando il suo imbarazzo crescere gradualmente. «Tu sei stupenda, sei dolcissima, e meriti qualcuno che comprenda a pieno quanto vali. Qualcuno che non ti dia mai per scontato e che soprattutto ti rispetti.»
«Qualcuno come te?» mi chiese in tono dannatamente dolce.
Con quella frase, quel tono e i suoi occhi lucidi mi spiazzò. Lei era bella, dolce, credevo a tutto ciò che le dissi, ma non volevo rovinare niente.
«I-io ti voglio bene, Giulia, te ne voglio un sacco. Non voglio mentirti però, ho pensato spesso a questa possibilità, allo stare insieme io e te, ma mi piace ciò che abbiamo e non voglio rovinarlo.» le dissi cercando di avere un tono normale, non volevo apparirle fredda, né troppo presa, in entrambi i casi mi sentivo male.
«Non penso che si rovinerebbe, ma forse hai ragione tu.» commentò lei lentamente.
Non sapevo se fosse davvero convinta sulla prima parte della sua frase, non sapevo nemmeno se lo dicesse perché anche lei ci aveva pensato e magari voleva provarci. Non sapevo un cazzo, e chiederglielo era troppo anche per me, in quel momento soprattutto. Lei era vulnerabile. Una persona innamorata era come una persona ubriaca, le cose che diceva in quel momento poteva non dirle quando era lucida, quindi dovevo andare cauta con lei. Probabilmente anche io ero ancora innamorata, ma per me erano passati mesi, io avevo smaltito la maggior parte di tutto quell'amore che provavo, o magari avevo solo imparato a convivere senza Sara, ma Giulia no. Per lei erano passati pochi giorni, troppo pochi per dire che le era passata, soprattutto dato che quello stesso giorno stava per ritornare a letto con Maria. Non potevo darle torto però, se fosse capitato a me avrei fatto lo stesso, probabilmente lo avrei fatto anche in quel momento mandando a puttane quei 6 mesi.
«Intanto dovremmo pensare a dormire, no?» le dissi in tono imbarazzato.
«Te la vuoi scampare così?» mi chiese lei in tono ironico.
«Dico solo che mi sembri stanca.» risposi io tranquillamente.
«Ah si? Magari non ci vedi bene, vieni più vicino.» commentò Giulia portando quella sua mano dietro la mia nuca e tirandomi lentamente verso di sé.
Si fermò solo quando il suo viso fu vicinissimo al mio e le sue labbra sfioravano quasi le mie.
«Allora, cosa vedi?» mi chiese con un sorrisetto provocatorio.
Sia lei che Rosa mi davano molto da fare in quel campo, entrambe mi provocavano molto, ma Giulia era decisamente diversa da Rosa. Quando era Giulia a provocarmi la trovavo adorabile, il più delle volte, quindi non sortiva l'effetto sperato a causa della dolcezza che mi ispirava. Ma anche Rosa non aveva sempre successo con le sue provocazioni, a volte era troppo pungente e mi faceva solo incazzare. In quel momento Giulia mi ispirava una dolcezza assurda. Lentamente le portai una mano sul lato sinistro del viso, le sfiorai una guancia col pollice e le sorrisi. Non riuscivo a fare altrimenti, era troppo carina. Non riuscivo a pensare che sotto la maglietta non aveva il reggiseno, che aveva solo gli slip addosso, nulla di tutto quello mi ispirava sesso. Nemmeno lei era molto convinta della sua provocazione però, il suo tono non era convinto, nemmeno il suo sguardo lo era. Divenne imbarazzata non appena le accarezzai la guancia.
«Ti ha mai toccato così la tua ex?» avrei voluto chiederle.
Lei diceva che Maria era stata dolce all'inizio, ma non sapevo cosa intendesse Giulia per "dolce", o fino a che punto si fosse spinta. Mi dava l'impressione di una persona fredda, ma in fondo anche Rosa aveva un lato dolce, quindi i miei pensieri erano futili e quella domanda non gliela porsi mai.
«Vedo imbarazzo.» le dissi invece rispondendo alla sua domanda e notando il suo viso diventare ancora più rosso. «Ci mettiamo sotto le coperte e riposiamo un po'?» le chiesi con un sorriso, e lei annuì debolmente.
In quel momento sembrava lei la più piccola, e a me piaceva così. Non mi sentivo mai più grande o più piccola di qualcuno, l'età anagrafica era solo un numero, ma secondo me non avevamo realmente un'età. Dipendeva molto dalle situazioni e dalle persone che ci circondavano, l'età contava poco. Lentamente ci tirammo su e ci mettemmo sotto le coperte, Giulia era ancora rivolta verso di me, sembrava volesse chiedermi qualcosa ma non si mosse.
«Qualcosa non va?» le chiesi spronandola a farsi avanti.
«Ho un po' di freddo.» mi disse in tono titubante. «Mi abbracceresti?» aggiunse con quello sguardo dolce a cui non riuscivo mai a dire di no.
«Certo, vieni qui.» dissi allargando il mio braccio sinistro e facendole segno di avvicinarsi.
Lei si avvicinò con calma, come se avesse paura di fare qualcosa di eccessivo, e quando oltrepassò il mio braccio io la tirai verso di me e la strinsi.
«Non voglio restare troppo, solo per il tempo in cui non mi scaldo un po'.» disse in tono titubante.
«Puoi restare tutto il tempo che vuoi.» le dissi lasciandole un bacio sulla testa.
Lei affondò il suo viso nel mio petto e si strinse a me. Mi sarei potuta abituare a dormire in quel modo, a dormire con lei. Forse non aveva tutti i torti, forse se ci fossimo messe insieme non si sarebbe rovinato nulla, ma avevo paura di rischiare. Con Giulia avevo un rapporto speciale che non avevo con nessuna delle mie amiche, nemmeno con Roberta. Forse l'attrazione fisica che c'era tra di noi era un bene, ci permise di andare oltre il sesso e di essere in un certo senso più intime, che era anche ciò che ci serviva. Entrambe avevamo rotto con le nostre ex, e probabilmente a entrambe mancava quel contatto fisico, quella dolcezza che c'era magari solo tra coppie, forse ci stavamo illudendo che non era nulla.
«E che cazzo...» sussurrai portandomi una mano sul viso.
Mi stava esplodendo la testa, c'erano troppe supposizioni nella mia mente, e ce n'erano altrettante a cui non avevo ancora pensato. Avevo bisogno di un bravo psicologo per capire cosa stava succedendo tra me e Giulia, ma anche pensare a me e Rosa non mi rendeva le cose facili.
«Ehi, va tutto bene?» mi chiese Giulia poco dopo in tono preoccupato.
«Si, tranquilla, ho solo troppe cose per la testa.» le dissi con un piccolo sorriso.
«Beh allora per questa sera facciamo a cambio.» commentò lei prendendo il mio viso tra le sue mani e portandomi giù contro il suo petto.
Le sue mani rimasero lì ad accarezzarmi una guancia e tra i capelli, sentii anche la sua testa poggiarsi poco sopra la mia e grazie alle sue carezze mi rilassai un sacco. Lo feci talmente tanto che mi addormentai senza accorgermene. C'era poco da fare, dormire con qualcuno per me era centomila volte meglio che farlo da sola. Quando ero a letto da sola, magari semplicemente con Ruby, passavo buona parte del tempo a cercare una posizione comoda. In quel caso invece no, mi piazzavo col viso tra le tette di qualcuno e via, sempre dritto per il mondo di Morfeo! Quando mi svegliai ero ancora lì, ancora contro il petto di Giulia. Una sua mano era ancora sul mio viso, l'altra era distesa lungo il materasso. Non sapevo che ore fossero ma sapevo che era giorno, il sole fuori era evidente, si vedeva, entrava prepotentemente dai buchi delle tapparelle non del tutto abbassate. Non avevo fretta di alzarmi da quel letto, ma lo feci ugualmente. Mi tirai su con calma, coprii bene Giulia provando a non svegliarla, e dopo aver preso le mie scarpe uscii lentamente dalla sua camera. Socchiusi la porta, per non farle sentire nulla, e mi inoltrai nella sua cucina. Di solito aveva del caffè, del latte e con la macchina per il cappuccino ne avrei potuto fare uno perfetto, ma chissà come quel giorno non aveva il latte. A quanto pareva anche lei aveva bisogno di fare la spesa. Avrei voluto prepararle la colazione per ringraziarla della sua costante presenza e di ciò che faceva per me, ma dovetti accontentarmi di andarla a comprare. Erano appena le 09:00, non era così tardi, e per fortuna in città c'era un bar ad ogni cento metri. Ce n'era anche uno proprio lì, sotto casa sua. Così non ci misi troppo. Mi infilai le scarpe, rubai le chiavi di Giulia che aveva poggiato su un tavolino accanto all'ingresso e uscii lentamente da casa sua. Le comprai un cornetto a marmellata e un cappuccino caldo, mi feci impacchettare tutto per bene e tornai su nel giro di poco più di 5 minuti. Purtroppo c'era un po' di gente al bar, ma non ci misi ugualmente tanto tempo. Non appena rientrai in casa poggiai le chiavi al loro posto e mi avviai con calma nella camera di Giulia. Lei dormiva ancora, doveva essere tanto stanca se non mi aveva sentito. Ma provai a sfruttare quella situazione a mio vantaggio, le lasciai la colazione sul comodino e con calma provai ad andare via, ma ovviamente non ero così fortunata.
«Stai scappando?» mi chiese Giulia.
Io mi voltai verso di lei e la trovai ancora distesa a letto, ma con gli occhi parzialmente aperti, era ancora assonnata.
«Scappando no, ma non volevo svegliarti.» le dissi con un sorriso.
«Avresti potuto farlo, tanto ho un po' di cose da fare oggi.» ribatté lei.
«Beh ti conviene partire dalla colazione allora.» replicai facendole segno verso quel piccolo pacchettino che era sul comodino.
«Che cos'è?» mi chiese tirandosi lentamente su.
Si stiracchiò prima un po' e poi si allungò per afferrarlo insieme al bicchiere di carta in cui c'era il cappuccino.
«È un modo per dirti grazie.» le spiegai lentamente.
«Grazie di cosa?» domandò lei senza capire.
«Di esserci sempre per me, di starmi accanto anche quando faccio cazzate.» risposi in tono lievemente ironico.
«Beh tu fai lo stesso per me, è questo che fanno gli amici, no?» mi chiese lei con un sorriso, ma a me il suo tono sembrava strano.
Non capivo se fosse sul serio innocente, se quindi ciò che disse la sera prima fu dettata dall'istinto e che quindi non credeva a nulla, o se le era bruciato il mio dire alla sua ex che eravamo semplici amiche. A volte non capivo né lei né Rosa, nessuna delle due era del tutto diretta, in un certo senso non lo ero nemmeno io, e fu probabilmente per questo che il nostro rapporto era così strano. In quel momento le sorrisi semplicemente, fu un sorriso appena abbozzato, imbarazzato. Non sapevo come risponderle, non mi sentivo una sua semplice amica, ma le volevo tanto bene, più che ad un'amica.
«Hai ragione.» le dissi semplicemente. «Adesso però scappo davvero.»
«No dai, resta qui.» si lamentò lei.
«Non posso, ho un po' di cose da fare.» le dissi velocemente. «E poi anche tu hai detto di avere degli impegni, no?»
«Si, ne ho, ma mi sarebbe piaciuto stare con te.» continuò lei in tono lento.
Sarebbe piaciuto anche a me stare con lei, rimanere a letto tutto il giorno e perdermi nei suoi dolci occhi, ma non potevamo farlo. Lei aveva il suo lavoro a cui pensare, probabilmente altre cose con altrettante persone, e io non volevo mettermi in mezzo. Ok, forse l'unica cosa di cui mi preoccupavo era della possibilità di fare sesso con lei. Non era per niente sicuro, ma non volevo rischiare. Dovevo ancora chiarirmi le idee, in meno di 24 ore avevo fatto sesso con Rosa, avevo baciato Sara e avevo dormito nello stesso letto con Giulia. La mia vita era troppo affollata. Continuai a dire a Giulia che non potevo restare, che avevo da fare, e alla fine si convinse. Io andai via e lei si preparò per la sua giornata. Con calma ritornai giù, sotto casa sua, salii in sella alla mia moto e mi avviai verso casa. In quel momento però lo feci più lentamente, non avevo fretta. In effetti non avevo sul serio delle cose da fare, era domenica e quel giorno me la prendevo molto con calma. Già che ero sveglia alle 09:00 del mattino era tanto, era davvero un miracolo. Le strade non erano molto affollate, e anche se trovavo un po' di traffico riuscivo agilmente ad aggirarlo. Tornai a casa nel giro di una decina di minuti, Ruby mi aspettava come sempre davanti alla porta, e quando entrai fu felice di vedermi. Io la presi in braccio, l'accarezzai e con lei mi diressi nella mia camera. La poggiai sul mio letto, mi cambiai velocemente e con Ruby che mi seguiva andai nel mio studio. Mi misi subito alla scrivania, accesi il portatile e iniziai a controllare la posta e i vari social. Di solito non li usavo mai, capitava raramente, solo quando Rosa mi obbligava a postare qualcosa con un riferimento ad un mio libro. Per lei i social erano importantissimi, lei li usava molto più di me, probabilmente sapeva anche usarli in modo migliore. A me non piacevano, li vedevo molto come un modo per mostrare agli altri che la mia vita era stupenda, anche se magari a fotocamere spente non era così. Negli anni avevo sempre avuto il bisogno di dimostrare agli altri quanto valevo, e che potevo avere tutto ciò che volevo senza aiuti, anche perché ciò che volevo era sempre in contrasto con i pensieri di chi mi circondava. Avevo sempre avuto la testa calda, avevo sempre voluto fare ciò che gli altri mi dicevano che non potevo fare, ed era una soddisfazione maggiore riuscire a fare ciò che nessuno si aspettava riuscissi a fare. Solo che quel bisogno di dimostrare agli altri quanto valevo, crescendo diminuì. Quando pubblicai il mio primo libro mi sentii dannatamente felice, lo ero talmente tanto che non mi importava nemmeno di sbatterlo in faccia ai miei che non avevano mai creduto in me, e tutt'ora non trovavano degno il mio lavoro. Quando pubblicai il secondo mi presi più soddisfazioni, lo fotografavo ovunque, ne comprai un sacco e li regalai a parenti e amici, sbagliando con i primi. Quando però pubblicai il terzo ero ugualmente felice e soddisfatta del mio lavoro, ma non avevo più nulla da dimostrare. Avevo raggiunto il mio scopo, finalmente potevo pagare tutto ciò che mi serviva con la scrittura, era quello il mio lavoro. Non mi importava più se la mia famiglia approvava o meno, non mi importava se le mie storie non piacevano a tutti, piacevano a quelli giusti e a me andava benissimo così. Di conseguenza non avevo nulla da mostrare né da dimostrare sui social, non mi sbilanciavo troppo, non volevo nemmeno che la mia vita fosse messa in piazza, le mie storie erano le uniche cose su cui postavo qualcosa. Ci entravo appunto raramente, mi ero costretta ad entrarci almeno una volta a settimana per smaltire la posta, per controllare i tag e leggere i messaggi. Alcuni erano belli, pieni di complimenti che mi facevano persino arrossire, altri erano decisamente l'opposto, pieni di odio ingiustificato e insulti gratuiti. Con quei messaggi non sprecavo nemmeno il mio tempo, bloccavo le persone in questione e passavo avanti. Agli altri invece provavo a rispondere con qualcosa che fosse più di un semplice "grazie", ma a volte mancavano le parole anche a me.

Di notte.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora