Capitolo 5 - Dettagli.

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Rosa e Giulia andarono via dopo alcuni minuti da casa mia. Giulia si mise i suoi vestiti, si infilò le scarpe e seguì Rosa fuori dal mio appartamento. A Rosa parve non sembrare strano nulla di ciò che vide, Giulia mezza nuda sul mio divano, con la mia maglietta addosso dato che poi la sua se la rimise prima di andare via, e senza pantaloni. Non si fece domande, o perlomeno non ne fece a noi in quel momento. Io avevo bisogno di una doccia, Giulia doveva fare lo stesso e non essendo a casa sua preferì andare via. Rosa la seguì perché Giulia aveva paura di incontrare la sua ex, che magari non aveva preso ancora tutta la sua roba, ma entrambe erano lì con la loro auto quindi Rosa avrebbe fatto un giro lungo. Sarebbe andata a casa di Giulia, avrebbe atteso che si preparasse e dopo sarebbero tornate a prendere me. Non sapevo quanto tempo avrebbero impiegato, ma io mi mossi piuttosto velocemente. Non mi piaceva fare tardi a degli appuntamenti, e per quello non sapevo nemmeno a che ora farmi trovare pronta, non lo sapeva nemmeno Rosa. Mi diede una mezz'ora di tempo e mi bastò, riuscii a fare una doccia e a prepararmi in quella mezz'ora, ma loro si presentarono a casa mia una ventina di minuti più tardi.
«Potevate dirmi che avreste fatto più tardi, me la sarei presa con comodo piuttosto che fare tutto di corsa.» dissi a entrambe non appena le raggiunsi giù accanto all'auto di Rosa.
«E che sfizio ci sarebbe stato?» mi chiese lei con fare provocatorio.
«La smetti di divertirti mettendomi in difficoltà?» ribattei tenendo lo sguardo fermo sui suoi occhi.
«La smetterò quando finirà di essere così divertente.» replicò Rosa con un sorrisetto.
«Dai, lasciala stare. Andrea, è stata colpa mia. Abbiamo fatto tardi perché non sapevo cosa mettermi.» si intromise Giulia per placare un po' gli animi, ma Rosa continuò.
«Si, e io le ho dato una mano.» disse con fare ammiccante.
«Una mano?» domandai io guardando prima l'una e poi l'altra.
«Si, ma è stato difficile, non ha nulla di interessante.» rispose lei piuttosto divertita.
«Ma taci, ciò che hai addosso tu non è migliore di ciò che ho io.» contestò Giulia.
Lei era vestita piuttosto casual, aveva una maglietta nera e dei jeans strappati, Rosa era leggermente più elegante con una camicia bianca scollata e dei pantaloni neri attillati.
«Oh non ti piace?» domandò Rosa con quel tono divertito. «Se vuoi mi spoglio.»
«No, grazie.» rispose Giulia con un sorriso nervoso.
Io non capivo cosa stesse succedendo, Giulia sembrava imbarazzata, Rosa sembrava che stesse provocando anche lei, e quella cosa era strana. Fino a quel momento Rosa provocò sempre e solo me, non ci provò mai con Giulia, ma forse non lo fece mai a causa della sua ragazza. Rosa si definiva etero, diceva di aver avuto tanti uomini, spesso quando eravamo solo noi tre ci raccontava anche nei dettagli ciò che succedeva tra lei e alcune sue conquiste, ma questo non fermò mai l'attrazione che avevo per lei. In quel momento ero solo confusa però, mi sentivo come se mi avessero escluso da qualcosa, e Rosa se ne accorse.
«Dai, ragazzina, andiamo a mangiare.» commentò lei all'improvviso portandomi un braccio attorno alle spalle e accompagnandomi vicino allo sportello anteriore della sua auto, quello del passeggero.
«No no no.» dissi subito togliendomi il suo braccio dalle spalle e facendo un passo lontano da lei. «Io mi siedo dietro.»
«Troppo tardi.» ribatté Giulia entrando in auto proprio dallo sportello dietro a quello dove eravamo noi.
«Ma lo fate apposta?» chiesi con fare nervoso.
«Dai, bimba, non farmi guidare come se fossi una tassista.» mi supplicò Rosa.
«Se faremo un incidente sarà colpa vostra, ricordatelo.» dissi aprendo lo sportello e infilandomi dentro.
Lei sorrise, lo vidi prima di entrare in auto, poi fece il giro ed entrò accanto a me. Tutto sommato non mi dispiaceva il suo modo di fare, avevo un animo egocentrico e avere la sua attenzione (seppur in quel modo) mi piaceva. Lei partì subito dopo e si infilò nel traffico di quel venerdì sera. Durante tutto il tragitto, circa un paio di chilometri, mi sentii strana, mi sentivo osservata. E di tanto in tanto incrociai lo sguardo con Rosa che quando incrociava i miei occhi mi faceva un sorriso provocatorio.
«Puoi guidare e basta, per piacere?» le chiesi la terza volta che incrociai il suo sguardo.
«Perché? Non posso guardarti?» mi chiese lei con quel sorriso.
«No, non puoi.» risposi io tenendo lo sguardo sul suo viso.
«E perché?» continuò lei con fare innocente.
«Perché altrimenti facciamo un incidente.» dissi in tono nervoso.
«Ma sei così carina.» commentò lei prendendomi palesemente in giro, non avevo nulla di diverso rispetto agli altri giorni.
Io sentii subito il mio viso accaldarsi, lei riusciva a mettermi così tanto a disagio con una semplice frase che mi faceva rabbia. Mi portai velocemente le mani davanti al viso e le chiesi di smetterla.
«Oh andiamo, ti sei imbarazzata?» mi chiese lei poggiandomi una mano sulla mia coscia, non la vidi ma la sentii.
«Smettila.» continuai io cercando di tornare al mio colorito naturale, ma con lei era difficile.
«Tesoro, andiamo, non ascoltarla.» commentò Giulia accarezzandomi piano il lato sinistro del collo con la nocca delle sue dita, ci mancava solo lei.
«Basta, smettetela.» dissi togliendomi sia le mie mani dal viso che quelle di entrambe addosso. «Fermati.» aggiunsi subito dopo.
«Cosa?» mi chiese Rosa un po' confusa.
«Fermati qui, voglio scendere.» le spiegai nervosamente.
«Ma no dai, siamo quasi arrivate.» continuò lei sorridendo.
«Beh andrete a cena senza di me.» ribattei tenendo una mano sulla maniglia.
«No, verrai anche tu, io non mi fermo.» contestò Rosa continuando a guidare tranquillamente.
«E allora uscirò fuori mentre cammini.» dissi con lo sguardo fisso sul suo viso.
«Non sei così pazza.» commentò lei voltandosi verso di me con un sorriso sicuro, ma non le conveniva rischiare.
«Vuoi scommettere?» le chiesi ricambiando il suo sorriso, in quel caso ero io la più pazza del gruppo.
«Va bene, va bene, mi fermo.» rispose lei dopo qualche secondo di incertezza.
Rallentò subito e si avvicinò con calma al marciapiede. Non appena lei si fermò, io aprii lo sportello e uscii fuori. Mi allontanai da lì a passo svelto, non sapevo dove andare ma volevo allontanarmi il più possibile da quell'auto. Peccato però che riuscii ad allontanarmi di soli 20 metri, poi Giulia mi prese una mano e mi fece voltare verso di sé.
«Lasciami.» le dissi in tono nervoso.
«Dove stai andando?» mi chiese in tono confuso.
«Lontano da voi.» dissi cercando di liberare la mia mano, ma lei la teneva ben stretta.
«Perché?» continuò lei, come se sul serio non ci arrivasse.
«Perché mi date sui nervi.» le spiegai.
«Ah si? Sicura?» domandò Giulia lasciando finalmente andare la mia mano.
«Cosa vorresti dire?» ribattei io leggermente titubante.
«Sicura che siamo noi a darti fastidio? Non è che sei tu che non riesci a controllarti?» mi chiese con un sorrisetto divertito, ma io continuavo a non capire.
«Non ti seguo.» le dissi con fare incerto.
«Io e te abbiamo fatto sesso, no?» mi chiese e io annuii lentamente. «E ciò che è successo, almeno il "come è successo" mi è sembrato che tu lo desiderassi da molto.»
«Non te la tirare troppo.» replicai con un sorriso nervoso, odiavo essere prevedibile, odiavo che qualcuno capisse subito il perché di un mio gesto, soprattutto in quel caso.
«D'accordo, non me la tirerò troppo, ma io avevo voglia di fare sesso con te da almeno un anno.» mi confessò lei con le guance parzialmente rosse.
«Cosa??» domandai io decisamente sorpresa.
«Già... Non mi sono mai buttata perché avevamo entrambe una ragazza, e a differenza della mia a me non piace tradire la persona con cui sto.» mi spiegò lei con fare quasi imbarazzato.
«E con questo discorso dove vorresti arrivare?» continuai io sempre più confusa.
«Beh che credo che ti piaccia anche Rosa, sessualmente parlando almeno.» rispose lei tranquillamente, in quel momento quella in imbarazzo divenni io.
«Chi te lo assicura?» le chiesi cercando di apparire tranquilla, ma non lo ero per niente.
«Nessuno, ma è una bella donna e in questi anni ho imparato a conoscerti, non ti imbarazzano certi gesti se non è una persona da cui sei attratta che li fa. O al massimo dovrebbero darti fastidio nel caso non ti interessi lei.» mi spiegò Giulia con calma.
«Beh si, ok, magari un po' mi piace.» confessai sentendo il mio viso accaldarsi di più.
«Un po', sì certo.» ribatté lei con fare ironico. «Beh a prescindere da quanto ti piaccia, ti consiglio di assecondarla.»
«In che senso?» le chiesi senza capire.
«Se tu ti imbarazzi lei continua, potresti risponderle a tono come fanno i tuoi personaggi.» mi spiegò lei con un sorrisetto divertito.
«I miei personaggi hanno un autocontrollo tutto loro, io probabilmente non ce l'ho.» commentai in tono lento.
«Provaci, sorprendila.» continuò lei.
Io non capivo cosa avrei dovuto fare di preciso, non sapevo cosa avesse in mente Giulia, ma presi un respiro profondo e tornai indietro verso l'auto insieme a lei. Rosa era in piedi vicino alla sua auto, lo sportello aperto e le sue braccia poggiate sul tettuccio. Ci guardò per tutto il tempo, quando rientrammo in auto notai che stava sorridendo. Quel suo sorrisetto divertito mi innervosiva ma provai a fare come mi disse Giulia.
«Allora? È tutto a posto?» ci domandò.
«Si, possiamo andare.» rispose Giulia per entrambe.
«E tu cosa mi dici, mh?» continuò Rosa poggiando due dita sotto al mio mento e facendomi voltare piano verso sé. «Non sei più arrabbiata con me?»
«Oh no, io lo sono eccome. Ma ci hai offerto una cena, e non posso mica rifiutare del cibo gratis?» commentai cercando di tenere un tono tranquillo e sicuro.
«Mmm... È giusto, sì, d'accordo...» ribatté lei. «Ma prima che partiamo mi dai un bacio?» mi chiese con fare provocatorio, e quella domanda mi mise in difficoltà anche se provai a non esternare ciò che realmente sentivo. «Almeno mi fai capire che abbiamo fatto pace.» aggiunse voltando per metà il suo viso e facendomi segno con un dito sulla sua guancia.
Lei voleva divertirsi con me? Benissimo, io avrei ricambiato ogni sua provocazione. Le presi il viso tra le mani e la feci voltare di nuovo verso di me, mi avvicinai di più al suo viso, ma non troppo. Le sorrisi e le sfiorai piano le guance con la punta delle dita, notando che il suo viso divenne gradualmente più rosso.
«Fidati, se ti baciassi una volta, in qualsiasi modo, poi ne vorresti di più.» le dissi con fare provocatorio.
Il suo sorrisetto sfrontato scomparve quasi subito, il suo sguardo era incerto, Rosa era palesemente imbarazzata. Quella fu la prima volta che la vidi in difficoltà, non credevo sarei mai riuscita a farla imbarazzare un minimo, ma quella volta ci riuscii. Successe grazie ai consigli di Giulia, lei conosceva più approfonditamente Rosa, e quest'ultima alla fine si tolse le mie mani dal viso e si schiarì leggermente la voce.
«Ok, d'accordo, direi sia meglio andare.» commentò lei rimettendo in moto l'auto e inoltrandosi lentamente di nuovo verso il posto che aveva in mente.
Io non sapevo dove stavamo andando, Rosa non ci parlò del posto preciso in cui saremmo andate, ma nei successivi 700 metri rimase in silenzio. Quando arrivammo lo capimmo solo perché parcheggiò in un ampio parcheggio per metà pieno e spense il motore.
«Siamo arrivate?» domandò Giulia.
«Si.» rispose Rosa semplicemente facendoci segno di uscire.
«E dov'è che dobbiamo andare?» continuai io guardandomi un po' attorno.
Il parcheggio era parzialmente buio, c'era solo un lampione a illuminare poche auto lontane da noi. Rosa chiuse la sua auto non appena io e Giulia uscimmo fuori e con calma si allontanò.
«Dobbiamo andare qui, è sulla strada che abbiamo superato poco fa.» ci spiegò Rosa che camminava davanti a noi.
«Oh, andiamo al pub americano allora?» le chiesi ricordando che era quello l'unico posto in cui si mangiava a 100 metri di distanza da noi.
«Si, ti dispiace?» mi chiese lei voltandosi indietro e camminando per gli ultimi metri accanto a me.
«No no, mi piace, ci sono andata un sacco di volte con le mie amiche.» risposi io con un sorriso.
«Allora sappi che dovrai consigliarmi qualcosa, perché io ci sono andata solo una volta.» ribatté lei con uno sguardo quasi imbarazzato.
«Ma certo.» acconsentii io poco prima di entrare dentro seguita da entrambe.
Rosa ci tenne la porta aperta, ci disse di entrare e ci seguì poco dopo. Io sapevo già dove volevo sedermi. Ero piuttosto abitudinaria, mi piaceva avere un posto fisso in cui mangiare, mi piaceva avere qualcosa da seguire e il più delle volte prendevo anche lo stesso cibo per oltre 3 volte consecutive. Di conseguenza fui io a guidare quelle due verso un tavolo alla nostra destra. C'erano almeno 2 file con quelle postazioni. I tavoli erano lunghi, i divanetti a entrambi i lati erano morbidi e comodi, erano grandi abbastanza da permettere a circa di 12 persone di sedersi (ovviamente 6 su uno e 6 sull'altro). Poi c'erano divanetti più piccoli, per 4 persone, e tavolini quadrati decisamente più piccoli in cui ci stavano comode 2 persone, anche se le sedie erano 4. Spesso quando uscivo con le mie amiche eravano in 5, saremmo state comode anche ai tavoli di media grandezza, ma mi piaceva troppo avere il mio spazio e così portavo sempre tutti a quel tavolo più grande. Così feci anche quella volta, anche se saremmo state comode pure su un tavolino più piccolo. Il locale era carino, c'erano targhe, insegne al neon, juke-box e tanti altri piccoli oggettini che richiamavano un diner tipico degli anni cinquanta in America. Quel posto mi piaceva molto, l'atmosfera che si respirava mi faceva stare bene, e per fortuna non c'era troppa gente.
«Buonasera.» ci disse un ragazzo avvicinandosi al nostro tavolo.
Si chiamava Matteo, aveva pressoché la mia età. Era carino, alto, non molto magro. In quel momento i suoi occhi azzurri erano abbinati alla camicia che aveva addosso, i capelli scuri erano spettinati in modo impeccabile, gli davano un tocco ribelle e quasi pericoloso, ma lo conoscevo ed era un ragazzo tutt'altro che pericoloso. Era dolce, molto gentile, a tratti anche orgoglioso, ma non durava mai molto. Ci lasciò i menu, ci chiese se nel frattempo volevamo prendere delle bevande, e dopo aver ordinato 3 birre ci lasciò il tempo di decidere cosa prendere.
«Ma non ci sono un po' troppe cose?» mi chiese Rosa che si sedette proprio accanto a me.
«Naaah, sono solo 5-6 pagine, e in un paio ci sono foto enormi.» risposi io con un piccolo sorriso.
«Beh e tu cosa mi consigli?» continuò lei poggiando una mano sulla mia coscia sinistra.
«Io ti consiglio di togliere la mano.» dissi prendendo la sua mano e portandola lontano dalla mia coscia, lasciandola poco dopo sul tavolo.
«Oh scusa, pensavo fosse la mia gamba.» commentò lei con fare innocente.
«Trova un'altra scusa.» ribattei io che non le credevo affatto. «Ma comunque...» dissi voltandomi verso il mio menu e sfogliandolo un po'. «Fanno anche la grigliata di carne, so che a te piace molto. Quindi se non ti va un panino puoi provare quella.» le dissi mostrandole la pagina dedicata.
Ormai noi tre in quegli anni avevamo mangiato spesso insieme, e io ero un tipo che notava e teneva bene a mente determinati dettagli che riguardavano le persone a cui tenevo o che mi piacevano semplicemente. Quella cosa, quella sera, mi avrebbe rovinato la cena. Ma fino a quel momento rimasi tranquilla.
«Oh, ti ricordi cosa mi piace?» mi chiese Rosa piuttosto sorpresa, e anche un po' imbarazzata.
«Certo, sono una scrittrice, tengo bene a mente i dettagli.» le dissi con fare leggermente ironico facendole credere che non fosse niente di che, ma non era così.
Di solito anche io dimenticavo alcuni dettagli delle mie storie, particolari di racconti che magari non avevo ancora concluso e di cui non pensavo da un po', ma quella scusa mi risultò piuttosto buona e Rosa non ebbe nulla da ridire. Qualche istante più tardi tornò Matteo, ci chiese se avevamo deciso cosa ordinare e noi rispondemmo in modo affermativo. Prendemmo tutte e tre cose diverse. Io scelsi il mio solito panino con hamburger, bacon e varie salse, quel giorno non ero particolarmente ispirata per prendere qualcosa di nuovo. A Giulia piacevano i sapori forti, piccanti, e ordinò un burrito dalla pagina di cibi messicani. Rosa invece si fidò di me e optò per quella grigliata di carne che includeva svariati pezzi cotti appunto alla griglia, ma mancava ancora un particolare.
«Ben cotta.» dicemmo entrambe, sia io che Rosa, non appena Matteo si segnò anche il suo ordine.
Io mi imbarazzai all'istante, Giulia e Matteo sorrisero divertiti, e Rosa si voltò quasi subito verso di me. Matteo si prese i menu e ci disse che avrebbe portato subito gli ordini, e io provai a far finta di nulla guardando le tovagliette che avevamo sul tavolo, che erano solo vecchie stampe del menu appena letto.
«Mi fai anche da "mammina" adesso?» mi chiese Rosa in tono confuso.
«Che? Cosa?» domandai io fingendo di non aver capito di cosa parlasse tirando su il mio sguardo su di lei.
«Ricordi anche che mangio la carne ben cotta?» mi chiese lei bagnandosi leggermente le labbra, e quel gesto lento mi fece andare in panne il cervello.
Probabilmente notò il mio sguardo fisso sulla sua bocca poiché lo rifece, si bagnò di nuovo le labbra, quella volta in modo più lento. La mia gola era secca, non riuscivo a parlare, ma avevo una voglia matta di avvinghiarmi a quelle sue labbra.
«Allora?» continuò lei schioccandomi due dita davanti agli occhi.
«Eh cosa c'è?» chiesi guardando i suoi occhi.
«Si può sapere che problemi hai?» mi chiese con fare divertito.
«Non ho nessun problema, solo perché ricordo cosa ti piace non significa che sia strana.» ribattei in tono nervoso.
«Non dico che sia una cosa strana, dico solo che è un fatto curioso.» replicò lei.
«Che può essere usato anche come sinonimo di strano eh.» commentai debolmente.
«Potrebbe, ma non è questo il caso.» continuò lei che era sempre dannatamente sicura di sé.
«Dai Andrea, sai anche tu che non è così semplice ricordare i gusti di Rosa.» replicò Giulia con un tono lento.
«Perché? Perché non prende mai due volte di fila la stessa cosa?» le chiesi io ricordando che appunto Rosa era decisamente imprevedibile.
Lo era in tanti ambiti, qualche giorno dopo avrei scoperto che lo era anche in campo sessuale, ma in quanto a cibo le piaceva praticamente qualsiasi cosa. Passava dalle insalate più salutari del mondo al cibo più pieno di calorie. Nonostante questo si teneva anche in forma, faceva sport, e per questo il suo fisico era piuttosto magro e in svariati punti muscoloso.
«Si, esatto. Nemmeno io ricordo bene cosa le piace di più, e io la conosco da più tempo di te.» continuò Giulia.
«E quindi? Ricordi quando siamo andate a festeggiare il mio contratto per quella trilogia?» le chiesi nervosamente, odiavo dover dare spiegazioni.
«Si...» disse lei poco convinta.
«Ricordi cosa abbiamo preso?» continuai velocemente.
«Sono passati più di due anni, Andre', non ricordo nemmeno cos'ho mangiato la settimana scorsa.» rispose lei con un sorriso.
«Beh nemmeno io, ma ricordo che lei ha mandato indietro una tagliata di carne che aveva chiesto ben cotta e che però le era arrivata al sangue.» le spiegai cercando di togliermi da quell'imbarazzo, ma non funzionò molto bene.
«Oh, e ti sei ricordata questa cosa nonostante siano passati anni? Ma che carina che sei.» commentò Rosa allungando la sua mano destra verso il mio viso e sfiorando una mia guancia con le nocche.
«Ti giuro che se non la smetti ti taglio le mani.» contestai togliendomi nervosamente la sua mano dal viso.
«Aggressiva, mi piace!» continuò lei sorridendo, e come se non le avessi detto nulla mi sfiorò la punta del naso con l'indice.
«Piantala!» le dissi scostando di nuovo quella sua mano, ma lei fu più decisa.
Quella sua mano tornò indietro, tornò verso il mio viso ma più giù, sotto il mio mento. Afferrò il mio viso con forza, tenendo appunto la sua mano sotto al mio mento, le dita più lunghe erano al mio lato sinistro, il pollice era fermo al centro della mia guancia destra. Il suo viso era minacciosamente fermo davanti al mio, il suo naso sfiorava quasi il mio. I suoi occhi erano fermi, fissi nei miei, le sue labbra erano leggermente inarcate all'insù in un sorrisetto sfrontato. Quella fu la prima volta che riuscii a guardarla bene negli occhi, in quei suoi piccoli e stronzi occhi. Erano chiari, verdi per la precisione, ma in quel momento notai delle macchioline gialle attorno all'iride.
«Non pensi che dovresti essere un po' più gentile con la tua editor?» mi chiese, ma io non le risposi.
«Dai Rosa, lasciala stare.» commentò Giulia, e subito dopo sentii la presa della mano di Rosa allentarsi.
«Ti è andata bene che c'è Giulia, ma la settimana prossima non ci sarà. Saremo da sole per almeno tre giorni.» replicò lei con quel sorrisetto divertito.
Mi lasciò completamente andare, si allontanò anche col viso, ma io non mi sentivo particolarmente a mio agio. Sentivo di voler scappare quasi da quella situazione, di dovermi allontanare, ma ripensai a ciò che mi disse Giulia una mezz'oretta prima e rimasi lì. Mi disse di assecondarla, e io lo feci. Portai velocemente una mia mano al lato del suo viso, la feci voltare verso di me e in quel momento fui io a mettermi faccia a faccia con lei.
«Cosa vorresti dire, mh? In che modo dovrei essere più gentile?» le chiesi in tono particolarmente basso, ma lei non sembrava affatto a disagio in quella situazione.
«Dovresti essere meno nervosa, dovresti smetterla di spingermi via.» commentò tornando a sorridere.
«D'accordo, poniamo il fatto che io non ti allontani. E poi?» chiesi tornando a fissarmi sui suoi occhi.
«"E poi"?» domandò lei leggermente confusa.
«Non puoi reggere il confronto con me, Rosa.» le dissi sfiorandole la gola con la punta dell'indice. «Se fossi gentile con te, nel modo che intendi tu, poi saresti senza fiato.» sussurrai bagnandomi leggermente le labbra e notando lei mordersi le sue.
«Io sarei senza fiato?» mi chiese con fare particolarmente divertito.
Con calma si avvicinò di più al mio viso, al lato sinistro però, quello che Giulia non vedeva. Sentii le labbra di Rosa sfiorarmi la guancia fino a fermarsi al mio orecchio, lì sentii il suo respiro caldo, e la sua voce calma far partire di nuovo i miei ormoni.
«Io non ho ancora iniziato, eppure tu sei già senza fiato.» disse lasciandomi un bacio sul collo, poco sotto l'orecchio. «Respira, ragazzina. Ora che puoi, respira.» aggiunse con fare decisamente più divertito.
Lentamente si allontanò da me, mi sorrise e tornò a poggiarsi con le spalle contro lo schienale. Sapeva di aver vinto quella battaglia, io avevo lottato più che potevo ma avevo perso. Lei iniziò a chiacchierare tranquillamente con Giulia, parlarono di altri autori, altri scrittori che Giulia aveva fatto conoscere a Rosa, e io per un po' rimasi nel mio mondo. Di solito mi dava fastidio che si parlasse di altri autori, soprattutto se a farlo erano loro due, avevo un animo egocentrico e mi piaceva essere al centro dell'attenzione. Ma in quel momento non le ascoltai per niente, mi voltai anche io verso il tavolo, le spalle contro lo schienale morbido del divanetto, e lo sguardo perso sulle tovagliette stampate. In testa avevo ciò che successe con Rosa pochi istanti prima, le sue labbra, la sua voce e quella sua mano sul mio viso. Di solito i modi duri non mi piacevano, perlomeno fuori dal sesso, ma il modo di fare di Rosa mi fece aumentare solo la voglia di lei, di portarla a letto e vedere come si sarebbe comportata. Dopo alcuni minuti tornò al nostro tavolo Matteo, insieme ad una sua collega, e ci lasciarono i nostri piatti. Fu solo in quel momento che ripresi il controllo dei miei pensieri, riuscii ad uscirne ma avevo bisogno di prendere aria lontano da loro, lontano da Rosa soprattutto.
«Scusatemi un attimo.» dissi scivolando col sedere sul divanetto e avvicinandomi velocemente alla fine di esso.
«Dove vai?» mi chiese Giulia piuttosto confusa, ma io mi tirai su e mi allontanai da lì senza risponderle.
Mi mossi con un passo incerto lungo tutta la sala fino ad arrivare ai bagni, entrai dentro velocemente e mi fermai davanti al terzo lavandino libero. Lì dentro non c'era nessuno, rispetto alla sala era più spoglio, il colore azzurro primeggiava sulle piastrelle del pavimento e le porte dei singoli bagni. Davanti ad ogni lavandino c'era uno specchio piccolo, rettangolare, in cui potei vedere tutta la mia pateticità.
«Che cazzo...» sussurrai aprendo l'acqua fredda e sciacquandomi per bene il viso.
Avevo bisogno di riprendermi, ero troppo presa da Rosa, e non volevo che se ne accorgesse anche lei. Rimasi in bagno per qualche minuto, non molti, ma non appena mi asciugai il viso Giulia mi raggiunse.
«Ehi, va tutto bene?» mi chiese con fare preoccupato.
«Si, mi stavo solo rinfrescando le idee.» dissi in tono ironico.
«Ah si? E ci sei riuscita?» continuò lei col mio stesso tono.
«Un pochino si, dai.» risposi io non molto convinta.
«Oh bene, allora puoi spiegarmi cos'è successo poco fa al tavolo tra te e Rosa?» domandò lentamente.
«In che senso?» ribattei senza capire cosa volesse sapere nello specifico.
«Beh nel senso che ci mancava poco che vi saltaste addosso a vicenda.» mi spiegò lei leggermente innervosita.
«Lo hai visto, è lei che mi provoca, e tu mi hai detto di assecondarla.» commentai.
«Si, ma non così.» contestò lei, e io continuai a non capire.
«E in che modo dovrei farlo? Spiegami.» le chiesi sperando di capirci qualcosa, ma quella situazione era assurda e lo sarebbe diventata ancora di più.
«Non lo so, ma mi sono sentita come se fossi il terzo incomodo.» rispose lei portandosi una mano tra i capelli con fare imbarazzato.
«Che vuoi dire? Tra me e Rosa non c'è niente, e poi...» replicai, ma un dettaglio sul collo di Giulia mi fece bloccare.
Era piccolo, all'altezza dell'orecchio sinistro, poco sotto. Rossastro, tendente al viola. Non lo notai fino a quel momento perché aveva i capelli che lo coprivano bene, ma in quel preciso momento si passò una mano tra di loro per toglierseli dal viso e mosse automaticamente anche quelli al lato.
«Quello cos'è?» le chiesi tirando su lo sguardo sul suo viso.
«"Quello" cosa?» ribatté lei fingendo di non capire, ma le sue guance divennero subito rosse e sapevo che capì a cosa mi riferivo.
«Quel segno che hai sul collo, è un succhiotto?» continuai io cercando di contenere il mio stupido tono geloso.
«Ma no, devo aver preso una botta.» contestò lei col viso quasi completamente rosso.
Giulia non era come Rosa, lei non riusciva a mascherare le sue emozioni, né tantomeno a mentire.
«Si certo, hai avuto uno scontro letale con le labbra di qualcuno.» ribattei con fare sarcastico.
«Non è vero, non è successo niente.» continuò lei debolmente, ma era inutile negare tutto ciò.
«Ah no? Allora dimmi quando è successo. Cioè stanotte abbiamo fatto sesso e non avevi nulla di simile addosso, e io non posso avertelo fatto, me ne ricorderei.» dissi cercando di ricordare bene ogni dettaglio di quella notte, e non fu così difficile. «Potrei ipotizzare che hai rivisto la tua ex, ma non sei mai stata sola, cioè...» e in quel momento capii. «Rosa...»
«C-cosa?» domandò lei piuttosto sorpresa.
«È stata lei, non è vero?» chiesi col tono che ormai non riuscivo più a controllare, poteva esser stata solo lei.
«Ma no, certo che no.» ribatté lentamente.
«Giulia, ti prego, non mentirmi. Sono ingenua, non stupida.» replicai con un sospiro. «Tra ieri e oggi hai visto solo me e Rosa, quindi se non sono stata io è stata per forza lei.»
«Si, va bene, me lo ha fatto lei. Contenta?» confessò alla fine.
Ero contenta? Ovviamente no. Dentro di me sentivo un misto di tante emozioni, e nessuna era paragonabile alla gioia. Ero gelosa, invidiosa, incazzata e anche in un certo senso ferita. Pensavo che quello che fosse successo tra me e Giulia fosse stato speciale, qualcosa che lei voleva fare da tempo come me e non che aspettasse di togliersi la propria ragazza di torno per andare con chiunque.
«State insieme?» le chiesi con più calma.
«Cosa? No, assolutamente.» disse lei.
«Allora cosa significa?» continuai cercando di capirci qualcosa.
«Non significa nulla.» rispose lei piuttosto tranquilla, ma non le credevo.
«E quello che è successo tra me e te? Anche quello non significa nulla?» domandai con fare effettivamente geloso.
«Senti, Andrea, io...» commentò lei, ma era evidente che non sapesse cosa dirmi.
«Pensavo che tu ci tenessi molto alla tua ex.» le dissi nervosamente.
«Ed è così, ma...» provò a replicare lei, ma io la interruppi.
«Ma non ci hai messo molto a venire a letto con me e poi con Rosa.» dissi.
«Non mi sembra che stanotte ti sia dispiaciuto.» commentò lei in tono offeso.
«Beh no, ma non immaginavo che aspettassi quel momento per scoparti tutte le persone che avevi intorno.» replicai in tono fin troppo duro.
Sapevo che lei non era il tipo, in fondo ne ero a conoscenza, ma in quel momento non capivo più nulla.
«Che diavolo stai dicendo? Io ho fatto sesso solo con te, io e Rosa non ci siamo spinte tanto oltre.» contestò lei.
«E perché mai? Tanto tra me e te non c'è nulla, quindi avresti potuto farlo.» ribattei.
«Mi spieghi cosa ti prende? Sei gelosa, per caso?» mi chiese con fare nervoso e io non riuscii a negare nulla. «Tranquilla, ci siamo solo lasciate andare a qualche bacio e qualche palpatina. Sai com'è Rosa, provoca molto, ma non aveva nulla a che vedere con ciò che abbiamo fatto io e te.»
«Non fa nulla, potevate anche scopare, io e te non stiamo insieme.» dissi in tono piuttosto nervoso, in quel momento era solo la gelosia a guidare i miei pensieri.
Mi voltai velocemente verso la porta, pronta per andare via, non avevo voglia di continuare quel discorso. Ma proprio in quel momento entrò Rosa.
«Oh, cavolo, ragazzina... Qualche centimetro più avanti e ti avrei sbattuto la porta in faccia.» commentò lei con un sorrisetto divertito, ma io non sorrisi per niente.
«Non sarebbe stata una tragedia...» commentai io passandole accanto e uscendo da lì.
«Ma cosa le prende?» sentii chiedere da Rosa, ma non rimasi altro tempo lì per ascoltare il resto.
Non mi importava. Non mi importava ciò che avevano da dirsi, non mi importava sapere cosa avrebbe detto Giulia a Rosa, l'unica cosa di cui mi importava in quel momento era di concludere in fretta quella serata. Tornai quasi subito al mio tavolo, tutti i piatti erano ancora lì, intatti, nessuno aveva toccato nulla. Giulia e Rosa tornarono indietro poco dopo di me, Rosa provò a trattarmi come al solito, mi toccò ugualmente il viso un sacco di volte ma io non l'assecondai più. Non risposi più a nessun loro discorso, nessuna domanda, mangiai semplicemente e attesi che loro finissero il loro pasto. L'aria era pesante, lo sentivo, sapevo che era colpa mia, che avrei potuto far finta di nulla ma non ci riuscivo. Quella situazione mi dava fastidio, non sapevo come prenderla, ma sapevo che avevo bisogno di stare da sola. Tornammo a casa prima del previsto, di solito dopo cena ci facevamo un giro in centro tra le vetrine illuminate dei negozi, ma quella sera chiesi a Rosa di lasciarmi sotto casa.
«Si può sapere cos'è successo?» mi chiese Rosa subito dopo.
Eravamo nella sua auto, io di nuovo al posto davanti accanto a lei, eravamo appena partite da quel locale e stavano decidendo dove andare.
«Non è successo nulla, semplicemente non mi sento molto bene.» dissi lentamente.
Avrei voluto essere sincera, avrei voluto chiederle tante cose, ma tutto sommato non ero così coraggiosa come credevo. Io non stavo con nessuna delle due, mi piacevano entrambe, ma questo non significava che potevo fare quello che volevo. Loro erano grandi, libere da qualsiasi relazione, Giulia era stata anche male per la sua ex e magari era venuta a letto con me solo per vendicarsi, in un certo senso. Non sapevo cosa si dissero nei pochi istanti in cui entrambe rimasero sole, non sapevo se Giulia le avesse detto la verità, ma in quel momento nessuna lo diede a vedere.
«D'accordo, riposati per bene però, che la settimana prossima devi essere in forma.» mi disse poco prima di lasciarmi sotto casa mia.
Io non avevo alcuna voglia di andare a Torino, di stare da sola con Rosa soprattutto, non ero mai stata letteralmente da sola con lei. C'era sempre qualcuno con noi, qualche suo collaboratore della casa editrice, o Giulia. In quei giorni invece saremmo state da sole. Rosa decise per tre giorni, e dato che abitavamo in Campania ci servivano tutti. Il primo giorno ci serviva solo per arrivarci, avremmo preso un treno, forse due, non sapevo quali fossero i piani di Rosa. Ma comunque ci volevano una decina di ore solo per arrivare in città, salvo eventuali ritardi. Il secondo giorno era quello effettivo del firmacopie, avremmo passato in libreria almeno 2 ore, poi il resto della giornata potevamo trascorrerlo come volevamo. L'evento era nel tardo pomeriggio, quindi potevamo goderci molto la mattinata e la serata, o almeno così speravo. Quando arrivò il giorno della partenza, Giulia venne in stazione con noi, ma non aveva alcun bagaglio quindi intuii che non ci avrebbe seguite oltre.
«Sicura di non voler venire anche tu?» le chiese Rosa.
«Non posso, ho un impegno con una ragazza.» rispose lei con un piccolo sorriso.
«Oh, ti sei trovata subito una sostituta, eh?» scherzò Rosa.
«Ma no, che dici... È una ragazza che scrive storie fantasy, mi ha chiesto di leggere una sua opera e io l'ho fatto, non è male.» ci spiegò Giulia, e proprio in quel momento arrivò il nostro treno. «Dobbiamo vederci tra qualche ora, parleremo un po' e valuterò se è il caso di farla passare per la tua casa editrice.»
«Oh bene, mi raccomando però, che sia una bella storia.» commentò Rosa.
«Oh la storia è molto bella, scritta piuttosto bene anche.» continuò Giulia e io portai gli occhi al cielo, odiavo troppo sentirla parlar bene di altri scrittori.
«Si ok, lei ha altro da fare, ma noi possiamo andare?» chiesi a Rosa facendole segno verso il treno alle nostre spalle che ssi fermò del tutto in quel momento.
«Si, va bene, ora andiamo.» replicò Rosa leggermente infastidita. «Scusala, non vede l'ora di stare da sola con me.» aggiunse prima di avvicinarsi a Giulia e abbracciarla.
«Bene, andiamo!» dissi non appena Rosa si staccò da lei e tornò accanto a me.
«E tu non mi abbracci?» mi chiese Giulia.
«Non stiamo andando in guerra.» risposi io velocemente.
«Andiamo, facciamo in fretta.» commentò Giulia allargando le braccia e facendomi gli occhi dolci.
«E va bene...» sospirai avvicinandomi a lei e affondando tra le sue braccia.
Tutto sommato ci stavo bene lì, ogni volta che mi abbracciava mi sentivo tranquilla, mi passava ogni ansia, ma in quel momento non avevo intenzione di ammetterlo.
«Smettila di fare la gelosa.» sussurrò al mio orecchio prima di lasciarmi un bacio su una guancia.
Poi mi lasciò libera, fece un passo indietro e mi sorrise.
«Ok, adesso possiamo andare.» disse Rosa facendomi segno con la testa verso il treno.
«Non perdermi la ragazzina, mi raccomando.» disse Giulia con fare ironico
«Tranquilla, non la perderò. Al massimo la mollo lì volontariamente.» commentò Rosa in tono ironico.
Lentamente poi ci voltammo, prendemmo i nostri due piccoli trolley e ci avviammo verso le porte aperte del treno. Giulia rimase fuori a guardarci e salutarci fino a quando il treno non partì e lei non fu più visibile. Io e Rosa trovammo quasi subito dei posti liberi, il treno a quell'ora era parzialmente vuoto, era piuttosto presto, partimmo in quel momento per avere la possibilità di arrivare ad un orario decente a Torino. Quello però era solo il nostro primo treno, avremmo dovuto prenderne due per arrivare a destinazione, e io odiavo cambiare treni per un singolo viaggio. Odiavo trovare a fatica un posto, o magari facilmente, poi cambiarlo e avere la sfiga di dover cambiare treno, che magari a quell'ora era più pieno del precedente. In quel viaggio però Rosa era con me, e il pensiero di trovare o meno un posto non mi sfiorò per niente. Mentre eravamo in viaggio, in quel primo treno diretto a Napoli, Rosa mi distrasse abbastanza. Rimase piuttosto vicina a me, il suo braccio toccava il mio, e dopo qualche minuto poggiò persino la sua testa sulla mia spalla.
«Ti spiace se resto così per un po'?» mi chiese in tono quasi innocente, ma da lei mi aspettavo di tutto. «Sono un po' stanca.» aggiunse strusciando piano la sua guancia e mettendosi comoda.
«C-certo, tranquilla.» risposi io cercando di fingere un'assoluta calma.
Non aveva bevuto il suo caffè quotidiano, non avevamo avuto tempo per fare colazione, ma non appena arrivammo a Napoli le offrii subito un caffè. Avevamo almeno mezz'ora di attesa e potemmo fare con calma.
«Non vuoi che ritorni a dormire addosso a te?» mi chiese lei con fare divertito non appena le proposi il caffè.
«No, non è questo. Ma sei stanca, si vede, magari quello ti aiuta a svegliarti.» le dissi fermandomi alle spalle di alcune persone che erano in fila ad un bancone di un piccolo bar.
«D'accordo, proverò a crederti.» commentò lei con fare divertito. «Tanto quando saremo a Torino non avrai scampo, sarai tutta mia.» aggiunse con fare provocatorio.
«Senti, mi spieghi perché fai così?» le chiesi lentamente.
«In che senso?» ribatté lei senza capire.
«Perché mi provochi di continuo? Perché mi fai credere che ti piaccio?» domandai.
«Oh ma tu mi piaci davvero.» rispose lei sorridendo.
«Sii seria, per favore. Dici di essere etero, no?» le chiesi e lei annuì tranquillamente. «E allora perché lo fai? Sai che a me piacciono anche le donne... E se ti assecondassi? Se ti baciassi?»
«Beh non lo so, è che mi piace la tua reazione, vedere come ti imbarazzi.» mi spiegò lei con fare leggermente impacciato.
«Il mio non è imbarazzo, è "non sapere cosa fare". Se tu fossi stata un'altra persona saremmo già finite a letto.» le dissi con tutta la sicurezza che avevo in corpo.
Di solito se qualcuno mi provocava, e a me piaceva, lo assecondavo senza troppi problemi. Di lì a poco saremmo anche finiti a letto, ma con Rosa mi stavo trattenendo molto.
«Oh, che peccato. E pensi che a me dispiaccia?» mi chiese con un sorriso ironico.
«Fai la seria per una volta.» ribattei nervosamente.
«Va bene, va bene, la smetto.» replicò lei, e nonostante sembrasse sincera non riuscii a crederle fino in fondo.
Il mio intuito funzionava bene, a volte mi illudevo solo, ma in quel caso ci prese in pieno. Rosa la smise di provocarmi a parole e lo fece coi fatti. Durante il tragitto da Napoli a Torino avemmo tante ore per stare insieme, tanto vicine. Io usai quelle ore per ascoltare della musica, vedere un paio di puntate su Netflix tramite il cellulare, mentre Rosa fece tutt'altro. Si era portata un mio libro, l'ultimo della serie, e lo lesse per tutto il tempo. Quello ovviamente non aveva nulla a che fare con delle provocazioni, ma ciò che fece mentre leggeva ce l'aveva eccome. A volte tornava a poggiare il suo viso sulla mia spalla, a volte si spingeva talmente tanto contro il mio corpo che sentivo il suo seno premere contro un mio fianco, altre volte si metteva più comoda e allungava le sue gambe sulle mie. Insomma, che mi pensava credevo fosse ormai ovvio. Dopo 8 lunghe e interminabili ore di viaggio finalmente arrivammo a destinazione, prendemmo un taxi che ci avrebbe portate in albergo, e lì Rosa continuò il suo gioco.
«Non avevi detto di aver preso una doppia?» le chiesi non appena entrammo nella nostra camera e ci trovammo davanti un solo letto matrimoniale.
«No, ti avevo detto che le doppie erano finite, che ci toccava dividere una matrimoniale.» ribatté lei.
«E non potevi cercare altrove? Non penso che questo sia l'unico albergo della città.» replicai io velocemente.
«Beh no, ma è quello che mi piace di più, poi è vicino al centro, non dobbiamo nemmeno farci troppi chilometri per spostarci, né siamo costrette a prendere dei mezzi.» mi spiegò lei con fare calmo, sembrava aver studiato bene la situazione. «La libreria in cui dobbiamo andare domani è a un chilometro da qui, ci mettiamo un quarto d'ora se andiamo con calma.» aggiunse.
Io non ero convinta, lei aveva prenotato tutto almeno un mese prima, e non credevo che le camere doppie fossero occupate da allora. La stanza non era male, era carina nonostante quel particolare del letto matrimoniale, le pareti erano scure, ma avevano alcuni led chiari che seguivano le linee di un rettangolo proprio sopra al letto. Il bagno era spazioso, la doccia era piuttosto grande, e avevamo anche un piccolo balconcino.
«Comunque cosa ne dici di farci una doccia e poi andare a mangiare qualcosa con calma?» mi chiese aprendo il suo piccolo trolley e prendendo ciò che le serviva.
«Va benissimo, muoio di fame.» sorrisi pensando che effettivamente per farmi stare tranquilla bisognava offrirmi del cibo.
«D'accordo, se non ti dispiace vado prima io allora.» commentò lei tranquillamente senza alcuna provocazione del tipo "se vuoi possiamo farla insieme".
Io non obiettai nulla, non avevo fretta di buttarmi sotto la doccia, piuttosto mi buttai sul letto e mi rilassai. Rimasi su quel letto per una buona mezz'ora. Rosa se la prese con calma, ci mise così tanto tempo che pensai che quando sarebbe uscita dal bagno l'avrei trovata già pronta, e invece no. Mi sbagliavo, mi sbagliavo alla grande. Dopo più di 40 minuti sentii la maniglia della porta del bagno muoversi, e subito dopo uscì Rosa.
«Oh finalmente...» dissi voltandomi verso di lei solo col viso e bloccandomi inevitabilmente.
Rosa non era per niente pronta, non era vestita, non era nemmeno nuda, ma aveva addosso solo un intimo rosso. Il suo corpo era decisamente diverso rispetto a quello di Giulia, quello di Rosa era più muscoloso. Sapevo che a Rosa piaceva lo sport, che ne praticava un paio, ma non avevo mai avuto modo di guardare ogni dettaglio del suo corpo, tranne in quel momento. Le sue gambe erano sode, così come il suo sedere, aveva delle evidenti linee sul basso ventre che mi indicavano la via tra le sue gambe, e già solo quelle mi fecero incantare. L'addome era segnato da altrettante linee, più leggere però, che delineavano gli addominali. Le sue braccia erano il doppio delle mie, le mie erano piuttosto magre, ma a me di fare sport non importava, a Rosa si. Il suo seno era più grande di quello di Giulia, la sua pelle era liscia, apparentemente morbida, e quel suo seno stretto in quel tessuto rosso mi fece per un attimo perdere la testa. Era bella, non potevo assolutamente dire il contrario. Fissai il suo corpo per qualche minuto, ero come persa nei lineamenti del suo seno, ritrovandomi chissà come a sognare sulle linee del suo ventre. Quando mi ricordai di chi avevo davanti, Rosa, la mia editor, in pratica il mio capo, mi sbloccai. Tirai su il mio sguardo sul suo viso solo in quel momento, lei sorrideva soddisfatta, aveva ottenuto ciò che voleva, la mia più totale attenzione. Ma non potevo continuare in quel modo. Mi tirai su velocemente, presi le mie cose e mi mossi per andare in bagno.
«Potresti non chiudere la porta a chiave?» mi chiese lei con fare innocente.
«Cosa? Perché?» domandai fermandomi accanto a lei e cercando di non abbassare lo sguardo dai suoi occhi.
«Beh perché devo ancora asciugare i capelli.» mi disse tirando per un istante il suo sguardo all'insù.
Solo in quel momento mi accorsi dei suoi capelli ancora umidi, non erano particolarmente bagnati, non gocciolavano vistosamente, ma erano comunque umidi.
«Eh no, non posso.» ribattei entrando velocemente nel bagno, presi l'asciugacapelli che era lì e glielo portai. «Tieni.»
«Oh, hai paura che possa vederti completamente nuda?» domandò lei con fare divertito.
«Ho paura che tu possa star lì a fissarmi, sì, e non mi piacerebbe.» risposi io velocemente.
«Non credo, ti piacerebbe eccome. Ma d'accordo...» commentò lei prendendo l'asciugacapelli dalla mia mano. «Ma sappi che prima o poi sarai tu a spogliarti davanti a me perché vorrai che ti guardi, e non solo.» mi provocò lei con un sorriso ammiccante, di chi sapeva di avere ragione.

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