Capitolo 9 - La proposta.

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Restai davanti al portatile per più di un'ora, sbadigliavo di continuo, stavo morendo di sonno. Probabilmente avrei fatto prima ad andare a dormire, quello non era per niente il mio orario, ma ormai ero sveglia e sapevo che se mi fossi buttata a letto dopo esser stata al pc ci avrei messo un bel po' per addormentarmi. Di giorno capitava spesso, quando invece lo facevo a notte inoltrata riuscivo ad addormentarmi quasi subito, la stanchezza era maggiore e in quel caso avevo solo bisogno di svegliarmi un po'. Mi staccai dal pc, mi tirai su dalla mia scrivania, accarezzai Ruby tra le orecchie, che era distesa comodamente sul divano, e mi inoltrai verso il bagno. Mi bagnai il viso con dell'acqua fredda, lo feci più volte e dopo la terza mi asciugai. Non aveva funzionato del tutto ma potevo fare di più. Passai dalla mia camera, presi le cuffie antirumore che avevo lì per quando la notte non mi andava di dormire, e tornai nel mio studio. Collegai il cellulare alle cuffie via bluetooth, e cercai la mia playlist con tutte le canzoni degli Imagine Dragons che mi piacevano. Ascoltavo loro quando avevo bisogno di svegliarmi, li ascoltavo a tutto volume con quelle cuffie. I bassi erano ciò che amavo di più, sentire la musica rimbombare nelle mie orecchie mi piaceva un sacco, anche se tenere le cuffie non mi faceva sentire se qualcuno veniva a trovarmi, ma non era un problema. Chiunque veniva a trovarmi sapeva che non sempre ero reperibile durante il giorno, più per il fatto che lavoravo di notte e dormivo appunto di giorno, ma quando magari ci provano lo stesso mi chiamavano prima o dopo per informarmi di essere passati. Quel giorno però non passò nessuno, e io potei fare le mie cose tranquillamente. In quel momento ero alle prese con una batteria invisibile, presi un paio di penne che avevo lì e mi immaginai di battere su dei piatti e tamburi invisibili. Gli Imagine Dragons mi facevano quell'effetto, mi facevano venir voglia di suonare e cantare anche se il mio inglese faceva abbastanza pena e non sapevo suonare nemmeno un campanello. Un anno prima avevo comprato anche una chitarra acustica, probabilmente nel mio caso sarebbe stato meglio una batteria, ma era più ingombrante e visibilmente più difficile da suonare. Mi ci appassionai quasi subito, cercai corsi gratuiti online di ogni tipo, anche semplicemente per una canzone. Non sapevo ancora suonarla benissimo ma ci avrei lavorato. In quel caso faceva comunque la sua bella figura come mobilio di arredamento, anche se a volte mi faceva pena, la prendevo per un'oretta e strimpellavo qualcosa. In quel momento no, in quel momento probabilmente mi guardava male pensando a che sfiga avesse avuto di entrare in casa di una persona che preferiva suonare una batteria invisibile piuttosto che una chitarra reale. Quando alla fine mi calmai, ed ero già piuttosto sveglia, ritornai a controllare i messaggi e i post su vari social. Fu su Instagram che ne trovai di più, trovai anche delle foto scattate dalla ragazzina di 15 anni che vidi quel giorno a Torino, c'erano anche messaggi e post con frasi che riportavano ai miei libri. Insomma, a quella ragazzina dovevo piacere davvero tanto. Le misi un cuore su ogni post che trovai, in cui parlava di me. In quel momento non lo facevo per mera pubblicità, come avrebbe voluto Rosa, ma lo facevo proprio perché mi faceva piacere dedicare qualche minuto a chi a quanto pareva ne aveva dedicati molti di più a me, mi sembrava doveroso. Tra i vari messaggi ne trovai anche uno a cui avrei dovuto evitare di rispondere, non tanto per ciò che c'era scritto, ma per ciò che avrebbe scaturito in seguito.
«Ciao, scusami se ti disturbo ma volevo dirti due parole. Non so se ti ricordi di me, sono la ragazza che ha portato al firmacopie di Torino tutti e tre i tuoi libri.» c'era scritto nella prima parte, e in effetti mi ricordai di lei per quel particolare perché nessun altro lo fece, magari due, il preferito e l'ultimo, ma tutti e tre proprio no. «Volevo ringraziarti per tutto ciò che fai, per come dai voce a persone come me con le tue storie. Mi piacciono davvero molto, il terzo libro l'ho divorato, il primo invece è consumato per quante volte l'ho letto.» mi disse nella seconda parte, e ingenuamente sorrisi, non pensavo di fare chissà che cosa ma era bello sapere che qualcuno apprezzava il mio lavoro. «Detto questo, non so se mi leggerai, né se avrò la fortuna di ricevere una tua risposta, ma mi farebbe davvero tanto piacere. Ti adoro, e spero di poter leggere presto delle tue nuove storie.» disse nella terza e ultima parte del suo messaggio.
Ci pensai un po', qualche minuto, mentre Demons passava lenta nelle cuffie. Non sapevo bene cosa dirle ma alla fine optai per i classici ringraziamenti, non potevo fare altrimenti per qualcuno che mi diceva certe cose. Provai ad essere professionale ma senza apparire fredda, non amavo quelle persone che dopo un po' di fama si credevano delle divinità.
«Ciao, innanzitutto volevo dirti che sono io a ringraziare te per le belle parole e per il supporto che mi dai. Sono felice di sapere che ti sono piaciute le mie storie. Ne sto scrivendo altre, ci lavoro quasi ogni giorno e non so quando né quale potrebbe uscire. Ma se avrai pazienza lo scoprirai.» le scrissi inviandolo poi poco dopo aver controllato che non ci fossero errori di battitura, ormai quel lavoro mi aveva resa pignola anche nei semplici messaggi.
Odiavo quando qualcuno mi scriveva senza cura, non tanto della grammatica che si poteva non conoscere bene, ma più per errori stupidi ed evitabili, come di lettere che venivano scambiate da altre solo perché si aveva fretta di scrivere. Anche io scrivevo piuttosto velocemente, ma io ero abituata, a volte riuscivo a scrivere per ore anche senza guardare la tastiera, ma altri avevano bisogno di una rilettura e non sempre lo facevano, purtroppo per me. Rimasi al pc per un paio d'ore, la musica continuò per qualche minuto in più, fino a ora di pranzo almeno. Poi mi tirai su, spensi tutto e andai in cucina per prepararmi qualcosa. Rimasi lì per un'altra oretta, mangiai e guardai la tv tranquillamente, poi tornai nel mio studio per riprendere una serie tv ma finii per addormentarmi sul divano. Quando mi svegliai erano le 18:50, per fortuna il sito in cui guardai la serie non era Netflix altrimenti avrei saltato un bel po' di puntate senza vederle. Non sapevo bene cosa fare, ero leggermente intontita ma il mio stomaco parlò per me. Non avevo voglia di cucinare, né tantomeno di uscire, così aspettai un'oretta e poi ordinai una pizza. In quell'oretta notai varie risposte ai miei messaggi, non risposi a parole a tutti ma lasciai qualche cuore alla maggior parte, inclusa la ragazza che aveva portato con sé tutte le mie storie.
«Oddio, non posso credere che tu mi abbia risposto.» mi disse. «Non ci speravo più.» aveva aggiunto subito dopo. «Di pazienza ne ho tanta, e se si tratta di aspettare una tua storia allora lo farò con gioia!»
Non sapevo come risponderle, in quel caso le parole erano superflue e le mandai un semplice cuore per farle capire che avevo apprezzato il messaggio. Lei però non si accontentò come fecero altri, lei mi scrisse di nuovo. Mi fece delle domande interessanti, mi lusingava con complimenti che trovavo un tantino eccessivi per me, ma che d'altra parte mi facevano comunque piacere.
«Qual è stato il personaggio più difficile che hai creato? C'era qualcuno che odiavi? È ispirato alla tua vita?» mi chiese, ovviamente non le fece tutte insieme, ma passai giorni in quel modo, a rispondere alle sue domande.
Mi piaceva parlare delle mie storie, erano fonte di orgoglio per me, e fu quello a fregarmi. Avrei dovuto tenere un atteggiamento professionale e distaccato, come diceva Rosa, "un messaggio di risposta è più che sufficiente" mi diceva, ma io non l'ascoltai. Continuai a rispondere innocentemente ad ogni sua domanda, si presentò anche, mi disse di chiamarsi Francesca e che non aveva mai trovato nessuno con cui riuscire a parlare tanto senza annoiarsi, e quel punto fu un campanello d'allarme che sentii molto bene. In fondo io e lei non stavamo conversando del più e del meno, stavamo parlando di qualcosa di specifico, qualcosa che a lei piaceva e che io avevo creato. Non aveva nulla a che vedere con me come persona, dei miei gusti, ma lei si convinse da sola che saremmo state perfette insieme. Non lo disse subito, ci mise un po', ma ogni sua successiva frase dopo 5 giorni di chiacchiere portò a quello. Non erano nemmeno chiacchiere continue, magari ci rispondevamo entrambe dopo ore, ed era sempre lei a riaprire un discorso per me ormai chiuso.
«Ti va se ci prendiamo un caffè in zona uno di questi giorni?» mi chiese il quinto giorno, l'ultimo in cui ci sentimmo con calma.
«Non mi sembra il caso.» le dissi io cercando di non offenderla.
«Dai, perché? Sarà interessante.» continuò lei subito dopo, ma io non ne avevo proprio voglia, non ero mentalmente pronta per conoscere persone nuove.
«Non saprei, non penso troveremmo cose in comune.» commentai pensando comunque che nei giorni scorsi non vidi nulla di simile.
«Come no? Secondo me ne abbiamo tante invece.» contestò lei.
«Dimmene una.» replicai velocemente e pensai seriamente di averla messa in difficoltà perché ci mise un po' a rispondere.
«Entrambe cerchiamo qualcuno di normale.» mi disse dopo tre lunghi minuti di silenzio, e quella frase mi diede alquanto fastidio.
In quei giorni parlammo esclusivamente delle mie storie, lei non sapeva nemmeno se avevo qualcuno, né tantomeno lo chiese.
«In che senso? Io non ho mai detto di cercare qualcuno.» le dissi provando a contenere il nervosismo che provavo.
«Beh no, però dalle tue storie sembra così.» ribatté lei piuttosto sicura.
«Perché? Perché Veronica cercava questo?» le chiesi alludendo alla mia prima storia in cui la protagonista era ancora giovane e in cerca del vero amore.
«Si...»
«Nel secondo libro però ha cercato solo delle avventure, quale pensi sia la realtà?» continuai io velocemente, quella situazione mi sembrava assurda.
«Magari entrambe.» disse lei.
«O magari le mie sono solo storie inventate.» replicai.
«Va bene, magari è così, ma lasciati offrire solo un caffè.» mi chiese lei di nuovo, e io avevo ormai il cervello fuso.
Tra l'altro sapeva che non ero di Torino, quindi perché mi sarei dovuta fare oltre 800 chilometri per un caffè con qualcuno che nemmeno conoscevo?
«Te lo ripeto, non mi sembra il caso.» le dissi dopo aver preso un lungo sospiro, ma la sua insistenza mi diede piuttosto fastidio.
«Ma perché?» mi chiese.
«Perché non sto cercando nulla, né una storia, né un'avventura. Non so cosa tu ti sia messa in testa ma io volevo solo essere gentile.» le dissi alla fine, e probabilmente era ciò che avrei dovuto dirle fin dall'inizio.
«D'accordo, va bene...» mi disse. «Vaffanculo.» aggiunse subito dopo.
Io rimasi abbastanza spiazzata da quella risposta, cioè col mio messaggio fui probabilmente troppo dura, ma lei era insistente, non voleva capire. Probabilmente nemmeno capì ciò che volevo dirle, prese le mie parole come un'offesa, e io decisi che era il momento di chiudere tutto. Niente più messaggi, niente conversazioni con estranei, quelle chiacchiere mi erano bastate. Chiusi il mio portatile e mi buttai sul divano, per giorni non feci più nulla, non scrissi nemmeno. Quella situazione mi aveva bloccato i pensieri, non pensavo ad altro, solo a quella conversazione. Mi chiedevo cosa avessi sbagliato, se avessi osato troppo o che altro fosse successo. Ma la mia mente non mi diede alcuna risposta, quella me la diede Rosa qualche giorno dopo. Io mi stavo preparando per fare una doccia, erano le 19:30, non avevo ancora cenato ma sentivo di avere bisogno solo dell'acqua calda addosso. Il suono del citofono mi bloccò però, ero in bagno quando sentii quel suono, mi ero appena tolta la maglietta ma me la portai dietro quando andai a vedere chi fosse.
«Si?» dissi.
«Ehi, ragazzina, mi apri?» mi disse la voce di Rosa.
«Senti, una proposta simile dovresti come minimo farmela faccia a faccia.» commentai io in tono piuttosto scemo, ma dopo quella notte di sesso con lei mi sentivo più libera.
«Intendevo il portone, principessa.» continuò lei dopo una breve risata.
«Si, certo...» ribattei io schiacciando il bottone grigio e aprendole il portone.
Mentre aspettavo che salisse mi voltai verso lo specchio che avevo vicino all'ingresso, il mio busto era ancora parzialmente scoperto, avevo addosso solo il reggiseno. Sul collo e sul petto notai dei segni lievi, violacei, che però stavano scomparendo. Erano i succhiotti che mi fece Rosa, si impegnò davvero tanto per renderli duraturi fino a quel punto, era comunque passata una settimana. Col pensiero tornai a quella notte, quella lunga notte, risentii la bocca e le mani di Rosa addosso e mi venne in mente anche il nostro patto. Lei in quei giorni rimase buona, non mi contattò, ma se arrivò lì a casa mia un motivo c'era. Il suono del campanello interruppe i miei pensieri, ma la mia voglia di risentire la bocca di Rosa sul mio corpo mi fece scattare subito verso la porta. L'aprii velocemente, Rosa era lì in tutto il suo splendore, io le presi subito un braccio e la tirai dentro chiudendo all'istante la porta.
«Oh, vedo che non siamo in vena di chiacchiere.» commentò lei non appena la bloccai con le spalle al muro.
«Ricordi quel patto che abbiamo fatto?» le chiesi lentamente.
«Si, ne ho un vago ricordo.» mi disse con un sorrisetto beffardo.
«E ricordi che hai accettato anche il contrario, che avresti fatto sesso con me nel caso ne avessi avuto voglia?» continuai tenendo lo sguardo fisso sui suoi occhi.
«Perché quindi tu ne avresti voglia adesso?» ribatté lei con quel tono ironico.
«Piantala di prendermi in giro.» contestai in tono quasi offeso, non mi piaceva quando si comportava in quel modo.
«Non posso, è troppo divertente.» continuò lei con un sorrisetto divertito.
Io allora decisi di muovermi, di tapparle la bocca con la mia, almeno in quel caso avrebbe smesso di percularmi senza ragione. Ma effettivamente una ragione l'aveva. Poco prima che riuscissi anche solo a sfiorare le sue labbra, il campanello suonò di nuovo.
«Stavi aspettando qualcuno?» mi chiese Rosa in tono ancora troppo divertito.
«Se è per questo non aspettavo nemmeno te.» commentai staccandomi dal suo corpo e facendo un passo verso la porta.
«Vedendoti in questo modo direi che mi stavi decisamente aspettando.» ribatté lei ridacchiando.
«Tu seria mai, eh?» le chiesi infilandomi velocemente la maglia che avevo ancora in mano.
«Fidati, se sapessi ciò che so io rideresti anche tu.» disse. «O forse no.» aggiunse con quel tono ironico.
Io allora decisi di lasciarla perdere, mi avvicinai alla porta e l'aprii trovandomi davanti una Giulia confusa quasi quanto me.
«Come mai avete chiuso la porta?» ci chiese lei entrando dentro.
«In che senso? Siete venute insieme?» ribattei io senza capire.
«Si, mi ero fermata un attimo per rispondere ad una telefonata, e lei si è avviata su. Non te lo ha detto?» mi spiegò Giulia.
«No, lo ha omesso.» dissi voltandomi verso Rosa e fulminandola con lo sguardo.
«Non me ne hai dato il tempo.» si giustificò lei facendo spallucce.
«Taci, per piacere.» ribattei velocemente prima che potesse aggiungere altro.
«Oh e comunque non ricordavo fossi così sfacciata.» continuò Giulia in tono ironico.
«In che senso?» le chiesi leggermente imbarazzata.
«Quando hai risposto a Rosa al citofono.» mi spiegò lei.
«Beh dai, era una battuta.» dissi con un sorriso nervoso.
«Certo, e da quant'è che vi stuzzicate così?» mi domandò Giulia che non credeva a nessuna delle mie parole.
«Noi non ci stuzzichiamo.» risposi io in tono non molto convinto.
«Esattamente, sono io che provoco lei, ma lei non ha ancora colto nulla. Non sa cosa si perde.» commentò Rosa passandomi davanti e lasciando un'inebriante scia di profumo nell'aria.
Con fare provocante andò a sedersi sul mio divano, accavallò le gambe e mi guardò con un sorriso malizioso.
«Ok, voi due siete strane.» commentò Giulia poco dopo. «Ma a questo penseremo un'altra volta, adesso abbiamo altro di cui discutere.»
«Ecco si, volete spiegarmi cosa ci fate qui entrambe?» chiesi a Giulia lasciando perdere Rosa, ma non fu così facile.
«Non ti piacciono le cose a tre?» domandò Rosa con quel tono divertito.
«Rosa, ti prego, sii seria.» le disse Giulia con un sospiro.
«Va bene, va bene...» commentò lei in tono accondiscendente. «Sedetevi però.» aggiunse velocemente.
Io mi mossi non appena lo fece Giulia, poco dopo la frase di Rosa, e ci sedemmo su due punti opposti. Giulia alla sinistra di Rosa e io alla destra.
«Allora? Mi dite che succede?» chiesi a entrambe.
«Da quanto tempo non entri su Instagram?» mi chiese Rosa prendendo il suo cellulare dalla tasca della giacca nera che aveva addosso.
«Non lo so, qualche giorno, perché?» dissi con fare confuso.
«Perché sono successe cose interessanti...» mi spiegò sbloccando il suo cellulare e mostrandomi alcuni post con le conversazioni che avevo avuto giorni prima con la ragazza di Torino, Francesca. «Hai parlato con questa ragazza?»
«Si, certo, perché? Perché le mie conversazioni sono pubbliche? C'è un hacker?» le chiesi piuttosto preoccupata.
«No, nulla del genere.» rispose Giulia con calma.
«È semplicemente quella ragazza che tenta da due giorni di sputtanarti.» mi disse Rosa lasciandomi il suo telefono tra le mani, e io lessi alcuni post di quella ragazza.
«In che senso?» continuai alzando il mio sguardo su Rosa.
«Dice che la tua gentilezza è solo una copertura, che vuoi solo attirare il pubblico verso di te, e che voi "famosi" siete tutti uguali.» mi spiegò Rosa lentamente.
«"Famosi" a chi? Non mi hanno ancora dato nessun premio, nessuna statuetta d'oro è entrata in casa mia.» ribattei nervosamente.
«Vallo a dire a lei.» replicò Rosa col mio stesso tono.
«Quella ragazza si è convinta di questa cosa, si è convinta che tu ci stessi ad uscire con lei, e quando ha visto che non ti interessava ha deciso di aggredirti.» commentò Giulia. «Adesso sta cercando di convincere tutte le persone che conosce, e anche chi non conosce, a darti addosso. Pubblica solo le parti che le fanno comodo, ovviamente.»
«Quindi da me cosa volete? Non posso mica fermarla?» chiesi ingenuamente, non mi era mai capitato nulla di simile e non sapevo bene come muovermi.
«Magari no, non letteralmente, però puoi cercare di metterci una pezza.» disse Giulia.
«Facendo cosa?» domandai velocemente.
«Chiedendo scusa.» continuò lei con un tono che sembrava davvero convinto, ma a me sembrava assurdo.
«Perché dovrei chiedere scusa? Questa è diffamazione, potrei denunciarla, no?» chiesi in tono nervoso tirandomi su da quel divano.
«In casi estremi si, certo, ma è solo una ragazzina.» commentò Rosa.
«Ha probabilmente la mia stessa età.» ribattei io.
«Anche tu sei una ragazzina.» continuò lei prendendomi palesemente in giro, ormai lo faceva anche quando non era un buon momento.
«Si, certo...» dissi portandomi entrambe le mani sul viso, ma poi velocemente le riportai giù. «Che poi, "scusa" di cosa? Io non ho fatto nulla, non ho illuso quella ragazza, abbiamo solo parlato dei miei libri.»
«Non lo mettiamo in dubbio, Andrea, però è necessario che tu lo faccia per tenerti buone le persone che ancora ti seguono.» commentò Giulia, lei era quella che tra tutte riusciva a mantenere meglio la calma, o almeno così sembrava.
«In che senso? Ci sono persone che non mi seguono più?» chiesi in tono decisamente confuso.
«In un paio di giorni hai perso una cinquantina di follower.» mi spiegò lei lentamente.
«Cosa? Per una cosa che nemmeno ho fatto?» continuai nervosamente.
«Sai com'è internet, non c'è bisogno che tu faccia realmente qualcosa, l'importante è che gli altri lo credano.» ribatté Rosa in tono alquanto disgustato, non piaceva molto nemmeno a lei quel mondo.
«Beh vaffanculo, io non ho intenzione di scusarmi.» dissi lanciando via il telefono di Rosa verso il posto sul divano che lasciai libero, e lì si fermò dopo esser rimbalzato per un attimo.
«Non è il momento di dare ascolto all'orgoglio, ragazzina, scrivi un semplice post di scuse e basta.» commentò lei prendendo il suo cellulare e mettendolo al sicuro nella tasca della sua giacca.
«Ma perché? Perché devo fare questa stronzata?» continuai in tono più nervoso.
«Perché chi ti segue vuole comunque ascoltare il tuo punto di vista, c'è ancora chi crede in te, ma vuole comunque sapere la verità dalla tua bocca, o dal tuo profilo in questo caso.» disse Giulia.
«La verità è che quella ragazza è pazza e Rosa aveva ragione, se proprio voglio rispondere a qualcuno devo farlo con un solo messaggio e basta.» sbottai nervosamente.
«Oh che belle parole, ma ti aggiusto solo una frase. "Rosa ha ragione, sempre"!» commentò Rosa con fare divertito.
«Rosa...» l'ammonì Giulia. «Non ti sopporto più, stiamo parlando di una cosa seria, sai quanto è facile perdere dei fan con la scrittura.»
«Certo che lo so, ma sto provando a smorzare la tensione.» si giustificò lei.
«Qua c'è bisogno di un'idea, mettiti al pc e scrivi qualcosa.» disse Giulia voltandosi verso di me.
«No, dai, non mi va.» mi lamentai io.
«Non mi importa se ti va oppure no, devi farlo.» ribatté lei in tono duro.
«Da quant'è che è diventata così autoritaria?» chiesi in tono ironico a Rosa.
«Non saprei, la rottura con la sua ex l'ha trasformata.» disse Rosa col mio stesso tono.
«Vi muovete?» domandò Giulia con uno sguardo piuttosto nervoso.
«Sisi, vado.» risposi subito tirando su le braccia in segno di resa e avviandomi verso la mia scrivania.
«Perché hai usato il plurale?» chiese Rosa in tono confuso.
«Perché tu le devi dare una mano, rischia di fare un casino e di peggiorare la situazione ogni volta che è incazzata.» le spiegò Giulia velocemente, non l'avevo mai vista tanto decisa.
«Va bene, capo!» commentò Rosa in tono ancora abbastanza ironico.
Si tirò su dal divano e si avvicinò alla mia postazione. Io ero già seduta alla mia sedia, davanti al pc acceso, lei si fermò dietro di me e poggiò le mani sulle mie spalle.
«Oh, ma che bella gattina che abbiamo qui.» disse Giulia cambiando completamente tono e diventando anche dolce non appena Ruby entrò nel mio studio e saltò sul divano accanto a lei.
«Come fa ad essere un attimo prima tanto dura e un attimo dopo così dolce?» domandai a Rosa in tono ironico.
«Non lo so, io ne parlerei con un bravo psichiatra.» rispose lei con fare divertito.
«Smettetela con le stronzate e cercate di trovare una soluzione a questo casino.» disse Giulia di nuovo con quel tono autoritario.
Io e Rosa ridemmo per un istante, poi ci voltammo verso il mio portatile e provammo a buttar giù qualche idea. Il piano non era di mentire, in fondo io davvero non avevo illuso nessuno, ma bisognava far percepire un lieve pentimento, e l'unica cosa di cui mi pentivo era di aver risposto a quel suo primo messaggio. Ciò di cui mi sarei dovuta pentire era il modo in cui si sentiva Francesca, presa in giro, anche se Rosa non credeva fosse solo quello.
«Magari cerca solo il suo momento di gloria.» commentò dopo una decina di minuti, momento in cui andò a prendere una sedia in cucina e si sedette accanto a me.
«Un momento di gloria per cosa? Ha solo sputtanato una ragazza che scrive libri per pagarsi l'affitto, non ha denunciato Angelina Jolie di averla prima sedotta e poi abbandonata.» ribattei io che non sapevo proprio cosa scrivere.
«Magari non hai un seguito eccessivo, ma hai comunque più di ventimila follower in più di lei, e questo per alcuni è tanto.» replicò Rosa lentamente.
«Alcuni si accontentano invece.» dissi voltandomi verso quel foglio bianco.
Ci vollero almeno un paio d'ore per far uscire qualcosa dalla mia testa. Il testo fu piuttosto lungo, una ventina di righe in un post Instagram, sul mio programma di scrittura era molto meno. Era un misto di tante cose, rabbia, delusione, ma anche gratitudine verso le persone che mi avevano difeso in alcuni post. Non fu affatto male come discorso, io buttai giù una bozza e Rosa mi aiutò a renderla più formale, per salvaguardare ancora la mia immagine, o quello che ne restava.
«Non mi sembra male.» commentò Giulia. «Pubblicalo, dai.»
«Mi sembra tutto così svilente.» dissi stropicciandomi leggermente gli occhi, ero davanti a quel pc da troppo tempo.
«Devi farlo, almeno questo.» continuò Giulia.
«E se non servirà a nulla?» chiesi voltandomi verso di lei, ma fu Rosa a rispondere.
«Dovrai cambiare mestiere.» disse con un sorriso divertito, ma mi sfiorò una guancia dolcemente e capii che come ipotesi non piaceva nemmeno a lei.
«Col cazzo!» esclamai subito.
«Dai, invia tutto e poi vediamo cosa succede.» ribatté Giulia con calma.
«D'accordo...» dissi sbuffando leggermente e pubblicando quello stupido post. «Non capisco perché mi tocca scusarmi, non ho fatto nulla.»
«Lo sappiamo, ma è solo un modo per far calmare le acque.» continuò lei lentamente.
«Come se un post potesse far calmare qualcuno.» dissi con fare piuttosto diffidente.
Non ero sicura di ciò che sarebbe successo, o perlomeno non ero sicura che quella cosa sarebbe andata bene, e in un certo senso fu così. Rosa e Giulia rimasero con me per buona parte della serata, aspettarono i primi commenti, le prime reazioni ma poi andarono via. Era tardi e non potevano passare la notte con me, anche se avevo praticamente dormito con entrambe, ma nessuna delle due sapeva dell'altra quindi preferivo evitare situazioni imbarazzanti. "Situazioni" che poi si sarebbero sviluppate due giorni dopo. Il giorno successivo alla pubblicazione del mio post ci furono altrettante reazioni, la maggior parte mi credeva, mi diceva anche che una spiegazione non era necessaria, alcuni davano contro all'altra ragazza, e lei mise il suo carico. Continuò a dirne un sacco contro di me, continuò a fare come le pareva, e alla fine Giulia e Rosa tornarono a casa mia. Lo fecero quello stesso giorno, vedendo che comunque non funzionava nulla. Per loro era importante far calmare quella ragazza, era lei che alimentava quel fuoco, era stata lei a crearlo e a farlo ingigantire. Secondo loro avrei dovuto parlarle di persona, farlo tramite lo schermo di un pc o un cellulare era troppo facile, perlomeno per quella ragazza. Poteva dire ciò che voleva, mentre di persona avrebbe evitato determinate cose.
«In pratica mi state chiedendo di darle ciò che vuole?» chiesi a entrambe quando mi chiesero di partire.
«No, non è questo, ma almeno le parli di persona e vedi cosa vuole.» disse Giulia.
«Me lo ha già detto cosa vuole, vuole bere un caffè con me.» commentai piuttosto nervosa.
«Tutto qui? E non puoi farlo?» mi domandò Rosa, come se lei si spostasse ogni giorno per più di 100 chilometri per accontentare chiunque le chiedeva qualcosa.
«Perché dovrei farmi oltre 700 chilometri per bere un caffè con una persona che nemmeno conosco?» le chiesi decisamente nervosa.
«Per evitare situazioni simili.» rispose lei tranquillamente.
«Quindi mi stai dicendo di assecondare tutte le richieste dei fan perché potrebbero rivoltarsi contro di me?» le chiesi cercando di capire dove volesse arrivare.
«No, non proprio. Ti sto chiedendo di chiudere questa storia di persona, e in futuro di ascoltarmi. Evita di dare troppa confidenza agli estranei, a prescindere da ciò che ti dicono.» mi disse in tono piuttosto duro, si sentiva che in parte mi riteneva responsabile.
«Dio, che palle...» commentai sedendomi e poi sdraiandomi a pancia in giù sul divano.
«Dai, Andrea, stai tranquilla. Fai questa cosa e poi basta, se non va lasciamo perdere.» mi disse Giulia in tono dolce.
Si piegò sulle ginocchia accanto al divano, all'altezza del mio viso. La sentivo accarezzarmi i capelli, voleva calmarmi, assicurarmi che sarebbe andato tutto bene. Se non ci fosse stata lei non avrei saputo cosa fare.
«Non mi va di farmi un altro viaggio.» dissi voltandomi solo col viso verso di lei.
«Dai, verremo anche noi con te.» continuò Giulia con un sorriso.
«Per assicurarvi che la incontri sul serio?» le chiesi in tono parzialmente ironico.
«Ovvio!» disse lei facendomi l'occhiolino.
«Fanculo...» sussurrai riportando il viso contro il bracciolo del divano.
Quel giorno mi lasciarono in pace, ma il mattino seguente vennero a svegliarmi piuttosto presto per partire. Tornammo in stazione, con nessuna valigia né altro dietro. Sarebbe dovuto essere un viaggio di una notte, e in un certo senso lo fu. Una notte strana però, molto strana. Quando arrivammo alla stazione di Torino contattai quella ragazza, Francesca, le chiesi di vederci in un bar lì vicino e lei si fece desiderare. Non accettò fino a quando non glielo chiesi almeno tre volte. Io trovavo il tutto piuttosto umiliante, ma Rosa e Giulia erano convinte che quella sarebbe stata la volta buona. Entrambe mi aspettarono sull'altro lato della strada, o perlomeno lo fecero per una buona mezz'ora, poi andarono a fare un giro e mi dissero di chiamarle quando avrei finito, che sarebbero comunque state lì nei dintorni. Quando Francesca arrivò mi sembrò piuttosto baldanzosa, era soddisfatta di aver raggiunto il suo scopo, e io mi sentivo un vero schifo. Ci sedemmo ad un tavolino all'esterno del bar e le chiesi subito perché si stava comportando in quel modo, ma lei non sembrava in vena di parlare da persona matura.
«Non ho fatto niente di che.» mi disse tranquillamente.
«Niente di che? Stai provando a mettermi contro tutte le persone che leggono le mie storie. Perché lo fai?» ribattei in tono nervoso, probabilmente anche in quel caso Rosa e Giulia avrebbero dovuto parlare per me, io avrei rischiato di fare peggio.
«Volevo solo prendere un caffè con te, ma tu mi hai fatto sentire come se non valessi abbastanza.» mi spiegò lei con un accenno di nervosismo.
«Cosa? Ma io non ho detto nulla di tutto questo.» contestai velocemente.
«Hai detto che non ti sembrava il caso.» replicò lei poco dopo come se quella frase volesse dire solo quello.
«Ed è così, non mi sembrava il caso perché la mia situazione sentimentale è un casino e non mi sento pronta per cominciare una nuova storia.» le spiegai provando a tenere un tono più calmo, ma odiavo stare lì, odiavo quella situazione.
«Ma io ti avevo chiesto solo un caffè, non una storia d'amore.» disse lei con un sorriso appena abbozzato.
«Ah si? Davvero?» le chiesi in tono sospettoso. «Quindi mi staresti dicendo che non ti interesso in quel senso?»
«N-no.» rispose lei poco convinta.
«Allora perché volevi prendere un caffè con me?» continuai velocemente e mettendola metaforicamente con le spalle al muro, sapevo cosa voleva, era evidente.
«Beh ecco...» disse lei pensandoci un po' su, ma non trovò nessuna scusa degna di nota. «Ok, va bene, magari ho pensato a quella possibilità, ma non è colpa mia se mi piaci.»
«Ti piaccio? Spiegami in che senso.» commentai in tono fermo, quella poco convinta di quel discorso era lei.
«Quanti sensi può avere questa frase?» mi chiese con un sorriso nervoso.
Rosa e Giulia avevano ragione, di persona era diverso, faccia a faccia qualcuno non era così sicuro di sé come dietro ad uno schermo. O perlomeno quella era la situazione del momento, c'erano sicuramente altre persone sicure di sé sia dietro che davanti, ma Francesca non faceva parte di quel gruppo. Lei non sapeva cosa dire, era evidente, non riusciva a metabolizzare velocemente una cazzata per diventare credibile.
«Infiniti. Cosa ti piace di me?» continuai io tenendo lo sguardo fermo sul suo viso, lei invece non tenne mai per troppo tempo di fila lo sguardo rivolto verso i miei occhi.
«Beh il tuo modo di scrivere, le battute che fai, la profondità delle cose che dici...» commentò lei dopo qualche istante, ci pensò abbastanza ma non le lasciai continuare l'elenco.
«Ok, ti fermo subito.» dissi velocemente. «A te non piaccio io, a te piace l'idea che ti sei fatta di me in base alle storie che hai letto.»
«Ma cosa stai dicendo? Non è vero.» contestò lei piuttosto nervosa.
«Fidati, è così. Non mi conosci, non sai come sono in realtà. Magari non sono dolce come i miei personaggi, magari le battute che scrivo le ho sentite da altri, magari sono una cinica stronza a cui non frega niente di nessuno e che semplicemente sa scrivere delle storie. Tutto qui.» ribattei con calma, in fondo la vedevo così.
Raccontare storie veniva bene a molti, ma non tutti erano come i loro personaggi, me compresa.
«Non penso.» continuò Francesca con fare insistente.
«Potrebbe essere, non lo sai. Ma io comunque non sono interessata ad avere una storia. Ho un po' di cose per la testa, quindi ti consiglio di concentrarti su qualcun'altra.» replicai.
«Ma a me piaci tu.» commentò lei.
«E a me dispiace per questo, davvero. Ci sono un sacco di ragazze in questo mondo, prima o poi troverai una che ti interessa. Non focalizzarti su persone che non ricambiano ciò che provi.» dissi, ma già a metà del discorso notai il suo sguardo spostarsi dal mio viso.
Si spostò di poco, andò oltre le mie spalle e non rispose quando finii di parlare. Lentamente mi voltai indietro, verso il suo sguardo, notai che stava guardando una cameriera bionda che sparecchiava un tavolino. La ragazza in questione notò Francesca, fece un sorriso imbarazzato, si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e senza dire niente tornò nel bar.
«Qualcosa mi dice che hai già trovato una sostituta.» commentai con un sorriso ironico.
«Cosa?» mi chiese lei spostando velocemente il suo sguardo confuso su di me.
«Ti piace quella ragazza?» le domandai.
«No, certo che no.» mi disse parzialmente imbarazzata.
«No? A me non sembra.» ribattei con calma.
«È carina, niente di che.» replicò lei poco convinta.
«I tuoi occhi dicevano il contrario. Ti ha sorriso, perché non ci provi?» la spronai.
«Non saprei da che parte cominciare, non sono in grado di fare la prima mossa.» commentò lei poggiandosi le mani sotto al mento e fissando un punto indefinito sul tavolino.
«Potresti andare lì e presentarti, per cominciare.» continuai io lentamente, in fondo per me non fu mai difficile fare il primo passo con una persona che mi piaceva, ma per lei sembrava essere più difficile.
«Non credo serva, mi conosce già.» disse lei tirando su il suo sguardo verso di me.
«Ah si?» le chiesi un po' confusa.
«Si, abbiamo frequentato la stessa università, stessa facoltà, stessi corsi... Ma non abbiamo mai parlato.» commentò lei lentamente.
«Ma se la conosci da molto, allora perché non ti sei mai fatta avanti?» continuai con ancora più dubbi, in fondo il tempo sembrava averlo avuto.
«Perché lei era sempre circondata da tanti ragazzi e ragazze, non ho mai trovato un momento libero.» mi disse col viso rosso.
«E adesso non ti sembra un buon momento?» domandai voltandomi verso la vetrina del locale in cui vidi quella ragazza chiacchierare con altri al bancone.
«No, sta lavorando, non mi va di disturbarla.» rispose lei voltandosi anche lei verso quella vetrina.
«Sai cosa penso? Che il momento buono non esiste. In una giornata ci sono 24 ore, 1440 minuti, e ognuno di quei minuti può regalarti un attimo di gioia. Il problema è che sei tu che devi muoverti, devi crearti tu "il momento buono".» le dissi tirandomi su velocemente, o si muoveva lei o mi sarei mossa io.
«È un bel discorso, davvero, ma non posso. Ha da fare.» continuò lei come se sul serio fosse una cosa per cui rimandare.
«E quindi?» le chiesi. «Può essere impegnata adesso, ma se ti fai avanti e soprattutto se ricambia un minimo di interesse, si farà avanti lei quando potrà.»
«Magari si, però...» rispose lei ancora piuttosto titubante, non sembrava volersi muovere.
«D'accordo, ci penso io.» la interruppi subito, ero stanca di quei giochini.
«Cosa? No no, ti prego.» ribatté Francesca con fare piuttosto preoccupato.
«Di cosa hai paura? Di non piacerle?» le chiesi senza capire quale fosse il suo problema.
«No, ho paura del contrario.» mi disse debolmente, io la guardai per un po' senza risponderle e lei continuò. «Se le piacessi e lei si aspettasse qualcosa di specifico da parte mia?»
«Fai un favore a te stessa, pensa al presente, pensa a una cosa alla volta.» commentai lentamente. «Io vado a parlarle, intanto vediamo se è interessata.»
Lei provò a fermarmi ma io non l'ascoltai, mi avviai a passo svelto e sicuro verso l'entrata del locale, oltrepassai l'ingresso e dopo aver adocchiato quella ragazza le andai in contro. Lei era ancora poggiata con gli avambracci contro il bancone del bar, come poco prima quando la vidi dalla vetrina, stava chiacchierando con altri due ragazzi che erano dall'altro lato. Probabilmente avrei dovuto farmi gli affari miei, ma dovevo dimostrare a Francesca che c'era un altro modo per attirare l'attenzione di qualcuno, uno meno stronzo e distruttivo.
«Ciao.» dissi fermandomi ad un paio di passi da quella ragazza. «Posso rubarti due minuti?» le chiesi non appena si voltò verso di me.
«Certo.» acconsentì lei velocemente.
Io allora le feci strada fuori dal locale, ci fermammo poco lontano da lì ma ben distante dal tavolo in cui ero seduta prima, così che Francesca potesse vederci ma non sentirci.
«Hai presente la ragazza che è seduta a due tavolini di distanza? Quella che era seduta con me?» le chiesi.
«Francesca? Si, certo.» rispose lei facendomi capire che la conosceva già.
«Oh, sai chi è allora.» commentai.
«Ci siamo ritrovate spesso nelle stesse aule dell'università, ma non abbiamo mai avuto molte occasioni per parlare. Perché?» domandò lei alzando e abbassando con calma lo sguardo da lei a me.
«Beh, ecco, come posso dire... Hai fatto colpo.» le dissi con un sorriso imbarazzato, mi risultava più facile esporre i miei sentimenti a qualcuno piuttosto che fare da tramite.
«Cosa? Davvero?» mi chiese lei decisamente sorpresa.
«Si, credo che tu le piacessi già anni fa ma non ha mai avuto il coraggio di farsi avanti.» le spiegai con calma.
«Mi sembra strano. Una volta mi sono seduta accanto a lei di proposito, ho provato a fare conversazione ma lei mi ha risposto a monosillabi.» ribatté lei un po' confusa.
«Un classico delle persone timide.» commentai con un piccolo sorriso.
«Dici che le piaccio, quindi?» mi chiese con un tono quasi imbarazzato.
«Si, l'unico problema è che non è in grado di fare la prima mossa.» dissi.
«Nemmeno assecondare quelle degli altri se è per questo.» ribatté lei con fare ironico.
«Beh tu cosa pensi di lei?» le chiesi.
«Che è una bella ragazza, molto intelligente... All'università avevamo un'amica in comune che mi ha passato degli appunti che le aveva dato Francesca, erano così precisi e semplici che non ho mai aperto un libro.» mi spiegò lei con un tono e un sorriso che mi fecero capire che non solo le piaceva ma l'ammirava anche.
«Quindi si potrebbe dire che ti piace?» continuai cercando una conferma.
«Più o meno, ci ho provato tempo fa ma lei non mi ha calcolato molto.» mi spiegò con un debole sorriso.
«Beh se ti interessa ancora provaci una seconda volta.» ribattei io.
«D'accordo...» disse lei prendendo un blocchetto che aveva nella tasca del grembiule, ci scrisse qualcosa, strappò il fogliettino e me lo porse. «Tieni, dille di chiamarmi. Niente messaggi però, deve parlarmi a voce.»
«Vuoi proprio metterla in difficoltà eh?» le chiesi con un sorriso ironico, ma mi piaceva quella ragazza, era interessante.
«Se le piaccio come dici, allora ci riuscirà.» rispose lei ricambiando il mio sorriso.
Io allora accettai, presi quel fogliettino e salutai quella ragazza. Lei tornò dentro e io tornai al mio tavolo dove mi aspettava Francesca con fare impaziente.
«Allora? Cosa ti ha detto?» mi chiese non appena mi fermai accanto al tavolo.
«Mi ha dato il suo numero, mi ha detto che devi chiamarla.» dissi mostrandole quel fogliettino piegato.
«Cosa? Sei seria?» continuò lei con uno sguardo sorpreso.
«Certo, eccolo qui.» dissi porgendole il foglietto.
«E chi mi dice che sia realmente il suo?» domandò con un tono parzialmente sospettoso.
«Chiama quel numero e scoprilo.» dissi semplicemente sedendomi al mio posto.
«Non posso mandarle un messaggio?» mi chiese Francesca in tono titubante, non le piaceva proprio parlare a voce.
«Sarebbe troppo semplice, e lei ha chiesto specificatamente una chiamata, niente messaggi.» le spiegai.
«Va bene, va bene...» disse prendendo il suo cellulare e iniziando a segnare il numero.
Rimase in attesa per qualche istante, lo sguardo fisso sullo schermo del telefono, come se si fosse dimenticata cosa doveva fare.
«Devi toccare l'icona verde per far partire la chiamata.» commentai con fare ironico.
«Lo so...» disse lei con lo sguardo ancora fisso sul cellulare.
Alla fine si decise, toccò quell'icona e si portò il telefono all'orecchio. Il suo sguardo era nervoso, agitato, si guardava intorno mordendosi le labbra nervosamente.
«Ehm si, ciao...» disse all'improvviso. «Si, sono Francesca...» aggiunse con un sorriso imbarazzato.
Lentamente il suo sguardo si spostò di nuovo alle mie spalle, io mi voltai e proprio in quel momento uscì fuori quella ragazza col cellulare tenuto vicino all'orecchio.
«Quindi sai anche parlare?» le chiese in tono decisamente provocatorio.
In quel momento allora capii che il mio momento era finito, non servivo più lì. Mi tirai su dal mio posto e salutai Francesca, che mi calcolò a metà, ma non mi importò. In quel momento aveva altro a cui pensare e speravo che quella ragazza l'avrebbe distratta da me. Dopo una cinquantina di metri mi fermai, non sapevo bene dove andare, non conoscevo la città e soprattutto non sapevo dove fossero Giulia e Rosa. Presi il mio cellulare, cercai il numero di Giulia e la chiamai. Non ci mise molto per rispondermi, dopo il primo squillo rispose subito, probabilmente si aspettava una chiamata da un momento all'altro.
«Andrea, hai fatto?» mi chiese.
«Si, ho finito la chiacchierata, non so se ho risolto qualcosa ma questo lo vedremo poi... Voi dove siete?» ribattei guardandomi attorno, ma lì c'erano troppe persone in giro e loro non le vidi.
«Siamo andate a cercare un posto dove mangiare, ora ti veniamo in contro.» mi spiegò lei subito dopo.
Io allora la salutai e le aspettai lì. Non appena arrivarono mi chiesero subito com'era andata, cos'era successo e io le spiegai tutto mentre ci avviammo verso il locale che scelsero.
«Cioè quindi lei ha provato a far fuori la tua carriera e tu l'aiuti trasformandoti in Cupido?» domandò Rosa in tono confuso.
«Mi è venuto spontaneo, era palese il suo interesse verso quella ragazza.» ribattei io.
«Beh, vediamola così, almeno ora si concentrerà su qualcun altro.» commentò Giulia, che era quella più positiva tra di noi.
La cena fu tranquilla, Rosa controllava ogni secondo il mio profilo sul cellulare, e un'ora dopo il mio incontro con Francesca non c'era più nulla. Nessun post contro di me, nessuna conversazione avvenuta con lei, niente di niente. Francesca aveva eliminato tutto. L'unica novità fu un suo messaggio.
«Ciao, volevo scusarmi con te per esser stata tanto aggressiva, mi dispiace. Non volevo pubblicare quelle cose, non volevo costringerti a venire qui, anche se mi ha fatto piacere vederti. Ho eliminato tutto quanto, più tardi pubblicherò un post in cui spiegherò la verità. Grazie per avermi spinto a provarci con Luisa, è molto divertente!» mi disse, e da quel messaggio capii che non mi avrebbe più dato problemi.
«Ok, allora dobbiamo festeggiare.» commentò Rosa non appena lesse quel messaggio.
Noi eravamo ancora nel locale, avevamo quasi finito di mangiare, e né io né Giulia sapevamo cosa avesse in mente. Non appena uscimmo da lì ci facemmo un giro della città, Rosa si fermò in un'enoteca e quando ne uscì la trovammo con due bottiglie in un sacchetto.
«Cos'hai preso?» le chiese Giulia confusa quanto me.
«Due bottiglie di vino.» rispose lei allegramente.
«Vuoi farci ubriacare?» ribattei con un sorriso ironico.
«Reggete così poco l'alcol?» domandò Rosa con fare divertito.
«Non so cosa intendi tu con "così poco" ma sono due bottiglie grandi, non so quanto sia la gradazione alcolica ma potrei non durare molto.» commentò Giulia piuttosto preoccupata.
«Al massimo stanotte ti farai una bella dormita.» ribatté Rosa, ma non sapeva di avere torto su tutta la linea, la "bella dormita" era l'unica cosa che non ci saremmo fatte.
Arrivammo a piedi al nostro hotel, le ragazze ne scelsero uno che era sia vicino al bar che alla stazione, così avremmo evitato di prendere altri mezzi. Salimmo su nella nostra stanza e ci mettemmo comode ai piedi del letto, a terra, su un tappeto morbido. A metà strada ci ricordammo di non avere nulla in cui versare il vino, e così ci fermammo a comprare dei bicchieri di plastica.
«Certo che bere del vino in un bicchiere di plastica è un po' squallido.» commentò Rosa con fare un po' disgustato.
«Oh, poverina, tu sei di quelle persone che beve e mangia col mignolo alzato, vero?» le chiesi in tono provocatorio.
«Stai dicendo che sono una persona spocchiosa?» mi chiese lei piuttosto nervosa.
«No, dico solo che dovresti accontentarti, non sono così male.» dissi io con calma, ma Rosa non sembrava averla presa benissimo.
«Volete sul serio mettervi a discutere per una stupidaggine simile?» ci interruppe Giulia, e in effetti aveva ragione, ma la situazione degenerò quasi subito.
Dopo appena mezz'ora avevamo già svuotato una bottiglia, Rosa si prese il primo bicchiere della seconda, e Giulia sembrava già alticcia. Tra le tre era quella che reggeva meno l'alcol. Se ne accorse anche Rosa e ne approfittò quasi subito.
«Lo sai, devo ammettere che trovo la tua pacatezza molto sexy.» le disse dopo aver bevuto un altro ennesimo bicchiere.
«Sexy?» domandò Giulia con un sorriso confuso, ma lo sguardo era poco lucido.
«Si, mi piace il tuo modo di affrontare le cose. Io a volte sono troppo istintiva, non riesco a ragionare prima di affrontare una situazione.» commentò lei con un sorriso divertito, ma lo sguardo era fisso sui suoi occhi.
«Oh beh, ti ringrazio...» commentò Giulia leggermente imbarazzata. «A me invece piace il tuo modo di affrontare le cose.»
«Ah si?» le chiese sinceramente sorpresa.
«Si, insomma... Io a volte penso troppo e agisco troppo poco, o magari agisco in modo sbagliato pentendomene poco dopo, tu no.» le spiegò Giulia con le guance rosse che non capivo se lo fossero per via dell'alcol o dell'argomento che stavano trattando.
«Non è vero, anche io a volte penso troppo.» ribatté Rosa.
«Si? E su quale argomento?» domandò Giulia piuttosto incuriosita.
«Non ce ne sono molti, a volte riesco ad essere me stessa, ma in questo caso non ci riesco.» continuò lei mantenendo un alone di mistero.
«Dimmi di cosa si tratta, magari posso aiutarti.» la spronò Giulia, ma Rosa era stronza.
«Volendo potresti, si, ma è una cosa troppo strana e non voglio metterti in imbarazzo.» disse Rosa con calma, ma sapeva che per arrivare dove voleva doveva stuzzicare la curiosità di Giulia, e lei era già molto incuriosita.
«Dai, dimmi che cos'è.» continuò lei con fare quasi da bimba piccola, se non avesse bevuto tanto l'avrei trovata adorabile.
«È una cosa a cui penso da quando ti ho conosciuta.» commentò Rosa lentamente, le piaceva stuzzicarla in quel modo.
«Cosa??» continuò Giulia che sembrava non ce la facesse più ad aspettare, in fondo lei era piuttosto impaziente.
«Beh ecco, vorrei provare una cosa, ma non voglio che cambi nulla tra di noi.» commentò Rosa, che ormai sapeva di avere in pugno Giulia, e con quella frase e quel vino in corpo l'avrebbe convinta a fare qualsiasi cosa.
«Dimmi di cosa si tratta, dai, ti prometto che non cambierà assolutamente nulla tra di noi.» continuò Giulia velocemente.
«D'accordo...» disse Rosa con un sospiro, un sospiro palesemente finto. «Io non ho mai baciato nessuno che avesse un piercing alla lingua, e mi piacerebbe davvero tanto sapere cosa si prova.»

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Si, lo so, non è un bel modo per concludere un capitolo. Sorry! 😅

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